Il discorso sul valore e sulla corretta valutazione del patrimonio musicale medievale e protorinascimentale abruzzese è del resto complesso e pieno di implicanze. Oggi chi studia e chi interpreta la musica antica, in linea di massima, ha la tendenza a considerarla come un fenomeno di grandi famiglie, di grandi compositori, di grandi correnti culturali. Così la mente va subito alle corti dell'Italia settentrionale, a Firenze, alla corte di Avignone o ad altre grandi realtà che, grazie alla copiosa documentazione conservata, agiscono da richiamo. Sotto questa ottica la storia musicale della nostra terra è penalizzata e, erroneamente, considerata come espressione di un territorio in qualche modo periferico. Invece, l'Abruzzo fu culla di una poesia fervente ed ascetica che fungeva da supporto testuale alla musica dell'epoca. Fu luogo di riflessione e di ispirazione per la composizione di laudi in lingua volgare che bruciano di una spiritualità quasi visionaria.
Stiamo parlando di due manoscritti contenenti delle composizioni polìfoniche inedite destinate, la maggior parte, al servizio liturgico. Questi documenti risultano estremamente interessanti sia per il
loro indubbio valore artistico, sia perché sono una testimonianza significativa di quanto fervida e vivace fosse la cultura musicale abruzzese anche in piccoli centri del territorio. Credo che per la maggior parte dei nostri lettori sia insospettabile l'esistenza di un tale interesse artistico rivolto verso pratiche di polifonia di una certa complessità, nell' Abruzzo medievale. Del resto questi importanti documenti sono caduti per secoli nel dimenticatoio per essere studiati e descritti solo a partire dal 1970. Segnalati ed osservati per la prima volta, in particolare, da Ziino sono stati recentemente riconsiderati per il loro alto valore artistico e documentario. Così alcuni pezzi ne sono stati estrapolati e incisi in prima registrazione mondiale in un interessante disco dal titolo Menando gli anni. La musica in Abruzzo tra medioevo e Rinascimento eseguito, sotto la direzione artistica di Maria Antonietta Cignitti, dalle Cantrici di Euterpe in collaborazione con l 'ensemble Aquila Altera. Il CD contiene un campionario di brani che rappresentano tutte le istanze culturali della regione. Istanze dove si ravvisa non solo tutto quello che l'Abruzzo ha prodotto fuori dai propri confini, attraverso grandi musicisti, ma anche quello che è nato nel territorio spesso appositamente per il servizio liturgico locale.
al XIV - XV secolo ed è davvero sorprendente scoprire l'esistenza, in un'epoca così remota, di composizioni polifoniche. Si pensi che fino alla scoperta di questo Graduale si considerava come prima consistente fonte di polifonia quattrocentesca, redatta e conservata nell'Italia centro meridionale, il manoscritto 871 N dell'Abbazia di Montecassino, datato intorno al 1480. I libri corali di Guardiagrele testimoniano, invece, come almeno un cinquantennio prima, la pratica polifonica mensurale era già diffusa in Abruzzo. Di questo dato di fatto il graduale che stiamo esaminando è dunque il primo documento concreto.
Sempre allo studioso Ziino si deve la scoperta dell' altro importante codice in questione, quello di Rocca di Mezzo. Egli osservò, nel museo annesso alla chiesa parrocchiale di Santa Maria della neve) tra i vari oggetti d'arte, un antifonario mariano redatto in parte' nel 1519 e in parte lasciato in bianco probabilmente per essere poi cornpletata con nuove melodie liturgiche. Successivamente vi si inserirono alcune composizioni polifoniche sacre e una profana.
E' oltremodo interessante scoprire che, in questo centro apparentemente appartato su un altopiano (che all'epoca non era certo meta stagionale per gli sport invernali), la musica nel servizio liturgico dovesse essere così curata. Cosa che si deduce anche dal libro dei conti, conservato nell'archivio parrocchiale, relativo agli anni 1566-1622 dove si legge che nel 1594 fu fatto costruire l'Oratorio e fu commissionato a Don Stefano Fabri, maestro di Cappella a L'Aquila, il nuovo organo.
