sabato 31 luglio 2010

DI GIORNO IN GIORNO. Versi d'altri e altri versi: "Emozionando " di Helianthos

DI GIORNO IN GIORNO . Versi d’altri e altri versi : “Emozionando” di Helianthos


“Emozionando” la sezione del libro che dà il titolo alla raccolta di poesie pubblicata per i tipi delle Edizioni Tracce di Pescara da Valeria Coletti che si firma Helianthos , contiene cinque composizioni .
Sono cinque poesie ( che si riportano più avanti ) lievi ,perse dietro i gerundi, i partecipi, i superlativi delle parole che le compongono . Parole masticate con la lievità di un tango in una grammatica dell’esistere.
Quell’emozionando , gerundio che sembra incapace di coniugare il verbo di un agire e comportarsi (gerundus appunto participio futuro passato di gerere , agire, comportarsi) e che in proposizione secondaria dovrebbe assumere valore temporale, o casuale o modale o ipotetico, proprio quel gerundio dà il senso a volo di tutto quello che la raccolta contiene e sulla quale si tornerà.
I gerundi di Helianthos non hanno però bisogno di proposizioni secondarie per dispiegare la loro capacità di “mettere in movimento” dunque in cammino e muovendo di commuovere.
Per l’altro “divertente”, “assolutamente “ ,participi e superlativi vogliono dire assolutamente divertente come è l’emozione evanescente di una parola, anzi della “parola” una sola quella dell’alba del mondo o del silenzio , o del chiasso del suo inizio , del suo fluire e del suo finire. Il mondo di ciascuno di noi che incontrando questo mondo di Helianthos ritrova qualcosa di sé.
Le parole e il loro corpo come una continua lotta tra “vuoto “ e “niente “ che non sono la stessa cosa e che sono anzi ,nell’ottica di mondi diversi “quello che non è più” e “quello che è altro”
Ma spieghiamoci meglio perché sembra, sull’onda dell’emozionando,questo, un parlare sospeso sopra la linea dell’orizzonte della vita , quella vita che troviamo nelle altre sezioni del libro e che è più forte di emozionando ma anche meno avvincente.
Ma avremo modo di riparlarne.
Ne riparleremo in altri post di questa sezione del profilo di Facebook e del blog “osservatoriodiconfine”, sezione appunto dall’incipit : “ di giorno in giorni. Versi d’altri ed altri versi”.
E’ noto per averlo io più volte confessato come sia il profilo da Facebook che il blog sono nati per esprimere una mia passione per la poesia e la sua terra, per così dire, di mezzo . Una terra in cui l’osservatorio di confine della poesia ci offre a volte ( a volte ripeto) qualche spiegazione della superficie della realtà che viviamo ; superficie deformante costituita dal significato comunemente attribuito alle cose medesime dalla così detta “ doxa” ossia dal senso comune. Ma questo è un altro discorso che qui ho appena accennato , che ci porterebbe lontano, sul quali si potrà ritornare e che qui non interessa più di tanto.
Perché la riflessione è sulle poesie di Valeria , come io la conosco, Helianthos per chi la legge.
Tornando dunque alle poesie della prima sezione del volume le sento come un “fascino”, l’introduzione ad un “ presentimento” perché “ anche tu sei una foglia che il vento porta via”, nella concretezza di un corpo che nel tango stempera la gioia di vivere e la voglia di morire , tutto, tutto in un attimo.
Come introduzione dunque alle altre sezioni non c’è male
Altre sezioni che si compongono delle poesie di “ Stati d’animo”, “Vita vissuta”,”Ricordi”, Animali e natura”, “terremoto”, “In giro per le strade”, “In giro per il mondo”. Ci torneremo.
Ma leggiamo qui , per ora , le poesie di “Emozionando “



DIVERTENTE
E’ più grande il vuoto oppure il niente
mi domando per sapere
dove ci sia più spazio
per vagare
in questo gioco divertente
fatto di vuoto e anche di niente.
Non vorrei trovarmi all’improvviso
davanti al Paradiso
e chiedere a S. Pietro
la porta sbagliata
che forse non mi era destinata
e rimanere lì,per secoli,
in balia degli eventi .
Meglio sapere prima,
meglio preventivare
se scegliere il vuoto
oppure il niente.
E’ un gioco perverso
e forse impertinente, ma comunque
oltremodo affascinante.


ASSOLUTAMENTE
Assolutamente
avverbio onnipotente
che all’istante si dissolve,
in un magico niente,
mentre ne bevo
e ne centellino le gocce
come fossero assenzio
per disperdermi anch’io
nell’assoluto, assolutamente…

RISPOSTE STRANE
Perché cadono le foglie?
Perché il vento le spazzi via.
Perché il vento le spazza via?
Per portarle in giro nel mondo.
Perché le porta in giro nel mondo?
Perché attaccate ai rami non potrebbero conoscerlo.
Perché dovrebbero conoscerlo?
Perché è il luogo dove vive la vita tutt’intorno.
Perché la vita non c’era dove sono nate?
Sì c’era, ma ci sono anche altre cose .
Perché importa alle foglie conoscere altre cose?
Non lo so .
Perché allora mi hai dato queste risposte?
Non lo so .
Perché mi fai perdere tempo?
Non lo so.
Ma chi sei ?
Non lo so .
Sei il vento,sei il mondo, sei tutte le cose ?
Sì.
Allora sei anche me ?
Forse.
Perché forse ?
Perché anche tu sei una foglia che il vento porta via.

TANGO
Tango
sei una cascata di note
che scende lungo il corpo
e lo avvolge e lo inonda e lo sommerge.
Tango,
sei la tristezza che pervade
e disegna nel cielo
una ferita antica.
Tango
Sei gli occhi della luna ,
sei la rosa che tiene
la donna tra i capelli , sei le sue palpebre azzurre .
Tango ,
sei il desiderio
che si scioglie pian piano
negli intrecci di gambe nervose,
nell’abito che mostra
la passione gitana.
Tango,
sei la promessa che vive
e si culla nella lenta agonia
d’un bacio ritmato ,
sei la verità del sangue
che batte sulle tempie,
sei la frenesia di un amore sofferto,
sei la suggestione del tramonto ,
sei la danza,
impudica, selvaggia.
Tango,
sei la fiamma che brucia
e canta la sua luce.



