sabato 29 giugno 2013

VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : Massimiliano Damaggio



VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : Massimiliano Damaggio




E’ molto il dolore, eio poco

E’ molto il dolore, e io poco.
Apro la porta: vado a lavorare
il dolore, con le mani. E’ molta
la sgrammatica negli uomini
e gli uomini sono molti, uno
alla catena del carrello, due
affittati per la stagione, tre
ancora stanno, sfitti.
E riemergono, delusi
dalle macerie quotidiane
masticando gli scontrini.
E’ moltissima, la necrosi
nella scatola di cartone
dove dormono gli involuti.
Dalle mani appese, pende
il calore, che evapora
un dito dopo l’altro
fin quando il polso cade
e dal buco nell’asfalto
germoglia, tiepido, un rancore.

Per questo fabbrico versi inversi
tanto avversi alla letteratura.
Come la carezza energumena
di chi non sa dosare la forza.
Come il cane che per troppo amore
divorò la faccia del bambino.


Madre

Non è corretto
e non è poesia
raccogliere un dolore
per scrivere parole
se te ne stai piegata in due dentro la stanza
al primo piano della casa abbandonata
mentre urli, verso il cane muto
che scappa, e cade per le scale, e si nasconde:
nel buio senza dimensioni, ascolta
il latrare del tuo male
che sfonda il tetto.


Massimiliano Damaggio, 1969. A 23 anni rappresentala città di Milano alla “VII biennale dei giovani artisti dell’Europa e delMediterraneo”, selezionato da Giancarlo Majorino. Su invito dello stessoMajorino partecipa, fra il ’94 e il ’99 a diverse manifestazioni/letture. Nel’99 abbandona sia l’Italia che il mondo letterario e si trasferisce in Greciadove, a più riprese, vive fino al 2013. Pubblica “Poesia come pietra” nel 2011,con prefazione di Carlo Bordini. “Poesia come pietra”, finalista al premioCarver 2012 e incluso nell’antologia “Punto. Poesia italiana 2013”, con una nota di ManuelCohen. È di prossima pubblicazione in Francia. Varie poesie sono statepubblicate in internet e su riviste cartacee in Italia, Francia, Grecia eCipro. Collabora come traduttore dal greco e dal brasiliano con i siti RebStein e Versante Ripido. 

Eremo Rocca S.Stefano  sabato 29 giugno 2013






STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Le strade bianche


STORIE E VOCI DAL SILENZIO :  Le strade bianche



“… Quelli erano tempi in cui dallacampagna doveva venire tutto quello che occorreva  alla numerosa famiglia per l’interoanno:  il grano, il latte, il maiale e legalline,  le patate e le verdure. Tuttosi produceva nei campi  e nulla sicomprava in città.
     La vigna, che richiedeva   fatica e  cura continua, alla fine dell’anno consentiva di bere quel vino a cui si attribuiva ilpotere di  sprigionare la forzanecessaria per il duro lavoro che i contadini allora svolgevano anche  la domenica e le altre feste comandate.
     Quell’estate Carlo ritornò, dopotanti anni, nella vecchia casa di campagna. Nell’ala ormai abbandonata al pianoterra,c’era ancora la grande cucina, il monumentale camino diroccato e, accostato auna parete, il vecchio tavolo lungo quasi sette metri che poteva ospitare ancheventi persone.
     Prendeva la brace con le mani ilnonno per accendere la  pipa e aspiravaprofondamente prima di raccontare ai nipoti le storie della sua gioventù. Nonsi sentiva più  intorno l’odore del fumoche emanava il grande vecchio, sempre seduto accanto al camino a raccontare leavventure dell’altro secolo. Solo cenere sparsa sul pavimento della grandecucina. Come la cenere che copriva i suoi ricordi d’infanzia, che a poco a pocostavano tornando alla luce.
Ricordò nonna Potenza che di quellostanzone era la padrona assoluta.  Lìpreparava  i pasti  per la grande famiglia. Quello era il luogo dove tutto veniva  deciso: le semine e i raccolti (quasi sempreera lei a dire l’ultima parola), cosa conservare per l’inverno e quandomacellare il maiale. Quest’ ultima incombenza toccava al suo papà Panfilo, cheera un vero maestro nel  dividere leparti del maiale per farne salsicce, salami e prosciutti. Dopo averlesezionate,  le ricopriva interamente disale e, nei giorni successivi, prima di appenderle ad asciugare nella freddacantina, le insaporiva con spezie di ogni tipo,
Quanto erano buone  le pancette arrotolate! Carlo ricordavaancora il sapore del pepe e delle foglie di lauro con cui il padre leconservava e l’odore fragrante che sprigionavano quando   le tagliava e le distribuiva a tutta la famiglia che le mangiava col pane buono della nonna. 
Sul lato  sud della grande casa c’era un terrazzo ampiodal quale si accedeva al fienile, un labirinto infinito dove i bambinigiocavano a nascondino. Su questo terrazzo, nelle giornate di sole, la mammametteva a scaldare l’acqua in un caldaio di rame,  in cui i fratellini, uno alla volta, facevano il bagno.              
     Quanto tempo era passato, pensava Carlo.Quei luoghi non era più tornato a vederli e non aveva mai voluto ridestarli nel ricordo…”

Carlo Angelone Le stradebianche BookSprint Edizioni © 2013

Eremo Rocca S.Stefano sabato29 giugno 2013




giovedì 20 giugno 2013


CONFINI  :  L’infinitoviaggiare

Prima prova maturità 2013,Claudio Magris, scrittore contemporaneo e germanista, fa il suo esordio nelprimo giorno dell'esame di Stato 2013. Ecco come svolgere l'analisi del testosulla prefazione de "l'Infinito Viaggiare".
Claudio Magris, dalla Prefazione diL’infinito viaggiare,Mondadori, Milano 2005.
Non c’è viaggio senza che siattraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psi
cologiche, anche quelle invisibiliche separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra lepersone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi.Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà,un’individualità, le danno forma, salvandola così dall’indistinto – ma senzaidolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue.
Saperle flessibili, provvisorie eperiture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; morta li, nelsenso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa dimorte, come lo sono state e lo sono tante volte.
Viaggiare non vuol dire soltantoandare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere
sempre pure dall’altra parte. In VerdeacquaMarisa Madieri, ripercorrendo la storia dell’esodo
degli italiani da Fiume dopo la Seconda guerra mondiale,nel momento della riscossa slava che li costringe ad andarsene, scopre leorigini in parte anche slave della sua famiglia in quel momento vessata daglislavi in qua nto italiana, scopre cioè di appartenere anche a quel mondo da cuisi
sentiva minacciata, che è, almenoparzialmente, pure il suo.
Quando ero un bambino e andavo apasseggiare sul Carso, a Trieste, la frontiera che vedevo, vicinissima, erainvalicabile,– almeno sino alla rottura fra Tito e Stalin e alla normalizzazionedei rapporti fra Italia e Jugoslavia – perché era la Cortina di Ferro, chedivideva il mondo in due. Dietro quella frontiera c’erano insieme l’ignoto e ilnoto. L’ignoto, perché là cominciava l’inaccessibile, sconosciuto, minacci osoimpero di Stalin, il mondo dell’Est, così spesso ignorato, temuto e
disprezzato. Il noto, perchéquelle terre, annesse dalla Jugoslavia alla fine della guerra, avevano fa
tto parte dell’Italia; ci erostato più volte, erano un elemento della mia esistenza. Una stessa realtà erainsieme misteriosa e familiare; quando ci sono tornato per la prima volta, èstato contemporaneamente un viaggio nel noto e nell’ignoto. Ogni vi aggioimplica, più o meno, una consimile esperienza: qualcuno o qualcosa che sembravavicino e ben conosciuto si rivela s
traniero e indecifrabile, oppureun individuo, un paesaggio, una cultura che ritenevamo diversi e alieni simostrano affini e parenti.
Alle genti di una riva quelledella riva opposta sembrano spesso barbare, pericolose e piene di pregiudizinei confronti di chi vive sull’altra sponda. Ma se ci si mette a girare su egiù per un ponte, mescolandosi alle persone che vi transitano e andando da unariva all’altra fino a non sapere più bene da quale parte o in quale paese sisia, si ritrova la benevolenza per se stessi e il piacere del mondo.

