mercoledì 11 luglio 2012

Ho seguito l’erba sulla strada    - poesie  -



1.
Ho seguito l’erba sulla strada
fin dentro gli androni
ed era come seguire un filo
d’arianna della vita
di tutta quella gente
che non calpesta più queste strade
e non abita più quegli androni.
Le gugliate del mio respiro
smorzato dall’odore di polvere
intrecciano una tela di destini
che non possono fondersi in uno
perché sono lunghe queste vite
e spaziano nella speranza di un’altra.
La speranza mentre sono qui
che la vita perduri nella vita
per non lasciare il governo della casa
anche quando non si è presenti
e perdere l’amore che a fatica
abbiamo dato e abbiamo ricevuto .
Solitudini di giorni
appaiono così un’inezia
quando rammento il dolore
che è troppo mio compagno
anche perché non so dire
se questo dolore
è terra di riporto o terra vera
quella dove cresce l’erba
e scorre l’acqua, quella
che t’accoglie  quando nasci
e ti consola quando muori .



2.
-Prega – dice - per la città perduta –
dal futuro con l’anima nascosta
dal passato come lume di torcia tascabile .
Tu che hai visto cadere mura
hai sempre detto che non c’è
morte  senza che non vi sia nascita
e per questo pregherò.
Il meriggio di luglio è un’ora
che non passa eppure eppure
guardarsi attorno in questa città
è come spingere una barca in mare
in un viaggio attorno al mondo.
Ho sognato da sveglio le lusinghe
Delle voci trapassate nel tempo
Che sembrano una calca
In cui tra poco sarò scomparso.



3.
Un paese colorato e suggestivo
d’estate, silenzioso d’inverno.
Ed è come una restituzione alla vita
dopo il vagabondare per mesi
ed anni diventati un tempo
senza misura  o senso.
Un suono di stoviglie smosse
davanti ai monti circostanti
fa sentire le vecchie pietre d’unto
e il fumo delle fascine
spartisce il passato e l’avvenire .
Si sposta la luce, il vento
e le automobili sul selciato
della strada  antistante la casa
e si sposta pure chi di fretta
va a sedersi sulle panche  dell’ambulatorio.
Per questa terra gira ancora
un venditore ambulante
con il suo camion di frutta e verdura
e non più carretto e mulo .
Chi viene dunque ora porta notizie
che la tivvù è spenta
e i giornali servono per accendere
il fuoco del camino .
Le case e le topaie in fila
seguono le strade strette
dove fa ombra il tetto spiovente.
Cresce l’erba
e come è giusto e come il cuore
tollera passo in rassegna ora
la vita e conto  dentro le mie tasche
i soldi, le ansie  e le lacrime.



4.
Per il fatto che dobbiamo vivere
ancora un po’,guardiamo fuori la finestra,
beviamo acqua con il limone
e a colazione mangiamo ciambelle
con il burro.
Solo un po’ dobbiamo ancora vivere
e quando vengo da vivo
a parlarti nell’ora morta
nel mezzogiorno della città
là sotto il monte dove dormi
lascio che tu mi immagini
dovunque ora sei
e il tuo riflesso è dentro
dentro i miei occhi.
Ora e ancora un tavolo
è un tavolo, un bicchiere
un bicchiere e per questo
io ti parlo  di tutto
di tutto quello che voglio.
Come se potessi ancora abbracciarti
e cerco il tuo volto
su una foto  e vedo solo
quel chiaro  e quell’alone
che trepida nell’aria.
Nell’aria del nostro parlare
ancora, vigilia di nessun avvenimento
perché tu stai lì ed io qua ,
mi consola
non so in quale ricordo
l’amore che mi porto  ancora
dentro sorgente di luce  e canto
che mai mi allontana da te.


Eremo Via vado di sole, L'Aquila, giovedì 12 luglio 2012

domenica 8 luglio 2012

BIBLIOFOLLIA : Lessero l'Encyclopedie...

BIBLIOFOLLIA  :  Lessero l'Encyclopedie...