UNA PAROLA
Una parola,
una parola sola
può aprire un mondo
o distruggerlo
in un attimo.
Sarà follia o ragione?
Entrambe son fatte
della stessa materia
evanescente
e spesso
prendono corpo
in una lacrima che riga il viso,
ricca di luce o d’ombra ,
che porta con sé
la gioia di vivere
o la voglia di morire.


Le foto sono di Romeo Fraioli e Luigi Ghirri

Eremo Via vado di sole,L’Aquila , sabato 31 luglio 2010

sabato 24 luglio 2010

SETTIMO GIORNO. "Padre nostro" sintesi del Vangelo.Incontro al volto del Padre

SETTIMO GIORNO “ Padre nostro “ sintesi del Vangelo . Incontro al volto del Padre



Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.



Incontriamo un tema molto importante per la nostra vita in questa domenica: il tema della preghiera. La preghiera di Abramo, nella prima lettura, una preghiera che potremmo definire così: una intercessione coraggiosa e sfrontata. E' lo stesso Abramo a riconoscere questa sfrontatezza: Vedi come ardisco parlare al mio Signore. Una delle caratteristiche della preghiera è proprio il coraggio sembra dire il grande padre Abramo... la sua infatti è una preghiera che non viene fatta per dei giusti, ma per una città di delinquenti ed idolatri, con i quali Abramo non condivide praticamente nulla. Domenica scorsa lo abbiamo visto accogliere ospiti senza sapere chi fossero, ora prega per persone di cui sa per certo soltanto una cosa: non sono dei giusti. Fa leva sui giusti della città, è vero, ma intanto chiede che tutti possano vivere.


E Gesù?
Risponde ai discepoli ammaestrandoli con il «Padre nostro», «sintesi di tutto il vangelo» (Tertulliano). Il Pater – che oggi ascoltiamo nella versione di Luca – più che una formula costituisce un compendio delle indicazioni di Gesù sparse nei quattro vangeli: è una traccia, un canone che ricapitola l’essenziale della preghiera cristiana. All’invocazione: «Padre», seguono cinque domande, poste in un ordine preci so. Innanzitutto si prega per Dio, chiedendogli che il suo Nome sia santificato, che tutti possano cioè riconoscerlo quale Dio tre volte Santo. Domandando: «Venga il tuo Regno», si invoca che la signoria di Dio si manifesti sulla terra attraverso la pace, la giustizia, la riconciliazione; nel contempo, si chiede la venuta escatologica del Regno, inaugurato da Gesù (cf. Lc 11,20; 17,21), ma non ancora realizzato compiutamente. Solo in un secondo momento il cristiano prega per i propri bisogni: il pane quotidiano, frutto della benedizione di Dio sul lavoro dell’uomo; il perdono dei peccati, condizionato dal perdono accordato ai fratelli (cf. Mt 6,14-15); l’aiuto di Dio per non soccombere nell’ora della tentazione.

Se prendiamo il vangelo di Luca più volte Gesù troviamo questo appellativo confidenziale di Padre al cap. 22: Padre, se puoi allontana da me questo calice...; al cap. 23,34: Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno...; al cap. 23,45: Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito... La preghiera in Gesù è diventata vita e la vita per Gesù altro non è che incontrare il Padre... Gesù incontra il Padre quando insegna ai discepoli a pregare, ma lo incontra anche nel momento della sofferenza, nel momento dell'angoscia, nel momento della morte (d. Daniele Simonazzi)... nel momento in cui solitamente neghiamo la presenza e la paternità di Dio (la sofferenza dell'innocente, la morte dell'innocente), ecco che Gesù incontra il Padre.

Attraverso la parabola dell’amico che disturba un altro amico nel cuore della notte per chiedergli del pane, Gesù sottolinea poi che la preghiera deve essere contraddistinta da perseveranza e insistenza fiduciosa, come quelle mostrate da Abramo (cf. Gen 18,20-32) e Mosè (cf. Es 32,11-14.30-32). Egli commenta: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto»; e altrove afferma: «Tutto ciò che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo già ottenuto e vi sarà accordato» (Mc 11,24). Infatti «il Padre sa di quali cose abbiamo bisogno ancor prima che gliele chiediamo» (cf. Mt 6,8), e nessuno di noi può pensare che egli dia pietre al posto del pane: noi siamo cattivi ma Dio è buono, e la nostra preghiera filiale si misura sulla fede salda in lui!
Infine Gesù conclude: «Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito santo a coloro che glielo chiedono!». Se nel passo parallelo di Matteo si legge che Dio darà «cose buone» (Mt 7,11), qui si parla dello Spirito santo come del dono che il Padre non fa mai mancare a chi aderisce a lui: lo Spirito è davvero la cosa buona per eccellenza, è il dono dei doni… Le prime parole che
E’ l’esempio di Gesù che fa nascere nei discepoli il desiderio di pregare (11,1-13). Facendo scaturire la pre¬ghiera del discepolo dall’esempio di Gesù, Luca vuole ricordarci che la nostra preghiera deve assomigliare alla sua. L’invocazione «Padre» – priva di ogni altro aggettivo – è tipica sulle labbra di Gesù: esprime la sua filiazione. Il discepolo deve pregare in unione a Cristo, in qualità di figlio. Sta in questo rapporto l’originalità cristiana.


Riporto qui sotto quella famosa preghiera di Charles De Foucauld, che davvero riesprime con parole diverse lo spirito della preghiera di Gesù.
Parole diverse, ma identico l'abbandono al Padre che le motiva.
"Padre mio, io mi abbandono a Te,
fa' di me ciò che ti piace.
Qualsiasi cosa tu faccia di me,
ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature:
non desidero nient'altro, mio Dio!
Rimetto l'anima mia nelle tue mani,
te la dono, mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore,
perché ti amo.
È per me un'esigenza di amore,
il donarmi a Te,
l'affidarmi alle tue mani, senza misura,
con infinita fiducia:
perché Tu sei mio Padre!
Amen"

Ma qual è la preghiera vera e che cosa significa pregare ?

