domenica 20 marzo 2011

SETTIMO GIORNO : E’ bello per noi essere qui

SETTIMO GIORNO : E’ bello per noi essere qui


Le letture proclamate nella seconda domenica di quaresima mentre orientano il nostro cuore verso la Pasqua e rinforzano i propositi di un cammino di rinascita, pongono, come già si diceva la scorsa domenica , l’attenzione sulla seconda esortazione che di domenica in domenica ci viene rivolta. . Domenica scorsa attraverso l'immagine del deserto e il simbolismo dei quaranta giorni, ci siamo trovati di fronte ad un Gesù che prima di iniziare la sua attività pubblica sceglie che tipo di Messia essere. Respingendo le tentazioni di satana, egli rifiuta un messianismo che va alla ricerca del successo, della fede strumentale e del potere e ci dice in sostanza prendi la tua croce e nell’obbedienza alla volontà del Padre costruisci la tua vita. Questa domenica invece le letture dicono “In lui ho posto il mio compiacimento . Ascoltatelo”. Questa domeica l’ascolto della parola di Gesù rappresenta la seconda tappa del cammino appunto verso la Pasqua.

La domenica di Abramo e della Trasfigurazione segna infatti la seconda tappa della quaresima: Gen.12,1-4 e Matt.17,1-9 sono testi fondamentali nel cammino della nostra formazione umana e cristiana. Abramo è chiamato ad uscire dalla propria terra per partire verso un paese che Dio gli donerà: è il cammino della libertà, è l'avventura della pura grazia. "Lascia la tua terra" può essere tradotto anche: "Va' verso te stesso". La "terra promessa" verso la quale Abramo è invitato da Dio a camminare è l'autenticità della esistenza alla quale può arrivare uscendo da tutti i condizionamenti che impediscono la libertà: l'avventura della vita è la ricerca della verità e della autenticità che Dio solo può donare all'uomo, Dio che è con noi e che sperimentiamo camminando nell'intimo di noi stessi.

La riflessione rabbinica si è chiesta a quale età Abramo fosse stato chiamato . Alcuni affermano che fu chiamato ad un anno, ovvero quando non aveva ancora l’uso della ragione per dimostrare che tutto quello che viene dal Padre celeste è gratuito, è dono. Altri invece che fosse nel pieno della maturità ovvero all’età di quarantotto anni, per dimostrare che comunque la chiamata del Signore raggiunge la sua efficacia soolo con il nostro impegno , con la dimostrazione di una volontà e comportamento responsabili.

L'esperienza della Trasfigurazione, che oggi è offerta a noi come a Pietro, Giacomo e Giovanni, ci porta alla realizzazione piena del cammino della libertà iniziato con la chiamata rivolta da Dio ad Abramo: nello splendore del volto di Gesù, nella luce candida delle sue vesti, si rivela la sua vita intima, e noi contempliamo chi è Dio e chi è l'uomo.

Luca, nella sua redazione dell' evento della Trasfigurazione, dice così: "Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto…" (Lc.9,28-29).


Il mistero della trasfigurazione che viene oggi posto alla nostra attenzione e alla nostra meditazione è un invito chiaro e preciso a fare di Cristo il centro della nostra vita, Lui che è Luce e Verità, Lui che è pace e beatitudine. Proprio perché in Cristo l'uomo ritrova il senso della sua vita nel tempo con una chiara prospettiva eterna, deve egli avvertire questa necessità di non staccarsi da Lui.

E’ bello per noi essere qui è la serena constatazione che è bello contemplare la gloria di Dio , anzi , un anticipo della gloria di Dio , in quell’esperienza della trasfigurazione che appunto si compie per l’uomo di oggi attraverso la contemplazione della croce e raggiungerà nella notte di Pasqua la pienezza del suo fulgore nella resurrezione.


