E’ questo il significato teologico della festa dell’Ascensione che si è celebrata domenica 5 giugno ossia quel ritorno al Padre da parte di Gesù Cristo portando con sé la natura umana che aveva assunto con l’incarnazione.
Un ritorno che concretizza un rapporto nuovo che non si fonderà più su una ricerca della presenza di Gesù tra noi secondo lo spazio e il tempo storico, determinato dalla sua presenza fisica , ma su una presenza che si avverte e si sperimenta ovunque che i suoi discepoli di ieri , quelli di oggi e quelli di domani che vorranno incontrarlo , che apriranno a lui il cuore potranno sperimentare.
In realtà Gesù Cristo non ha mai abbandonato i suoi discepoli perché a loro ha donato il suo spirito .
D’altra parte tutto il racconto contenuto nel vangelo di Giovanni non è altro che la narrazione della preparazione di Gesù al ritorno al Padre. Ed è Matteo (28,16-20) che assicura con forza e con pienezza la presenza di Cristo tra noi , ogni giorno, fino alla fine dei tempi quando ritornerà appunto come è ascesa al Padre. Proprio dunque questo ritorno al padre gli permette di restare con noi in una forma nuova e diversa che non si avvale dei nostri sensi materiali ma che si avverte e si vive come la vissero i suoi discepoli di allora. Discepoli che si sentono pervadere di una gioia al momento della partenza, dell’abbandono . Cosa che potrebbe sembrare assurda, irrazionale , inconcepibile . Cosa che invece assume e riassume tutto il senso di una storia. Una storia nuova che si ripete partendo di nuovo dalla Galilea. Non a caso Gesù Cristo per il suo commiato decide di apparire ai suoi discepoli in Galilea, la regione dalla quale era partito per il suo percorso verso Gerusalemme , verso la passione la morte in croce e la resurrezione.
E se Giovanni narra appunto il suo ritorno al Padre è Luca che racconta questo percorso tutto terreno che ha appunto come meta Gerusalemme , la Gerusalemme terrena dove lo aspetta la morte e la gloria della resurrezione .La Pentecoste dunque .
Shevuot, la festa della mietitura, Pentecoste per i fedeli greci che ricordano la sua celebrazione cinquanta giorni dopo Pesah, era una festa agricola che, col passare dei secoli, era stata arricchita da un'altra interpretazione: in quel giorno si ricordava il dono della Torah sul monte Sinai.
Israele era molto fiero della Legge che Dio gli aveva consegnato; pur essendo il più piccolo fra i popoli, era stato scelto per testimoniare al mondo il vero volto del misericordioso.
Proprio il quel giorno, e non casualmente, Luca situa la discesa dello Spirito Santo. Spirito che era già stato donato, dalla croce e il giorno di Pasqua. Perché ripetere questa effusione? Perché quel giorno?
Forse Luca vuole dire ai discepoli che la nuova Legge è un movimento dello Spirito, una luce interiore che illumina il nostro volto e quello di Dio! Gesù non aggiunge precetti ai tanti (troppi!) presenti nella Legge orale, ma li semplifica, li riduce, li porta all'essenziale.
Fantastico, grazie Gesù!
Ma cosa significa amare nelle situazioni concrete?
Ecco che lo Spirito ci viene in soccorso. Gesù non dona delle nuove tavole, cambia il modo di vederle, ci cambia il cuore, radicalmente.
Ascensione e resurrezione pongono l’accento proprio su questo aspetto teologico del ritorno al Padre portando con sé la sua natura umana, innalzando la natura umana per ricomprenderla appunto nella sua dività di figlio.
Ecco perché la Chiesa di Cristo ha sempre visto l’uomo , la sua natura umana , le sue esigenze materiali non solo come “immagine e somiglianza di Dio “ ma anche come riconoscimento di una elevazione attraverso l’opera salvifica di Gesù Cristo.
