giovedì 23 dicembre 2010

ET TERRA MOTA EST : Intervista a Luciano Fratocchi su L'Aquila e non solo


ET TERRA MOTA EST : Intervista a Luciano Fratocchi su L’Aquila e non solo


Chi sei?

Sono professore associato di Ingegneria economico-gestionale presso la Facoltà di Ingegneria di Roio. Il mio ruolo è di contribuire alla formazione dei futuri ingegneri industriali (in generale, e gestionali in particolare) con riferimento alle tematiche di gestione delle aziende e delle organizzazioni in genere.

Che cosa rappresenta per te L’Aquila?

Io sono nato e cresciuto a Roma da genitori ciociari. Da giovane per me l’Abruzzo era soprattutto la

sede dei campeggi estivi degli scout. Dal 1998 L’Aquila è la mia città di adozione. Dopo aver vinto il concorso da ricercatore universitario mi sono trasferito prima a L’Aquila e poi – quasi quattro annifa – a San Demetrio né Vestini dove vivo con mia moglie Lara. Per me L’Aquila è stata la seconda casa e –nonostante sia “romano”, con tutto ciò che per molti aquilani questo significhi – ho imparato ad amare questa città per la sua qualità della vita e per la sua offerta culturale.

Cosa ha cambiato in te il terremotodel 6 aprile 2009?

Sarò banale ma non posso nonrispondere che quella notte – cheho vissuto con mia moglie a San

Demetrio – ha segnato uno spartiacquenella mia vita. Tante cosesono cambiate, dal non aver più

visto molti miei studenti diIngegneria conseguire la laureaperché morti sotto le macerie di

palazzi che loro colleghi ingegneried architetti avevano progettato erealizzato in maniera indecente;

allo spaventarmi ancora oggi quandoil treno L’Aquila-Sulmona passadavanti casa mia; dal ritrovarmicon un numero di studenti in aulamolto minore rispetto agli anniscorsi; allo svegliarmi spesso inpiena notte in un orario tra le tre ele quattro; dal lavorare in un ufficiodove manca lo spazio per ricevereuno studente in maniera riservata;alla mancanza di tanti libri e materialididattici che sono ancora nelmio ufficio a Roio le cui pareti sonosventrate.

Com’è cambiato il tuo modo divivere la città?

Confesso che non sono mai statoun utilizzatore spinto del centrostorico, non ho mai partecipato attivamenteal rito dell’aperitivo odelle “vasche” lungo il corso.Quando vivevo a L’Aquila avevo

casa vicino al Motel Agip ed andavoin centro per lavoro o per unapasseggiata nel week end. Il centrostorico di L’Aquila era però unluogo accogliente, passare lungo ilcorso era come sentirsi avvoltinella tenerezza di secoli di storia.Sono tornato diverse volte in centro– almeno nelle parti calpestabili – ela sensazione è stata di una feritadifficile (o impossibile?) da rimarginare.Ma vorrei che non si pensassesolo al centro storico, perchéla vita è cambiata anche nelle frazionie nei paesini. Oggi la città edi paesini sembrano spesso luoghidormitorio collegati da strade trafficatea tutte le ore del giorno.Spesso manca “l’anima” della cittàe talvolta dei paesini e delle frazioni.

Se tu potessi gestire in prima persona la ricostruzione dellacittà, cosa faresti?

Per prima cosa definirei cosaL’Aquila vorrà essere tra non menodi dieci anni. Le tragiche esperienzedei terremoti passati ci insegnanoche ricostruire pienamente inmeno di dieci anni è un obiettivoassurdo, ed inoltre il “nostro” terremotoè avvenuto nel momento piùbrutto dell’economia mondiale conuna crisi seconda solo alla GrandeDepressione. Ricostruire tanto perricostruire non serve a niente.Dobbiamo prima decidere che cittàvogliamo essere: della cultura?della scienza? universitaria? delletecnologie avanzate? dell’ecosostenibilità?Scegliamo quello chevogliamo ma scegliamo e poi facciamoun piano di azione con tempie risorse certe.

Secondo te, quanto dovremoaspettare per rivedere L’Aquila ricostruita?

