mercoledì 6 aprile 2011

CANZONIERE : Musica antica in Abruzzo

CANZONIERE : Musica antica in Abruzzo


La posizione che L'Abruzzo ha occupato tra medioevo e rinascimento fu senz' altro strategica sia sotto il profilo politico che commerciale. La particolare collocazione alla periferia del Regno di Napoli e al confine con lo Stato della Chiesa, contrariamente a quanto potrebbe apparire ad uno sguardo superficiale, la rendeva territorio centrale e cardine dei rapporti economici e culturali tra nord e sud. Per intuire quanto fervido fosse all'epoca il confronto ed il contatto con il resto della penisola, basterebbe ricordare l'importanza della famosa via degli Abruzzi che passava obbligatoriamente per L'Aquila e per Sulmona. E', inoltre, noto quanto, in epoca federiciana ed angioina, l'Abruzzo fosse una terra adorna di splendide città e monumenti, retta da un sistema feudale solido ed articolato. Eppure di questa opulenza e dell'esperienza significativa del nostro passato non sempre abbiamo una coscienza viva ed orgogliosa. Ecco perché a volte accogliamo con un certo stupore la riscoperta dei grandi tesori culturali della nostra terra, siano essi letterari, artistici, pittorici, architettonici o ancora di più musicali.

Scommetto ad esempio che chiunque, non addetto ai lavori, resterà sorpreso nell'apprendere che una delle sequenze di musica medievale tra le più famose al mondo, contenuta, ripresa e citata in quasi tutti i film sul periodo, sia stata composta da un abruzzese. Si tratta del Dies irae di Frate Tommaso originario di Celano e amico di Francesco d'Assisi.

Il discorso sul valore e sulla corretta valutazione del patrimonio musicale medievale e protorinascimentale abruzzese è del resto complesso e pieno di implicanze. Oggi chi studia e chi interpreta la musica antica, in linea di massima, ha la tendenza a considerarla come un fenomeno di grandi famiglie, di grandi compositori, di grandi correnti culturali. Così la mente va subito alle corti dell'Italia settentrionale, a Firenze, alla corte di Avignone o ad altre grandi realtà che, grazie alla copiosa documentazione conservata, agiscono da richiamo. Sotto questa ottica la storia musicale della nostra terra è penalizzata e, erroneamente, considerata come espressione di un territorio in qualche modo periferico. Invece, l'Abruzzo fu culla di una poesia fervente ed ascetica che fungeva da supporto testuale alla musica dell'epoca. Fu luogo di riflessione e di ispirazione per la composizione di laudi in lingua volgare che bruciano di una spiritualità quasi visionaria.


Si pensi alle laudi composte da Pietro da Morrone, l'eremita che salì sul seggio papale, delle quali purtroppo ci sono pervenuti i testi, ma non la musica. Fu patria di musicisti tra i più celebri e ricchi del medioevo. A parte il caso veramente esemplare di Antonio Berardo da Teramo detto Zacara, straordinario cantore e compositore e grande esponente dell'Ars Nova italiana (fortunatamente rivalutato dopo essere stato, per anni, quasi ignorato dalla ricerca musicologìca), ricordiamo Serafino de 'Cimminelli dall'Aquila, grande rappresentante della poesia declamata, Cesare Iudìno da Atri, Bernardo Lupacchino dal Vasto per citarne solo alcuni. Certo, committenti e mecenati non erano così numerosi come in altri luoghi, così l'Abruzzo divenne spesso terra di esportazione. Una realtà questa che come tutte ha un doppio risvolto, quello positivo fu senz'altro lo scambio e l'ampio respiro culturale di cui poté godere la regione. Numerosi, ad esempio, furono i movimenti di cantori e di musicisti professionisti tra l'Abruzzo e la cappella papale dove tra la fine del' 300 e la fine del' 400 la componente abruzzese risultava essere la più folta. Non è, inoltre, da escludere uno scambio con Firenze e con altre città del nord Italia. A Santa Maria del Fiore nel 1407 operava Paolus de Aquila e ancora, scritti teorici di Jacobus Theatinus sono stati rinvenuti nel manoscritto Aldini 361 della Biblioteca Universitaria di Pavia. Tutto questo (e di esempi ve ne sarebbero ancora molti) dà un'idea, se pur vaga, del peso che la regione aveva nella cultura musicale dell'epoca.

