La situazione non è nuova, e la prima parte del romanzo è piuttosto convenzionale. Così come non è nuova la terza parte, dove Cody deve affrontare l’opposizione di cristiani fondamentalisti ostili all’evoluzionismo, pronti a ricorrere anche al rapimento e all’omicidio ma che faranno a loro volta una brutta fine dopo avere incontrato nel primitivo mondo delle paludi dell’Alabama dei violenti più violenti di loro.
Wilson si afferma nel 1971 con Le società degli insetti, un’opera in cui applica alle formiche l’equazione di Hamilton. Questa risponde a un’obiezione che Charles Darwin (1809-1882) considerava potenzialmente fatale per l’idea stessa – cruciale per l’evoluzionismo – secondo cui i caratteri acquisiti utili sono trasmessi ai discendenti. L’obiezione riguarda le formiche operaie, che sono tutte femmine sterili.
Questi insetti acquistano caratteri utili ma, giacché sono sterili, non possono trasmetterli alla loro progenie: come avviene quindi in questo caso la trasmissione dei caratteri acquisiti? La soluzione che già Darwin aveva abbozzato consiste nell’ipotizzare che il progresso evolutivo possa trasmettersi non solo direttamente ai discendenti ma anche indirettamente ad altri membri della comunità. Questa spiegazione, per la verità piuttosto fumosa, è formalizzata in un’equazione dal biologo britannico William Donald Hamilton (1936-2000), ed è applicata da Wilson allo studio empirico delle formiche.
Dopo il successo de Le società degli insetti Wilson lancia una nuova scienza chiamata "sociobiologia" – il termine esiste già da decenni, ma è sconosciuto al grande pubblico –, la quale dovrebbe generalizzare i risultati dell’equazione di Hamilton estendendoli anche all’uomo e alle società umane. L’impresa è ambiziosa, e provoca reazioni furibonde. Se una certa sinistra accusa la sociobiologia di razzismo, gli ambienti religiosi temono che, applicando all’uomo e alla società idee desunte dal mondo degli insetti, spariscano la dignità unica dell’uomo, il libero arbitrio e anche l’idea di Dio.
Nel romanzo Wilson mette in scena una contrapposizione fra formiche atee e credenti. Le une negano, le altre affermano l’esistenza di dei nella forma di «alberi che si muovono», divinità capricciose che possono portare alle formiche magnifici doni oppure distruggerle senza motivo. Hanno ragione le formiche credenti. Gli «alberi che si muovono» esistono: sono gli uomini, divinità benevole che quando lasciano sulle rive del lago i resti dei loro picnic elargiscono alle formiche un’abbondanza inattesa. La dinamica ricorda quelle dei "cargo cult" dell’Oceania, dove i nativi scambiano per navi degli dei quelle europee che portano aiuti alimentari.
Ma quando, proprio grazie a quest’abbondanza, gli insetti si moltiplicano in modo considerato fastidioso gli uomini li distruggono senza preavviso con lanciafiamme e insetticidi. Le formiche atee dunque hanno torto. Tuttavia, anche quelle credenti non hanno completamente ragione perché gli «alberi che si muovono» non sono entità soprannaturali. Ma il fatto che gli uomini non siano dei non prova che gli dei non esistano. Anche come romanziere, Wilson non si lascia ridurre ai suoi più schematici epigoni come Dawkins. E la sociobiologia conserva tutta la sua irriducibile ambiguità.
[Massimo Introvigne L’Avvenire 12 ottobre 2010 IL CASO Formiche in lotta tra fede e ateismo ]
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