Nel testo le “frontiere”vengono paragonate, tramite un'alta poeticità, ad un corpo umano fatto di vitae di sofferenza, ma anche di flessibilità, provvisorietà e morte. Le frontierenon sono un'entità immutabile, ma sono in continua evoluzione: sono creabili erinnovabili come l'esperienza umana, come un instancabile viaggio. Il viaggiareoltre-confine, ci dice Magris, significa “scoprire di essere sempre puredall’altra parte” e che non ci sono “sacrifici di sangue” che reggano o chegiustifichino un nostro sentirci etnicamente migliori. La barriera piùdifficile da abbattere è quella della mente, è capire che ogni differenza, chesia politica, linguistica, sociale, culturale o psicologica, non è altro che uncolore in più nella bellezza variegata del viaggiare, dello scoprire.
Magris fa un discorsoriconducibile a più momenti, un discorso storicamente ampio che si innalza alezione di vita .


Eremo Rocca S.Stefano  giovedì 20 giugno 2013








ARTE FACTUM : Il poetico mondo della Pimpa


ARTE FACTUM  : Il poetico mondo della Pimpa


La Pimpa,la cagnolina a pois rossi dalle lunghe orecchie nata dalla penna di FrancescoTullio Altan nella prima metà degli anni '70 del XX secolo, arriva come cartoneanimato in TV per la prima volta nel 1983 con la regia di Osvaldo Cavandoli evi torna con una seconda serie nel 1997 con la regia del napoletano  Enzo D’Alò
Dalle parole dello stesso Altan,nelle numerose interviste e interventi,  apprendiamo  il significato dell’amicizia per la Pimpa, il suo sguardostupito, fantasioso e meravigliato sulla realtà: lo sguardo dell’infanzia,luogo in cui tutto è possibile.

Il mondo di Pimpa è un mondo generoso, solidale, creativo, dove la cagnolina apois si muove a suo agio, in armonia con esso:  il suo comportamentoesprime una radicale fiducia verso un presente con cui è in comunione fraterna.
Ma anche un mondo poetico in cui la natura si anima e si prodiga secondo i voleri della cagnolina che con suo “cipenso io “ sembra rassicurare il mondo per i problemi che il mondo si pone: nonarriva la primavera perché i semi dormono ancora,  o perché si è gelata la macchina perscongelare le nuvole, oppure  l’omino –autunno che si fa aiutare a dipingere le foglie di giallo, fa merenda conil  formaggio dell’Armando esconsolatamente afferma che è quasi inutile perché il vento le farà cadere.
E poi quendo mondo estraniato , sognante e fuori dal mondo.Dove vive la Pimpacon l’Armando ?Una volta vanno al mare a piedi, poi si distendono vicino ad unfiumiciattolo di montagna e successivamente ammirano la natura docile dellecolline senesi. Di sicuro vivono ad un tiro di schioppo dall’Africa e anchedall’India, dove la cagnetta  va quasiogni giorno, per tornare alla sera dal suo  Armando che le ripete continuamente “ non faretardi “ E poi quel latte bevuto prima di dormire  sa di poetica casalinga tranquillità.

Un mondo dunque dove i cani con le bolle possono parlare eanche le sedie, i tavoli, gli orsi, le palle e le finestre possono parlare,

La Pimpacon la sua poesia sulla quotidianità che diventa però sempre straordinariaperché è quella a misura di innocenza e di infanzia che abbiamo perduto  ci aiuta a  sopravvivere rendendo il mondoun posto migliore e pieno di ogni forma di bontà e generoso altruismo – anche daparte di rettili schifosi, leoni grandissimi e razzi atomici – .Perchèl'infanzia è un territorio neutro, un paradiso dove tutto è possibile, comeandare sulla luna e poi tornare la sera nel proprio lettino. Proprio come faPimpa. Età di lettura.

Spiega Altan in una delle tante interviste . “Il bambino chesbatte contro la sedia e dice che è cattiva, la tratta come un essere umano.Allora ho cercato di coinvolgere anche gli oggetti : il sole, le nuvole,l’acqua, le verdure”. “La caratteristica fondamentale del personaggio”, dicel’autore, “è l’assoluta apertura e disponibilità verso tutto quello che lacirconda”. Da anni i bambini le scrivono, con le domande più assurde (“faginnastica ?”), la invitano alle feste di compleanno, la considerano una diloro. Un’immaginazione infantile combinata ad una pedagogia ironica da adulto.Le storie della Pimpa sono un po’ come delle mini-lezioni semi-serie : peresempio la cagnolina su una rudimentale mongolfiera va in alto sfruttando ilvapore (una legge fisica inconfutabile) ma poi lassù incontra il sole ecomincia a parlargli, perché nei fumetti tutto è permesso, anche che il soleparli con un cane. Per fortuna c’è Armando, “papà” della Pimpa, uomo di pochema incisive parole che, con humour e con quello sguardo meravigliato edivertito tipico dei neopapà, riporta il fantasioso quadrupede alla realtà. “Lechiuse di Armando sono pensate un po’ per i genitori”, ammette Altan, “ se sidivertono anche loro è più utile”. “Non sono un pedagogo”, precisa però, “mibaso solo sulla mia esperienza di genitore.

Il mondo, la politica, la società, però nel frattempo, sonocambiati profondamente, e la matita di Francesco Tullio-Altan, che ha dato vitaalla Pimpa, non ha smesso di raccontarlo attraverso le sue vignette ironiche etaglienti, anche se il mondo della sua cagnolina è rimasto lo stesso. Un mondocoloratissimo e gioioso, dove le differenze non contano e tutti comunicano traloro perché vogliono farlo, uomini, animali e oggetti. Dove i problemi e gliostacoli si superano con la fantasia, l’allegria, la curiosità e il fiduciosoottimismo di questa bestiola che corre, vola, viaggia per il mondo, gioca eparla.

E sempre a proposito del primo assunto di questa riflessione“ il mondo poetico della Pimpa, le sue avventure mi fanno pensare a due poesiedi Emily Dickinson.La prima dice .
L'acqua, è insegnata dalla sete.
La terra, dagli oceani attraversati.
La gioia, dal dolore.
La pace, dai racconti di battaglia.
L'amore, da un'impronta di memoria.
Gli uccelli, dalla neve.

La seconda afferma :

Così una Margherita è svanita
Dai campi quest'oggi -
Così in punta di piedi molte ciabatte
Sulla via del Paradiso -
Filtrata così, in cremisi bolle
La calante marea del giorno -
Fiorendo - saltellando - fluendo -
Siete dunque con Dio?

E mi ricorda Sandro Penna, di “Mi avevanolasciato solo”, in cui  la naturaè umanizzata, specchio partecipe dei sentimenti e delle emozioni e deisentimenti del poeta  che, in una serad’inverno, abbandonato al sopraggiungere della pioggia dagli amici, sotto losguardo meravigliato dei pioppi, umanizzati al punto di soffrire della suapena, giace dolente in un deserto di pietra, quasi di pietra fatto egli stesso.

Mi avevano lasciato solo
nella campagna, sotto
la pioggia fina, solo.
Mi guardavano muti
meravigliati
i nudi pioppi. soffrivano
della mia pena. pena
di non saper chiararnente...

