Nella rubrica “Confini” ho anticipato parte della biografia di Carlo Tresca. Nel continuare a parlare di questo sulmonese mi sembra utile riportare qui il testo di una conferenza tenuta presso la sede del Centro di Servizi Culturali di Sulmona da parte della prof.a Elisabetta Vezzosi tenuta il giorno 20 maggio 1994 , Giorno della memoria e pubblicata negli atti curati da Italia Gualtieri . Il testo è diviso in due parti per una migliore lettura
Quando mi è stato chiesto di tenere una conferenza su Carlo Tresca a Sulmona, pensavo che in città tutti sapessero chi era, ma sono stata immediatamente disillusa dagli organizzatori: quasi nessuno lo conosceva; era solo il nome di una piazza. È dunque subito emerso il valore della memoria, importante in un momento storico-politico come quello in cui stiamo vivendo, in cui la memoria è stata a tratti negata, ridimensionata, manipolata, come dimostrano le frequenti polemiche sull'uso pubblico della storia. È in relazione alla funzione sociale dello storico come veicolo di memoria che questo tipo di iniziative sono importanti, poichè permettono uno scambio che sia non soltanto una trasmissione di conoscenze, ma comunicazione circolare tra relatore e pubblico, nel tentativo di costruire un evento che vada oltre la semplice commemorazione.
È nella speranza che questo scambio circolare potesse avvenire che mi sono opposta al titolo che inizialmente mi era stato proposto "Tresca a 50 anni dall'assassinio". Certo Carlo Tresca è stato assassinato ma la sua morte violenta e mai risolta rischiava di oscurare la ricchezza della sua vita, che pensavo di poter costruire, oltre che attraverso le mie conoscenze, con le parole del pubblico.
Vorrei iniziare con due citazioni che mi paiono estremamente significative.
La prima è di Max Nomad, un amico di Tresca, americano, che ha trascritto una sua controversa autobiografia , la cui autenticità non è mai stata riconosciuta. Scrive Max Nomad nel 1951, a otto anni dalla morte di Tresca: "Egli non era uno di quelli che fanno storia del mondo. Se non fosse stato per il suo assassinio da parte dei suoi nemici politici, il mondo in generale non si sarebbe probabilmente interessato delle sue attività. Il suo campo era ristretto: era il mondo dei numerosissimi lavoratori italiani negli Stati Uniti". E ancora "La storia della sua vita è in gran parte la storia del radicalismo operaio americano dall'inizio del secolo ad oggi. In certo modo, la sua integrità e vistosa personalità potrebbero servire per simboleggiare la psicologia del militante radicale che non si vende per tutta la vita in qualsiasi specifica associazione o per una specifica teoria. Egli era di volta in volta socialista, anarchico, sindacalista, simpatizzante comunista e, alla fine, un libertario senza dogma, il quale persisteva a lottare ... La morte di Carlo Tresca segnò la fine di uno degli "ultimi mohicani" del radicalismo indipendente" .
La seconda citazione è tratta da un opuscolo intitolato Chi uccise Carlo Tresca? e pubblicato a cura di una Commissione non soltanto di amici ma di personalità del mondo intellettuale americano, la Tresca Memorial Committee: "Tresca amava chiamarsi anarchico. E se questo designa l'uomo assolutamente libero, egli era veramente anarchico. Ma dal punto di vista della dottrina pura egli era "tutto per tutti" e nel suo interminabile vagabondaggio intellettuale non cercò mai approcci effimeri o definitivi ancoraggi teorici"
Credo che queste parole, per quanto frammentarie (tra l'altro pochissimo è stato scritto su di lui), diano la dimensione di quello che è stato Carlo Tresca e mettano in fuga almeno in parte le ambiguità che gli sono state attribuite dopo l'assassinio. Il mistero sulla sua morte è legato al dubbio che potesse essere stato ucciso dai fascisti, dai comunisti (si era infatti allontanato dal comunismo internazionaledopo essere venuto a conoscenza delle purghe staliniane) o dalla malavita, dal momento che Tresca si era sempre battuto contro la corruzione politica. Proprio a Sulmona, all' inizio della sua militanza, egli aveva infatti denunciato la corruzione politica cittadina, un elemento che rimarrà un filo rosso della sua attività politica anche dopo l'emigrazione negli Stati Uniti.
