GRAFFITI : “Quella che è” della politica
E Severgnini si domanda : “ Che cosa muove i quellicheisti? L’inconsapevole desiderio di allungare il brodo ,suggeriva il nibile delatore. Io penso invece che aggiungere ‘quello che è’ sia un modo di diluire la forza del complemento oggetto. Infatti “ vediamo quello che è la campagna acquisti del Milan “lascia intendere che il Milan ne abbia una in programma.
E’ un’affermazione blanda invece “ vediamo la campagna acquisto del Milan” è perentorio. La diluizione è sorella dell’eufemismo e cugina dell’understatement . Chi teme la forza del linguaggi sceglie l’ammorbidimento. Per lo stesso motivo molti abusano di “ piuttosto” e una “specie” dove” piuttosto brutto” è una “schifezza “ e una” specie di fidanzata “ sta a significare che lei nemmeno se lo fila.E ancora si usa “tipo” per nascondere l’insicurezza e gli adolescenti lo usano spesso.
E i politici. Quando sono in imbarazzo adottano forme vaghe ma soprattutto desuete. Che significa per esempio “trovato il punto di equilibrio” Una espressione delle leggi della fisica vuole forse dire che sottobanco è stato trovato l’accordo. Purtroppo molte volte si.
Quando in politica si sente vicino il consenso, fateci caso, scatta il superlativo, l’eccesso verbale.
La televisione poi è maestra nell’affibbiare “ “splendido” e “ notevole” a programmi a dir poco opachi.
Quale il senso allora di questo linguaggio : il vuoto? L’incapacità sicuramente di affrontare in modo adeguato i problemi , i veri problemi che interessano il cittadino.
Di controverso c’è una esercitazione dello sciocchezzaio politico. Parliamo per esempio degli emendamenti all’ultima legge finanziaria come si leggono riferiti da un articolo di giornale. Sembrano fatti apposta per perdere tempo, per dire “quello che è” senza forza all’oggetto con effetti sicuri di “ genitivo accusativo”.
Nel romanzo di Joseph Heller “Gold!”,il personaggio dell’assistente presidenziale Ralph Newsome,l’avatar della disonestà in politica, parla esclusivamente per ossimori , frasi la cui fine contraddice l’inizio : “ Questo Presidente vi appoggerà finchè dovrà” “Vogliamo andare avnti il più velocemente possibile con questa faccenda , anche se dovremo procedere lentamente” .” Questo Presidente non vuole dei leccapiedi . Ciò che vogliamo sono uomini indipendenti e integri che , una volta che avremo preso le nostre decisioni , concorderanno con ognuno di esse”
Ma quanto il potere è una questione di parole?
Scrive Carlo Galli :” E’ un luogo comune- ma anche pieno di verità- che la politica consiste nell’agire , nei fatti . La politica ha a che fare con gli uomini ,dal punto di vista dell’oggettività del potere e della saldezza delle istituzioni, della forza degli interessi. Ma al tempo stesso alla politica è essenziale la dimensione della parola, del pensiero, della rappresentazione , della narrazione: non sono mai esistiti poteri o interessi che non dovessero mediarsi o legittimarsi attraverso saperi; e che non corressero il rischio di confrontarsi con altri saperi , critici. La politica si dà nel potere e nella parola , nell’oggettività e nella soggettività, nel fare e nel dire. E quindi il linguaggio politico pesa, fa esso stesso politica.
E’ una questione di parole dunque alle quali nessuno pensa di dare dei significati univoci perché in quelle parole si è depositata la storia di ieri e vive la nostra passione di oggi .
Dunque leader e popolo, pubblico e privato, vita, tecnica e laicità, nazionale, globale e unità sono appunto un piccolo vocabolario. Negli incontri di “ Le parole della politica” tenutosi a Roma nei primi giorni di luglio a cura della Provincia di Roma questo vocabolario è stato esaminato e illustrato è stato esaminato e illustrato da vari studiosi. Una riflessione dunque che dimostra che la politica è anche una questione di parole che vanno o dovrebbero andare al di là di “quello che è “ la politica.
mercoledì 23 febbraio 2011
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