Ho avuto il piacere di condurre unaricerca, in collaborazione con ilCentro Studi di Confindustria

Abruzzo, che ha analizzato le politichedella ricostruzione post-sismache hanno fatto seguito agli eventidel Friuli, dell’Irpinia, delleMarche e dell’Umbria. In nessunodi quei casi è stato colpito in manieradevastante un capoluogo diregione; in nessuno di quei casi èstato colpito uno dei 6 centri storicipiù ampli in Italia. In tutti quei casici sono volutialmeno dieci anni perLuciano Fratocchi è una di quellepersone che hanno sempre ilsorriso sulla bocca, la battutapronta, e la capacità di erudirtiappena inizia a parlare. E’ unconcentrato di energia, di raffinataintelligenza, di umanità, di saggezza,ma è soprattutto un ottimoamico. Quell’amico sul qualepuoi contare sempre, che è semprepronto a dedicarti una parte dellasua incasinatissima giornata,nonostante nelle pagine della suaagenda non sia rimasto neancheun piccolissimo spazio bianco:lezioni, ricevimento studenti, tesisti,convegni, stesura di relazioniper grossi organismi, appuntamenticon dirigenti d’azienda chegli affidano gli action plans delleloro imprese. Quando lo incontroha appena chiuso da embroorganizzatoreil Convegno“Ricostruzione, ripresa economicae competitività”, organizzatodall’Associazione italiana diIngegneria gestionale (che si ètenuto per sua ferma volontà a S.Stefano di Sessanio) e sta finendodi rivedere la relazione sull’andamentodell’economia abruzzesenel I semestre 2010 perConfindustria Abruzzo. Ed in alcuni casi di centri storici – faccio solo l’esempiodi Nocera Umbra dove nonsi può dire che sono mancati i fondi– l’opera di ricostruzione ha richiestoancora più tempo. Se tanto midà tanto, temo che i dieci anni per ilcentro storico di L’Aquila e di moltipaesini siano addirittura una previsioneottimistica. Inoltre, non sonosicuro che in tale periodo di temposi potrà ricostruire tutto, dobbiamonecessariamente identificare dellepriorità, ma prima dobbiamo decidere che città vogliamo alla finedella ricostruzione.

Gli aquilani stanno dando unapporto significativo alla ricostruzionedella loro città dovrebbero fare di più?

Mi permetto di dire che la domandachiede un giudizio globale chenon mi sento di poter dare. Gli

aquilani stanno rispondendo inmaniera differenziata: c’è chi si èrimboccato le maniche e sta portandoil suo contributo – spesso insilenzio e anzi dovendo evitare ibastoni tra le ruote che altri cercanodi mettergli. C’è però anche chiboccia ogni e qualsiasi idea progettualevenga da altri, solo perchéviene da altri e per questo considerataindegna di essere approfonditae discussa. C’è poi chi porta alleestreme conseguenze la brutta abitudineassistenzialistica che purtroppoin anni di economia assistitaha malamente educato diversinostri concittadini. Ho incontratopersone per cui tutto gli è dovuto; amio avviso la prima cosa che èdovuta è che ognuno si rimbocchile maniche e faccia quel che può esa fare. Aspettare solo i soldi “daRoma” – magari imponendo una“tassa per L’Aquila” – a tutti gli italianiin un momento in cui moltinostri connazionali piangono per lacrisi economica non mi pare altamenteetico. Cominciamo noi nelnostro piccolo ad usare bene lerisorse che ci sono senza sprechi esenza volontà di scaricare nel calderonedella ricostruzione interessipersonali che con il terremoto nonhanno nulla a che fare.

Quali sono i problemi maggioriche gli aquilani si trovano adaffrontare?

Il primo problema è per coloro cheancora non sono riusciti a tornare incittà e per questo sarebbe necessariodare impulso alla ricostruzionein modo che chi ha avuto assegnatoun appartamento del progettoCASE o un MAP possa renderlodisponibile ad altri non appena lasua casa sarà nuovamente resa agibile.Per far questo bisogna peròevitare sia la burocrazia esasperata,sia l’accaparramento di incarichinelle mani di pochi tecnici. Per nonparlare poi del tempo perso in riunionicondominiali o di comparto adiscutere del nulla o quasi, senzaraggiungere un accordo.