Le fonti abruzzesi sono disseminate un po' ovunque e di alcune si è persa traccia, pensate al codice di Guardiagrele (CH) rubato circa venti anni fa e che ancora è in attesa di essere recuperato. Fortunatamente di questo ci sono rimasti gli studi di Giulio Cattin, Oscar Mischiati e Agostino Ziino che ne riproducono il contenuto. E pensate ancora al codice conservato all'interno della sagrestia della chiesa parrocchiale di Rocca di Mezzo.

Stiamo parlando di due manoscritti contenenti delle composizioni polìfoniche inedite destinate, la maggior parte, al servizio liturgico. Questi documenti risultano estremamente interessanti sia per il

loro indubbio valore artistico, sia perché sono una testimonianza significativa di quanto fervida e vivace fosse la cultura musicale abruzzese anche in piccoli centri del territorio. Credo che per la maggior parte dei nostri lettori sia insospettabile l'esistenza di un tale interesse artistico rivolto verso pratiche di polifonia di una certa complessità, nell' Abruzzo medievale. Del resto questi importanti documenti sono caduti per secoli nel dimenticatoio per essere studiati e descritti solo a partire dal 1970. Segnalati ed osservati per la prima volta, in particolare, da Ziino sono stati recentemente riconsiderati per il loro alto valore artistico e documentario. Così alcuni pezzi ne sono stati estrapolati e incisi in prima registrazione mondiale in un interessante disco dal titolo Menando gli anni. La musica in Abruzzo tra medioevo e Rinascimento eseguito, sotto la direzione artistica di Maria Antonietta Cignitti, dalle Cantrici di Euterpe in collaborazione con l 'ensemble Aquila Altera. Il CD contiene un campionario di brani che rappresentano tutte le istanze culturali della regione. Istanze dove si ravvisa non solo tutto quello che l'Abruzzo ha prodotto fuori dai propri confini, attraverso grandi musicisti, ma anche quello che è nato nel territorio spesso appositamente per il servizio liturgico locale.


Il codice di Guardiagrele, non a caso, è stato rinvenuto nella chiesa collegiata di Santa Maria Maggiore del paese teatino. Esso si presenta sottoforma di Graduale redatto in tre volumi, risalente

al XIV - XV secolo ed è davvero sorprendente scoprire l'esistenza, in un'epoca così remota, di composizioni polifoniche. Si pensi che fino alla scoperta di questo Graduale si considerava come prima consistente fonte di polifonia quattrocentesca, redatta e conservata nell'Italia centro meridionale, il manoscritto 871 N dell'Abbazia di Montecassino, datato intorno al 1480. I libri corali di Guardiagrele testimoniano, invece, come almeno un cinquantennio prima, la pratica polifonica mensurale era già diffusa in Abruzzo. Di questo dato di fatto il graduale che stiamo esaminando è dunque il primo documento concreto.

Sempre allo studioso Ziino si deve la scoperta dell' altro importante codice in questione, quello di Rocca di Mezzo. Egli osservò, nel museo annesso alla chiesa parrocchiale di Santa Maria della neve) tra i vari oggetti d'arte, un antifonario mariano redatto in parte' nel 1519 e in parte lasciato in bianco probabilmente per essere poi cornpletata con nuove melodie liturgiche. Successivamente vi si inserirono alcune composizioni polifoniche sacre e una profana.

E' oltremodo interessante scoprire che, in questo centro apparentemente appartato su un altopiano (che all'epoca non era certo meta stagionale per gli sport invernali), la musica nel servizio liturgico dovesse essere così curata. Cosa che si deduce anche dal libro dei conti, conservato nell'archivio parrocchiale, relativo agli anni 1566-1622 dove si legge che nel 1594 fu fatto costruire l'Oratorio e fu commissionato a Don Stefano Fabri, maestro di Cappella a L'Aquila, il nuovo organo.


Queste preziose raccolte, che rappresentano delle espressioni musicali di una raffinata qualità e di alto pregio artistico, sono, dunque, una testimonianza importante di alcuni aspetti del nostro passato degni di essere indagati.

