lunedì 28 marzo 2011

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Carlo Tresca ( seconda par

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Carlo Tresca ( seconda parte )


Il primo grande trionfo politico di Tresca fu l'organizzazione della manifestazio­ne del Primo Maggio del 1900 a Sulmona. Sebbene la polizia gli avesse intimato di non inscenare una vera e propria manifestazione, Carlo aveva respinto queste sollecitazioni e tenuto il suo primo comizio pubblico, che lui avrebbe ricordato

così: "lo non dissi molto e non parlai con eloquenza, ma sentii una serie di ap­plausi e vidi un mare di mani davanti a me in preghiera: sentii che la gente di Sulmona, la mia gente, mi stava ascoltando. Non ero più un ragazzo esuberante-e impertinente. Ero un uomo, ero un uomo di potere, di azione. Che giorno! Non lo scorderò mai" x. Quel discorso fu l'inizio della sua carriera di oratore e di politico. Tresca divenne infatti segretario della sezione dei ferrovieri di Sulmona e poco più tardi direttore del giornale socialista "II Germe" che, pur non essendo l'unico giornale socialista abruzzese, divenne un punto di riferimento fondamentale del movimento socialista. Fu nell'ambito della sua attività politica che Tresca venne arrestato un paio di volte con l'accusa di oltraggio a pubblico ufficiale, scontando due mesi di prigione e divenendo così il primo prigioniero politico di Sulmona e dunque immediatamente un eroe.

Scontata la pena Tresca fu chiamato a Roma da Enrico Ferri per tenere un discor­so al Coliseum. Troppo timido per parlare di fronte ad un pubblico così folto, egli si sedette sul palco in silenzio, mentre Ferri parlava della sua attività a Sulmona tra i ferrovieri e per la prima volta si sentì riconosciuto a livello nazionale. Questa legittimazione non gli impedì nel 1904, in seguito alla seconda condanna a un anno e sette mesi di carcere e d'accordo con la famiglia, di emigrare negli Stati Uniti, anche grazie al sostegno economico di un gruppo di sulmonesi residenti a Filadelfia. Qualcuno ha parlato di fuga da Sulmona, ma pare che in realtà la poli­zia fosse al corrente della partenza e che non l'abbia ostacolata per liberarsi così di quello che era giudicato un pericoloso sovversivo.


Prima della partenza definitiva per gli Stati Uniti Tresca si recò per alcuni mesi in Svizzera dove incontrò Benito Mussolini, allora ancora socialista, che lo accusò di scarso radicalismo, auspicando che l'esperienza statunitense fosse utile a radicalizzare le sue posizioni politiche.

Quando Carlo Tresca arrivò in America, nel] 904, non era completamente solo. Fu infatti accolto dal fratello maggiore, Ettore, che viveva a New York ed era un

medico stimato nel suo distretto. Fin dal suo arrivo Carlo cercò di capire la realtà operaia statunitense e soprattutto la situazione dei lavoratori immigrati.

Dagli anni Ottanta dell'SOO era infatti cominciata negli Stati Uniti l'immigrazione di massa dal Sud Est Europa. Molti erano italiani, in gran parte operai non quali­ficati nelle fabbriche degli stati dell'Est (soprattutto nel settore tessile e dell'abbi­gliamento), ma anche minatori, scalpellini, etc., ed è tra loro che Tresca assunse un ruolo di leadership partecipando alla gestione di alcune delle più importanti battaglie del lavoro dei primi decenni del Novecento.

AI suo arrivo Carlo decise di iscriversi alla Federazione Socialista Italiana legata al Socialist Party of America Y , un partito formato in gran parte da immigrati (nel 1919 costituivano il 53% dei suoi iscritti). Ancora la Federazione non aderiva formalmente al partito Ce non lo farà fino al 1910) e proprio questa indecisione, secondo Tresca, costituiva un pesante fattore di debolezza. Dopo aver diretto per un paio d'anni l'organo della Federazione, "II Proletario", Carlo decise quindi di affiliarsi agli Industriai Workers of the World (Iw'W) - un sindacato industriale nato nel 1905 che, al contrario della più grande centrale sindacale statunitense, l' American Federation ofLabor, organizzava operai non qualificati - donne e neri ­divenendone un leader.