E la terra bagnata
e i neri altissimi monti
tacevano vinti. Sembrava
che un dio cattivo
avesse con un sol gesto
tutto pietrificato.

E la pioggia lavava quelle pietre.

E mi fa pensare a  “Uccelli”,di Mario Luzi, in cui  il volodegli uccelli è trasfigurato a parabola di una condizione umana caratterizzatada particolari stati d’animo.

Il vento è un'aspra voce che ammonisce
per noi stuolo che a volte trova pace
e asilo sopra questi rami secchi.
E la schiera ripiglia il triste volo,
migra nel cuore dei monti, viola
scavato nel viola inesauribile,
miniera senza fondo dello spazio.
Il volo è lento, penetra a fatica
nell'azzurro che s'apre oltre l'azzurro,
nel tempo ch'è di là dal tempo; alcuni
mandano grida acute che precipitano
e nessuna parete ripercuote.
Che ci somiglia è il moto delle cime
nell'ora - quasi non si può pensare
né dire - quando su steli invisibili
tutt'intorno una primavera strana
fiorisce in nuvole rade che il vento
pasce in un cielo o umido o bruciato
e la sorte della giornata è varia,
la grandine, la pioggia, la schiarita.

Post dedicato a Marianna che vede sempre le avventure della Pimpa in tivvù e  frequentemente  afferma come la  stessa Pimpa “ ci penso io” ma…a suo modo.

Eremo Rocca S. Stefano giovedì 20 giugno 2013

il capoluogo | Il tempo si fa corpo

il capoluogo | Il tempo si fa corpo

martedì 18 giugno 2013

ANIMALI VERI ANIMALI IMMAGINARI :Meditatio 



When I carefully considerthe curious habits of dogs
I am compelled to conclude
That man is the superior animal.

When I consider the curious habits of man
I confess, my friend, I am puzzled.

Quando consideroattentamente i curiosi comportamenti dei cani
Sono portato a concludere
Che l'uomo è l'animale superiore.

Quando considero i curiosi modi dell'uomo

Confesso, amico mio, di essere perplesso

Ezra Pound


Scrive Gianfranco Ravasi in un Mattutino del 30.1.2011  su Avvenire dal titolo  “Uomini e cani”
Quando osservo attentamente le strane abitudini dei cani, mitocca concludere che l'uomo è un animale più evoluto. Quando osservo le straneabitudini dell'uomo, ti confesso, amico mio, che resto dubbioso. Sul prato diun parco romano osservo un signore che brandisce un ramo secco; lo scaglialontano e il suo cane, che ha seguito con occhi mobili il gesto, si precipita araccoglierlo. E così via, in una sequenza senza variazioni. Non si può nonrestare ammirati per tanta devozione, ma anche per la sostanziale stupiditàdell'animale. Si può, però, spostare l'attenzione anche sulla vacuità dell'uomoche impone un simile allenamento e si diverte in questo modo così banale. Eallora si può raccogliere la provocazione, ben più sostanziosa, del poeta EzraPound (1885-1972) nella sua poesia emblematicamente intitolata Meditatio, dellaquale abbiamo citato un frammento. L'evoluzione, certo, ha trasferito l'uomo suun livello più alto e l'arte lo testimonia, il pensiero lo conferma, lareligione lo manifesta. Eppure il dubbio che serpeggia nella mente pessimistadel poeta tante volte attanaglia un po' anche noi, quando scopriamo certevergogne compiute dall'uomo o penetriamo nei bassifondi della nostra stessacoscienza ove s'annidano sentimenti infami e desideri innominabili e ove siaprono abissi di assurdità. Uno dei grandi sapienti dell'antichità, Democrito diAbdera (V-IV sec. a C.), diceva che l'uomo è un mikrós kósmos, un microcosmo disapienza, intelligenza, creatività. Ma aveva ragione anche Goethe quando, nelsuo celebre Faust, dichiarava che «l'uomo è un microcosmo di follia». E ilcane, rivolgendo il suo muso umido verso il padrone crudele, sembra sospettarlo.

Eremo Rocca S.Stefano martedì 18 giugno 2013






BIBLIOFOLLIA : La morte della carta (deve ancora arrivare)


BIBLIOFOLLIA  :  La morte della carta (deve ancora arrivare)

«Vogliono che ceda i diritti dei miei libri in ebook e dico,al diavolo, io amo le biblioteche!»: così lo scrittore Ray Bradbury, scomparsoil 6 giugno del 2012 all’età di quasi novantadue anni. In effetti amava cosìtanto le biblioteche pubbliche da aver destinato i diritti delle sue opere informato digitale, dopo averli ceduti a Simon & Schuster, a quelle della suaadolescenza. Qualche mese prima era stato un altro scrittore, Jonathan Franzen,a mettere in guardia dai rischi di quella che ha chiamato “impermanenza” degliebook, e più in generale dal senso di volatilità connesso alla digitalizzazionedell’editoria. Per Franzen il senso di fisicità e di permanenza del librocartaceo è parte integrante dell’esperienza di lettura, e solo attraverso talepersistenza è possibile continuare ad avere principi e valori durevoli.

Non sono pochi gli autori e gli studiosi che negli ultimianni ci hanno ricordato come i mutamenti nelle tecnologie della scrittura sianoda sempre collegati a svolte epocali nella storia della cultura. A questi si èaggiunto Alessandro Ludovico, fondatore di Mag.Net e Neural.it e ricercatorepresso il centro Creating 010 della Hogeschool Rotterdam, con il testopubblicato un anno fa nei Paesi Bassi, Post-Digital Print. Il ragionamento diLudovico parte da una constatazione: la normalità del digitale nelle nostrevite. Nel mese di maggio dell’anno scorso, a pensarci, le vendite di musica informato esclusivamente digitale hanno superato per la prima volta quelle di cde altri supporti fisici. Per musica, immagini, film e serie tv, pratiche comestreaming o download sono ormai la prassi, suggerisce Ludovico, ma per il mondodei libri e delle riviste il cambiamento è appena iniziato. Le nuove tecnologiecol tempo rimpiazzeranno dunque anche la carta stampata? Stando ai dati dimercato, che vedono l’editoria cartacea in flessione e la diffusione di ebookin aumento, sembrerebbe di sì. Se si pensa all’abbandono, dopo 244 anni, dellaversione stampata da parte dell’Encyclopaedia Britannica, o a quel che stasuccedendo nelle scuole di tutto il mondo, la conclusione potrebbe sembrare lastessa. In realtà la risposta non è così semplice.

La morte del libro è stata annunciata più volte nel tempo daletterati, scienziati e artisti. Nel 1894 in Francia viene pubblicata una storiaillustrata (La fin des livres, di Octave Uzanne e Albert Robida) che raccontadi un mondo in cui i contenuti dei libri vengono fruiti in spazi pubblici eprivati attraverso una sorta di piattaforma ‘on demand’, capace di offrireriproduzioni vocali in tempo reale o registrate. Biblioteche trasformate in“fonografoteche”, grammofoni miniaturizzati, riproduttori sonori di opereletterarie a monete sparsi per le vie cittadine (a qualcuno verranno in mentegli audiolibri, più noti sul mercato anglosassone ma in crescita anche inItalia), e autori che diventano di fatto editori di se stessi. Anche lecartoline futuristiche dell’artista francese Villemard, del 1910, raffigurano lasostituzione del medium cartaceo con altri media, ad esempio attraverso larappresentazione di studenti intenti ad ascoltare lezioni mediante rudimentaliauricolari connessi a macchine mangialibri.