L'analisi delle strutture e delle forme musicali contenute nei due manoscritti, come hanno osservato gli studiosi, ha oltretutto dimostrato una rigorosa attenzione alle correnti musicali attive in Italia in quel periodo. Anche questo dà la dimensione della velocità con cui le innovazioni culturali penetrassero nel territorio abruzzese attraverso le grandi vie commerciali e mercantili, di cui accennavamo all'inizio, ma anche attraverso la presenza dei numerosi monasteri benedettini che, ad esempio, brulicavano nel circondario di Guardiagrele. Credo che questi elementi siano decisivi nel restituire l'immagine di un territorio che ha goduto sin da tempi lontani di un grande respiro culturale. La riscoperta dell'antico patrimonio musicale abruzzese è un esercizio utile a produrre una maggìore consapevolezza della storia. In realtà andrebbe scoperta e valorizzata anche la faccia nascosta, tutto il patrimonio etnico che pure vani gioielli straordinari, basti pensare ai saltarelli di tradizione che, in alcuni casi, risalgono direttamente al Medioevo.

Tra Amatrice e Montereale c'è una tradizione in tal senso presentata da uno zampognaro ultra novantenne il quali tramanda oralmente questo patrimonio.

Il codice di Rocca di Mezzo


A Rocco di Mezzo, nella chiesa di Santa Maria della Neve, si trova un piccolo, ma prezioso museo dove sono conservati vari oggetti d'arte e alcuni libri corali. Tra questi ultimi, degni di noto sono: un antifonario ed un graduale miniati, opera di Amedeo Oderisi di Matteo, datati 1360, che testimoniano un'antica tradizione di nobiltà artistico.

Eppure il vero gioiello, almeno per chi studio musica antico, è un piccolo codice del XVI secolo, esteticamente sobrio e privo di ornato, ma degno di noto per lo presenza (come sopra accennato) di composizioni poliloniche di uno certo complessità risalenti od un periodo in cui la polifonia era ancoro poco sviluppata.

Il codice di Rocco di Mezzo fu donato alla chiesa di Santa Maria della Neve da Don Cicco Marini nel 1519. Questi dati storici sono ricavabili do un'annotazione posta sul recto dell'ultima pagina che recita. "Die vigesimo mensis Junii 1519. Iste Liber fecit fierj Donnus Ciccus Marinj De Roccha De Medio Ad Laudem et gloriam omnipotentis Dej et Ad honorem Conceptionis Virginia Marie et Pro Animis quorum paren [tium] .

Attualmente, il manoscritto è composto do 52 carte, ma si desume che in origine ne fossero 54. Il formato di ogni carta è di cm 39 x 27 e su ognuno originariamente erano stati tracciati sei tetragrammi per pagina.


Come detto sopra, solo uno parte di questo codice fu utilizzato per lo stesura dell'antifonario C dalla carta numero 39 si possono osservare alcune composizioni polifoniche, di genere sacro e una di genere profano, inserite in un secondo momento probabilmente tra il 1570 e il 1590 da quattro amanuensi diversi, uno dei quali presumibilmente di origine francese.

In questo sezione aggiunto è presente un mottetto del celeberrimo Josquin des Prés, il resto della composizione è in parte anonimo, in parte attribuito a autori non bene identificati Laurentius Gasparrinus chiamato anche Gaspard, e Johannes de Oleo. Dall'analisi effettuato da Agostino Ziino è emerso queste composizioni, fatta eccezione per il pezzo di Josquin, Tu solus qui facis mirabilia, non sono rintracciabili in altre fonti.

La sezione in questione riporta nel seguente ordine ì versetti pari di un Magnificat composti da Lauren Gaspard, il mottetto a quattro voci Tu solus qui facis , mirabilia di Josquin des Prés, uno villanella alla napoletana Se me voi morto a tre voci (di genere profano), mottetti o quattro voci sul testo dell' antifona Adoramus te Coriste di Laurensius Gaspard e un mottetto a quattro voci sul testo dell' antifona Hodie Maria Virgo Caelos ascendit di Johannes de Oleo. Sulla penultima pagina compare, infine, un canone o sei voci