Il suo primo lavoro, nel settore delle costruzioni ferroviarie nel New Jersey, lo distrusse fisicamente e moralmente. La constatazione del degrado a cui i lavorato­ri italiani erano sottoposti grazie all'operato dei boss etnici che, fungendo da in­termediari tra imprenditori americani e lavoratori, lucravano sugli stipendi di que­sti ultimi, lo portò a denunciare sulle pagine de "Il Proletario" l'attività dei boss, la piaga della prostituzione immigrata, la corruzione politica a livello locale. Ab­bandonato "Il Proletario" nel 1906, Tresca continuò la sua attività di pubblicista prima fondando con Giovanni Di Silvestro "La Voce del Popolo", che ebbe però vita piuttosto breve e burrascosa, e poi "La Plebe", con sede a Filadelfia e poi a Pittsburgh. Dotato di notevole eclettismo ideologico, Tresca fondeva i principimarxisti appresi nel corso della sua esperienza politica a Sulmona con quelli espressi da Malatesta e Bakunin, avvicinandosi sempre più all'anarchismo e divenendo amico di Luigi Gallerani, un anarchico anti-organizzazionista. A Pittsburgh, dovè aveva trasferito il giornale, svolse intensa attività di propaganda tra i minatori italiani propugnando la tattica dell'azione diretta.


A partire dall'inizio degli anni Dieci Tresca partecipò in prima persona ad alcuni dei più importanti scioperi del movimento operaio americano e il suo carisma fu riconosciuto non soltanto dal gruppo etnico italiano. Nel] 9] 2 fu chiamato a Lawrence, una cittadina tessile del Massachussetts dove, nelle fabbriche di filatu­ra del cotone, lavoravano soprattutto uomini e donne italiani e dove gli imprendi­tori avevano imposto un forte abbassamento dei salari e un consistente aumento delle ore di lavoro. Lo sciopero di Lawrence, gestito dagli IWW, sarebbe durato parecchi mesi e nel corso del suo svolgimento sarebbero state sperimentate varie forme di lotta mutuate dall'Italia, come l'esodo dei figli degli scioperanti presso famiglie di simpatizzanti, una' tattica usata nello sciopero dei braccianti del par­mense, in Italia, nel 1908, con l'obiettivo di permettere alle donne di partecipare allo sciopero senza doversi preoccupare dei tradizionali compiti di cura nell'am­bito della famiglia. "II pane ma anche le rose" recitavano alcuni dei cartelli degli scioperanti scritti in varie lingue; si doveva battersi per miglioramenti salariali ma anche per la qualità della vita. Sebbene lo sciopero si concludesse con una vitto­ria, alcuni leader italiani, tra cui Joseph Ettor e Arturo Giovannitti, furono arrestati e fu proprio Tresca, che aveva potuto partecipare solo alle battute finali dello sciopero perchè in prigione per oltraggio, a battersi con forza per la loro liberazio­ne. L'anno successivo, i I 1913, Tresca era di nuovo uno dei leader dello sciopero di Paterson, nel New Jersey, una cittadina tessile in cui gli immigrati italiani, per lo più provenienti da Biella, lavoravano nelle filande di seta e in cui di nuovo gli imprenditori avevano imposto diminuzioni salariali e aumenti dell' orario di lavo­ro. Insieme a Big Bill Haywood ea Elizabeth Gurley Flynn - che sarebbe divenu-

ta la sua compagna di vita per un decennio - Tresca guidò coraggiosamente un grande sciopero che venne questa volta sconfitto "'. Ciò nonostante la sua figura di leader operaio ne uscì molto rafforzata, mentre egli continuava la sua carriera giornalistica fondando "L'Avvenire" e poi, nel I 9 I 7, "II Martello" Il, un giornale di stampo esplicitamente anarchico che dirigerà fino alla morte.