Nei primi anni Trenta a parlare esplicitamente di libri come“contenitori antiquati di parole” e di “parola scritta non al passo con itempi” è Bob Brown, ideatore di una macchina pensata per la rapida riproduzionecinematica di testi miniaturizzati. Nei Readies for Bob Brown’s Machine,pubblicati nel 1931, compaiono testi scritti appositamente per la sua macchinada poeti come Gertrude Stein, Filippo Marinetti, Ezra Pound e William CarlosWilliams. Ludovico, nel ripercorrere questi e altri importanti passaggistorici, ricorda le dichiarazioni sulla fine dei quotidiani cartacei delloscrittore H.G. Wells, convinto nel 1940 che i giornali fossero “mortistecchiti”.


Il libro è obsoleto” è anche una delle celebri massime diMarshall McLuhan, il letterato canadese che ha dedicato la sua vita ariflettere su vecchi e nuovi media. McLuhan negli anni Sessanta opponeva lalentezza del medium cartaceo alla rapidità della comunicazione radiotelevisiva,non volendo automaticamente decretare la morte della stampa. Scrive infattiLudovico: “il nuovo processo di globalizzazione ha incorporato gradualmenteanche la stampa, trasformandola ancora una volta”. La tesi di Post-DigitalPrint è che a garantire la sopravvivenza della stampa sia stata la sua continuaevoluzione, forzata dalla comparsa di nuovi e più rapidi media.

Dalle avanguardie storiche alla underground press, fino aBorges che nel suo Libro di Sabbia del 1975 immagina un libro senza principioné fine, composto da un numero infinito di pagine numerate arbitrariamente,qualcosa che oggi a noi ricorda molto da vicino l’idea di ipertesto digitale.Ed è proprio sulla differenza tra ciò che la carta può e non può fare rispettoal digitale che ruota il ragionamento di Ludovico: “il ruolo della paginastampata – scrive – è radicalmente mutato, da medium prevalente diventa mediumcomplementare”.

A ridefinire il nuovo ruolo della stampa contribuisce oggi,in modo neanche troppo paradossale, la rete. Motore di innovazione e produzionedi cultura in ogni ambito, il network è anche alla base della trasformazionecontemporanea dell’intera filiera editoriale. Il new digital publishing è unfenomeno culturale che prende corpo nei mutamenti che riguardano distribuzione,librerie, biblioteche, recupero di testi antichi, autopubblicazione e stampa ondemand, modelli alternativi di vendita di prodotti stampati, anche attraversomezzi digitali (come il “Search Inside the Book” attivato da Amazon nel 2003per incentivare la vendita di libri cartacei). La stampa è sì “minacciata” dalladigitalizzazione dei testi e dal cambiamento delle abitudini dei consumatori,ma al contempo viene rivitalizzata e ha ancora un ruolo nella nostra “eraimmateriale” (ad esempio per edizioni limitate, per l’archiviazione a lungotermine e la memoria, legate alla natura statica del libro, o per i vantaggidella carta rispetto ai sistemi chiusi e proprietari di lettura digitale).Qualcosa di simile rileva anche Ted Striphas nel suo The Late Age of Print, nelsottolineare come i libri, persino in un mondo che diventa sempre più digitale,siano tutt’altro che morti. È forse questo il senso delle parole di McLuhansulla natura del libro: “obsolescenza non significa estinzione: piuttosto ilcontrario”.
di Mario Pireddu  http://ltaonline.wordpress.com

Eremo Rocca S.Stefano martedì 18 giugno 2013











LETTERE DALL’EREMO : Crisi di coscienza

LETTERE DALL’EREMO : Crisi di coscienza

Tutti fanno un gran parlare della , crisi economica. Anchese, in realtà, coloro che sbraitano di più sembrano proprio coloro chedovrebbero guidare l'economia: politici, banchieri e i loro portavocegiornalieri. Ma io ricordo che gli italiani sono stati in grado di superare benaltre crisi "economiche" e non solo: ricordo il tempo in cui mancavapersino il mangiare e la gente andava in bicicletta al lavoro cantando, quandonon ci andava a piedi o su carri bestiame.

Così mi  viene inmente il Cardinale dei Karamazov di Dostoevskij che Freud in una celebreannotazione definì «il romanzo più grandioso che mai sia stato scritto». Il suodiscorso fa riferimento alle tre tentazioni del demonio a Cristo nel deserto:«Tu vuoi andare nel mondo, e ci vai con le mani vuote, con non so qualepromessa di libertà, che quelli, nella loro semplicità e nella loro ingenitasregolatezza, non possono neppure concepire, e ne hanno timore e spavento,giacché nulla mai fu per l'uomo e per la società umana più insopportabile  della libertà! Ma vedi queste pietre perquesto nudo e rovente deserto? Convertile in palle e dietro a te l'umanitàcorrerà come un branco di pecore, dignitosa e obbediente, se anche in continua trepidazione che Tu ritragga la manoTua e vengano sospesi loro i Tuoi pani» ... «Tu hai ribattuto che "non di solopane vive l'uomo ma di tutto ciò che esce dalla bocca di Dio" ... »,
Oggi, non solo il pane, in questo moderno deserto, ma sonostati dati automobili, case vacanza, computer e telefonini. Eppure la gente noncanta più. C'è in giro una specie di diffidenza verso l'umanità. Si avvera ilsenso, della risposta di Cristo, e l'errore insito nel discorso del Cardinale:la gente ha perfino il superfluo ma è scontenta, spesso disperata, nelle nostrecittà vediamo i segni della tristezza e della paura. Accade qualcosa che cideve far riflettere: sono t sintomi di un decadere della coscienza. L'uomo nonsi sente più obbligato a compiere il proprio dovere nel lavoro né nei confrontidei propri simili né verso se stesso. E ciò si vede anche nella passività concui subisce tutti gli strumenti che gli sono stati messi a disposizione. Spessonon si usano più le auto; i telefonini, le televisioni, i computer. O!testi,che sono dei semplici strumenti, fanno dell'uomo uno strumento, impongonoall'uomo il loro feticismo. .
Ma poi, in quanto tutto è stato fatto per il pane, diamodavvero il pane a tutti? O non lo strappiamo piuttosto ad alcuni, a troppi nel mondo,in Asia, in Africa, in Sudamerica o altrove? E quante volte nella storia laproposta del pane si è trasformata in guerra? E intanto stiamo distruggendo lanatura, inquiniamo le acque, l'aria, la terra. Ripete anche il Cardinale:«S'impadronisce della libertà degli uomini solo colui che rende tranquille lecoscienze».
A questo servono le ideologie, compresa quella economica,Marx o Adam Smith o Ricardo o Malthus. Ma non basta. Si sta sviluppando conl'aiuto dei mass-media un'ideologia ancora più pericolosa, quella delloscientismo (che naturalmente comprende sempre l'economia). Non si confonda loscientismo con la scienza Giacché la scienza presuppone l'incessante ricerca,la tensione di conoscenza, l'attenzione a quel mistero che, comunque lo sichiami, assilla l'uomo fin dai tempi dei tempi. Diceva appunto Planck: «Piùconosco e più mi trovo davanti il mistero».
Invece, in virtù di uno "scientismo" volgarizzatodalle tv e dai giornali, il popolo meno avvertito - per fortuna non tuttisoggiacciono alla malia dei cardinali o dei principi o dei presidenti - pensache ormai l'uomo abbia compreso tutto, che non esista che la materia e l'uomo .possa arrogarsi il ruolo del "creatore di vita". E, logicamente,questa pretesa alla Frankenstein genera la corsa al sesso, al denaro, alsuccesso e al suicidio. Conta ciò che si realizza fuori di noi.
«Sì, noi li obbligheremo a lavorare, ma nelle ore libere dallavoro daremo alla loro vita un assetto dì giuoco infantile, con canzoni dabambini, cori e danze innocenti... Oh noi permetteremo loro anche il peccato... », dice sempre il Cardinale di Dostoevskij. Sembra un ritratto del mondomoderno. Del resto moderno non discende da moda?
Si tratta davvero di'una crisi economica? Certo lamaggioranza resiste ancora nel fare il suo dovere nel lavoro e nella vita. Mafino a quando? Intanto viviamo ogni giorno con la minaccia sulle nostre testedi tante bombe atomiche che  potrebberodistruggere la terra per ben 700 volte. Ci hanno tolto il tempo, il silenzio;due grandi beni su cui è fondata la nostra biologia. il cancro è il male piùevidente di questa accelerazione psicologica del tempo; non si tratta diaccelerazione abnorme delle cellule?
Si diceva tempo fa tra il popolo quando le cose andavanomale «non c'è più religione». Che significava? No, il popolo non era bigotto néaderente a un "credo". E noi non siamo nostalgici di una teologia.Crediamo però che la religione sia fondamento di ogni sorgente civiltà, siinizia con una fondata immagine dell'uomo e del mondo. E due sono i cardini diogni religione: il rapportò col mistero del mondo e col mistero di se stessi, con ciò che, da un punto di vistauniversale o individuale, contenga nella carne pulsione alla vita; e l'amoreverso i propri simili, il fulcro di ogni società e ogni convivenza, Quandoviene chiesto a Cristo dove sia il Regno dei cieli, risponde: «Il Regno deicieli è dentro di voi».
Dunque in noi e fuori di noi nel mistero dell'universointero è il senso di questa crisi. «La fede infatti è la vita dell'anima»; diceTommaso d'Aquino. «Ed è proprio questa fede che ci permette di godere la vita»,commenta Raimon Panikkar. Non si tratta di una fede teoÌogica, ma dellaconsapevolezza che la vita di un uomo è coscienza di se stessi, ascolto eattenzione alla natura che ci attornia al nostro corpo, al mistero del vivere.Dice ancora Panikkar: «Senza il correttivo della mistica riduciamo l'uomo a unbipede razionale, quando non razionalista, e la vita umana alla supremaziadella pratica razionale». Che ne facciamo del sentire del corpo, dei sensi,dell'esperienza emozionale, del flusso astrale, del pensiero inconscio, delnostro rapporto con le cose e con l'altro?
«II progresso della medicina moderna, ad esempio - scriveKarl Jansky-, dipende quasi interamente dalla scoperta dei raggi X e degliantibiotici, che fu in entrambi i casi completamente accidentale ... Non eranorazionali». E Iohn Polany precisa: «II bambino non conosce neppure ladifferenza tra lavoro e gioco. In ciò che somiglia all'artista e alloscienziato» ..
Quando Dante scrive che «fede è sostanza di cose speratè / eargomento delle non parventi», dice qualcosa di essenziale a ogni momento dellavita di un uomo. Non si può trasformare il pensiero in un puro movimentoteoretico. Si pensa anche mossi dai sensi e dall'amore. «Ama il Signore Dio tuoe il prossimo tuo come te stesso» è qualcosa di più di un impegno morale, è ilcorpo fondante del vivere umano.