Ma riprendiamo alcuni aspetti del racconto evangelico. Nelle Scritture, la montagna è sempre il luogo della rivelazione. Sono gli uomini come Mosè e Elia che Dio incontra. Si racconta anche che il volto di Mosè venne trasfigurato da quell'incontro: "Quando Mosè scese dal monte Sinai - le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte - non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con il Signore". La magnificenza della rivelazione divina si comunica anche a coloro che la ricevono e diventano i mediatori della parola di Dio.

Gesù si mette a brillare come il sole sotto gli occhi di tre discepoli: questo lo individua come colui che è l'ultimo a rivelare Dio, come colui che oltrepassa tutti i suoi predecessori. Ciò è sottolineato ancor più dal fatto che Mosè ed Elia appaiono e si intrattengono con lui.

Essi rappresentano la legge e i profeti, cioè la rivelazione divina prima di Gesù. Gesù è l'ultima manifestazione di Dio. È quello che dimostra la nube luminosa - luogo della presenza divina - da dove una voce designa Gesù come il servitore regale di Dio. A ciò si aggiunge l'esortazione ad ascoltare Gesù, ad ascoltare soprattutto il suo insegnamento di vita.

L'ultima parola spetta a Gesù. "Alzatevi, non temete". Gesù resta solo con i discepoli. Privo di segni esteriori, ma con la sua voce calda e rassicurante, che ispira fiducia e speranza. Il percorso della Trasfigurazione riconduce alla visione quotidiana, umana, di Cristo. In cui i discepoli hanno scoperto la presenza di Dio, ma hanno scoperto anche il mistero che deve ancora compiersi: il Figlio dell'uomo dovrà "risorgere dai morti". Solo allora sarà compiuta l'interezza della sua vicenda, e potrà essere annunciata e comunicata a tutti.

L'Apostolo Paolo,d’altra parte , ci invita a soffrire per il Vangelo, ovvero per Cristo, che "ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo".

In un mondo come il nostro, ove domina la cultura della morte, noi cristiani siamo chiamati a testimoniare l'amore per la vita e per quanto ci attende oltre la vita, quell'eternità, in cui giungeremo a conclusione del nostro itinerario temporale e che ci auguriamo possa essere lo stesso al quale hanno partecipato solo per un momento i tre Apostoli di Gesù che salirono sul Monte Tabor e lo contemplarono trasfigurato, tanto che "il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce".


Gesù Cristo era dunque vicino alla prova. Egli non salì sul monte per sfuggire alla prova ma per pregare ;davanti a lui chiuso e superficiale era in quei giorni il cuore della gente, che spesso lo cercava soltanto per riempirsi la pancia; chiuso ed ostile era il cuore dei farisei e dei sadducei, pronti a farlo uccidere; chiuso ed ignaro era il cuore dei discepoli, ancora lontani dalla verità del suo Vangelo. Eppure rimaneva per Gesù una strada aperta: ed era la strada del cielo. Appunto come si prega nel salmo 26: "Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò timore? Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme; se contro di me divampa la battaglia, anche allora ho fiducia" (Sal 26,1.3).

Fu dunque la strada aperta del cielo a conservare la speranza in Gesù. Ed egli percorse questa strada con la preghiera, fatta sul monte insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni: "Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto" (Sal 26,8-9a; antifona di ingresso della liturgia di domenica). Fu appunto in seguito a questa supplica che "il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce". La preghiera di Gesù trasfigurò le strettezze della sua esistenza, ed egli subito discese dal monte per portare a termine la sua missione.

Avvenne in tal modo per lui quello che già era successo ad Abramo, nei lunghi anni del suo pellegrinaggio: il tempo della prova si rivelò tempo della grazia. Perché proprio nella prova Gesù sperimentò maggiormente la vicinanza del Padre; come proprio attraverso la prova si erano compiute per Abramo le promesse di Dio.


Eremo Via vado di sole, L’Aquila, domenica 20 marzo 2011

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