Una caratteristica della preghiera vera è dunque l’intimità. La preghiera è “avvicinarsi” a Dio, colloquiare con Lui a cuore a cuore… In realtà Dio è sempre vicino a noi, ma noi non sempre siamo vicino a Lui. La preghiera, invece, scaturisce dalla vicinanza. * «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto»
Non si tratta di semplici ripetizioni dello stesso concetto! Una caratteristica importante della preghiera è quella di essere dinamica, in movimento.
Chiedete….. (per es.) un indirizzo e vi sarà dato.
Cercate mettendovi in cammino per arrivarci e lo troverete.
Bussate alla porta che corrisponde a quell’indirizzo che avete trovato e vi sarà aperto.
Essendo espressione di una relazione tra persone, la preghiera è un cammino graduale.
La preghiera non è un interruttore che accendi o spegni. Non è un barman al quali ordini un’aranciata. Non è un gettone per il distributore automatico di miracoli… «Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto» [ Vangelo ]
Non ci sono condizioni (es. “se avrete fatto così e così... se ve lo sarete meritato...” ecc.). La risposta alla preghiera è garantita. La preghiera mette “chiunque” la eserciti, in relazione con Dio, e dispone Dio ad aprire il suo cuore per accoglierci così come siamo. “L’influenza della preghiera sullo spirito e sul corpo è dimostrabile quanto la secrezione ghiandolare” (Alexis Carrel, premio Nobel per la fisiologia). “La preghiera può cambiare la tua vita in qualunque momento, in qualunque situazione ti trovi, a qualunque età” (William Parker, psicologo).
Un’altra caratteristica della preghiera è questa: l’intercessione. Abramo chiede non per se stesso ma per degli estranei che neanche conosce. Il segno di una preghiera matura è quella che scaturisce da un cuore generoso e altruista. Quest’aspetto è molto collegato al Vangelo del buon samaritano di due domeniche fa. Non essere indifferente alle disgrazie degli altri! Non essere egoista, o almeno ama il prossimo tuo come ami te stesso… Chiedi a Dio ciò di cui gli altri hanno più bisogno! Molte volte la nostra preghiera è sterile perché il nostro orizzonte è troppo limitato al nostro io.
Il perdono dei peccati è la richiesta d’intercessione più importante. Questa sì, è condizionata dal nostro comportamento! Chi si ritiene giusto oppure prova rancore verso qualcuno, non può relazionarsi con Dio Amore. La sua preghiera sarà uno sterile monologo. Se sono avvelenato dal risentimento o dal desiderio di vendetta o desidero il male per qualcuno allora sono gravemente ammalato. Devo rendermene conto e gridare a Dio che mi guarisca. Dio solo è giusto. La sua giustizia consiste nell’amore che in Cristo perdona tutte le colpe
La preghiera è insistente confidenza. «Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se dunque voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo…». La fiducia in Dio è l’anima della preghiera. La relazione filiale con Dio è il senso stesso della preghiera.
Il “Padre nostro” non è tanto una formula da recitare ma un modo di intendere e vivere la vita. Il Nome di Dio è santo e il suo regno verrà comunque! …quello che chiedo è che io diventi santo, chiedo cioè che il suo nome sia santificato dalla mia personale vita; chiedo che la sua persona sia visibile nella mia personalità, nel mio modo umano di vivere la divina fraternità. Chiedo che Dio regni nel mio cuore, nella mia mente, nel mio corpo; chiedo di essere anch’io re e non schiavo delle mie passioni o impulsi carnali; chiedo che io possa avere l’onore di contribuire a edificare il regno di Dio sulla terra con la mia vita spesa nell’amore. Chiedo di essere assistito giorno per giorno, di essere dipendente e in relazione con Dio ogni giorno, ma soprattutto chiedo di non avere più di quanto mi è necessario, perché tendo a volere sempre di più e ad attaccarmi alle cose, a perdere di vista il fine per cui sono stato creato… Chiedo per questo motivo di essere nutrito ogni giorno della Sua Parola e del Suo Corpo.
Allora dunque che cos’è esattamente la preghiera? “Esattamente questo è la preghiera: la preghiera è l’occasione per Dio di riversare il suo Spirito d’Amore nel nostro cuore... Ogni minuto trascorso in preghiera viene dall’eternità e vi fa ritorno” (Matta El Meskin, Consigli per la preghiera, ediz. Qiqaion). Ricevere il suo Spirito è avere tutto. Tutto ciò che è buono e può riempire la vita. È ricevere la capacità di essere in tutto come Gesù.
La preghiera allora è gratitudine. La preghiera è certezza dell’intervento di Dio ed esperienza della sua fedeltà. La preghiera è forza. È la leva che solleva il mondo, se il punto di appoggio è Cristo crocifisso e risorto. La preghiera è gioia. La sperimenta chi si relaziona con Dio nella fiducia e nell’umiltà.


Eremo Via vado di sole , L’Aquila, sabato 24 luglio 2010

venerdì 23 luglio 2010

Auto da fè. Francesco Ingravallo di Carlo Emilio Gadda

AUTODAFE’. Una rubrica del blog “osservatoriodiconfine”

Rileggevo Auto da fè di Elias Canetti nei primi mesi di quest’anno quando mi sono imbattuto in un volumetto pubblicato da Minimum fax di Fabio Stassi dal titolo quasi insignificante “Holden , Lolita e gli altri”. Sembrava una strana compagnia in cui gli ” altri “ aveva un peso strano e significavano possibilità di fantasticare, di sognare. Ma chi potevano essere gli altri ?Si capiva subito che gli altri erano quelli di una piccola enciclopedia di personaggi letterari. Quindi quasi un album di famiglia.
Una famiglia che già Gesualdo Bufalino nel 1982 per Il Saggiatore aveva raccolto nel Dizionario dei personaggi di romanzo .Da Don Chisciotte all’Innominato .
Mi colpiva l’abbinamento di questo album di famiglia con una riflessione dello stesso Canetti :


"Un giorno mi venne in mente che il mondo non si può più raffigurare come nei romanzi di un tempo, per così dire dal punto di vista di un unico scrittore, il mondo era andato in pezzi, e solo se si aveva il coraggio di mostrarlo nella sua frammentazione era ancora possibile dare ad esso un'immagine veritiera [...] bisognava escogitare con grandissimo rigore dei personaggi estremi, come quelli di cui in effetti il mondo era fatto, e questi individui bisognava rappresentarli in tutti i loro eccessi, uno accanto all'altro e ognuno separato dall'altro".