A lungo si potrebbe discutere sulla presenza del Cristo nella forma umana al tempo storico della sua incarnazione e della presenza del Cristo nella contingenza della vita e della storia di ciascuno di noi e delle nostre comunità.
A lungo. Forse per esprimere una preferenza . Ossia quella che anche i primi cristiani si posero . i cristiani della prima generazione dopo gli apostoli che si domandarono quale delle due presenze di Cristo, quella storia e materiale del suo tempo, o quella del dono del suo spirito che tutto ha permeato successivamente alla sua ascesa al Padre sia preferibile. Tanto che i Padri della Chiesa ebbero comunque a dichiarare la loro preferenza a questa inneffabile presenza che permea e invade i giorni della nostra vita fino alla fine dei tempi .
La nostra vita è avvolta dallo Spirito Santo. Lo riceviamo il giorno del Battesimo e della Cresima, ma questo dono divino è continuamente presente nella vita della Chiesa, abita l'Universo e offre a tutti il suo sostegno.
Come si fa a sapere se abbiamo accolto il dono dello Spirito? Se siamo capaci di compiere gli stessi gesti di Gesù che fece del bene a tutti. Oggi, inoltre, il vangelo ci dà una chiara indicazione a proposito: "A chi perdonerete sarà perdonato". Il segno chiaro è la capacità di perdono.
Lo Spirito è l'amore di Dio che abita in noi. Questo amore, se accolto, è come un piccolo seme piantato nella terra: fa nascere amore. E il perdono è il frutto di questo amore. "Se voi perdonerete, sarà perdonato". Il perdono nasce dal basso, poi riceve la conferma, il sigillo da parte di Dio.
Lo Spirito è come il vento, è come il fuoco e non ci sono barriere che impediscono la sua presenza!
- E' Lui la sorgente nascosta di tutto il bene che fiorisce ovunque nel mondo, come pure di ogni ricerca e scoperta della verità: "Tutto ciò che è vero, da chiunque venga detto, proviene dallo Spirito Santo" (San Tommaso)
- È Lui il grande protagonista che può trasformare un cuore di pietra in un cuore di carne. Può cambiare il deserto in un giardino fiorito, la terra arida in sorgenti d'acqua. Non c'è situazione, per quanto squallida e disperata, che Egli non sia in grado di ribaltare. Lui può fare, Lui vuole fare di ciascuno di noi una persona follemente innamorata di Dio. Di un gruppo di fratelli, che si scontrano con la fatica e l'incapacità di amarsi, può fare e vuole fare una famiglia fusa in un cuore solo e in un'anima sola.
- E' Lui il regista segreto del nostro incontro con Cristo, il tessitore infaticabile di ogni trama d'amore e quindi anche di quella specifica trama d'amore che è il cammino cristiano, un cammino di santità. Egli ci dona di amare, ci fa essere amore. Abbiamo qui un criterio sicuro per sapere se lo Spirito ci anima: "Interroga il tuo intimo. Se è pieno di amore, hai lo Spirito di Dio" (S. Agostino).
- Egli è l'Artefice dell'unità della Chiesa nella varietà dei doni che ciascuno riceve "per il bene comune" (cfr. I Cor. 12,7: II lettura), mentre "la fa ringiovanire con la forza del Vangelo"(LG 4)
- Egli è la "luce dei cuori" che ci fa penetrare e gustare la parola di Gesù: "Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto" (Gv 14,26).- Colui che crea, rinnova, sostiene la fede in Gesù, rendendola "confessione" intrepida ed entusiasta: "Nessuno può dire "Gesù è Signore!", se non sotto l'azione dello Spirito Santo" (1Cor. 12,3: II lettura).
- E Lui che ci fa dire con Gesù "Abbà = papà" a Dio e ci riempie il cuore di fiducia filiale (cfr. Rom. 8,15 e Gal. 4,6).
- E' Lui che ci dà la forza di resistere alle tentazioni, di andare contro corrente, di ricominciare sempre, di rimanere fedeli a Gesù.
mercoledì 8 giugno 2011
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