Il vangelo è colmo di frasi dove viene chiesta la fede. Mc 9,23. Un giorno un padre chiede a Gesù la guarigione di suo figlio e gli dice: "Se è possibile, guariscilo". E Gesù: "Se tu vuoi? Tutto è possibile per chi crede". Mc 11,22-23: "Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Levati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato". Lc 7,50; Mc5,34; 10,52: "La tua fede ti ha salvato". Ai guariti Gesù dice quasi sempre così. Ai guariti Gesù non diceva "la fede in me ti ha salvato" o "in Dio", ma "la tua fede". Cioè: era la fiducia che essi avevano, che aveva operato la guarigione. 1 Gv 5,4: "Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede".
Ma davanti alla domanda degli apostoli di aumentare la loro fede, Gesù risponde mettendoli di fronte al mistero. La fede può compiere miracoli. Basterebbe averne tanta quanto le dimensioni di un granelli di senape.
E’ il profeta Abacuc nel brani 1, 2-3 e 2, 2-4 che ci accompagna alla scoperta delle fede vera, quella biblica, quella che ha uno spessore diverso dall’ordinaria professione di fede che spesso facciamo ; in somma quella fede che ci compromette con Dio , che è appunto, esperienza di Dio.
La fede in realtà non è quell’affermazione che pure molti “ uomini di fede “ fanno, ossia quel mettersi in pace la coscienza giustificando ogni cosa con l’assuefazione al volere di Dio. La fede non è darsi la spiegazione delle cose che accadono o del mondo che ci circonda affermando che tutto va bene perchè così ha disposto Dio , perché quella è la sua volontà. E’ un modo troppo semplice di vedere le cose , di interpretare il mondo, di tacitare i dubbi e i crucci della coscienza.
La fede è invece un continuo interrogarsi di fronte alla parola di Dio ; un continuo e meditato ritorno sui propri passi appunto alla luce della parola che ci interroga quotidianamente ; è un interrogare Dio stesso.Infatti dice Abacuc, il profeta che nella storia di Israele è stato sempre un punto di riferimento : “ Fino a quando , Signore implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido :” Violenza!” e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore4 dell’oppressione ? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. “ Si rivolge direttamente a Dio e lo interroga appunto sull’iniquità, sulla violenza, sul dolore . Egli interroga Dio senza però ottenere una apparente immediata risposta.
Questa interrogazione di Abacuc , così specifica sui mali del mondo che sono la malvagità, l’iniquità, la povertà, l’ingiustizia , attraversa i secoli e giungendo fino a noi sollecita la sensibilità dell’uomo di oggi.Quanti si domandano perchè Dio permette la malvagità l’oppressione dei poveri, perché rimane spettatore . Perché gli iniqui prosperano nella ricchezza materiale e nella malvagità assoluta ai danni di chi conserva la sua fede nel Signore e ha di conseguenza comportamenti che tengono conto dei suoi precetti?
Perché continuano a morire innocenti nei conflitti armati e non e perché sono sempre i poveri a pagare un prezzo molto alto per la sopravvivenza ?
Ebbene il Signore, in realtà, non dà una spiegazione a tutto questo ma dà una risposta ad Abacuc dicendo: “ Ecco soccombe colui che non ha l’animo retto , mentre il giusto vivrà per la sua fede” .
Di fronte a questa risposta da una parte risuonano nelle nostre orecchie le parole di Paolo VI che sulla bara di Aldo Moro affermava : Noi ti abbiamo pregato, ma tu non ci hai ascoltato” . Dall’altra risuona nella nostra mente un avvertimento .
Abacuc, che Donatello ha raffigurato in una statua cheorna il campanile di S.Maria del Fiore a Firenze e che fu soprannominata "Lo zuccone" dai fiorentini e che altre opere pittoriche ritraggono con espressione pensosa e assorta, ci fa capire il senso e lo spessore della fede secondo la scrittura,proprio in questo passo che abbiamo citato restando appunto riferimento nel tempo per la storia di un popolo.
Noi leggiamo in quel passo “ il giusto vivrà per la su fede” che è una traduzione non esatta del testo originale che dice “ vivrà per la sua fedeltà”. E se fede e fedeltà possono essere intese come sinonimi qui però hanno due significati diversi . Infatti non si tratta di “ avere fede “ ma si tratta di “ restare fedeli , ossia conservare la fedeltà”.
A che cosa? A chi ? In una società in cui tutto viene omologato e non ci sono più differenze e i comportamenti negativi vengono addirittura additati dai cattivi maestri e dai mezzi di comunicazione di massa come comportamenti da seguire perché premiano , rifiutare questa logica e adottare comportamenti retti ovvero “ fuori dal corso “ significa conservare la fedeltà, restare fedeli.
E’ questo dunque il senso biblico della fede che cresce e vive in questo continuo quotidiano cambiamento di noi stessi e della nostra vita.
Che cosa cambia nella nostra vita credere che l’eucarestia è corpo e sangue di Gesù Cristo , o che il Papa è il vicario di Cristo sulla terra e che la Trinità e un Dio unico in tre persone uguali e distinte?Nulla perché si può avere fede in queste cose e non cambia nulla nella nostra vita quotidiana. Come pure si può andare a messa tutte le domeniche o recitare il rosario ogni giorno, cose in se ottime. Non cambia nulla nella nostra vita. La fede invece è qualcosa che cambia ogni giorno la mia vita che la trasforma continuamente e quotidianamente in un cammino. “ Non vergognarti di dare testimonianza al Signore” dice l’apostolo Paolo , perché Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza , ma di forza di carità e di prudenza “.
E senza timidezza con carità e prudenza e con altrettanta forza la mia fede interroga Dio. La mia fede viene interrogata a sua volta dalla parola di Dio. Ed è lui che così viene posto al centro di tutto, non io , povero servo inutile che ho fatto quanto dovevo fare. Perché possa dire ho combattuto la mia buona battaglia, ho conservato integra la mia fede .
Eremo Via vado di sole, L’Aquila, lunedì 4 ottobre 2010
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