Lessero l'Encyclopedie ed ebbero poi tagliata la testa.L'Encyclopedie  , un'opera che ha cambiato la storia del pensiero  rappresntò anche un'operazione  economica e finanziaria notevole.
In particolare la gran parte delle copie furono acquistate e lette  da quel ceto borghese  destinatoa scomparire  dopo la rivoluzione francese.
Solo 28 copie furono acquistate  a Nantes , una città  moderna e all'vanguardia .
L'Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri (Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers nel titolo originale) è una vasta enciclopedia pubblicata nel XVIII secolo, in lingua francese, da un consistente gruppo di intellettuali sotto la direzione di Diderot e D'Alembert. Essa rappresenta un importante punto di arrivo di un lungo percorso teso a creare un compendio universale del sapere, nonché il primo prototipo di larga diffusione e successo delle moderne enciclopedie, al quale guarderanno e si ispireranno nella struttura quelle successive.
La sua introduzione, il Discorso Preliminare, è considerata un'importante esposizione degli ideali dell'Illuminismo, nel quale viene altresì esplicitato l'intento dell'opera di incidere profondamente sul modo di pensare e sulla cultura del tempo.

Il Piano dell'opera (Prospectus) del 1750 ottenne un migliaio di sottoscrizioni e le condizioni di acquisto, dettagliate nell'ultima pagina, prevedevano: per dieci volumi in folio dei quali 2 di tavole: 60 lire d'acconto, 36 lire alla consegna del primo volume, prevista per il giugno 1751, 24 lire alla consegna dei successivi, scaglionati di sei mesi in sei mesi, 40 lire alla consegna dell'ottavo volume e dei due tomi di tavole. In tutto, 372 lire[4].L'opera, per i tempi di enorme portata, occupò circa mille operai nell'arco di 24 anni. Ci furono 2.250 sottoscrittori per una tiratura di 4.250 copie (numero risibile oggi, ma durante il XVIII secolo, una tiratura «normale» non andava oltre i 1.500 esemplari).
Visto l'elevato prezzo d'acquisto, si può supporre che il lettore tipico dell'opera facesse parte della classe borghese, dell'esercito, dell'amministrazione statale o della Chiesa.[5]. Dal momento che i salotti di lettura si moltiplicavano, è possibile ipotizzare l'opera sia stata consultata da un pubblico significativamente più esteso di quello costituito dai diretti acquirenti.
Il temporaneo divieto imposto alla diffusione dei tomi primo e secondo, lungi dalle intenzioni dei censori, accese la curiosità del pubblico attorno all'opera, stimolando proprio in quel periodo più di 4.000 ordinazioni. A seguito dei sommovimenti generati dalla pubblicazione de De l'esprit, al ritiro del privilegio di stampa e al divieto papale, Le Breton fu condannato, quale pena accessoria, a rimborsare i sottoscrittori, ma nessuno di essi si fece mai avanti per ottenere materialmente alcuna somma.


In conclusione, l'impresa fu un vero successo editoriale: per 1.158.000 lire spese, ne furono guadagnate 2.162.000, praticamente raddoppiando l'investimentoAll'originale seguirono rapidamente riedizioni, adattamenti e copie non autorizzate. Così, sebbene la prima edizione fosse stata tirata in 4.225 esemplari, se ne contano quasi 24.000 tra tutte le diverse edizioni vendute all'epoca della Rivoluzione francese. Tra il 1776 e il 1777, Charles-Joseph Panckoucke e Jean-Baptiste-René Robinet pubblicarono un «Supplemento all'Enciclopedia» in quattro volumi, più uno di tavole. Una "Tabella alfabetica" apparve in due volumi nel 1780. Dal 1782 al 1832 fu pubblicata una edizione completa in 166 volumi.
A cura di Panckouche furono pubblicate prima il Tableau encyclopédique et méthodique e successivamente il monumentale progetto enciclopedico Encyclopedie Methodique, evoluzione di quella di Diderot e d'Alembert.


Eremo Via vado di sole , L'Aquila, domenica 8 luglio 2012

giovedì 5 luglio 2012

Da un martedì ad un sabato - poesie –

Da un martedì ad un sabato  - poesie –



1.
Da un martedì a un sabato
ho letto  del viaggio delle navi
raccontato da Omero
e mi sono chiesto  per dove fare rotta
ora che il mio vagabondare
corre dietro ad un’amo0re
che tutto muove, Omero
e il suo mare.
Resta con me stasera
in questa silenziosa fantasia
che è come un paese d’estate
stracolmo d’inganni
che è come  il pensiero d’un dolore
d’altri tempi
l’impercettibile lancetta
del desiderio che viene  senza pazienza
nel contro vento del rosseggiare
della sera
ed è quasi un deriva
tra sogno e insonnia.
Dentro  perduto
avanza  di nuovo  ancora il desiderio di te
ed è un dolceamaro respiro
inesauribile.



