
A leggere la stampa quotidiana di metà aprile, i racconti sul piccolo vulcano d’Islanda dal nome impronunciabile oscillano tra due visioni.
Da una parte il resoconto cronachistico dei commentatori. Raccontano storie di persone in forte disagio per essere rimaste bloccate in aeroporti e stazioni . L’affanno dei governi per preparare piani alternativi di trasporto a quello aereo . Piccole odissee quotidiane e grandi speculazioni ladresche. L’alternanza tra chiusura si e chiusura no degli spazi aerei. Troppa prudenza o qualche temerarietà. I giornali riferiscono anche quella sottile fascinazione che il vulcano ha operato nei confronti di uomini e donne, intellettuali e non ,stimolando non solo un immaginario la cui officina risale ai primordi dell’uomo ma anche la ricerca di una nuova filosofia di vita. La “lezione delle ceneri” come richiamo all’umiltà per un uomo che da “ apprendista Dio” vorrebbe ipotecare il futuro con i guasti del presente.Ma le eruzioni vulcaniche non sonop come i terremoti , gli esperti con qualche approssimazione le possono prevedere.


Il 90% dei millecinquecento vulcani attivi è concentrato nei 40 mila chilometri dell’anello di fuoco del Pacifico.
Dunque l’uomo convive da sempre con il fenomeno delle eruzioni. Da sempre i vulcani fanno il loro mestiere. Tutto a posto si dirà . No , perché , dobbiamo fare un riflessione più attenta: perché è la cenere del vulcano che misura la nostra fragilità in questo momento e ci induce quindi a riflettere su tutti gli allarmi e le angoscie che attirano la nostra attenzione. Allarmi e angoscie veri o immaginari.


In realtà l’eruzione di un vulcano e la sua cenere dovrebbe essere l’ultima cosa che ci dovrebbe far paura. E’ un semplice fenomeno naturale. Il vulcano ha fatto il suo mestiere e lo fa da secoli, da millenni. Non è però la caduta di un aereo che ha azzerato il governo polacco ; non è una bomba tra la gente opera del terrorismo. Gli spasmi giganteschi dei titani sepolti nelle viscere della montagna hanno plasmato e dovrebbero continuare a plasmare il carattere degli uomini. Infatti l’aggettivo vulcanico è un complimento , è l’aggettivo del genio, la forma più apprezzata del talento .

Vulcano è il dio dei fabbri, dei minatori, di tutti quelli che estraggono ricchezza e aggiungono valore alle cose. Ha le “ mani d’oro” e con il suo ferro battuto crea opere d’arte di inestimabile valore come ci racconta Omero.
Vulcano è il protettore dei creatori di ricchezza attraverso il lavoro delle mani. E quindi non è solo distruttore ma anche costruttore . Alimentando le terme solforose delle Eolie crea turismo e industria del benessere fisico. Trasforma il nero che spaventa in nero che affascina : l’architettura che costruisce con la pietra lavica tanto in Sicilia quanto in Giappone.

Il cratere di un vulcano e per Pasolini l’ingresso dell’inferno . Marinetti dopo l’eruzione dell’Etna del 1923 vi andava in pellegrinaggio e ne fece oggetto di una rappresentazione teatrale.

Lo stop al volo ha però messo in evidenza. .
UNO . Senza areo sembriamo personaggi di Samuel Beckett : “frammenti di corpi , esistenze smarrite il cui mondo e la cui vita si sono sfasciati. Tutti vogliono andare al più presto, per inscenare affari e impegni, per sbadigliare alle conferenze o sopportare feste di famiglia,per trascorrere uno scampolo di vacanza per pochi giorni o per avere un amore a distanza ecc.”
DUE . Di colpo il rischio è diventato onnipresente e ha detto che qualcosa di brutto può accadere in qualsiasi momento . Che tutti “ tutti noi condividiamo una qualche condizione contingente che determina la nostra condizione fondamentale qui ed ora.”

Non vogliamo celebrare i viaggi in carrozza con cocchio a quattro cavalli e nuove stazioni di posta ma una domanda possiamo e dobbiamo farcela: ma dunque dove stiamo andando ?
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