Il codice di Guardiagrele


Fino ad una ventina di anni fa, nell'archivio della chiesa collegiata di Santa Maria Maggiore di Guardiagrele (Chieti), era conservato un graduale, del XIV secolo, redatto in tre volumi tutti membranacei e di grande formato. Il primo era costituito da 235 carte numerate a matita, il secondo da 59 carte e il terzo da 194 carte. A lungo tale codice aveva destato l'interesse degli storici dell'arte per le sue pregevoli miniature e le iniziali ornate, ma nessuno aveva notato un elemento di gran lunga più straordinario che faceva del manoscritto un documento raro. Solo a partire dagli anni '7O, infatti, si è osservato che nel secondo e nel terzo volume del graduale erano trascritte alcune composizioni polifoniche del tutto inedite. Dal contenuto composito, il manoscritto costituì da quel momento una rilevante testimonianza della tradizione musicale abruzzese del medioevo.

Sotto il profilo del contenuto il primo volume abbracciava il periodo liturgico compreso tra l'Awento e il Sabato Santo e constava di 235 carte modernamente numerate a matita. Sul frontespizio, in calce ad una ricca miniatura era possibile rintracciare (almeno fino a quando l'intero codice non è stato rubato) la data di redazione nella seguente dicitura: "Hoc opus anno domini MCCCXXXIII". Il 1330 risulta, dunque, il termine post quem cominciò la redazione del manoscritto, lo cui stesura fu prolungata nel tempo con aggiunte fino ad una fase conclusiva da attestare intorno ai primi decenni del XV secolo. A questo periodo vanno collegati i brani polifonici oggetto del nostro interesse.

Il secondo volume (mm. 530 x 420), che constava di 59 carte, comprendeva una parte del repertorio dei canti dalla Pasqua alla Domenica XXIV dopo Pentecoste arrestandosi alla carta 44. Le carte successive, dedicate all'Ordinarium Missae, riproducevano un Patrem a due voci.

Il terzo volume conteneva l'intero Proprium Sanctorum, a partire dalla vigilia di S. Andrea apostolo fino a S. Clemente. Come gli altri, era membranaceo e di grande formato (circa mm. 550 x 420).

Malgrado l'apparente unità, conferita al manoscritto dalla rilegatura, il suo contenuto risultava, dunque, assai composito.


L'analisi delle grafie rilevò interventi di mani diverse nella trascrizione dei pezzi; la cosa fu sicuramente determinata dalla presenza di numerosi e attivissimi centri scrittori, di ambito benedettino, nella regione intorno alla Maiella. A tal proposito possiamo ricordare i Monasteri S. Liberatore alla Maiella, S. Spirito e S. Salvatore. Interessante, inoltre, notare come lo scrittura musicale, sempre sotto il profilo grafologico, presentasse delle caratteristiche proprie della notazione antica francese. Questo suggerisce una particolare apertura verso le influenze culturali attive all'epoca. Un atteggiamento, questo, che può essere maggiormente apprezzato se si considerano gli influssi musicali rintracciabili in alcuni brani. Un esempio emblematico è l'Agnus che risulta essere un contraffactum della ballata del fiorentino Francesco Landini: Questa fanciulla, amor, fallami pio. Si tratta di un pezzo di musica profana che ha avuto una vasta diffusione sia in Italia che fuori, a cui melodia è stata numerose volte ripresa ed utilizzata, secondo una prassi molto in voga all'epoca, per intonare pezzi di musica sacra.

Il restante repertorio polifonico del graduale è, inoltre, composto in uno stile italiano che dimostra concordanze con manoscritti romani e senesi.

I corali di Guardiagrele, dunque, oltre ad essere una delle poche fonti del primo quattrocento che riproducono delle intonazioni polìfoniche dell'Ordinarium di provenienza italiana, sono un chiaro esempio del volto vivace e culturalmente recettivo che doveva avere l'Abruzzo del 1400, dove lo circolazione delle idee era ben più intensa di quello che probabilmente siamo disposti ad immaginare .

Riproduzione dell’articolo di Laura di Battista pubblicato su Regione Abruzzo Rivista del consiglio regionale abruzzese n.26,giugno luglio 2004 dal titolo “la musica antica in abruzzo.


Eremo Via vado di sole , L’Aquila,
mercoledì 6 aprile 2011

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