“Della necessità di un coinvolgimento comunitario nella gestione dell'emergenza aveva in precedenza parlato Romano Prodi, ex capo del governo ed ex presidente della Commissione europea, oggi consulente Onu per l'Africa. Il "professore" condivide l'allarme del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, per il pericolo che la crisi del Maghreb si trasformi in un'emergenza umanitaria in Europa, con il pericolo di infiltrazione di terroristi tra i profughi in arrivo. "Se in questi Paesi la situazione sfugge al controllo, certamente la conseguenza non può che essere questa" afferma da Padova, rispondendo ai giornalisti a margine di un incontro organizzato da Cuamm medici con l'Africa. "Ma io non sono pessimista - aggiunge Prodi - e penso che la Tunisia si riorganizzerà. E' chiaro che, se è disperata, questa gente non vede altro che lo sbocco verso nord, non ha alternative a queste situazioni tragiche".
L'ex premier ha quindi parlato dell'azione dell'Unione europea: "Dobbiamo lavorare molto, l'Europa dovrebbe essere più presente perché, in questi momenti, se vogliamo evitare esodi di massa, bisogna essere presenti, dare speranza, aiutare le trasformazioni, essere vicini ai bisogni fondamentali di questa gente. Attualmente, non ci siamo". Alla domanda di cosa ne pensa delle politiche del nostro Paese in questa situazione, Prodi risponde sorridendo: "Del nostro Paese non parlo...".
L’11.02.2011 a Venezia così il Ministro dell'interno ha commentato il previsto arrivo di centinaia di persone sulle coste italiane. Riferendosi poi alla fuga di persone dall'area di crisi maghrebina ha proseguito 'C'e' il rischio di una emergenza umanitaria'
Riferendosi poi alla fuga di persone dall'area di crisi maghrebina ha proseguito 'C'e' il rischio di una vera e propria emergenza umanitaria. La grave crisi del Maghreb, in particolare dalla Tunisia e dall'Egitto, sta portando ad una fuga di massa verso l'Italia. Stanno arrivando centinaia di persone sulle coste italiane e stiamo mettendo in campo tutte le forze per fronteggiare una vera e propria crisi umanitaria
A Lampedusa li vedono come intrusi il cui numero diventa ogni giorno sempre più grande e per questo insopportabile fino a provocare esasperazione.
Ma si tratta di persone e quando parliamo di cifre forse non fa molta differenza tra ottantamila e centomila. La fa quando parliamo appunto di persone. Ottantamila persone con la loro storia, i desideri, le speranze, le sofferenze , la ricerca di un modo e un mondo diverso in cui poter vivere.
Lampedusa tra Capo Ponente e Punta O’ Spada, già Italia, in un canale, un tratto di mare che separa Africa da Europa ma soprattutto le coste della Sicilia e le spiagge del nord Africa. Lampedusa dunque attracco tra il porto di Zarsis e le coste della Sicilia.
Perché si tratta di un altro 1989 del Maghrb.Fino a metà gennaio sono arrivati a Lampedusa 5.278 immigrati di cui 2.142 sono ancora al CIE di Lampedusa e 2.144 sono stati già inseriti in altre strutture.
Tendono al brutto le condizioni meteo, il vento ha ricominciato a soffiare e il mare si è fatto grosso. Sulla spiaggia sono arrivati l’esercit5o e la polizia che impediscono, tranne ai pescatori , a chiunque altro di avvicinarsi al mare.
Il mare. Nacque un corridoio di mare tra l’Italia e la Libia per dissuadere i viaggi della speranza o della disperazione.
Da qui al 2030 anche in assenza di particolari crisi nell’area del Maghreb sono previsti flussi di novecentomila nuovi arrivi in Italia da cinque paesi : Marocco ( 444.642) Egitto (123.659) Senegal (122.780) Nigeria (108.614) Tunisia (71.897)
D’altra parte già oggi il /9% degli africani che sono in Italia proviene da quei paesi.
Il trattato con ala Libia ha previsto investimenti in infrastrutture in quel paese per 3,4 milòiardi di euro . Un po’ per chiudere il contenzioso del colonialismo , un po’ perché questo paese assolva bene il compito di gendarme e sentinella per gli ingressi clandestini da tutta l’area del Nord Africa.
Probabilmente il flusso dalla Tunisia è frutto veramente dell’attuale contingenza anche perché è un paese che , in confronto agli altri , non trasborda demograficamente e potrebbe avere un discreto benessere economico.
Lo slogan della rivolta del gelsomino era “ Lottiamo per poter crescere qui “. La rivolta del gelsomino ha trovato nelle parole , nei messaggi ma anche nelle immagini , e quindi nella documentazione visiva trasmessa da Al Jazeera un “ promo” che vuole dire e che dice : abbiamo lottato per ribaltare il governo e lo abbiamo fatto per il nostro paese.
Nella rivolta del gelsomino i giovani gridavano “Siamo un’altra generazione , siamo istruiti e vogliamo liberarci e liberare il nostro paese per poterci vivere”.
Al coprifuoco dalla mezzanotte alle quattro del mattino hanno risposto aprendo le discoteche e rimanendovi in quelle ore a ballare e cantare.
Gli “harrag “ ( quelli che vogliono saltare le frontiere e scappare altrove ci sono sempre stati e sempre ci saranno . In molti ora ci provano anche perché la polizia è più debole e sono venuti meno anche i motivi economici in quanto il viaggio, meglio il biglietto di imbarco, costa di meno. Il tempo dirà se queste considerazione hanno un fondamento . La Tunisia ha voluto scommettere sulle proprie potenzialità e chi ha lottato perché questa scommessa si potesse almeno enunciare non può abbandonare il proprio paese.
martedì 15 febbraio 2011
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