Ovvero pensavo che forse allora ogni individuo raffigura perciò, patologicamente, l'esito di questa parcellizzazione della realtà, che di per sé non esiste più: ciò che rimane sono solamente brandelli che tentano di imporre la propria parzialità come assoluta e totalizzante.

E per questo mi colpiva quel suo bibliofilo Kien .


Perché se Il fuoco è la cifra stilistica fondamentale di Auto da fè Kien è la materia reale di cui questo fuoco si alimenta. Anche se nella stessa concezione del romanzo Canetti pose inizialmente questa figura del bibliofilo separato dal mondo, topos letterario discretamente diffuso fra la fine dell'ottocento e inizio novecento, e che ha fra i suoi illustri antenati il Wagner goethiano, come il nucleo originario dell'opera. Inizialmente negli appunti di Canetti veniva designato con Der Büchermensch (l'uomo dei libri), per poi divenire Brand (incendio) e infine (dopo scartato il titolo provvisorio di Kant prende fuoco), su suggerimento dell'amico Hermann Broch, Kien, che in tedesco significa "legno resinoso", a sottolineare nuovamente l'endemico legame con il fuoco.

Il titolo tedesco Die Blendung come scrive Ulrico Veneziani ,provocò imbarazzi nei traduttori e nei recensori, al punto che, sotto la supervisione dell'autore, furono scelti dei titoli differenti per le varie traduzioni: le tre soluzioni adottate appaiono sintomaticamente rappresentative di quell'accecamento che Canetti intese inscenare: il tema del fuoco e del sacrificio (Auto da fé, in Italia, Francia e Inghilterra), dell'immolazione della vittima (Het martyrium, in Olanda) e quello dell'arresto e della labilità della comunicazione ( The Tower of Babel, negli Stati Uniti). La summa finale di queste istanze si condensa nelle sconcertanti ultime pagine caratterizzate dal colore rosso delle fiamme incipienti (e dallo strano ritorno del numero sei: il numero di mesi della lontananza di Therese, le volte in cui legge una pagina, il piano del Theresianum e il gradino della scala della biblioteca) e dominate dal delirio di Kien, di cui rimane un'ultima, blendende, immagine.


L’Auto da fè di Canetti romanzo uscito nel 1935 come scrive Claudio Magris (Corriere della Sera 19 luglio 2005) è in sostanza


“…una gelida e inesorabile parabola della malattia mortale contemporanea, del delirio che sconvolge la ragione del secolo o meglio della ragione divenuta essa stessa delirio. Auto da fé è la grottesca odissea dell' intelligenza che, per paura della vita, si trincera contro di essa, si costruisce una corazza e infine si distrugge perché si è trasformata tutta in una corazza, che schiaccia l' esistenza. Il romanzo ritrae, con perfetta coerenza stilistica e straordinaria potenza poetica, un mondo follemente caotico e prosciugato di ogni desiderio, in cui la paranoia impedisce agli uomini di proiettare i loro affetti sulle cose. L' io, l' autore scompare; è come se nessuno guardasse e ordinasse le cose, che assumono una stravolta disumanità, in una disperata mancanza d' amore che fa sentire, per contrasto, la necessità dell' amore. La fine o abolizione del soggetto, tante volte proclamata dalle avanguardie letterarie, raramente è stata realizzata con altrettanta radicalità come in quest' opera, da cui irradia il gelo della follia o meglio di una realtà non più contemplata e percepita dall' uomo, nella quale l' umano è quasi sparito. Vienna, la Vienna quale basso ventre della storia e la Vienna dei furori morali di Karl Kraus, è stata per Canetti il teatro del mondo di quell' apocalisse. Auto da fé ha la sgradevolezza dei grandi libri, che non concedono nulla, non ammorbidiscono l' angoscia e la morte, non smussano alcuno spigolo e colpiscono come un pugno; è uno dei più grandi libri scritti sulla demonia del Novecento e della vita, da un autore che deve essersi trovato sul ciglio di quell' abisso, prossimo al gorgo di quel delirio. (...)

Per questa rubrica Auto da fè è una zona di confine perché mi ha fatto ricordare il mio pendolarismo tra L’Aquila e Sulmona quasi sempre su una littorina del treno della linea Sulmona L’Aquila Rieti Terni . Viaggi di andata e ritorno prima da Sulmona a L’Aquila quando appunto ,vivendo a Sulmona mi dovevo recare quotidianamente a lavorare a L’Aquila ,negli anni 1976-1980 . E poi da L’Aquila a Sulmona , quando mi sono trasferito a L’Aquila ,ma non ho potuto e voluto abbandonare Sulmona dove ho conservato casa e affetti e memorie e amore con viaggi al sabato pomeriggio e poi la mattina presto del lunedì negli anni dal 1999 al 2007.
Durante quei viaggi in punta di matita sono comparsi dalle innumerevoli letture personaggi da romanzo che voglio appunto presentare in questa rubrica. Non un antologia ma un vero album di famiglia. . Ed è proprio in questo senso che mi sento contiguo all’esperienza di Fabio Stassi che nell’introduzione a quel suo volumetto che prima citavo scrive: “ Quando ho cominciato a viaggiare su una linea lenta e annosa , la mattina presto e poi al ritorno, di pomeriggio o sera,ancora non sapevo quale insolita compagnia avrei avuto. Il pendolarismo è una misura di viaggio e di sedentarietà , e a lungo sfianca. E’ una zona di confine dove non si è mai veramente da nessuna parte. Per non sprecare le ore , non ho trovato di meglio che affidarmi interamente ai libri…”