Franco Loi  Ma qui lavera crisi è di coscienza  Il sole 24 Ore


Eremo Rocca S.Stefano martedì 18 giugno 2013









SILLABARI : L’esattezza


SILLABARI : L’esattezza


Cercherò prima di tutto di definire il mio tema. Esattezzavuol dire per me soprattutto tre cose:
1) un disegno dell'opera ben definito e ben calcolato;
2) l'evocazione d'immagini visuali nitide, incisive,memorabili; in italiano abbiamo un aggettivo che non esiste in inglese,"icastico", dal greco eikastikòs;
3) un linguaggio il più preciso possibile come lessico ecome resa delle sfumature del pensiero e dell'immaginazione.
Perché sento il bisogno di difendere dei valori che a moltipotranno sembrare ovvii? Credo che la mia prima spinta venga da una miaipersensibilità o allergia: mi sembra che il linguaggio venga sempre usato inmodo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile.Non si creda che questa mia reazione corrisponda a un'intolleranza per ilprossimo: il fastidio peggiore lo provo sentendo parlare me stesso. Per questocerco di parlare il meno possibile, e se preferisco scrivere è perché scrivendoposso correggere ogni frase tante volte quanto è necessario per arrivare nondico a essere soddisfatto delle mie parole, ma almeno a eliminare le ragionid'insoddisfazione di cui posso rendermi conto. La letteratura - dico laletteratura che risponde a queste esigenze - è la Terra Promessa incui il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere.
Alle volte mi sembra che un'epidemia pestilenziale abbiacolpito l'umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l'uso dellaparola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forzaconoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellarel'espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire isignificati, a smussare le punte espressive, a spegnere
ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole connuove circostanze.

CALVINO, LEZIONI AMERICANE

Eremo Rocca S.Stefano venerdì 14 giugno 2013


SILLABARI : LAICO (II)


SILLABARI : LAICO (II)