Nel 1916 partecipò inoltre a un grande sciopero nelle miniere di ferro del Mesabi Range, nel Minnesota, a causa del quale, accusato di omicidio, era stato condan­nato a molti anni di prigione.

Il suo arresto e la sua condanna crearono un movimento d'opinione internazionale che ebbe ripercussioni molto forti anche in Italia dove, tra il 1916 e i l 1917, si formano comitati pro Tresca e dove furono diffusi capillarmente da parte del Par­tito Socialista e delle Camere del Lavoro, tra cui quella di Sulmona, opuscoli per la sua liberazione 12. Questa forte corrente di solidarietà era data in gran parte dal fatto che Tresca non aveva mai perso i contatti con socialisti e anarchici italiani. Egli del resto non avrebbe mai preso la cittadinanza americana; si sentiva italiano, voleva lavorare in mezzo ai lavoratori italiani e sembra che fino al 1914-1915 la sua conoscenza della lingua inglese fosse abbastanza stentata.

AI momento del!' entrata degli Stati Uniti nella I Guerra Mondiale, nel 1917, "II Martello" si mostrò esplicitamente contrario alla guerra; Tresca fu più volte de­nunciato dalle autorità americane per le sue posizioni antibelliche e il giornale ripetutamente confiscato. Nel 1923, infine, le persecuzioni contro Tresca, che si erano accentuate a causa del suo impegno per la liberazione di Sacco e Vanzetti, si sarebbero tradotte in un arresto (il futile motivo fu la comparsa di propaganda anticoncezionale sul giornale di cui era direttore) e fu addirittura il presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge ad intervenire per ridurre il suo periodo di deten­zione nel Penitenziario Federale di Atlanta, dove era detenuto dal 1925.

La sua persecuzione aveva avuto luogo in un periodo, il primo dopoguerra, che fu definito red scare (la paura dei rossi) poichè la vittoria della ri voluzione bolscevica

in Russia aveva scatenato negli Stati Uniti una forte ondata di anticomunismo che aveva investito sindacati, partiti di sinistra, organizzazioni pacifiste, etc. Il bien­nio 1919-20 era dunque stato segnato da colossali processi che avevano coinvolto socialisti, IWW, e perfino alcuni dirigenti dell' AFL. I perseguitati furono condan­nati a centinaia di anni di carcere e, grazie al rafforzamento di una legge anti­spionaggio del] 917, l '''Espionage Act", molti immigrati radicali furono rimpa­triati.


Quando nel 1921 nacque negli Stati Uniti il Communist Party of America, Tresca, pur rimanendo anarchico (1'assenza di settarismo è del resto uno degli aspetti fondanti del suo carattere), vi si avvicinò collaborando con esso per tutti gli anni Venti.

Con l'avvento del fascismo in Italia, Tresca divenne uno dei protagonisti del mo­vimento antifascista, tanto che secondo molti fu proprio la sua attività ad impedire che a New York, a partire dal] 925, si svolgessero parate fasciste. Tresca fu uno dei fondatori della Mazzini Society, uno dei più importanti gruppi antifascisti ne­gli Stati Uniti; e fu la sua instancabile attività in questo campo a porlo, pare, in una lista nera di persone che il regime fascista voleva sopprimere.

A partire dagli anni Trenta, venuto a conoscenza delle purghe staliniane, Tresca prese sempre più le distanze dal Communist Party. Alcuni giornalisti hanno scrit­to che questo suo allontanamento era dovuto avicende personali - che una comu­nista a cui era sentimentalmente legato fosse stata fatta sparire dalla polizia staliniana -, ma sebbene la sua vita intima sia sempre stata avvolta dal mistero, non è improbabile che ancora una volta storia personale e storia politica si siano intrecciate.


