



Nella memoria di tutti è presente il ricordo, e quasi l'intimo sapore, di certe confetture tipiche, per esempio quelle di uva, l'uso debordante, fino allo spreco, del miele e delle mandorle, propri dei dolci di fine anno. Ricordo e sapore hanno i contorni incerti e misteriosi del mito sorretto dalla cifra ovidiana che nei Fasti rievoca l'antico uso di donare focacce di datteri, fichi e miele in calendas januari.

E cosi, nel nome di una provvidenza e abbondanza per tutti, si imposta anche il pranzo di Capodanno, che per quanto più sottoposto al livellamento dei prodotti commerciali, tuttavia ha sempre i suoi cibi di rito, non fossero altro le lenticchie e l'uva consumate a scopo propiziatorio. Persino i ravioli e le salsicce di Carnevale, divorati con fame ancestrale nel numero magico di sette, vanno letti nel segno della cultura popolare sempre tesa tra le antinomie del possesso e della privazione, delle risorse desiderabili e dei beni limitati ottenibili.
Ma l'evento che più di ogni altro, nel periodo invernale, assomma ed esalta il caratteri rituali del consumo collettivo del cibo è la grande panarda di Sant'Antonio Abate. La tradizione è comune a molti paesi, ma esprime compiutamente il concetto di celebrazione comunitaria con forti permanenze magico-sacrali, soprattutto a Villavallelonga, un piccolo centro posto entro la zona montagnosa del Parco Nazionale d'Abruzzo. L'aspetto più spettacolare della panarda sta nella quantità delle portate che possono superare anche il numero di cinquanta e nella etichetta che impone ai commensali di onorare la tavola, consumando tutte le vivande servite nel piatto.

Per quanto riguarda il cibo, la panarda, accanto ad un repertorio di vivande e di specialità gastronomiche locali, presenta alcuni alimenti fissi che non possono mancare in nessun caso. Essi sono: brodo di gallina e vitello, il caldaio del lesso, maccheroni carrati all'uovo con ragù di carne di pecora e detti "di Sant'Antonio", la pecora alla cottora, le fave lessate e condite, le frittelle di pasta lievitata, le ferratelle, e la panetta che è una speciale preparazione di pasta lievitata a cui sono state aggiunte le uova.
La cena si protrae per tutta la notte, sia per dare modo ai convitati di consumare agevolmente le portate, sia perché il servizio ogni tanto è intramezzato da momenti di preghiera e dal canto di formule religiose, sia perché infine, ad una certa ora, le case dei panarderi vengono visitate dalle compagnie di questua.Mentre nelle piazze ardono enormi falò di legna, gruppi di cantori prendono a girare le strade e a visitare le case dove il loro arrivo è atteso e ben accetto e le loro esecuzioni sono ricompensate con cibo e somme di denaro. Le visite durano fino alle ultime ore della notte, dopo di che vengono riordinate le mense e viene servita l'ultima portata: un piatto di fave lesse, accompagnate dalla panetta. Prima però il panardere ringrazia tutti i presenti e intona il Padre Nostro. Solo dopo questo ultimo atto e dopo aver consumato le fave, la panetta e un bel bicchiere di vino in onore del Santo protettore, gli invitati lasciano la casa, dandosi appuntamento per l'anno venturo.
O gran Dio onnipotente
Siam venuti buona gente
Nel gran lungo camminare
Sant'Antonio per cantare.
Padre Figlio e Spirito Santo
Attaccate 'stu bel canto
co' la voce ch'è 'na squilla
Sant'Antonio de la Villa.
Se ci-avete le pecorelle
Cresceranno grasse e belle,
Se ci-avete cavalli e bica
Sant'Antonio li benedica.
Se ci-avete 'na figlia bella
Dio la possa maritare
E da amici e da parenti
Ve la possa accompagnare
E Sant'Antonio vecchiareglie
Risatolle le famiglie,
Le famiglie satollate
Sant'Antonio sia lodato.
Fonte Pagine D’Abruzzo Coordinamento multimediale Maria Concetta Nicolai Edizioni Menabo’
http://www.profesnet.it/dabruzzo/cultura/tempo_inverno/inverno_panarde.htm
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