E allora ecco il primo Auto da fè

Auto da fè : Francesco Ingravallo di Carlo Emilio Gadda

“Per tutti sono don Ciccio , il commissario : un mozzicone di sigaretta spento in un angolo della bocca , capellatura nera e crespata,accento molisano , il bavero imbrattato da uno o due schizzi d’olio , la camminata caracollante e una maniera sempre assonnacchiata , di chi a lungo ragiona con se stesso.
A trentacinque anni si può dire che abbia frequentato a sufficienza gli umani commerci per trarne speculazioni amare e senza speranza. Perché questo è il mio vizio : L’ulcera della filosofia ,ratificare in ogni scellerata evenienza l’assillo di una tesi : che anche ciò che appare inopinato abbia infiniti principi e non una sola cagione. Sia pure un furto di gioielli in un palazzo romano. Investigatura inesorabilmente votata alla sconfitta e alla malattia del guasto pasticcio di motivi e intenzioni che è il mondo e che nemmeno chi è ubiquo ai casi come me potrà sgomitolare. “

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, 1946

Eremo Via vado di sole L’Aquila, venerdì 23 luglio 2010

mercoledì 21 luglio 2010

DI GIORNO IN GIORNO . Versi d'altri e altri versi :Gabriella Fantato

DI GIORNO IN GIORNO . Versi d’altri ed altri versi : Gabriella Fantato

Incontro la mattina presto

era sul ciglio della strada
la donna in guanti giallo girasole
che non faceva caldo
e poi non c’era il freddo dell’inverno
e lei non aveva altro che le mani
a dire tutta la sua storia
e i giorni non contati, i no taciuti
e i tanti detti o forse mai, chissà
…………………………………..
se li portava dentro tutto curvo
quel suo sacco di giorni,
d’anni e di vestiti addosso
in linee e cerchi a volte,
tra l’azzurro-grigio dei capelli
tra le crepe alte delle guance
e il bianco delle ciglia sparpagliate
(le labbra erano una riga sottile,
appena appena rossa ,lieve
a separare silenzi e voci ,
quasi un ponte tra l’oggi e quel lungo prima
che s’è scordato già e poi l’ha perduto)

veniva in avanti con mille suoi racconti
tra le dita strette, contratte forte
dall’artrite prese , aggrappate ai sogni
di lei bambina che chiedeva
-ancora un po’, un po’ soltanto
prima d’andare via !-
e sperava non fosse lunedì,
che a scuola s’annoiava
ancora come il primo giorno ancora

è andata via con i suoi guanti gialli
col latte sottobraccio,
nell’azzurro smorto milanese
che ha chiuso il suo passare
come per caso con la borsa stretta
(a perdifiato intanto il mondo ,
senza più sapere senza mai aspettare )
e quel sognare era un po’
come partire fare capolino
………………………………
e come nulla fosse s’è voltata piano
non mi guardava (forse sì chissà!)
rideva appena non si sa a chi

Da Fugando Book editore Castel Maggiore 1996

Eremo Via vado di sole , L’Aquila

lunedì 19 luglio 2010

SETTIMO GIORNO :Marta Marta tu ti affanni

SETTIMO GIORNO :Marta Marta tu ti affanni


“ Marta Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose ,ma di una cosa sola c’è bisogno.Maria ha scelto loa parte migliore,che non le sarà tolta” (Luca 10,38-429
A fermarci a queste espressioni si potrebbe pensare che l’ affermazione di Gesù Cristo nella casa di Marta e Maria voglia creare una netta separazione tra la vita attiva e la vita contemplativa, dando la preferenza a quest’ultima. In realtà il senso dell’esortazione di Cristo è diverso, anzi tende a legare indissolubilmente di due momenti della vita perché appunto l’azione, per avere un senso e per raggiungere l’obiettivo ,deve essere permeata proprio dall’ascolto della parola. Deve essere sorretta e indirizzata da quella disposizione dell’animo e del cuore che si mette in costante ascolto , che realizza attraverso questa disponibilità l’esperienza più alta della preghiera che è poi in definitiva questo costante colloquio con Dio. Pregare non è solo aprire la bocca per recitare le formule della liturgia ma è soprattutto quell’attento ascolto della parola del Signore che solo nel silenzio del cuore riesce a farsi ascoltare.

Mettere dunque assieme all’azione l’ascolto della parola permette di cercare meno le cose di Dio e più Dio stesso. Lo dirà Gesù Cristo :”Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano ( Luca 11,28).
Scrive Enzo Bianchi priore di Bose :”Sì, Marta e Maria abitano in noi in modo quasi inseparabile. Spesso è Marta che prevale, che si affaccia per prima, spingendoci a correre incontro a Gesù – e agli altri, in cui egli è presente (cf. Mt 25,31-46) –, ad accoglierlo anche festosamente, ma ponendo in primo piano il nostro attivismo, senza metterci realmente al suo servizio… Maria invece sonnecchia nelle nostre profondità: per lasciarla emergere occorre morire al proprio egoismo e risorgere nell’atteggiamento di chi si pone ai piedi di Gesù per ascoltare con un cuore unificato la sua parola. Solo così potremo fare ogni cosa bene e saremo beati, secondo la promessa di Gesù: «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 11,28). Non dimentichiamo dunque l’invito del Signore: «Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).
Ma è solo stando in ascolto della sua Parola possiamo divenire annunziatori del suo messaggio salvifico ed essere noi stessi presenza di Cristo per quanti incontriamo in modo che tutti divengano perfetti in lui.
Infatti dice l’apostolo Paolo ai Colossesi ( 1, 24-28) “fratelli sono lieto nelle sofferenze che sopporto per noi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. E lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.”

Il brano del Vangelo di Luca (!0,38-42) si lega al brano della Genesi (18,1-10) che narra la visita ad Abramo da parte di tre sconosciuti e dell’annuncio del sono di una conoscenza perché in entrambi i brani noi troviamo un Dio che cammina nella storia e si fa compagno di strada dell’uomo e allo stesso tempo pone anche la’ccento sull’accoglienza da parte dell’uomo di questo Dio pellegrino .
Scrive Don Marco Pratesi :“Il brano della Genesi ci racconta di un Dio che viene ad incontrarsi con l'uomo per portargli una buona notizia che trasfigura la sua vita, offrendoci una serie di spunti per riflettere sulle modalità dell'incontro tra Dio e l'uomo.
Prima di tutto, l'incontro è iniziativa di Dio. Abramo è semplicemente seduto all'ingresso della sua tenda, per di più nell'ora calda del giorno, quando le attività sono ridotte. Egli è seduto, e alzando gli occhi vede tre uomini in piedi davanti a lui: non ha potuto progettare niente, neanche accorgersi del loro arrivo, essi sono semplicemente lì.