2.
Bella e ricolma di malinconia
dinanzi agli occhi  ho questa luna
esanime in un cielo a cenci
come uno straccio  smorto
di lenzuolo  sul letto disfatto.
Una terra  umida assolve l’aria afosa
piena di echi e stanotte
par sentire un verso straripato
troppo simile a una censura
che è come dire  al cuore
non ti vergognare  di trovare
da un respiro d’amore
la pienezza d’un suono.



3.
In sogno ho visto il mare
era come un campo di fieno
alla luce impallidita d’un sole
dalle braccia abbandonate sulla terra ,
odorava di rose
ed era mosso da un vento vuoto.
Il mare, il mare che ha natura
e fede nel sogno   si è fatto ombra.
L’ombra silenziosa del nostro tempo
passato che abbiamo vissuto
come esistenze di giorni ,
di notti, di parole e respiri,
di amplessi e litigi.
Lungo l’erba infinita di quelle onde
ai venti successivi  di quello
che mi resta  da vivere
dissemino di mare in mare
le tepide figure
del mio dolore di vivere.



4.
Lo spazio d’uno sguardo
è quel chiedere scusa
come una carezza che arde.
Riposa l’eternità con i suoi limiti
e nelle calde mani
odora una passione
da uomini. Ritorna
ma invano  la voglia d’un tremebondo
amore pieno  di venti tormentosi
e incolmabili  di fiori.


Eremo Via vado di sole, L'Aquila, giovedì  5 giugno 2012

martedì 3 luglio 2012

BIBLIOFOLLIA : Detective bibliofili

BIBLIOFOLLIA  : Detective bibliofili

«A chi era utile, ormai, Gian dei Brughi? Se ne stava nascosto coi lucciconi agli occhi a leggere romanzi, colpi non ne faceva più, roba non ne procurava». Un brigante che diventa divoratore di libri e smette di delinquere, come il personaggio del Barone rampante di Italo Calvino, questa sì che è una storia edificante. Ma per disgrazia si dà anche il caso contrario, quello di Johann Georg Tinius, pastore protestante vissuto nella seconda metà del Settecento che per soddisfare la sua brama di libri giunse a uccidere a colpi di martello. I libri possono salvare un’anima o dannarla, secondo i casi. E la loro prossimità con il sangue è attestata da un ricchissimo filone della letteratura poliziesca dove sono di scena detective bibliofili, assassini collezionisti di antichi codici, volumi che uccidono o istigano al delitto. Le grandi guide alla letteratura gialla, come il ponderoso Who done it? Di Ordean A. Hagen, contemplano sempre la sezione «Libraries». E chi si appassioni al filone potrà imbattersi in titoli bizzarri come The Title is Murder, The Body on Page One, The Gutenberg Murders, The Mystery of the Human Bookcase.

Ora tra questi macabri scaffali si aggira Mario Baudino, scrittore e giornalista della Stampa, che in Ne uccide più la penna (Rizzoli) ripercorre vita e imprese degli investigatori bibliomani. Il punto d’avvio, a sorpresa, è Philip Marlowe, che nel Grande sonno comincia la sua avventura con una visita in una libreria antiquaria; a sorpresa, perché il burbero detective di Raymond Chandler ha uno stile ben diverso dai gentiluomini compassati del giallo all’inglese, cui meglio si addice la bibliofilia, e anche perché la biblioteca è uno scenario troppo simile a quel «giardino di rose del vicario» da cui Chandler voleva strappare il giallo per riportarlo nei vicoli, tra le gang criminali e le donne perdute. Le passeggiate di Baudino ci accompagnano da un capo all’altro della storia del giallo – e non solo del giallo: il primo «libro che uccide» è quello del saggio Duban nelle Mille e una notte, e il codice avvelenato del Nome della rosa non è certo l’ultimo della serie. Sfilano sotto i nostri occhi, evocati dai gloriosi anni Trenta e Quaranta, il pedantissimo Lord Wimsey di Dorothy L. Sayers e lo Henry Gamadge di Elizabeth Daly, detective esperto di codici antichi che l’autrice chiama appunto «il bibliofilo». Ma le pagine più felici sono senz’altro quelle dedicate a Nero Wolfe, l’investigatore obeso e floricoltore di Rex Stout, che «è sublime e immoto come una trinità bizantina nel suo cielo di mosaico, e nello stesso tempo è materia allo stato selvaggio». Wolfe non è un bibliofilo ma legge moltissimo, possiede sei edizioni della Bibbia in sei lingue diverse, annovera tra i suoi autori Camus e Montaigne, Casanova e Solzenycin. Quando non indaga e non cura le sue orchidee, sprofonda nella lettura.

