Insomma, gli egiziani più smaliziati sono finora riusciti a twittare senza problemi attraverso centinaia di siti come Hootsuite ( HYPERLINK "http://hootsuite.com/"http://hootsuite.com/). È un fiume che si disperde in mille rivoli e il regime, oscurando il dominio twitter.com, in realtà non ha mai interrotto il flusso di informazioni che dal Cairo si è riversato in tutto il mondo.
Fino ad oggi gli egiziani sono riusciti – nonostante tutto – ad organizzare la protesta e per aggiornare in tempo reale la situazione dalla piazza. Con Tweettoemail: un servizio che permette di mandare tweet in tempo reale a una lista personalizzabile di contatti email. Per navigare su internet in maniera anonima si installano software gratuiti come Tor o Hide My Ass che sfrutta la Vpn, ovvero un tipo di connessione impossibile da localizzare.
L'altro grande social network, Facebook, sta assumendo un ruolo di secondo piano proprio perché, al contrario di Twitter, non è fruibile attraverso servizi esterni. Per il regime è stato facile prenderlo di mira, anche se l'azienda di Marc Zuckerberg ha fatto sapere di aver subìto pesanti rallentamenti ma nessun blocco. È completamente saltato invece Bambuser , il sito che permette di postare un video girato dal telefonino direttamente sul proprio account di Facebook, mentre Youtube risulta ancora accessibile. E così il mondo ha visto con i propri occhi il coraggio di un ragazzo che si è rimasto in piedi davanti a un blindato dell'esercito, riuscendo a rallentarne l'avanzata. Eppure, di fronte al black-out totale delle linee che Mubarak sta imponendo in queste ore, neanche l'intraprendenza dei giovani egiziani può fare molto. Nelle ultime ore infatti i tweet dai server egiziani stanno scemando. Chi sostiene il movimento dall'estero twitta lo stesso messaggio: "L'Egitto ha bisogno degli occhi del mondo". Poi decine di messaggi di protesta contro gli operatori mobili locali: "Vi siete piegati al dittatore".
Per questo scrive Vincenzo Nigro : "Se cade Mubarak cade il Nord Africa". E' questo lo spirito catastrofico ma probabilmente realistico con cui i tradizionali sostenitori del governo egiziano (a partire da Stati Uniti, Italia, Francia e Germania) guardano a questo venerdì di preghiere e proteste al Cairo e in tutto l'Egitto. Il sistema di polizia egiziano non è come quello tunisino, non dipende da una limitata cricca familiare stretta intorno agli affari della famiglia di Ben Alì. E soprattutto, allertati dai segnali arrivati da Tunisia e Algeria, i generali del Cairo sono pronti alla battaglia di questo venerdì 28 gennaio.
Al momento sono stati bloccati Internet e i social network attraverso i quali i manifestanti si coordinano nelle proteste. Ma tagliare i telefoni, le comunicazioni, non riuscirà a modificare le condizioni di protesta politica e popolare che hanno portato anche l'Egitto a protestare contro il suo governo. L'unica possibilità per un'evoluzione non catastrofica della situazione in Egitto è che, assieme ad esercito, polizia e servizi segreti, il regime Mubarak mobiliti rapidamente un'azione politica, un'iniziativa che governi il cambiamento.
In Algeria ci sono voci di un rapido cambio di ministri all'interno del governo. Ma per l'Egitto non basterà un rimpasto, soprattutto se le manifestazioni di oggi rafforzeranno un'ondata di protesta che grazie alla rabbia accumulata è in grado di durare per giorni e giorni. Se salta Mubarak è il caos: 80 milioni di egiziani fuori controllo al confine di
Israele e al confine marittimo dell'Europa sono una seria incognita. Forse il regime non salterà. Ma se Mubarak dura, se la repressione continuerà immutabile, anche il caos continuerà. L'unica speranza è che i segnali di un vero cambiamento arrivino presto, siano rapidi, concreti e che riescano a convincere il popolo egiziano.
Fonti : L’Espresso on line e Repubblica del 28 .01.2011
venerdì 28 gennaio 2011
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