venerdì 29 luglio 2011

RICOGNIZIONI : Emergenza Corno d’Africa

RICOGNIZIONI : Emergenza Corno d’Africa


La situazione è drammatica. Dieci milioni di persone colpite da siccità e carestia. Centinaia di migliaia i profughi. Le ong parlano di tragedia umanitaria e il papa ha chiesto una mobilitazione internazionale. .

Dichiarazione di Anthony Lake, direttore UNICEF, al meeting FAO di Roma per l’emergenza siccità in Corno d’Africa.

«Questa è una carestia infantile. La grandezza della sofferenza e le perdite sono enormi. Le immagini che abbiamo visto dal Corno d'Africa parlano da sole.

Oltre mezzo milione di bambini sono a rischio di morte imminente a causa di malnutrizione acuta grave. Tra Somalia, Etiopia e Kenya, sono circa 2,3 milioni i bambini già affetti da malnutrizione acuta.

Già prima dell’emergenza questi bambini erano tra i più svantaggiati del mondo. Vivono in bilico e diventano più vulnerabili giorno dopo giorno, privati di ogni bisogno umano e di ogni diritto fondamentale.

Si tratta di un doppio disastro. La situazione è terribile in Somalia e nei campi profughi in Kenya e in Etiopia, ma si estende ben oltre: alle comunità pastorali di tutta la regione minacciando le persone e il loro modo di vivere e sostentarsi.

Questa carestia non è solo questione di cibo. È una questione di scelte obbligate.

La comunità globale non si trova di fronte a una scelta circa la risposta da dare, perché, di fronte a un’emergenza così evidente, non ci può essere altra scelta se non quella di agire subito.


AFPPer salvare vite umane, la risposta umanitaria globale deve essere immediata. Stimiamo che il fabbisogno totale dell'UNICEF per gli interventi di emergenza è di circa 300 milioni di dollari fino alla fine del 2011.

Nonostante i contributi significativi ricevuti da parte di molti governi e donatori privati attraverso i nostri Comitati Nazionali, l'UNICEF deve ancora affrontare un deficit per i bambini e le famiglie di oltre 200 milioni di dollari.

La risposta deve anche essere mirata, raggiungendo prima di tutto chi ha maggiore bisogno e chi è più a rischio, ma deve anche mettere a regime operazioni di assistenza preventiva a favore delle persone che vivono nelle aree colpite da siccità e carestia.

E la risposta deve essere flessibile, applicando una serie di modalità in diverse circostanze e adattando la nostra risposta alle condizioni e alle esigenze locali.

L'unica cosa su cui dobbiamo essere inflessibili è l'urgenza di agire, e agire ora, sia per rispondere ai bisogni immediati, sia per ricostruire il futuro.

Per le sue stesse cause, è probabile che questa crisi umanitaria continui, e dobbiamo aiutare i bambini e le famiglie del Corno d'Africa a resistere.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha lanciato oggi un nuovo appello per fondi aggiuntivi necessari ad ampliare le proprie operazioni di assistenza umanitaria nei paesi dell’Africa orientale e del Corno d’Africa. L’appello giunge mentre una grave carestia e il protrarsi della violenza incrementano l’esodo di massa sia all’interno della Somalia che oltre i confini del paese.


La nuova richiesta dell’UNHCR per far fronte all’emergenza all’interno della Somalia e alla crisi di rifugiati che si è estesa a Etiopia e Kenya ammonta a 144,9 milioni di dollari USA, 8,6 milioni in più rispetto all’appello iniziale lanciato all’inizio di luglio di 136,3 milioni di dollari.

I finanziamenti aggiuntivi consentiranno all’Agenzia ONU per i Rifugiati di potenziare le proprie operazioni di assistenza in Somalia e di consegnare aiuti umanitari - tra cui teli di plastica, utensili da cucina, coperte, taniche per trasportare l’acqua e biscotti ad alto contenuto energetico - a circa 180.000 persone, la maggior parte delle quali costrette a lasciare le proprie case a seguito dell’effetto combinato di carestia, siccità e conflitto. L’Agenzia rafforzerà inoltre la propria attività di mappatura e monitoraggio degli spostamenti di popolazione attraverso una rete di circa 80 partner attivi sul territorio e accrescerà la propria presenza nelle aree interessate dalle migrazioni forzate - tra cui la capitale Mogadiscio, la Somalia centrale e le aree al confine con Kenya ed Etiopia.

“La popolazione somala - sia coloro che affrontano rischio, vulnerabilità e fuga all’interno del paese e sia coloro che hanno cercato rifugio all’estero - non ha mai avuto così bisogno di protezione e assistenza umanitaria come oggi” ha dichiarato George Okoth-Obbo, Direttore dell’Ufficio per l’Africa dell’UNHCR.