A questo punto, però, è richiesta la sua risposta, che è fatta in primo luogo di sollecitudine. Il racconto, a partire dal fatto che non appena li vide corse loro incontro, presenta una serie di espressioni che sottolineano la prontezza e la premura di Abramo: quando Dio passa non si può rimandare, bisogna lasciar perdere il resto.
Inoltre Abramo prega, e con una preghiera molto bella, che ciascuno deve far propria: "Mio Signore, non passare oltre senza fermarti da me"! Egli invoca l'incontro, chiede un passaggio che non sia una semplice vicinanza esteriore, ma una profonda presa di contatto.
Abramo quindi si dà da fare per offrire ai tre una ricca ospitalità, mette a loro disposizione quanto ha; e una volta approntato il pasto, rimane in piedi in silenzio, in atteggiamento di servizio.
Finalmente Dio riprende l'iniziativa: annunzia la buona notizia della maternità di Sara alla quale, ardentemente desiderata, si era oramai rinunziato.

La nostra vita è luogo del passaggio di Dio. Un incontro che non possiamo costruirci, che non dobbiamo inventarci, al quale dobbiamo però disporci e che dobbiamo invocare con perseveranza.
Ogni visita di Dio ci apre il mistero della nostra esistenza, svelandoci ciò che è - oltre ogni ragionevole speranza - il nostro più intimo desiderio. Esso, che giace nascosto nel profondo del nostro essere, non riconosciuto e addirittura temuto, emerge adesso alla luce richiamato, come Lazzaro dal sepolcro, dalla promessa dei Tre. Al loro passaggio stilla l'abbondanza, la vita fiorisce, tutto canta e grida di gioia (cf. Sal 65,12-14). E come la gioia di Abramo e Sara non è per loro soli (moltitudini ne avranno benedizione), così la nostra realizzazione non è più in concorrenza ma in accordo con quella degli altri, non più antagonisti ma compagni.
Dobbiamo coltivare la consapevolezza della preziosità di questo dono: Dio non può manifestarsi laddove non c'è supremo interesse per lui, dove c'è distrazione e negligenza, dove non ci si affretta - come Zaccheo - ad accoglierlo (cf. Lc 19,6).
Dobbiamo mettere a disposizione di Dio quanto abbiamo, accoglierlo con un atteggiamento oblativo. Non perché egli abbia bisogno delle nostre cose: Dio non può visitarci laddove lo si cerca in modo egocentrico e strumentale, rimanendo centrati sul proprio io e chiusi al servizio. "Ci ha domandato di dare a lui, perché lui potesse dare a noi molto di più", dice Efrem il Siro.
Questa sia davvero la preghiera di ogni giorno, di ogni eucaristia: "Signore, non passare senza fermarti!".

Eremo Via vado di sole ,L’Aquila, lunedì 19 luglio 2010

sabato 17 luglio 2010

CAMERA OSCURA : Scanno 1957 di Mario Giacomelli

CAMERA OSCURA: Scanno 1957 di Mario Giacomelli

Che ne è della fotografia trasformata dalla svolta digitale in simulacro, illustrazione malleabile e infedele? Senza più analogia con il mondo reale quando parliamo di fotografia di che cosa parliamo ?E’ il tema di un libro di Luigi Ghirri, Lezioni di fotografia edito da Quodlibet e curato da Giulio Bizzarri e Paolo Barbaro. Lo presenta Michele Smargiassi su La Repubblica di venerdì 4 giugno 2010 scrivendo : “ Questo libro è il documento di una doppia , dolorosa crisi fatale nella storia dell’immagine ottica ,la fine della fotografia come oggetto intellettuale e la fine del fotografo come intellettuale . Una fine a tradimento ,una sincope che colpì proprio nel momento più felice . Quando Ghiri salì in cattedra era il momento in cui tutto poteva accadere ma nessuno se ne accorgeva. Neanche lui. La fotografia era già avviata sulla strada digitale. Ghirri ne accennava quasi di sfuggita, per lui non era importante che la pellicola lasciasse prima o poi posto ai pixel e aveva ragione perché non sarebbe cambiato granchè se di lì a poco non avesse fatto irruzione l’uragano che rase al suolo l’intero sistema di circolazione delle immagini per sostituirlo con un altro, cioè l’uragano Internet.(…)”


“Per Ghirri la fotografia era un lavoro del pensiero come la filosofia e la poesia” - scrive di lui Gianni Celati e la fotografia è quindi è un modo che ha l’uomo di guardare il mondo e non la tecnica per farlo .
Ho colto queste riga di Smargiassi e Celati di presentazione di un grande maestro contemporaneo per introdurre una riflessione sulla fotografia e su alcuni fotografi d’altri tempi . Ho avuto l’opportunità di rintracciare delle opere di fotografi abruzzesi in bianco e nero e in particolare di dieci fotografi di Sulmona . Le foto di quest’ultimi furono collezionate e catalogate da Giuseppe Di Tommaso che ho conosciuto personalmente. A Sulmona infatti Di Tommaso raccolse gli archivi di alcuni studi fotografici fine Ottocento e Novecento e ne pubblicò le opere già in Sulmona nell’Ottocento, Sulmona nel Novecento e Sulmona Ieri.
Di Tommaso aveva una particolare predilezione per la ricerca, la valorizzazione di vecchie immagini della città ma anche il gusto antropologico di catalogazione di tante altre immagini che ritraggono la gente e la vita di Sulmona nella sua quotidianità in alcuni tempi ormai lontani.
uindi questa “CAMERA OSCURA “ vuole essere dunque l’avvio di una riflessione sulla fotografia , sulla sua estetica, sulla sua funzione e sul suo senso ieri oggi e vuole appunto presentare opere di alcuni fotografi.
Ho pensato allora di iniziare proprio con un un grande fotografo e le immagini di un paese . Mario Giacomelli le cui immagine che trasferiscono uomini e cose su un palcoscenico di una rappresentazione tragica appaiono bruciate, supercontrastate , mosse e bruciate.
Non è un professionista ma è il fotografo italiano più conosciuto nel mondo. E non a caso ho voluto proprio far riferimento a immagini di Scanno 1957. Egli non soggiace alla novità,non segue la moda .

