
“E’ in questa divinissima pittura un Cristo morto portato a sotterrare , condotta con tanta freschezza e siffatto amore , che a vederlo pare fatto pur ora.” Così scrive Giorgio Vasari nella seconda edizione delle Vite pubblicata nel 1568. La tavola di cui parla raffigura appunto una Deposizione che può vedere descrivendola come abbiamo detto sessantuno anni dopo che è stata dipinta da Raffaello nale 1507 all’età di 24 anni.
La pala con la Deposizione (Galleria Borghese ) (cm.184x176 aveva in alto una cimasa con L’Eterno e angeli e, sotto , una predella con le Virtù teologali (Pinacoteca Vaticana).

Lo schema della composizione è classico, come è indicato dal corpo del Cristo, derivato dagli antichi rilievi in cui si rappresenta Meleagro. Ma Raffaello trasforma la citazione con atteggiamenti più naturali nei personaggi.
La donna seduta che sorregge la Vergine riprende la torsione della Madonna di Michelangelo nel Tondo Doni.
Il dinamismo d'insieme invece si riferisce sia a quello di Leonardo che a quello di Michelangelo e deriva probabilmente dalla conoscenza dei cartoni con le famose battaglie di Anghiari e di Cascina. Rispetto all'impatto drammatico di Michelangelo le figure di Raffaello risultano più dolci ed esprimono un dolore abbastanza contenuto.
Giunto a Firenze, Raffaello si confrontò con altri due grandi artisti che avrebbero con lui formato la triade del genio rinascimentale italiano: Michelangelo e Leonardo. Imparando dal primo la drammaticità dei corpi in movimento e del colore puro e cangiante; dal secondo la sottigliezza e il mistero dei moti dell’animo umano nella luce. Raffaello scelse una terza via che si manifestò già compiutamente nella pala della Deposizione Baglioni-Borghese, per la prima volta ricomposta qui in mostra. L’artista dinamicizza e rivoluziona il tema della Deposizione (si veda in apertura come sarebbe dovuta essere nel più tradizionale disegno preparatorio) anticipando quel perfetto equilibrio tra pittura di natura e di storia - tra tono elegiaco ed epico - che preluderà alla cifra stilistica della maturità: le Stanze vaticane.



La tavola, nota come pala Baglioni, nacque come una deposizione, come testimoniano alcuni disegni preparatori. Raffaello optò alla fine per il più dinamico soggetto del trasporto di Cristo.
Tale scelta gli permette fra l'altro di costruire il quadro in due scene: quella di sinistra, la principale, con (da sinistra) Giuseppe d'Arimatea, Giovanni, Nicodemo e Maria di Magdala. A destra, leggermente in secondo piano, Maria, sorretta e circondata da tre pie donne, sviene per il dolore. Due corpi, uno morto e l'altro come morto, sostenuti dall'amore e dall'affetto.
La figura michelangiolesca di giovane al centro del dipinto diventa il legame fra i due gruppi: appartiene infatti a quello di sinistra (sostiene il lenzuolo su cui Gesù è steso) ma a livello di composizione fa un tutt'uno con la scena di destra (è infatti inarcato verso quella direzione).

Il castello e la vallata sono gli stessi che al tempo di Raffaello appartenevano alla famiglia Baglioni, la committente del quadro. Ma a rendere la scoperta ancor più interessante è il fatto che la stessa sia dovuta ad Alessandra Oddi Baglioni discendente delle due famiglie le cui fai-de furono la causa diretta della nascita del dipinto.

Baglioni si disputavano il comando con guerre sanguinose che ebbero un termine ufficiale quando papa Giulio II, in occasione di un suo passaggio per Perugia, costrinse le due famiglie a fare la pace nel 1507. In quell'anno la tavola della Deposizione era appena compiuta. Ata-lanta Baglioni, vedova di un Grifone già assassinato in una precedente faida, l'aveva ordinata a Raffaello per la propria cappella gentilizia nella chiesa di San Francesco a Prato a Perugia.
La scelta del pittore era stata anche una risposta alla sfida culturale della famiglia Oddi, che nella stessa chiesa aveva insignito un altare con la grandiosa pala dell'Incoronazione di Maria, dipinta da Raffaello tra il 1499 e il 1504 e oggi conservata nella pinacoteca vaticana. Il dipinto chiesto da Atalanta doveva commemorare un'altra tragica morte: quella del figlio Grifonetto, ucciso nel 1500 sulla piazza di Perugia e raffigurato nella tavola di Raffaello in uno dei discepoli che trasportano il corpo del Cristo morto.
Passano i secoli e le due famiglie rivali si uniscono definitivamente nel 1700, quando una Caterina Oddi sposa un Marcantonio Baglioni. Alessandra Oddi Baglioni, che discende direttamente da loro, vive nei pressi di Perugia. Nei mesi scorsi, sapendo che la Deposizione è in restauro, chiede il permesso di osservarla da vicino. «Ho così potuto notare un particolare che non si poteva vedere con chiarezza quando il dipinto era appeso alla parete, perché rimaneva troppo in alto», racconta.

La scoperta verrà presentata ufficialmente alla fine dei restauri, prevista a dicembre. La tavola di Raffaello è infatti, dal marzo scorso, adagiata su un ripiano allestito all'interno di un box, costruito nella stessa sala della Galleria Borghese che la ospita dalla fine dell'Ottocento, per non creare cambiamenti di microclima. Qui è sottoposta alle cure della restauratrice Paola Tollo, aiutata da Ilir Shamolli, e sotto la direzione di Kristina Herrmann Fiore.
Il restauro, reso possibile grazie a una sponsorizzazione della Jaguar che ha messo a disposizione 40 mila euro, avviene a 32 anni di distanza da quello condotto da Laura e Paolo Mora e divenuto una specie di icona dell'Istituto centrale del Restauro. In quell'occasione infatti fu sviluppato un sofisticato sistema di staffe mobili, adatte ad accompagnare e nello stesso tempo a contenere i movimenti delle tavole di legno evitando dannosi sollevamenti del colore come era avvenuto nel precedente restauro ottocentesco.

Ma le indagini precedenti alla ripulitura hanno rivelato anche altre curiosità. Come la sagoma di una ulteriore figura proprio al centro del gruppo dei personaggi, tra la Maddalena e il discepolo con le fattezze di Grifonetto. «Era già emersa dalle radiografie effettuate nel 1997 -spiega Fiore - ma adesso si vede più chiaramente nell'immagine ottenuta con la riflettografia. Raffaello aveva abbozzato la figura con una campitura di colore, senza precisare il particolare, e poi deve aver deciso di eliminarla per dare una specie di impeto alla composizione». Infatti si ha l'impressione che i due gruppi di figure intorno al corpo del Cristo si muovano in due direzioni opposte. Una fuga dal centro che rende il quadro uno dei più emozionanti della storia dell'arte.
Racconta Giovanni Piancastelli, che ai primi del Novecento fu il primo direttore della Galleria Borghese: «Io stesso posso testimoniare di aver più volte veduto innanzi a questa tavola persone con occhi umidi e più spesso con espressione di tristezza e di compassione prender parte alla dolorosa scena; e, precisamente nel Giovedì Santo del 1893, due signore vestite di nero vidi io singhiozzare a grossi lacrimoni».
FONTE : http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=8068
http://www.sindone.org/santa_sindone/vita_di_fede/00024370_Raffaello___Il_trasporto_di_Cristo.html
venerdì 28 gennaio 2011
Nessun commento:
Posta un commento