L'analisi delle strutture e delle forme musicali contenute nei due manoscritti, come hanno osservato gli studiosi, ha oltretutto dimostrato una rigorosa attenzione alle correnti musicali attive in Italia in quel periodo. Anche questo dà la dimensione della velocità con cui le innovazioni culturali penetrassero nel territorio abruzzese attraverso le grandi vie commerciali e mercantili, di cui accennavamo all'inizio, ma anche attraverso la presenza dei numerosi monasteri benedettini che, ad esempio, brulicavano nel circondario di Guardiagrele. Credo che questi elementi siano decisivi nel restituire l'immagine di un territorio che ha goduto sin da tempi lontani di un grande respiro culturale. La riscoperta dell'antico patrimonio musicale abruzzese è un esercizio utile a produrre una maggìore consapevolezza della storia. In realtà andrebbe scoperta e valorizzata anche la faccia nascosta, tutto il patrimonio etnico che pure vani gioielli straordinari, basti pensare ai saltarelli di tradizione che, in alcuni casi, risalgono direttamente al Medioevo.
Tra Amatrice e Montereale c'è una tradizione in tal senso presentata da uno zampognaro ultra novantenne il quali tramanda oralmente questo patrimonio.
Il codice di Rocca di Mezzo
Eppure il vero gioiello, almeno per chi studio musica antico, è un piccolo codice del XVI secolo, esteticamente sobrio e privo di ornato, ma degno di noto per lo presenza (come sopra accennato) di composizioni poliloniche di uno certo complessità risalenti od un periodo in cui la polifonia era ancoro poco sviluppata.
Il codice di Rocco di Mezzo fu donato alla chiesa di Santa Maria della Neve da Don Cicco Marini nel 1519. Questi dati storici sono ricavabili do un'annotazione posta sul recto dell'ultima pagina che recita. "Die vigesimo mensis Junii 1519. Iste Liber fecit fierj Donnus Ciccus Marinj De Roccha De Medio Ad Laudem et gloriam omnipotentis Dej et Ad honorem Conceptionis Virginia Marie et Pro Animis quorum paren [tium] .
Attualmente, il manoscritto è composto do 52 carte, ma si desume che in origine ne fossero 54. Il formato di ogni carta è di cm 39 x 27 e su ognuno originariamente erano stati tracciati sei tetragrammi per pagina.
In questo sezione aggiunto è presente un mottetto del celeberrimo Josquin des Prés, il resto della composizione è in parte anonimo, in parte attribuito a autori non bene identificati Laurentius Gasparrinus chiamato anche Gaspard, e Johannes de Oleo. Dall'analisi effettuato da Agostino Ziino è emerso queste composizioni, fatta eccezione per il pezzo di Josquin, Tu solus qui facis mirabilia, non sono rintracciabili in altre fonti.
La sezione in questione riporta nel seguente ordine ì versetti pari di un Magnificat composti da Lauren Gaspard, il mottetto a quattro voci Tu solus qui facis , mirabilia di Josquin des Prés, uno villanella alla napoletana Se me voi morto a tre voci (di genere profano), mottetti o quattro voci sul testo dell' antifona Adoramus te Coriste di Laurensius Gaspard e un mottetto a quattro voci sul testo dell' antifona Hodie Maria Virgo Caelos ascendit di Johannes de Oleo. Sulla penultima pagina compare, infine, un canone o sei voci
Il codice di Guardiagrele
Il secondo volume (mm. 530 x 420), che constava di 59 carte, comprendeva una parte del repertorio dei canti dalla Pasqua alla Domenica XXIV dopo Pentecoste arrestandosi alla carta 44. Le carte successive, dedicate all'Ordinarium Missae, riproducevano un Patrem a due voci.
Il terzo volume conteneva l'intero Proprium Sanctorum, a partire dalla vigilia di S. Andrea apostolo fino a S. Clemente. Come gli altri, era membranaceo e di grande formato (circa mm. 550 x 420).
Malgrado l'apparente unità, conferita al manoscritto dalla rilegatura, il suo contenuto risultava, dunque, assai composito.
Il restante repertorio polifonico del graduale è, inoltre, composto in uno stile italiano che dimostra concordanze con manoscritti romani e senesi.
I corali di Guardiagrele, dunque, oltre ad essere una delle poche fonti del primo quattrocento che riproducono delle intonazioni polìfoniche dell'Ordinarium di provenienza italiana, sono un chiaro esempio del volto vivace e culturalmente recettivo che doveva avere l'Abruzzo del 1400, dove lo circolazione delle idee era ben più intensa di quello che probabilmente siamo disposti ad immaginare .
Riproduzione dell’articolo di Laura di Battista pubblicato su Regione Abruzzo Rivista del consiglio regionale abruzzese n.26,giugno luglio 2004 dal titolo “la musica antica in abruzzo.
mercoledì 6 aprile 2011
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