La rassegna culmina, a metà del libro, in un quesito quasi filosofico: si può davvero uccidere per un libro? Baudino indaga sul losco affare e porta alla luce, oltre al caso di Tinius, quello di un libraio di Barcellona ed ex monaco, Giacomo, di cui parla Flaubert nel breve racconto giovanile Bibliomania. Ma c’è poi tanto di misterioso? A ben vedere, per noi abitanti del Mediterraneo, culla delle religioni del Libro e sede millenaria di guerre e mattanze in nome di un testo sacro, che si possa uccidere per un libro è una triste evidenza. Il mistero che più ci preme, semmai, è un altro. E cioè – per inelegante che sia ricercare, in un libro peraltro bello e ricco, quel che non c’è e ha tutto il diritto di non esserci – dove sono i giganti del giallo classico? Che fine hanno fatto il narratore assassino di Agatha Christie o il suo Cadavere in biblioteca, i mille divertimenti metaletterari di Ellery Queen sulla figura del detective romanziere, la prodigiosa erudizione di Philo Vance, creatura del bibliomane di S.S. Van Dine? Che si siano tutti rintanati in un capitolo perduto o rubato del libro di Baudino? Se così fosse, saremmo pronti a uccidere per metterci sopra le mani.

Articolo uscito sul Riformista il 30 aprile 2011
Mario Baudino è nato il 26 febbraio 1952 a Chiusa di Pesio (in provincia di Cuneo) e vive a Torino.

Scrittore, poeta, saggista e giornalista, ha esordito nella poesia giovanissimo prendendo parte al volume antologico curato da Enzo Di Mauro e Giancarlo Pontiggia La parola innamorata. I poeti nuovi 1976 - 1978 (Feltrinelli, 1978), e nel 1980 ha pubblicato con Guanda la silloge d'esordio Una regina tenera e stupenda.

Otto anni più tardi si è aggiudicato il Premio Montale con Grazie (Guanda, 1988) e nel 1994 ha fatto il suo ingresso nella narrativa con In volo per affari, dato alle stampe per Rizzoli.

Vincitore, nel 1998, del Premio Scalea con Il sorriso della druida, (Sperling & Kupfer, 1998) e nel 2000 del Premio Brancati con la raccolta poetica Colloqui con un vecchio nemico (Guanda, 1999), Baudino è anche autore di numerosi saggi, tra cui Il gran rifiuto. Storie di autori e di libri rifiutati dagli editori (Longanesi, 1991), Voci di guerra. 1940-1945. Sette storie d'amore e di coraggio, (Ponte alle Grazie, 2001), microstorie vere del secondo conflitto mondiale narrate dai protagonisti, e Il mito che uccide (Longanesi, 2004).

Nel 2006 ha pubblicato per Guanda Aeropoema, poemetto in cui i temi del volo, del viaggio e del destino si incrociano con quelli della modernità riecheggiando l'atmosfera futurista, e con la stessa casa editrice è uscito nel 2008 il suo ultimo romanzo Per amore o per ridere, una sorta di romanzo "sul rapporto tra amore e delinquenza nell'era delle nuove tecnologie".

E' giornalista culturale de La Stampa.

Ha scritto anche un interessante volume dal titolo Il gran rifiuto  che  costituisce  una sorta di 'summa' dei più grandi errori editoriali, ripercorsi attraverso le vicende di libri e scrittori da una parte, editori e loro consulenti dall'altra. Non si pensi però a una semplice carrellata di rifiuti che dovevano poi diventare famosi non meno dei libri che ne erano stati l'oggetto, dalla Recherche di Proust, al Gattopardo di Tommasi di Lampedusa, e perfino a bestseller come Harry Potter o i romanzi di Tolkien. Queste storie possono infatti essere lette anche come strumento per capire le ragioni, o almeno il contesto, di rifiuti così clamorosi e persino imbarazzanti. Il mestiere dell'editore, del resto, è fatto innanzitutto di scelte, e le scelte sono fatte di esclusioni, non sempre così palesemente ingiuste come possono apparire agli occhi dei lettori. In ogni caso, sarà l'arrivo del successo di un'opera a fare tabula rasa di tutte le possibili ragioni di un rifiuto, insieme ai mea culpa dell'editore che se lo è visto sfuggire. Al di là dei suoi aspetti più curiosi e divertenti, questo libro, frutto di una ricerca tenace, appassionata e documentata, rappresenta così un'attenta analisi dei vizi e dei costumi dell'editoria, offrendo nel contempo un quadro inusuale, ma non per questo meno interessante, della nostra società culturale.

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, martedì 3 luglio 2012