Per un recupero dellalaicità
La laicità, che nella stagione del Concilio sembrava averrecuperato all'interno della Chiesa
cattolica nuovo slancio, attraversa oggi una situazione distallo e persino di involuzione. Il ritorno
del clericalismo in una forma piú sofisticata (ma non menopericolosa) con il conseguente
depotenziamento dell'autonomia laicale, la rinascita ditentazioni integraliste che finiscono per non
rispettare l'ambito proprio della politica (e piú ingenerale di tutte le attività terrestri) e, infine,
l'affermarsi di un fondamentalismo etico che pretende di imporreallo Stato le proprie posizioni in
campo legislativo sono altrettanti indici del tentativodella Chiesa di invadere spazi che non le
competono, mettendo perciò seriamente a rischio ilriconoscimento e il rispetto della laicità. Ma
come oggi si manifesta tale invadenza? Quali sono i campinei quali la Chiesa(e in particolare
quella italiana) sembra soprattutto esercitare la propriaindebita ingerenza? La risposta a questi
interrogativi meriterebbe un'ampia disamina dellasituazione, che non è possibile contenere nel
breve spazio di un articolo. Ci limitiamo perciò a prenderein esame l'ambito della politica, dove
tale ingerenza è apparsa piú evidente, al punto che vi è chiè giunto persino a parlare di ritorno a una
forma di religione civile.
ritorna la religionecivile?
Non vi è dubbio che, negli ultimi decenni, si sia assistitoa una serie nutrita di episodi che hanno
reso trasparente la volontà della Chiesa di interferirenella sfera della politica con l'obiettivo di
salvaguardare valori di matrice cristiana divenuti nel tempoappannaggio della cultura occidentale e
che rischiano oggi di essere accantonati con gravedetrimento per la convivenza civile. A questo
obiettivo vanno ascritti interventi come la battaglia perinserire un diretto riferimento alla tradizione
cristiana nella Costituzione europea o per difendere lapermanenza del crocifisso nei locali pubblici
e soprattutto il lancio del progetto culturale,che aveva (eha tuttora) lo scopo di ricuperare una
presenza cristiana nella società civile, essendosiliquefatta la presenza politica a seguito del crollo
del partito democristiano, e dunque della fine dell'unitàpolitica dei cattolici.
Ma, al di là di questi aspetti particolari (pursignificativi), ciò che sembra emergere, in profondità, è
il dispiegarsi di un disegno dai contorni piú ampi, chegiustifica il ricorso alla formula
religione civile
.
A esplicitare con chiarezza questa visione è statosoprattutto il cardinale Ruini, il quale,
nell'omelia tenuta in occasione della cerimonia funebre peri caduti di Nassirija, ha rivendicato con
forza il contributo della religione cattolica all'unità delpaese, mettendo in luce il supporto diretto
che da essa viene alla stabilità delle istituzioni civiligrazie soprattutto ai valori di cui è portatrice.
Questa visione ha — paradossalmente — ricevuto il consensoanche di alcuni settori del mondo
laico, in particolare dei cosiddetti atei devoti,dai qualiil cristianesimo è percepito come baluardo
della cultura occidentale minacciata dalla presenza diculture diverse, e in particolare da quella
islamica.
Il concetto di religione civile è perciò qui riproposto inuna prospettiva difensiva e funzionale.
L'obiettivo è infatti l'instaurarsi di un rapporto di mutuosostegno tra due istituzioni
la Chiesacattolica e lo Stato — che versano in una situazione di particolare difficoltàper una
consistente perdita di potere e che tendono perciò aservirsi l'una dell'altra: la politica si appoggia
alla religione per acquisire credibilità e per preservarecome già si è accennato — l'identità
occidentale; la religione, a sua volta, si appoggia allapolitica per conquistare una nuova presenza
sociale e per tutelare i propri privilegi. Ciò che finisceper prodursi è dunque una forma di
neocostantinianesimo, che non ha tuttavia origine in uncontesto di forza, ma di debolezza, e che
non può, in ogni caso, che causare una pericolosacommistione tra i due poteri con la rinascita di
forme di integralismo, deleterie tanto per la vita dellaChiesa che per il positivo sviluppo della
convivenza civile.
La questione dei«valori non negoziabili»
Ma l'attentato (forse) piú rilevante alla laicità èrappresentato dalla difesa insistita (talora persino
ossessiva) che la Chiesa cattolica è venuta facendo negli ultimi decenni deicosiddetti
valori non negoziabili;di quei valori ai quali cioè secondole posizioni ufficiali del magistero non è possibilerinunciare, anche sul pianodella legislazione civile, senza mettere a repentaglio la tutela della dignitàdella persona umana e le basi del corretto articolarsi della vita sociale. Ilriproporsi sullo scenario della politica, in termini sempre piú accentuati, di
questioni eticamente sensibili,comeconseguenza tanto dellarivendicazione dei diritti civili quanto del progresso scientifico-tecnologicoincampo biomedico, ha provocato (e provoca) l'emergere di forti tensioniall'interno della società.
Dopo le lacerazioni determinate dall'introduzione deldivorzio e dell'aborto, le cui battaglie hanno
contrassegnato gli anni settanta del secolo scorso, e dallapiú recente bocciatura del referendum
sulla legge 40 relativa alla procreazione assistita —referendum che ha visto scendere in campo in
modo diretto (e discutibile) la Chiesa a favoredell'astensione — nuove e delicate problematiche
sono oggi al centro del dibattito culturale e politico: èsufficiente ricordare qui la questione del
riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto(soprattutto di quelle omosessuali) o le questioni
connesse con le situazioni di fine vita (eutanasia etestamento biologico in primis).
Il richiamo ai valori non negoziabili presenta, al riguardo,aspetti ambivalenti. Se è vero infatti che
sussistono, per un verso, presupposti etici che vannoassolutamente salvaguardati, perché
costituiscono il fondamento su cui si regge la vitademocratica, non è meno vero, per altro verso,
che tutti i valori diventano in realtà negoziabili,siaperché si danno spesso situazioni nelle quali essi
entrano tra loro in conflitto, sia soprattutto perchél'attuale condizione di pluralismo etico (con la
presenza di sistemi valoriali diversi) impone la ricerca diun denominatore comune, il quale non può
essere rintracciato che attraverso la mediazione.
L'istanza alla quale la Chiesa fa appello ha dunque di per sé unaindubbia plausibilità, ma le
modalità con cui viene formulata — il rimando alla leggenaturale, pur chiamando in causa una
categoria non confessionale, risulta anacronistico edequivoco — e l'insistenza su alcuni contenuti,
in particolare sui valori della vita, della famiglia fondatasul matrimonio e della libertà di
educazione, proposti come esclusivi o quanto meno comeprioritari (dando poco spazio ad altri
valori socialmente assai rilevanti come l'uguaglianza el'equità, la solidarietà e la pace), rendono
poco credibile la proposta. Ciò che viene, in definitiva,percepito come obiettivo prevalente è la
volontà della Chiesa di imporre la propria visione eticaalla società, non rispettando l'autonomia
delle scelte politiche (e legislative), e violando perciò ilprincipio della laicità.
per un recupero positivo della laicità
D'altra parte, a mettere in crisi oggi la laicità non sonosoltanto gli integralismi e i fondamentalismi
clericali; è anche il revivaldi un laicismo esasperato — unasorta di clericalismo rovesciato — che
non riconosce la valenza pubblica dell'esperienza religiosae tende pertanto a confinarla nel privato,
riducendola a una scelta personale da coltivare nel chiusodelle coscienze. La vera laicità non può
essere confusa con questa visione; essa, che è stataintrodotta in Occidente — è bene ricordarlo —
proprio dalla tradizione ebraico - cristiana in reazione almondo greco-romano popolato di
divinità e di idoli, non comporta l'esclusione di Dio dallavita della società umana; comporta
semplicemente da parte della Chiesa il rispettodell'autonomia delle istituzioni pubbliche e la non
ingerenza nelle decisioni politico-legislative, dove i laicicattolici — a loro compete l'impegno
diretto nell'ambito delle realtà terrestri — devonoconfrontarsi con i contributi delle altre
componenti ideologiche e culturali (oggi anche religiose)presenti nella società.
Non è forse questa la grande lezione del Vaticano II? Èsufficiente leggere i numeri 36-40 della
Gaudium et spes (la costituzione pastorale sulla Chiesa nelmondo contemporaneo) e il n. 7 della
Apostolicam actuositatem (il decreto sull'apostolato deilaici) per averne conferma. In tali autorevoli
documenti mentre si riconosce con chiarezza la legittimaautonomia delle varie attività umane, e in
particolare di quelle socio-politiche, le quali hannofinalità e statuti propri, non si esita a sottolineare
nel contempo l'insufficienza delle soluzioni tecniche, edunque la necessità del ricorso all'etica —
valori come dignità della persona, giustizia, solidarietà,bene comune, ecc. sono un metro di misura
al quale occorre necessariamente riferirsi —, e non si mancaanche di evidenziare l'apporto
peculiare che la fede può offrire come orizzonte di sensocapace di fornire importanti orientamenti
di fondo alla conduzione della vita sociale.
La laicità, cosí intesa, lungi dall'implicare l'irrilevanzadella fede, rende trasparente l'importanza che
essa riveste, sia come stimolo a ricuperare quei valorimorali la cui esigenza è oggi avvertita come
imprescindibile — si pensi a tale proposito all'attualitàdel discorso della montagna come
indicazione di istanze che devono informare anche la vitapubblica — sia soprattutto come critica
permanente delle ideologie e dei sistemi storici in nome diquella sporgenza utopica che ha le sue
radici nella dimensione escatologica del messaggioevangelico.
La possibilità che questo avvenga è strettamente dipendente,oltre che dal pieno riconoscimento
della laicità dello Stato e della politica e dallacontemporanea adesione a una società plurale in cui
possano trovare espressione pubblica esperienze religiose elaiche diverse, anche (e soprattutto)
dalla capacità della Chiesa di dare testimonianza dei valoridel regno, sottraendosi a ogni forma di
potere mondano e facendo propria la logica della croce, cheè la logica della povertà e del dono di
sé.
È questo, anche al di là dei contenuti degli importantidocumenti che ci ha lasciato, lo spirito che ha
animato i lavori del Concilio; Concilio che ha purtropposubito, negli ultimi decenni, un forte
ridimensionamento, dovuto all'insorgere di frustrazioni e dipaure in chi forse si attendeva che il
rinnovamento intrapreso dalla Chiesa si traducesse in unimmediato successo di ascolto e di
partecipazione. Eppure solo da una ripresa di quellospirito, dalla capacità di tornare a respirare quel
clima di apertura e di dialogo, senza alcuna pretesa diegemonia, è possibile sperare in una Chiesa
rispettosa della laicità, in tutte le sue manifestazioni, ein grado di dare il proprio importante
contributo alla costruzione di un mondo piú libero e piúsolidale.
Salutando con soddisfazione le prime scelte di papaFrancesco, ci auguriamo che intenda aprire la
Chiesa a questo spirito.(di Giannino Piana in “Il Gallo” delgiugno 2013)

