La domenica di Abramo e della Trasfigurazione segna infatti la seconda tappa della quaresima: Gen.12,1-4 e Matt.17,1-9 sono testi fondamentali nel cammino della nostra formazione umana e cristiana. Abramo è chiamato ad uscire dalla propria terra per partire verso un paese che Dio gli donerà: è il cammino della libertà, è l'avventura della pura grazia. "Lascia la tua terra" può essere tradotto anche: "Va' verso te stesso". La "terra promessa" verso la quale Abramo è invitato da Dio a camminare è l'autenticità della esistenza alla quale può arrivare uscendo da tutti i condizionamenti che impediscono la libertà: l'avventura della vita è la ricerca della verità e della autenticità che Dio solo può donare all'uomo, Dio che è con noi e che sperimentiamo camminando nell'intimo di noi stessi.
La riflessione rabbinica si è chiesta a quale età Abramo fosse stato chiamato . Alcuni affermano che fu chiamato ad un anno, ovvero quando non aveva ancora l’uso della ragione per dimostrare che tutto quello che viene dal Padre celeste è gratuito, è dono. Altri invece che fosse nel pieno della maturità ovvero all’età di quarantotto anni, per dimostrare che comunque la chiamata del Signore raggiunge la sua efficacia soolo con il nostro impegno , con la dimostrazione di una volontà e comportamento responsabili.
L'esperienza della Trasfigurazione, che oggi è offerta a noi come a Pietro, Giacomo e Giovanni, ci porta alla realizzazione piena del cammino della libertà iniziato con la chiamata rivolta da Dio ad Abramo: nello splendore del volto di Gesù, nella luce candida delle sue vesti, si rivela la sua vita intima, e noi contempliamo chi è Dio e chi è l'uomo.
Luca, nella sua redazione dell' evento della Trasfigurazione, dice così: "Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto…" (Lc.9,28-29).
E’ bello per noi essere qui è la serena constatazione che è bello contemplare la gloria di Dio , anzi , un anticipo della gloria di Dio , in quell’esperienza della trasfigurazione che appunto si compie per l’uomo di oggi attraverso la contemplazione della croce e raggiungerà nella notte di Pasqua la pienezza del suo fulgore nella resurrezione.
Gesù si mette a brillare come il sole sotto gli occhi di tre discepoli: questo lo individua come colui che è l'ultimo a rivelare Dio, come colui che oltrepassa tutti i suoi predecessori. Ciò è sottolineato ancor più dal fatto che Mosè ed Elia appaiono e si intrattengono con lui.
Essi rappresentano la legge e i profeti, cioè la rivelazione divina prima di Gesù. Gesù è l'ultima manifestazione di Dio. È quello che dimostra la nube luminosa - luogo della presenza divina - da dove una voce designa Gesù come il servitore regale di Dio. A ciò si aggiunge l'esortazione ad ascoltare Gesù, ad ascoltare soprattutto il suo insegnamento di vita.
L'ultima parola spetta a Gesù. "Alzatevi, non temete". Gesù resta solo con i discepoli. Privo di segni esteriori, ma con la sua voce calda e rassicurante, che ispira fiducia e speranza. Il percorso della Trasfigurazione riconduce alla visione quotidiana, umana, di Cristo. In cui i discepoli hanno scoperto la presenza di Dio, ma hanno scoperto anche il mistero che deve ancora compiersi: il Figlio dell'uomo dovrà "risorgere dai morti". Solo allora sarà compiuta l'interezza della sua vicenda, e potrà essere annunciata e comunicata a tutti.
L'Apostolo Paolo,d’altra parte , ci invita a soffrire per il Vangelo, ovvero per Cristo, che "ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo".
In un mondo come il nostro, ove domina la cultura della morte, noi cristiani siamo chiamati a testimoniare l'amore per la vita e per quanto ci attende oltre la vita, quell'eternità, in cui giungeremo a conclusione del nostro itinerario temporale e che ci auguriamo possa essere lo stesso al quale hanno partecipato solo per un momento i tre Apostoli di Gesù che salirono sul Monte Tabor e lo contemplarono trasfigurato, tanto che "il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce".
Fu dunque la strada aperta del cielo a conservare la speranza in Gesù. Ed egli percorse questa strada con la preghiera, fatta sul monte insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni: "Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto" (Sal 26,8-9a; antifona di ingresso della liturgia di domenica). Fu appunto in seguito a questa supplica che "il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce". La preghiera di Gesù trasfigurò le strettezze della sua esistenza, ed egli subito discese dal monte per portare a termine la sua missione.
Avvenne in tal modo per lui quello che già era successo ad Abramo, nei lunghi anni del suo pellegrinaggio: il tempo della prova si rivelò tempo della grazia. Perché proprio nella prova Gesù sperimentò maggiormente la vicinanza del Padre; come proprio attraverso la prova si erano compiute per Abramo le promesse di Dio.
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