Le sue posizioni di chiusura rispetto al Communist Party rimasero comunque ambigue per diversi anni ed egli appoggiò la politica dei fronti popolari, ma si tradussero infine in un' esclusione dei comunisti dalla Mazzini Society. Certo Tre­sca si scatenò addosso l'odio dei comunisti - che lo vivevano come una minaccia alla loro sopravvivenza - così come quello dei fascisti, ma ciò non conduceva necessariamente all'assassinio politico. La sua equidistanza da entrambi i gruppi fu evidente nella gestione dell'Italian American Victory Council, fondato nel 1942, che aveva come obiettivo la rifondazione politica dell'Italia nel secondo dopo­guerra, e da cui furono tenuti fuori comunisti, fascisti ed ex-fascisti

L'incessante attività di Tresca proseguì fino all' Il gennaio del 1943 (un suo arti­colo per "II Martello" fu pubblicato due giorni dopo la sua morte), giorno in cui venne assassinato in una strada di New York, mentre si recava in una taverna con un amico. La polizia individuò immediatamente l'automobile usata per l'omici­dio, il proprietario e anche il guidatore, un ex-pregiudicato di nome Galante che fu tenuto un anno in carcere e poi prosciolto per mancanza di prove. Fu in seguito la volta di Frank Nuccio, un delinquente di piccolissimo cabotaggio che si aggirava in quella zona nel momento in cui Tresca era stato ucciso, ma anche lui venne rilasciato. Fu infine arrestato un certo Vito Genovese, un capo malavitoso che _ secondo una delle tante ipotesi - era stato assoldato da Mussolini e da Ciano per uccidere Tresca; anche lui venne scarcerato. Rimase dunque aperta l'ipotesi co­munista, su cui non esiste sufficiente documentazione, sebbene negli anni Sessan­ta alcuni abbiano indicato l'assassino di Tresca in una persona che lui ben cono­sceva, un ex-compagno di lotta e agente della Terza Internazionale, Vittorio Vidali, che Tresca aveva accusato per aver ucciso alcuni leader anarchici e trockisti in Spagna nel corso della guerra civile.

L'omicidio rimase dunque avvolto nel mistero, mentre fu immediatamente evi­dente la scarsa volontà del Dipartimento di Giustizia americano di portare a fondo le indagini, che vennero affidate a molti agenti diversi (tra cui alcuni italo-arneri­cani legati al fascismo), ognuno dei quali lasciò il caso irrisolto.

Fu la Memorial Tresca Committee, formata da amici di Tresca - come l'anarchico Aldino Feliciani - e da intellettuali americani, ad inviare una petizione al sindaco di New York, il democratico Fiorello La Guardia, per chiedere con forza ragione

delle indagini. La Guardia rispose soltanto molti anni più tardi quando, ripercorrendo la sua esperienza di sindaco, descriverà il caso Tresca come uno dei buchi neri della sua carriera.

Nonostante dieci anni di duro lavoro, la Memorial Tresca Committe non riuscì a far luce sull' assassinio, scontrandosi con l'evidente riluttanza del Dipartimento di Giustizia a risolvere un delitto, la cui matrice sembrava più politica che malavitosa, che pesava in qualche misura sui delicati rapporti internazionali tra Italia e Stati Uniti.

Nonostante le opacità e la complessità dell'esperienza politica e personale di Tre­sca, il suo nome rimane tra i leader riconosciuti e legittimati dal movimento ope­raio americano e dal movimento antifascista, un fatto assai raro tra gli attivisti italiani, quasi sempre rimasti chiusi tra i muri della comunità etnica di appartenen­za.

Furono dunque molti, al di là delle diverse affiliazioni politiche, a piangerlo. Tan­to che un'amica di Tresca scriverà del suo funerale: "II funerale di Tresca fu tenu­to nella Manhattan Opera House sulla 34° strada, a New York. Anche quell'edifi­cio, che era enorme, era troppo piccolo. Non erano persone alla ricerca di emozio­ni, ma persone in lutto che condividevano un comune dolore e la comune coscien­za che con Carlo un alito vitale era andato via dalle loro vite".


Eremo Via vado di sole , L'Aquila, lunedì 28 marzo 2011

1 commento:

  1. Ho visto citato Luigi Gallerani. Hai altre informazioni su di lui? Grazie E. R Milani
    ernesto.milani@gmail.com

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