Dopo il terremoto del 6 aprile non ci siamo visti per molti mesi fino a quando l’ho rincontrato intento a lavorare, con tutti i disagi e le preoccupazioni che ne derivano,per tornare ad abitare la sua casa danneggiata seppure in maniera non grave, ma danneggiata, dal terremoto.
Proprio in occasione dell’ultiimo incontro ha voluto donarmi di nuovo due suoi preziosi volumi di poesie che ho perso durante il trambusto di quei terribili giorni di trasloco post-terremoto.
Il titolo del volume pubblicato nel 2001 da Gabrieli Editore in Roma con al copertina di Loengrin e con illustrazioni nel corso dei testi dello stesso Loengrin è “ Una vita d’amore “ ma, come dicevo, potrebbe essere tranquillamente l’amore per una vita .
Una vita dunque in cui le cose , il loro mutarsi attraverso l’esperienza, la loro trasparenza sono inondate dal sole. E’ proprio al sole allora che si derimono i conflitti tra sé e sé . tra sé e gli altri. E al sole dormono le genuine e semplici soluzioni che l’anima accoglie.
Poi l’amore , ma non proprio poi ( come avverbio di tempo) ma come completamento e complemento della vita stessa. Poi….
C’è un percorso in queste poesie di una vita d’amore che è poi il percorso della vita stessa tra partenze e arrivi, ritorni e fughe.
Oppure : “ ho incrociato il tuo sguardo / che più in là, tra la folla / mi cercava …”
E ancora : “ E non saprei dire / né mi importa di sapere, / se quest’amore stupendo che vivo / sia l’inizio di un nuovo viaggio”.
Ecco lo spaesamento d’amore ma anche l’intrepida sensazione di qualcosa che rimescola le carte della vita e che dalla stazione di partenza fa intravedere un nuovo percorso. Un rimescolare anche del sangue perché Maria, Aurora, Catia, Elvia, Patrizia sono donne con i loro pregi e i loro difetti, con le loro passioni , donne che diventano per quello che rappresentano un approdo sicuro.
Diverso è invece quel lungo soliloquio che Sbastiamo ventresca intraprende in “Tempo di passione “ pubblicato nel 2006 per i tipi della Editoriale Eco.
Un monologo sulla Via Crucis per riflettere su una frase di Pilato: Ma che ha fatto di male costui ?. Non ho trovato alcuna colpa in lui che meriti la morte”. Una morte per aver preso su di lui tutte le colpe non sue . Una morte ricordata con la fede di chi si affida senza remore a colui che ha per tutti uno sguardo, una parola .
Non è tutto questo Sebastiano Ventresca . E’ anche altro ma per il momento leggiamo alcune sue poesie con l’intento di ritornare su questi temi , chissà anche attraverso una intervista o altre poesie
NON POSSO MANCARE
"Hai già rinunciato
al cammino del sole", mi chiedi,
Il a quello dei lampioni,
a sera VIVI
sulla via di Poggio Diana,
su su, a tornanti,
verso il colle fiorito
adornato di stelle?"
Dolce Aurora bramosa di cielo,
lO non posso mancare,
se limpide acque
dissetano ancora
e pini olezzantì,
da qui al monte,
m'incensano di vaghi profumi
il ricordo di te.
Qualcosa intorno, cara.
Quest' aria tiepida, forse,
insolita a Gennaio,
o l'eco dei gabbiani
a volo radente sui pensieri,
mi dice
che nulla è cambiato fra noi,
che l'avvenire è roseo
e altre fulgide notti
ci attendono
da vivere insieme.
La lieta novella mi esalta,
., ..
rru spmge gioioso
a voli stellari.
E anche se ombre, a volte,
o voci moleste
dànno segnali inquietanti,
da qui al monte,
sento affidabile
il viaggio intrapreso con te,
e realizzabile il sogno
della nostra vagheggiata eternità.
Isola
Nocchiero solitario
in cerca di approdi,
quante autore ho scorto, navigando,
che, di mare in mare ,
mi chiamavano,
per dirmi ch’era quella la rotta
e laggiù, circonfusa di luce,
l’isola intatta di terra inesplorata
da anni sognata.
Virato di bordo,
vi puntavo la prora,
barca leggera sul filo delle onde
alla ricerca del porto agognato.
Ma, toccato l’orizzonte,
o l’aurora si spegneva,
notte fredda d’inganni e delusioni ,
o scoppiava la tempesta ,
che m’aggrediva,
mi strappava le vele
e, mandandomi fuori rotta, alla deriva,
mi respingeva lontano.
Che amarezza, ogni volta, la sconfitta!
E che tristezza,
nell’immenso deserto di mare,
ritrovarmi ancora più solo ,
con la barca in disordine
che strideva e faceva acqua!
Ingenerosa vita.
Non mi ha dato che sospiri,
nell’eterno e sofferto peregrinare.
Ero stanco, ad un tratto.
Le fatiche, le delusioni e gli anni
a lungo andare ,logorano,
lasciando poche forze per navigare.
Forse era tempo di fermarmi,
di ritirarli i remi
e smettere di fantasticare.
C’è la fine per tutto, nel mondo.
Non si gioca all’amore all’infinito.
E invece riprendevo animo.
Riparate le vele, ripartivo,
per ritentare il viaggio
e rivederla risplendente l’aurora.
Indomabile lo spirito
E duri a morire i sogni e la speranza.
Quasi vecchia, ora la barca.
Col vento in poppa sempre a forza sette,
non è più facile da governare.
E’ l’ora del disarmo;
di tirarla a secco, finalmente.
E’ pericoloso tenerla in acqua
e spingerla ancora al largo.
A un’onda più forte e più alta,
potrebbe naufragare.
Bisogna scriverla, insomma,
la parola fine.
Non è dignitoso continuare
alla mia età.
Eppure, cara,
con questo bel vento che tira,
che festa sarebbe
concludere la vita,
veleggiando verso di te,
nelle tue acque limpide,
per approdare nel tuo porto
che ancora cerco,
isola intatta di terra inesplorata
da anni sognata!
lunedì 14 marzo 2011
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