Un secondo problema è dato dallanecessità di portare sviluppo e crescitaeconomica – e quindi lavoro -nel territorio del cratere.Sicuramente la zona franca potràaiutare molto, ma c’è bisogno di

tempi e risorse certe. L’attrazione dinuove attività imprenditoriali e losviluppo di quelle già presenti sulterritorio deve riguardare però settoriche creino valore aggiunto enon prevedano localizzazioni temporaneefino a quando ci sarannogli incentivi. Non ripetiamo glierrori del polo elettronico aquilanoche ha messo in ginocchio l’economialocale dopo che le grandi multinazionalise ne sono andate.

Un terzo problema fondamentale èla rissosità e la mancanza di unacultura del dialogo e del confronto– anche serrato ed aspro, sostituitada quella del chi urla più forte edell’incapacità di ascoltare.

Abbiamo bei cervelli sul territorioma non li lasciamo parlare, non ciapriamo al dibattito con chi – localeo “straniero” – può aiutarci adefinire una strategia vincente diricostruzione e sviluppo.

Un altro problema è quello relativoall’Università.

L’Aquila sta perdendo molti studentied altri ne perderà a seguitodella prossima fine dell’esenzione

dalle tasse. Al contempo, la riformauniversitaria in fase di discussioneal Parlamento – anche se rallentatadalle indisponibilità finanziarie –impone delle profonde riflessionisul sistema universitario regionale.

Prendiamo al volo queste dueminacce e rendiamole la base dipartenza per il ripensamento delruolo dell’Ateneo aquilano – odell’Ateneo federale d’Abruzzo –rispetto alla città dell’Aquila e alterritorio regionale.

Quale dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni in questa fase?

In primo luogo, le istituzionidovrebbero avere il ruolo di facilitatoridella definizione di una strategia

compiuta di ricostruzione cheparta da quella mission di L’Aquilaa cui mi riferivo prima.Fermiamoci quindici giorni, unmese per definire una volta pertutte qual è l’obiettivo finale (chenon può essere la mera ricostruzionetale e quale) e come vogliamoarrivarci. Questi quindici giorni oqueste mese lo recupereremo subitocon la maggior velocità di azioneche ne seguirà per le fasi successive.

In secondo luogo, le istituzionidebbono garantire la trasparenza ela diffusione delle informazioni. Leesperienze degli osservatori dellaricostruzione di Marche e Umbriasono degli ottimi riferimenti.

Rendere le informazioni disponibilia tutti permette l’innescarsi di unprocesso di “controllo sociale” cheaiuta anch’esso a velocizzare laricostruzione.In terzo luogo, ma non per questomeno importante, le istituzionidevono collaborare, devono superaregli steccati dell’appartenenzapolitica. Personalmente sono schifatoda rappresentanti delle istituzioniche si attaccano vicendevolmente;

discutere fa bene ed ènecessario, ma per favore definiamouna strategia condivisa e poiportiamola avanti insieme.

La ricostruzione potrebbe rappresentare un’opportunità per L’Aquila?

Se guardiamo al passato, nel casodel sisma del Friuli e dell’Umbria edelle Marche la risposta è stata

assolutamente positiva. Sono territoriche hanno migliorato il loroposizionamento competitivo all’indomanidei tragici sismi che lihanno colpiti. Sappiamo però che ilrovescio della medaglia si chiamaBelice ed Irpinia (anche se in quelcaso non tutto è stato spreco).

L’Aquila nella sfortuna di esserestata colpita dal sisma del 6 Aprile,ha la fortuna di poter guardare

indietro e capire cosa ha funzionatoe cosa non ha funzionato. Nontenerne conto sarebbe un sacrilegio.

Ed il fatto che il sisma di L’Aquilaabbia riguardato una città capoluogodi regione e non aree compostesolo da piccoli e medi paesi – comein molti sismi precedenti – sta asignificare che l’opportunità èancora più grande perché la ricostruzioneconsente di agire inmaniera più sistemica.

E non dimentichiamoci che unaparte importante del successo dellaricostruzione passa anche attraversodi noi, ognuno di noi.

FONTE : «CHE CITTA’ VOGLIAMO?»diPatriziaSantangelo Intervista a Luciano Fratocchi Università di L’Aquila Cittàmagazine

www.cittamagazine.comdicembre 2010


Eremo Via vado di sole, L’Aquila, giovedì 23 dicembre 2010



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