La categoria della possibilità è connaturata al pensiero umano. Il senso della possibilità, come ricorda Andrea Borghini citando Robert Musil, è “la capacità di pensare tutto ciò che potrebbe essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è” (p. 7). In quanto pensiero della diversità, il pensiero della possibilità riesce a far risaltare le ragioni d’essere della realtà. La possibilità, comunque, non è soltanto una categoria filosofica. Si può anzi affermare che la nozione del possibile giunge ad introdursi quotidianamente nei nostri ragionamenti, allorché pensiamo fatti e circostanze sub conditione, nonché quando tentiamo di individuare le cause di un evento o di argomentare dialetticamente contro una tesi. Qual è, tuttavia, il significato della possibilità? O, per esprimerci nei termini di Borghini, “che cosa significa dire che una certa situazione è possibile?” (p. 8). A questa domanda, che manifesterebbe il “problema della possibilità”, si connettono altre due questioni: “come veniamo a conoscenza di ciò che è possibile?” (problema epistemico della possibilità) e “che cos’è un ente possibile?” (problema metafisico della possibilità) (p. 9).
Nella prospettiva della filosofia analitica (entro la quale Borghini sceglie di collocarsi) sono state elaborate numerose teorie della possibilità. Certamente si potrebbe evitare di porre simili interrogativi, adducendo le motivazioni di un “common sense” di stampo empiristico che riterrebbe la possibilità nulla più di un parto del pensiero umano, di un’utile finzione, rigettando contemporaneamente i tre problemi appena esposti. Nessuno scetticismo e nessun atteggiamento empiristico, tuttavia, può essere considerato degno dell’attività filosofica, se non riesce a rendere ragione di se stesso. Anche lo scetticismo, pertanto, ha il dovere di porsi adeguatamente come teoria della possibilità.
Sulla possibilità Andrea Borghini scrive un libro nel quale si sofferma anche sulle teorie della possibilità che giudicano fattibile dal punto di vista concettuale la disputa sui possibili. Si deve stabilire, a questo punto, se i concetti dei possibili possano essere analizzati nei termini di altri concetti oppure no. Il modalismo, che non reputa realizzabile una simile analisi, riconosce l’irriducibilità dei concetti modali, cioè il fatto che essi siano parte del nostro mondo proprio in quanto concetti modali. I filosofi che si sono accinti a spiegare concettualmente la possibilità, invece, hanno fatto ricorso, nella maggior parte dei casi, ad una teoria tanto affascinante quanto densa di problematiche ontologiche e conoscitive: la teoria dei mondi possibili.
I mondi possibili, per esprimerci in termini semplificati, sono mondi nei quali ciò che è possibile nel nostro mondo diviene reale o viene pensato come tale. Sullo statuto dei mondi possibili, tuttavia, non si può affatto riscontrare consenso nel panorama della filosofia analitica. David Lewis, ad esempio, ritiene che i mondi possibili siano nient’altro che mondi reali distinti dal nostro: la possibilità, allora, indica semplicemente l’esistenza di un oggetto o di un evento in un altro mondo, concreto al pari del nostro. Il realismo modale di Lewis pare contrapporsi direttamente al funzionalismo, per il quale i mondi possibili non sono altro che utili finzioni per spiegare gli enunciati modali.
L'idea di libertà è, in questi momenti difficili, utilizzata spesso come slogan a favore delle proprie posizioni politiche. Lei si è occupato di questo argomento in alcuni suoi interventi e scritti: quando si può parlare effettivamente di libertà e in che senso?
Mi pare che tutta la filosofia moderna e contemporanea abbia riconosciuto il carattere sostanzialmente aporetico dell'idea di libertà. Nella filosofia e teologia medioevale il problema veniva girato con l'argomentazione che il libero volere fosse innato e irraggiasse immediato a deo nell'anima. Quindi la libertà del nostro volere diventa una sorta di argomentum fidei. In quanto creati da Dio a sua immagine siamo liberi e la libertà è il sigillo che immediatamente, senza l'intervento di nessuna causa secondaria, Dio ha impresso nella nostra anima. Caduta questa visione o messa in crisi, il carattere aporetico si impone immediatamente anche nel caso di Spinoza, perché in Spinoza è esplicito che la nostra idea di libertà così come
comunemente viene declinata è niente altro che il sintomo della nostra ignoranza sulla causa. Quindi vi è un atteggiamento essenzialmente "naturalistico" dal punto di vista della libertà. La libertà coincide classicamente, per Spinoza, con la capacità che abbiamo di liberarci dalle passioni in quanto idee confuse e non ordinate. L'idea di libertà che è l'idea di incondizionatezza è un errore, è assolutamente fuori luogo, è un frutto delle nostre illusioni, è sostanzialmente una passione perché noi riteniamo di poter essere incondizionati, così che l'idea di libertà coinciderebbe con l'idea di assoluta incondizionatezza. Ma da questo punto di vista assolutamente incondizionata è solo la sostanza.
Eremo Via vado di sole, L'Aquila,
lunedì 11 aprile 2011
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