“Spinto da una profonda necessità di percepire la realtà e di raccontare la vita , come scrive Bruno Simoncelli, crea immagini sorprendenti per fantasia e inventiva, disegna con uno stile personalissimo quello che vede , soggettiva i volti della gente,la vita di ogni giorno, l’umanità dolente , con la’usilio della semplice macchina fotografica e dell’intelligenza creativa congiunta a un sentimento lirico fra i più genuini che ci è dato conoscere”.
Giacomelli deve la notorietà a sequenze fotografiche come “Vita d’ospizio”, “Lourdes”, “Mattatoio”, “Pretini” , “La buona terra”,”Taglio d’albero “ , “ Paesaggi “ quest’ultimi essenziali e drammatici dando sempre emozioni.

Il reportage “Scanno” eseguito alla fine degli anni Cinquanta lo pose all’attenzione di critici e pubblico colto. Si vede un paese violato, smontato e ricostruito dall’occhio meccanico di Giacomelli .
Di questa esperienza Giacomelli racconta:” (Sono andato a Scanno) perché avevo voglia di fare cose diverse da quelle che facevo allora e perché a Scanno sono andati tutti i fotografi del mondo. E’ stata un’esperienza meravigliosa perché proprio a Scanno è nata l’idea di usare la tecnica del bruciato , procedimento di cui sono fiero. Odio le immagini che rimangono così come la macchina levede .Riprendere un soggetto senza però modificare niente è come avere sprecato tempo (…) tutto ciò che per me è stato godimento fotografico nasce a Scanno. La prima volta veniva da Pescara. Una volta arrivato sono sceso dall’automobile a precipizio e mi sono anche fatto male, emozionato com’ero nel vedere per la prima volta queste figure nere , le mucche nere, le galline Tutte a spasso per il corso.”




Si conservano foto di Scanno opere di Giacomelli nel Museo d’Arte moderna di New York e al Museo della Virginia, in America. In Europa sono al Museo Puskin a Mosca .
Continua Giacomelli “ Le prime foto che mi sono state richieste dal Museo Niepce3 di Parigi , sono state quelle di Scanno.”
A Bruno Simoncelli che gli chiedeva se di Scanno avesse qualche particolare ricordo Giacomelli risponde così: “ Stavo fotografando su una strada bianca. Con me come al solito c’erano mucche e galline . Ad un certo punto mi sento spingere in avanti. Mi volto di scatto, infastidito. Era una mucca. Col naso mi aveva bagnato le spalle. Forse mi dimostrava amicizia. Per me era una cosa bella vedere questa “ famiglia” di uomini, donne, mucche e galline. Le donne sedute fuori. Il postino che sulla strada distribuisce le lettere . Di cose accaduto ieri non ricordo nulla. Di Scanno ricordo tutto. Ho avuto con la gente di Scanno rapporti molto brevi ma per me molto lunghi. Ho parlato spesso con la donna che mi preparava il pasto. Il vero rapporto umano non è stato quello temporale con la gente , perché la gente la sentivi anche dentro le tasche, , nel senso che la sentivi amica. Per strada nessuno mi salutava ma per me era come se tutti mi salutassero.Forse qualcuno mi
guardava con diffidenza, ma alla fine , mi si avvicinava e mi chiedeva “ Jamme ritrattame”.La mia foto più conosciuta è quella del bambino. Se non l’avessi scattata nessuno avrebbe parlato di me. Era di domenica mattina e aspettavo la gente che usciva da messa. Avevo scelto il posto giusto. Volevo tra quelle donne una figura magra, molto magra ,molto alta con un mazzo di fiori in braccio. Tutte le donne erano uscite ma la magra non c’era. Scatto qualche foto a caso Ad un tratto nel voltarmi , vedo un bambino come se qualcuno lo avesse gettato lì. Lo vedevo nel mirino al centro dell’immagine .Intorno donne in nero . Ho scattato.”

Anche Henry Cartier Bresson si è trattenuto a Scanno per sei mesi e ha fatto un celebre servizio su questo paese. Mentre le foto di Bresson sono stampate da un laboratorio di Parigi quelle di Giacomelli sono sviluppate e stampate in una “camera oscura “ personale . Infatti afferma “le voglio mal stampare con i neri chiusi , ma non troppo, i bianchi mangiati ,ma non troppo secondo una mia personale interpretazione, secondo il mio stato d’animo. Se i rullini di Scanno li avessi affidati ad estranei avrei buttato via il mio lavoro perché voleva negativi e stampe “ sbagliate “.
Foto sbagliate fatte tutte rigorosamente con la Kobell una macchina fotografica che Giacomelli non esita dire che “fa parte della mia famiglia, una cosa cara . Se portassi a casa un’altra macchina sono convinto che lei si dispiacerebbe e forse non funzionerebbe più. Starà con me finchè non ce la farà più”.





Eremo Via vado di sole, L’Aquila sabato 17 luglio 2010








"In fondo fotografare è come scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. E’ un linguaggio sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si comincia ad amarlo, a fotografarlo."
Mario Giacomelli

venerdì 16 luglio 2010

LA LUNA DEI LUNATICI . La luna di Giovanni Pascoli

LA LUNA DEI LUNATICI . La luna di Giovanni Pascoli

L’ASSIUOLO
Dov’era la luna? chè del cielo
notava in un’alba di perla ,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi :
chiù
(da Myricae)


IL PONTE
La glauca luna lista l’orizzonte
e scopre i campi nella notte occulti
e il fiume errante. In suono di singulti
l’onda si rompe al solitario ponte :
Dove il mar, che lo chiama? E dove il fonte,
ch’esita mormorando tra i virgulti ?
Il fiume va con lucidi sussulti
al mare ignoto dall’ignoto monte.
Spunta la luna : a lei sorgono intenti
Gli alti cipressi dalla spiaggia triste ,
movendo insieme come un pio sussurro.
Sostano, biancheggiando, le fluenti
nubi, a lei volte, che salìan non viste
le infinite scalee del tempio azzurro.
(Da Myricae)

PAESE NOTTURNO
Capanne e stolli e alberi alla luna
sono,od un tempio dell’antico Anubi,
fosca rovina? Stampano una bruna
orma le nubi
su la campagna, e più profonda e piena
la notte preme le macerie strane ,
chiuse allo sguardo, dove alla catena
uggiola un cane.
Ecco la falce d’oro all’orizzonte :
due nere guglie a man a ma dipinge ,
indi non so che candido. Una fronte bianca
di sfinge ?
(da Myricae)


Eremo Via vado di sole , L’Aquila venerdì 16 luglio 2010

martedì 13 luglio 2010

CANZONIERE : Italia bella....

