Nel Vangelo di questa domenica si legge il miracolo del cieco nato a cui Gesù restituisce la vista. Giovanni nel narrare questo episodio non nomina mai la parola miracolo ma piuttosto indica quel prodigio come un segno. Per restituire la vista a quell’uomo cieco fin dalla nascita Gesù sputa sul fango, lo impasta e lo cosparge sulle orbite dell’uomo che dopo essersi lavato riacquista l’uso della vita.
Il gesto di Gesù viene interpretato in due modi. Da una parte quel gesto compiuto nel giorno di sabato sa di violazione della legge ma dall’altra è l’equivalente di quel gesto primordiale del creatore che , appunto impastando il fango e alitandovi il suo spirito dette vita alla sua creatura : l’uomo.
Una vita nella luce, una vita che è contro la morte ed usa la luce contro le tenebre.
Sta dunque nell’opposizione vita- morte e luce-tenebra il senso e il significato di questo brano del vangelo di Giovanni-
Lo stesso Giovanni che propone proprio nel prologo del suo vangelo la riflessione proprio su questi due mondi quello della luce e quello delle tenebre .
Ma il Signore ha fatto anche per noi il grande miracolo della luce: ci ha chiamati alla luce della fede. Il battesimo, che ci ha fatto cristiani, ci ha purificati, illuminati, salvati.
Ci dice S. Paolo: "Fratelli, un tempo eravate tenebre, ora siete luce nel Signore. Compoptatevi perciò come figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità".
Con la vista e la luce della fede, che cosa guarderemo?
Dobbiamo guardare il Signore, contemplare il suo volto.
Dobbiamo guardare i doni di Dio che riempiono la nostra vita. Ci dice un testo: "Non siate ciechi"
La luce della fede ci aiuta a guardare al cuore delle persone e non le cose esteriori.
Significativo è l'episodio raccontato nell'A.T. a riguardo della scelta di Davide.
Riscoprire la fede diventa allora esigenza portante, fondamentale, per acquistare una prospettiva sulla vita e sulle cose completamente diversa. Davanti alla vista del cieco nato, però, bisogna aprire il cuore, fidarsi. I dotti del tempo di Gesù, davanti a questa illuminazione si irrigidiscono, non vogliono capire, non vogliono vedere. Così i genitori del cieco hanno paura del giudizio dei Farisei: anche loro vivono nelle tenebre del pensiero altrui, dell'omologazione che impedisce di essere liberi di fronte alle scelte (già allora essere cristiani era démodé!). Così Giovanni al solito, gioca sull'ambiguità: chi è cieco e chi ci vede dentro questo racconto? Chi credeva di vederci benissimo è, in realtà, inchiodato ai suoi pregiudizi (anche religiosi!) o al giudizio degli altri. Il cieco, maledetto da Dio - secondo gli uomini - è in realtà, l'unico a vederci benissimo! Attenti però: il miracolo conduce il cieco ad un'altra luce, ben più profonda. Le domande che Gesù gli rivolge, portano ad una conclusione: sì ora può vedere chiaramente che Gesù è il Messia, il Figlio dell'uomo.
Però bisogna andare oltre. Esiste un'altra luce. Al termine della storia della salvezza la nuova creazione avrà una luce nuova, Dio stesso: "non hanno bisogno di luce di lampada né di luce di sole; poiché il Signore diffonde su loro la sua luce" (Ap 22,5).
Questa luce nuova ha già albeggiato sul mondo in Gesù, che dichiara: «Io sono la luce del mondo. Chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
Si perché il cieco nato alla fine del processo agisce a parla come la Samaritana. I due episodi hanno delle affinità letterarie e narrative perché entrambi i protagonisti, la Samaritana e il cieco nato parlano esponendo in succesive dichiarazioni verità sempre più importanti e pregnanti per la vita del cristiano fino ad affermare entrambi che dunque la vita, la luce , l’acqua che spegne la sete è Cristo ,il Messia.
Anche se poi i due episodi nella sostanza divergono perché il primo è un dialogo tra Gesù e la donna samaritana , il secondo è un vero processo nel quale, tra l’altro Gesù è assente per buona parte della sua durata.
Le prime letture delle domeniche di Quaresima richiamano in modo articolato le diverse tappe della Storia della Salvezza, orientata a Cristo: l'umanità delle origini (I domenica), la vocazione di Abramo (II domenica), il popolo d'Israele che nel deserto Dio disseta con l'acqua sgorgata dalla roccia, simbolo di Cristo (III domenica). La quarta domenica dunque ci invita a tornare a vedere perché vedere, infatti, e'' toccare il cuore dell'invisibile: "L'essenziale è invisibile agli occhi" come si dice anche ne Il piccolo Principe.
La “domenica del cieco nato” presenta Cristo come luce del mondo. Il Vangelo interpella ciascuno di noi: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. “Credo, Signore!” (Gv 9,35.38), afferma con gioia il cieco nato, facendosi voce di ogni credente. Il miracolo della guarigione è il segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la nostra fede diventi sempre più profonda e possiamo riconoscere in Lui l’unico nostro Salvatore. Egli illumina tutte le oscurità della vita e porta l’uomo a vivere da “figlio della luce”.
domenica 3 aprile 2011
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