Giannino Piana nato nel 1939, insegna EticaCristiana presso la Libera Università di Urbino ed Etica ed Economia pressol’Università di Torino. È stato presidente dell'Associazione Italiana deiTeologi Moralisti. Fa parte delle redazioni delle riviste Hermeneutica, Credereoggi, Rivista di teologia morale e Servitium; collabora al mensile Jesus con larubrica "Morale e coscienza" e al quindicinale Rocca con la rubrica"Etica Scienza Società". Ha diretto: la sezione di "Teologiamorale" del Dizionario Teologico Interdisciplinare, Marietti 1977; ilNuovo Dizionario di Teologia Morale, Paoline, 1990; la sezione morale delDizionario Teologico Enciclopedico, Piemme, 1993; il Corso di Morale in 5volumi Vita nuova in Cristo, Queriniana, Brescia, 1983. Tra le suepubblicazioni ricordiamo inoltre: Principi di morale religiosa, Dehoniane,Bologna, 1972; Cristiani per il terzo millennio, Marietti, 1979; (con G.Alberigo e G. Ruggeri) La chiesa italiana nell'oggi della fede, Marietti, 1979;Conversione, riconciliazione e perdono, AVE, 1983; Fede e culturacontemporanea, AVE, 1988; Giovani e valori. Quale progetto?, Quattroventi,Urbino, 1988; (con L. Borello e S. De Carli) Il problema etico, SEI, Torino,1990; Ecologia e etica, Quattroventi, Urbino, 1992; (con E. Berti e G. Cottier)Persona e personalismo, Gregoriana Libreria Editrice, Padova, 1992; (con N.Delai e A. Papuzzi) Informazione / comunicazione, Cittadella Editrice, Assisi,1997; Attraverso la memoria, Cittadella Editrice, Assisi 1998; Sapienza e vitaquotidiana, Interlinea, Novara 1999; L'agire morale. Tra ricerca di senso edefinizione normativa, Cittadella Editrice, Assisi 2001; Economia ed etica nelcontesto della globalizzazione, Agrilavoro ed., Roma 2002; Bioetica. Allaricerca di nuovi modelli, Garzanti, Milano 2002; Nel segno della giustizia.Questioni di etica politica, EDB, Bologna, 2005; Vangelo e società. Ifondamenti dell'etica sociale cristiana, Cittadella Editrice, Assisi 2005;Etica scienza società. I nodi critici emergenti, Cittadella Editrice, Assisi2005; Pregare e fare la giustizia, Edizioni Qiqaion, Magnano (BI) 2006 . E’membro del comitato scientifico di ETHICA.

Eremo Rocca S.Stefano martedì 18 giugno 2013















mercoledì 12 giugno 2013

SILLABARI : LUCIO ANNEO SENECA Ira

SILLABARI  : LUCIO ANNEO SENECA   Ira

1) Hai insistito, o Novato, perché scrivessi come si puòplacare l'ira, e mi pare che tu abbia buone ragioni di temere soprattuttoquesta passione che, più d'ogni altra, è spaventosa e furibonda. Le altre, adir vero, hanno una componente di tranquillità e calma, questa è tuttaeccitazione ed impulso a reagire, è furibonda e disumana brama di armi, sangue esupplizi, dimentica se stessa pur di nuocere all'altro, è pronta a precipitarsiimmediatamente sulle armi ed è avida di una vendetta destinata a coinvolgere ilvendicatore.

2) Per questo motivo, alcuni saggi definirono l'ira "unmomento di pazzia"; come quella, infatti, è incapace di controllarsi,incurante delle convenienze, insensibile ai rapporti sociali, cocciuta edostinata nelle sue iniziative, preclusa alla ragione ed alla riflessione,pronta a scattare per motivi inconsistenti, inetta a distinguere il giusto edil vero, quanto mai somigliante a quelle macerie che si frantumano sopra ciòche hanno travolto.

3) Per convincerti che i posseduti dall'ira sono deidissennati, osserva bene il loro atteggiamento: come sono sicuri sintomi dipazzia l'espressione risoluta e minacciosa, la fronte aggrottata, la facciascura, il passo concitato, le mani irrequiete, il colorito alterato, il respirofrequente ed affannoso, tali e quali sono i sintomi dell'ira incipiente:

4) gli occhi ardono e lampeggiano, il viso si copre dirossore per il rifluire di sangue dal fondo dei precordi, le labbra tremano, identi si serrano, i capelli si drizzano ispidi, il respiro diventa forzato erumoroso, le articolazioni schioccano tormentandosi, i gemiti e i muggiti siintercalano in un parlare che inciampa in voci mozze, le mani battonocontinuamente e i piedi percuotono la terra, il corpo è tutto eccitato e"scagliante grandi minacce d'ira", i lineamenti sono brutti e spaventosi,quando un uomo si sfigura per corruccio.

5) Impossibile sapere se è un vizio più detestabile oschifoso. Tutti gli altri si possono nascondere o nutrire in segreto: l'ira simanifesta ed affiora sul volto e, quanto più è grande, tanto più apertamenteribolle. Non vedi come tutti gli animali, quando insorgono per nuocere, nemostrano in anticipo i sintomi e tutto il loro corpo abbandona l'abitualecomportamento di calma ed esaspera la connaturata ferocia?

6) I cinghiali mandano spuma dalla bocca ed arrotano le zanneper aguzzarle, i tori danno di corno nel vuoto e spargono l'arena battendolacon l'unghia, i leoni fremono, i serpenti, quando s'adirano, gonfiano il collo,le cagne rabide hanno aspetto minaccioso: non c'è animale tanto orribile odannoso per natura, nel quale non appaia, al sopravvenire dell'ira, un nuovoaumento di ferocia.

7) Certo, non ignoro che è difficile anche nascondere lealtre passioni, che la libidine, il timore, l'audacia mostrano i loro sintomi esi possono conoscere in anticipo: non c'è, di fatto, nessun sconvolgimentointeriore d'una certa violenza, che non alteri qualcosa sul nostro viso. Chedifferenza c'è, allora? Le altre passioni si notano, questa risalta.
                       

Brani scelti: LUCIO ANNEO SENECA, Il concetto di ira e ilritratto dell'adirato (De ira, libro I, capitolo I).

Eremo Rocca S.Stefano  mercoledì  12 giugno 2013





lunedì 10 giugno 2013

LINEA D’OMBRA :Lavoro minorile


LINEA D’OMBRA :Lavoro minorile


Domani 11  giugno  è la vigilia della Giornata Mondiale contro illavoro minorile, un fenomeno preoccupante, che impedisce a tanti bambini diricevere un'istruzione adeguata e che si traduce in alcuni casi in estremeviolazioni dei loro diritti.

Sul lavoro minorile L’ILO  (1) scrive :

 

Nel mondo circa 200 milioni di minori lavorano, spessoa tempo pieno, e sono privati di un’educazione adeguata, una buona salute e delrispetto dei diritti umani fondamentali. Di questi, circa 126 milioni —ovvero 1 ogni 12 bambini al mondo — sono esposti a forme di lavoroparticolarmente rischiose, che mettono in pericolo il loro benessere fisico,mentale e morale. Inoltre circa otto milioni di minori sono sottoposti allepeggiori forme di lavoro minorile: la schiavitù, il lavoro forzato, losfruttamento nel commercio sessuale, nel traffico di stupefacenti el’arruolamento come bambini soldato in milizie.