Quando Tresca fu assassinato i giornali parlarono molto del caso, mentre gli storici si sono poco occupati di lui, ad eccezione di Nunzio Pernicone che da anni sta lavorando alla biografia di Tresca, di Philip Cannistraro che ha affrontato l'attività di Tresca nell' ambito del movimento antifascista negli Stati Uniti e di Dorothy Gallagher che ne ha ripercorso la vita e l'assassinio .
Molti si sono soffermati sulle ambiguità di Tresca, credo invece più significativo evidenziare la complessità della sua figura, multiforme, sfaccettata, poliedrica, quella di un uomo che è passato dal socialismo all' anarchismo, all' anarcosindacaIismo, al comunismo, all' antifascismo, mai per opportunità di tipo politico o clientelare. Tresca si è battuto, usando una definizione ormai obsoleta, per la "giustizia sociale", e per raggiungere questo obiettivo solo negli Stati Uniti è stato arrestato e condannato 36 volte. I suoi passaggi di campo sembrano essere il frutto di una natura indomabile e passionale, il segno di una difficile e tortuosa crescita personale e politica. Di volta in volta Tresca si è infatti avvicinato al mondo in cui in quel momento più si identificava. La sua forte personalità, ilsuo innegabile carisma, lo ha portato ad un eclettismo politico che non deve esser scambiato con l'ambiguità ma con un percorso personale anomalo, talvolta opinabile, ma certamente mai dettato da opportunismo.
Le scelte di Tresca furono in parte condizionate dalle sue vicende familiari, segnate da un tracollo economico dovuto in gran parte alla crisi dei rapporti economici Italia-Francia che aveva provocato un blocco delle esportazioni. La famiglia non si ridusse in povertà ma le ambizioni di Carlo, che desiderava andare all'università e divenire avvocato o medico, vennero radicalmente ridimensionate. Dopo una breve parentesi in cui la madre volle mandarlo in seminario (il che spiega tra l'altro il suo fortissimo anticlericalismo), il padre cercò senza successo di avviarlo ad un incarico pubblico. Sebbene Carlo avesse partecipato ad una serie di concorsi per ottenere un impiego nella Pubblica Amministrazione, sia a Sulmona che in altre zone dell' Abruzzo, a Firenze e in altre parti d'Italia, e si fosse dimostrato intelligente e brillante, non riuscì mai a vincere nè ad inserirsi in una graduatoria. Il padre di Carlo, insospettito, indagò su questi insuccessi scoprendo attraverso un amico che il sindaco di Sulmona aveva inviato alle varie commissioni di concorso, di volta in volta, una velina in cui lo si indicava come un pericoloso sovversivo.
Saranno proprio queste rivelazioni a segnare una svolta non solo per Carlo, ma anche per suo padre che, pur non avendo mai avversato le posizioni politiche del figlio, certo non le aveva condivise. Fu la progressiva coscienza della corruzione politica e clientelare esistente aSulmona a spingere il padre a scrivere, sotto pseudonimo, sul giornale pubblicato a Sulmona dal figlio a partire dal 19m, "II Germe". Sebbene la sua conversione non sia stata immediatamente evidente per i cittadini di Sulmona, essa lo avvicinerà sempre più al figlio, divenuto socialista. Escluso dagli incarichi pubblici, Carlo seguì dunque l'istinto politico sfruttando le sue doti di oratore e intorno ai vent'anni divenne leader del sindacato dei ferro vieri. Era l'azione diretta ad interessarlo, non la teoria, e la sua energia oratoria avrebbe attratto moltissimi proseliti.
Vissuto inizialmente dai suoi compagni come il figlio stravagante del grande proprietario terriero, la sua forte passionalità politica e la grande serietà, il suo sfidare ogni giorno l'arresto per oltraggio o adunata sediziosa, lo resero figura celebre anche tra i braccianti.
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