mercoledì 2 febbraio 2011

MEDITERRANEO : La lezione della rivoluzione tunisina in cinque punti

MEDITERRANEO : La lezione della rivoluzione tunisina in cinque punti

(da Bernard-Henri Lévy : Dopo la caduta di Ben Ali. La lezione in cinque punti della rivoluzione tunisina in Corriere della sera giovedì 20 gennaio 2011)

UNO . La gioia. La meraviglia. Il momento, sempre sbalorditivo, in cui un potere che credevamo eterno vacilla, si spacca, crolla come un castello di sabbia . Sarà stato l’esercito a far precipitare le cose ? Sarà stato dil generale Rachid Ammar a spingere Ben Alì sull’aereo? E’ probabile. Ma non ne valeva nemmeno più la pena. Infatti, potete avere i migliori generali del mondo, la polizia più crudele o, come direbbe il Ministro degli esteri francese Michèle Alliot Marie , più efficace del pianeta : non esiste uno Stato adeguato a fronteggiare un popolo che, un bel mattino,solidale con un piccolo commerciante di Sidi Bouzid che si immola dandosi fuoco, decide che ne ha abbastanza. Coraggio . Potenza dell’orgoglio e dell’eroismo. I tiranni, una volta di più, erano forti solo della debolezza di chi subiva la loro tirannia. Non c’è dispotismo – lo sapevamo da La Boétie , ma i tunisini ce lo ricordano – capace di resistere ad un popolo che non ha più paura. Ventitrè giorni di manifestazioni per 23 anni di terrore : non è come è stato detto , un miracolo; è logico; è meccanico; è bello come la meccanica più pura, più implacabile .


DUE . Un’insurrezione araba. Ebbene sì. Pensate a chi diceva che esistono popoli fatti per la rivolta ed altri che non lo sono . Pensate ai paladini delle guerre per le civiltà, per i quali l’idea stessa di un Paese mussulmano e, in particolare, arabo, aperto ai diritti dell’uomo, era una contraddizione in termini .

Che aria ridicola hanno, oggi! Che aria furba hanno i sostenitori di un differenzialismo che cdi rimproveravano di applicare a quei Paesi ideali che erano loro estranei !. Contro questi razzisti. Il popolo tunisino ci ha insegnato che i principi democratici sono principi universali ; e contro questi disfattisti ci hanno insegnato che tali principi si possono anche soffocare , distruggere, schiacciare, scoraggiando coloro che li sostengono e decimandoli ma restano invincibili. Oggi la Tunisia. Domani la Libia di Gheddafi ,la Siria della famiglia Assad,l’Iran di Ahmadinejad. Rivoleva davvero tanto disprezzo per vedere in questa regione del mondo solo popoli di lacchè votati ad un esotico torpore. Ci coleva la tranquilla audacia del popolo tunisino per non tenere in alcun conto, speriamo, un pregiudizio che non sappiamo se sia più folle che ingiurioso – o l’inverso.


TRE . Il motore di questa rivoluzione non è stato evidentemente il proletariato. Nìè sono stati i nuovi o i vecchi poveri. Nemmeno lo sono state le famose classi medie supercolte che si sono ritenute tradite da Ben Ali. No. Sono gli internauti. Coloro che utilizzano Twitter, Facebook e Youtube. Sono uomini e donne che , muniti di martphone, hanno percorso le strade di Tunisi per filmare la repressione, l’insurrezione. Sono gli Anonymous, un gruppo di haker che la mia rivista La règle du jeu ha sostenuto: appena hanno capito che la ciber-polizia avrebbe annullato questo spazio di ciber-resistenza, hanno attaccato i siti ufficiali del regime e bloccato la macchina dello stato. Rivoluzione nella rivoluzione. Ieri si usava prendere d’assalto la televisione. L’altro ieri i palazzi d’inverno. Oggi è giunto il tempo di una e-rivoluzione , la prima del genere a cui la gioventù tunisina dà dignità. Anche per questo, per aver portato a tal punto di eccellenza una nuova forma di resistenza le diciamo grazie.


QUATTRO . C’è rivoluzione e rivoluzione, certo. E noi francesi abbiamo imparato a nostre spese che , dietro a un 1789, può sempre profilarsi un 1793. Sarà così anche per la Tunisia? Vedremo il profumo del gelsomino cedere a quello dell’intolleranza, o peggio , dell’Islamismo radicale , al quale Ben Ali pretendeva fare scudo ? Tutto è possibile , naturalmente. E i miliziani favorevoli al vecchio regime che , mentre scrivo , percorrono ancora la capitalòe per tentare di seminarvi il terrore, sono capaci di qualsiasi provocazione.Ma quello che colpice, per ora, è la maturità degli insorti. La moderazione delle loro parole d’ordine.. La calma con cui, nei quartieri ,fanno fronte ai gruppi organizzati. Quanto al leader in esilio a Londra, del Hizb Ennahda, il Partito di rinascita islamista, basta leggere le timide dichiarazioni che ha pronunciato dopo la fuga di Ben Alì per comprendere che non siamo alla vigilia della nascita di un nuovo Khomeini. Allora perché non rinunciare anche qui alle nostre idee preconcette? Perché non lasciarsi trasportare dall’evento e dalla lezione di democrazia araba, per il momento senza equivoci , che la Tunisia impartisce.


CINQUE . Una ultima parola. Lo strano riflesso della comunità internazionale e, in particolare della Francia . Si dirà che siamo abituati. Però. Il ministro degli esteri che offre a una dittatura in agonia il “savoir-faire” delle forze di sicurezza francesi. Lo stesso ministro che credendosi di scusare da un’intervista al Journal du dimanche in cui protesta tre volte la volontà di non ingerenza negli affari del popolo tunisino. E l’Eliseo che in un bel comunicato diffuso sabato scorso, dice di aver attuato le disposizioni perché siano bloccate amministrativamente i beni tunisini di Ben Ali in Francia… Che significa ? Si sapeva dunque che questi beni esistevano ? Che Ben Ali sfruttava sistematicamente il proprio paese e lo saccheggiava? E si aspettava , per dirlo, che avesse perso il pitere? In un simile atteggiamento, peggio di un riflesso, c’è una confessione. Una confessione che la dice lunga sulla morale che guida la politica estera di un grande Paese. Un imbroglione al potere resta un amico . Che questi decada , sia cacciato dalla piazza, allora sì, la virtù si risveglia e si inveisce contro il bandito.

(traduzione di Daniela Maggioni )


Eremo Via vado di sole , L’Aquila ,
mercoledì 2 febbraio 2011

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