Negli ultimi 15 anni il mondo ha preso consapevolezza che il lavoro minorile èun pressante problema economico, sociale e umano. Oggi il fenomeno stadiminuendo in tutto il mondo e, se questa tendenza continuerà, le peggioriforme potrebbero essere eliminate entro i prossimi dieci anni. Questo è ilrisultato diretto di un grande movimento internazionale impegnato contro illavoro minorile. I risultati sono evidenti nel numero di paesi che ratificano la Convenzione n. 182dell’ILO sulle peggiori forme di lavoro minorile. Adottata nel 1999, la Convenzione è stataratificata dalla quasi totalità degli Stati membri.

Analogamente la Convenzionen. 138 dell’ILO sull’età minima, adottata nel 1973, è già stata ratificatadall’80 per cento degli Stati membri. L’ILO è stato uno deiprincipali promotori del movimento mondiale contro il lavoro minorile: il suoProgramma per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC), lanciato nel 1992, èpresente in oltre 80 paesi. Come per altri aspetti riguardanti il lavorodignitoso, l’eliminazione del lavoro minorile è un problema sia di dirittiumani che di progresso; la politica ed i programmi dell’ILO hanno comeobiettivo quello di garantire ai minori l’educazione e la formazione di cuinecessitano per crescere e lavorare da adulti in condizioni dignitose.

(1 ) L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) èl’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere il lavoro dignitoso eproduttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana peruomini e donne. I suoi principali obiettivi sono: promuovere i diritti deilavoratori, incoraggiare l’occupazione in condizioni dignitose, migliorare laprotezione sociale e rafforzare il dialogo sulle problematiche del lavoro.

L’ILO è l’unica agenzia delle Nazioni Unite con una struttura tripartita: irappresentanti dei governi, degli imprenditori e dei lavoratori determinanocongiuntamente le politiche ed i programmi dell’Organizzazione.

L’ILO è l’organismo internazionale responsabile dell’adozione e dell’attuazionedelle norme internazionali del lavoro. Forte dei suoi 185 Stati membri, l’ILOsi prefigge di assicurare che le norme del lavoro siano rispettate sia neiprincipi che nella pratica.
 
Eremo Rocca S. Stefano lunedì 10 giugno 2013





VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : Cuciuna foglia vicino alle parole, cuci le parole tra loro


VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI  : Cuciuna foglia vicino alle parole, cuci le parole tra loro





Cuci una foglia vicino alle parole, cuci le parole tra loro, guarda unafoglia come viene soffiata lontano.
Il tempo mentre scriviamo vola, noi moriamo a noi stessi mentre intornocresce la vita e la realtà s’addensa, s’intreccia, diventa una radice che salefino a un tronco e ridiventa foglio.
Da sempre mi mancano le parole e io ne ho nostalgia.
Per questo cucio, cucio, cucio.

Antonella Anedda (Roma, 1958), da Salva con nome (Mondadori,2012)

Pubblicato: 20 maggio 2013 http://ipoetisonovivi.com/page/3
| Autore:rc | Archiviato in:Una poesia algiorno | Tags: Antonella Anedda|

Eremo Rocca S. Stefano lunedì 10 giugno 2013


VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI :Il presente che ci resta


VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI  :Il presente che ci resta



Come evasi senza ragion veduta, in fila
lungo la sorte sino alle montagne: sottrarsi
alla propria terra per la sola carne riassumeva il motivo
il convoglio, senza custode ognuno
che non l’occhio indietro a dilavare la strada fatta.
La sola parola ripetersi scandiva l’insieme unendo
dalla perdita presente alla trama a venire, noi siamo dove?

Fabiano Alborghetti (Milano, 1970), da L’opposta riva (Lietocolle,2006)

Pubblicato: 21 maggio 2013 http://ipoetisonovivi.com/page/3/| Autore: rc | Archiviato in: Una poesia algiorno | Tags: Fabiano Alborghetti|



Eremo Rocca s.Stefano  lunedì 10 giugno 2013

sabato 8 giugno 2013

LETTERE DALL'EREMO : Decalogodella quotidianità di Papa Giovanni XXIII


LETTERE DALL'EREMO  :  Decalogodella quotidianità di Papa Giovanni XXIII

  1. Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata, senza voler risolvere il problema della mia vita tutto in una volta.
  1. Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà; non alzerò la voce; sarò cortese nei modi; non criticherò nessuno; non pretenderò di migliorare o di disciplinare nessuno tranne me stesso.
  1. Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell'altro mondo, ma anche in questo.
  1. Solo per oggi mi adatterò alle circostanze senza pretendere che le circostanze si adattino tutte ai miei desideri.
  1. Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche lettura buona, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura è necessaria alla vita dell'anima.
  1. Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
  1. Solo per oggi farò almeno una cosa che non desidero fare e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti, farò in modo che nessuno se ne accorga.
  1. Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino, ma lo farò. E mi guarderò da due malanni: la fretta e l'indecisione.
  1. Solo per oggi crederò fermamente, nonostante le apparenze contrarie, che la buona Provvidenza di Dio si occupa di me come se nessun altro esistesse al mondo.
  1. Solo per oggi non avrò timori.
In modo particolare non avrò paura di godere diciò che è bello e di credere alla bontà.
Posso ben fare, per dodiciore, ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare pertutta la vita.

"Basta a ciascun giornoil suo affanno"(Mt. 6,34)
Eremo Rocca S.Stefano sabato 8 giugno 2013



venerdì 7 giugno 2013

INCIPIT : Pasquale Ardimento


INCIPIT : Pasquale Ardimento

"Pasquale Ardimento aveva lavorato tutta la vita. Tutta lavita  con la zappa in mano. E tutta la vita aveva visto quelle campagne cambiare colore. Erano le stagioni atmosferiche che nedeterminavano  l’aspetto ma anche  l’utilità.  D’inverno contutto quel bianco non sapevi che farci.  Tu non sapevi che farci,  maquel lungo inverno, così lungo e rigido e pieno di lupi che a volte arrivavanofuori la porta di casa  , lo sapeva bene. Si teneva stretta al caldoquella terra e la  rifocillava  perché di lì a poco potesse allattarele sue creature. Poi in primavera quella terra si vestiva di colori. Eranotanti perché tanti erano i frutti  pronti a maturare , L’estate el’autunno avevano una patina sola. Un volto uniforme e silenzioso . Il primorotto soltanto dai grilli e dalle cicale, infuocato dalla solagna, ilsecondo  monotono e pieno di  ripetizioni nei suoni e nei colori

La foto è di Romeo Fraioli


Eremo Rocca S.Stefano venerdì 7 giugno 2013


mercoledì 5 giugno 2013

VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : Padre

Il tempo ti rende figlio
accende la paura del domani
forze che si sfanno in un corpo non tuo
di vecchio arreso alla vestaglia
muto al terrore che niente rimanga.
Padre di luce e potenza
del sacro spendersi
in lavoro e poi lavoro
stringi le tue mani di gigante,
senti quanta ancora ne possiedi
di forza per viaggiare nel futuro,
nel bene che hai creato, un’alba alla volta.
Da Daniele Mencarelli . Figlio ed. Nottetempo

il capoluogo | T'amerò come allora

il capoluogo | T'amerò come allora

domenica 2 giugno 2013

Pensavo di non avere

Pensavo di non avere




Pensavo di non avere

Pensavo di non avere più memoria:
alterare ricordi,pensare il futuro,
deformare il tempo fu come
passare dentro il corpo sbandando
come su un auto
ma era la mia qualità  essenziale
di uomo, di uomo essenziale.


(Foto Romeo Fraioli)


  Eremo Rocca S.Stefano Domenica 2 giugno 2013