CANZONIERE Italia bella…

Italia bella, mostrati gentile

Italia bella,mostrati gentile
E i figli tuoi non li abbandonare,
sennò ne vanno tutti ni’ Brasile
e ‘un si ricordon più di ritornare,

Ancor qua ci sarebbe da lavorà
Senza stà in America a emigrà.

Il secolo presente qui ci lascia ,
il millenovecento s’avvicina;
la fame ci han dipinto sulla faccia .
e per guarilla ‘un ce la medicina .

Ogni po’ noi si sente dire : E vo
là dov’è la raccolta del caffè.

L’operaio non lavora
e la fame lo divora
e qui’ braccianti
‘un san come si fa a andare avanti .
Spererem ni’ novecento,
finirà questo tormento ,
ma questo è il guaio ;
il peggio tocca sempre all’operaio.

Non ci rimane più che preti e frati,
moniche di convento e cappuccini ,
e certi commercianti disperati ,
di tasse non conoscono i confini.

Verrà un dì che anche loro dovran partì
là dov’è la raccolta del caffè.

Ragazze che cercavano marito
vedan partire il loro fidanzato
vedan partir il loro fidanzato
e loro restan qui co’ l’ sor curato.

Verrà un dì….

Le case restan tutte spigionate,
l’affittuari perdan l’affitto ,
e i topi fanno lunghe passeggiate ,
vivan tranquilli con tutti i diritti

Verrà un dì…

(Stornelli popolari sull’emigrazione di fine secolo raccolti in Casentino da Caterina Bueno nel 1965 a Stia in osteria e al castello Porciano dalla voce di Principio Michele L’informatore li conosceva già da molti anni come “Stornelli alla Leggera”. Il testo è pubblicato nelle note di copertina del LP di Caterina Bueno Eran tre falciatori . )


Trenta giorni di nave a vapore

Trenta giorni di nave a vapore,
fino in America noi siamo arrivati
fino in America noi siamo arrivati;
abbiam trovato né paglia né fieno ,
abbiam dormito sul nudo e terreno,
come le bestie abbiam riposà.

E l’America l’è lunga e l’è larga ,
l’è circondata dai monti e dai piani
e con l’industria dei nostri italiani
abbiam formato paesi e città,
e con l’industria dei nostri italiani
abbiam formato paesi e città.

(Raccolta a Mercenasco (Torino) nel 1963 da Roberto Leydi che l’ha pubblicata ( parole e musica) nel volume I canti popolari italiani. ).


Eremo Via vado di sole , L’Aquila

lunedì 12 luglio 2010

BIBLIOFOLLIA : Non solo per scherzo

BIBLIOFOLLIA : Non solo per scherzo

Mark Twain in una strampalata novella racconta di essere entrato nella bottega del suo libraio di New York e di avergli domandato se era vero che egli accordava un certo sconto ai soci di una associazione a cui Twain apparteneva. E, avita risposta affermativa, seguitò domandandogli di altre quattro associazioni o istituzioni , di cui pure egli faceva parte e che avevano diritto ad altrettanti sconti. E il libraio regolarmente assentiva. E allora lo scrittore continuò:
- Sta tutto bene, ma io poi non sono il primo venuto, io sono Mark Twain ; non avrò io diritto ad un piccolo trattamento di favore?-
-E’ più che giusto, Signor Twain, sappiamo il nostro dovere.-
- Ma Voi dimenticate chìio sono vostro antico ed assiduo avventore: dovreste solo per questo darmi un piccolo soprasconto.-
- Anche questo è giusto Signor Twain.-
- E allora io prendo questo volume (era un volume di due dollari, prezzo avanti guerra); fatemi il conto di quanto vi devo.-
-E’ fatto Signor Twain . Prenda pure il libro sono io che devo rifarle 12 cent-.

Un pastore anglicano di campagna, avendo composto un sermone che aveva riscosso molti applausi nella sua parrocchia, pensò di stamparlo. Andò a Londra da noto tipografo Bowyer. Questi accolse cortesemente il nuovo cliente , s’intese con lui sul formato e sui caratteri e quindi chiese quante copie desiderava stampare. Il bravo pastore rispose tranquillamente che essendoci in Inghilterra più di 10.000 parrocchie e contando che ognuna di esse ne avrebbe comprato almeno un esemplare ma qualcuna più di uno si potevano stampare 30-35 mila copie. Lo stampatore sorrise a fior di labbra e annuì. Qualche mese dopo , avendo l’autore chiesto l’esito della vendita vide con terrore giungere un estratto conto che gli chiedeva di pagare il suo debito di 875 sterline per spese di stampa delle 35 mila copie del sermone e il compenso di 5 sterline per la vendita di 17 copie del sermone medesimo. Il povero pastore passò una brutta notte . Ma la mattina successiva si vide recapitare una lettera che diceva:” Caro signore, vi chiedo perdono dell’innocente scherzo che mi sono permesso di farvi. Io conoscevo meglio di voi qual’erano le possibilità di vendere le copie del vostro sermone per cui al posto delle 35 mila richieste ne ho stampate soltanto cinquanta copie. Del cui modesto prezzo ricavato mi permetto di farvi dono per farmi perdonare della libertà che mi sono presa.”


(Da Aneddoti bibliografici raccolti da Giuseppe Fumagalli , Casa Editrice Bietti, Milano, 1933)


Eremo Via Vado di sole, L’Aquila lunedì 12 Luglio 2010