“È imperativo che l’Agenzia sia messa nelle condizioni di potenziare le proprie attività umanitarie - ha aggiunto - per fornire protezione e altre fondamentali attività di assistenza d’emergenza alle persone che si trovano in una situazione di rischio. Se contribuiremo ad evitare che le persone non siano costrette a cercare sicurezza in un’altra area del paese o fuori del paese, sarà solo uno sviluppo positivo”.

Finora per quest’operazione d’emergenza l’UNHCR ha ricevuto dai donatori contributi e promesse per 59 milioni di dollari. Con l’appello aggiornato lanciato oggi sono necessari - entro la fine dell’anno - ancora 86 milioni di dollari.

Quest’anno l’Agenzia ha distribuito finora kit di assistenza d’emergenza a oltre 100.000 persone nelle regioni meridionali e centrali della Somalia, dove la siccità produce i suoi effetti più pesanti. Ulteriori aiuti sono attualmente in corso di distribuzione ad altre 114.000 persone colpite dalla siccità.

“Complessivamente l’UNHCR mira a raggiungere 400.000 persone che si trovano in disperato bisogno di assistenza all’interno della Somalia - ha affermato Bruno Geddo, Rappresentante in Somalia dell’Agenzia. Ciò allevierà la sofferenza di alcune delle persone più vulnerabili che non dispongono dei mezzi per spostarsi in cerca di assistenza”.

A partire dal mese di gennaio una combinazione di siccità e insicurezza in Somalia ha costretto oltre 96.000 persone a riversarsi in Kenya, più di 74.000 in Etiopia e circa 2.500 a Gibuti - paesi anch’essi colpiti dalla più drammatica siccità nella regione da 60 anni a questa parte.

A Dadaab, in Kenya, il flusso è andato ad aggravare la pressione sul già sovraffollato complesso di campi di rifugiati. Questa settimana l’UNHCR ha avviato l’operazione di trasferimento di centinaia dei nuovi arrivati dagli insediamenti ai margini di Dadaab verso il nuovo sito di Ifo extension, dove potranno trovare una sistemazione e disporre di acqua, servizi igienico-sanitari e assistenza medica.

Grazie al ponte aereo organizzato dall’UNHCR è stato possibile trasportare a Dadaab migliaia di tende, che tuttavia non sono sufficienti per soddisfare le necessità dei rifugiati, il cui numero cresce di 1.300 unità ogni giorno. Anche la disponibilità di acqua desta preoccupazione. In alcuni pozzi l’acqua viene pompata per 18 ore al giorno e presto a Dadaab la risorsa potrebbe raggiungere la sua portata massima.

Nell’area di Dollo Ado, in Etiopia, continuano ad arrivare centinaia di somali ogni giorno. Il campo di Kobe, aperto nel mese di giugno, è già pieno per la presenza di ben 25.000 rifugiati. La malnutrizione continua a costituire una sfida. L’UNHCR e le agenzie partner hanno avviato la fornitura di alimentazione terapeutica a tutti i bambini con meno di 5 anni, che due volte al giorno ricevono razioni di porridge nutriente. L’Agenzia fornisce inoltre due pasti caldi al giorno a oltre 13.000 rifugiati somali che si trovano nel centro di transito. Nel campo di Kobe poi sono attive 6 cliniche, alcune delle quali aperte 24 ore su 24. Ai genitori viene detto che possono ricevere assistenza per i propri bambini in qualsiasi momento. Entro una settimana nell’area di Dollo Ado è prevista l’apertura di un nuovo campo per ospitare i nuovi arrivati.

Eremo Via vado di sole , L'Aquila venerdì 29 luglio 2011


ANIMALI VERI ANIMALI IMMAGINARI : Animali nella letteratura italiana

ANIMALI VERI ANIMALI IMMAGINARI : Animali nella letteratura italiana

Nel nocciolo fisico e ideale degli Essais di Montaigne, la «Apologia di Raymond Sebond», alcune vivide pagine insolitamente affettuose sono dedicate ai misteri, alle bravure, alla superiorità degli animali sull'uomo il quale attribuisce «a chissà quale inclinazione naturale e bassa» alcune loro opere che vincono ciò che noi sappiamo e possiamo fare. La gatta con cui Montaigne si trastulla - come si trastullava Petrarca -, forse si diverte più di lui e certo lo comprende più di quanto lui non 'la comprenda; tra tutti i governi della società escogitati dall'uomo ce n'è qualcuno più alto del regime delle api? C'è un edificio ubicato più perfettamente" del nido delle rondini o costruito più intelligentemente della rete di un ragno? Il quale «evidentemente ha una facoltà di pensare». Al loro confronto siamo povere creature prive di tutto, abbandonate disarmate e nude sulla nuda terra.

È diffìcile trovare una "apologia" degli animali più strepitosa e spiritosa di questa. Nel volume organizzato da Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi intorno agli Animali della letteratura italiana, ma con ampie, inevitabili e provvide estensioni ai precedenti nelle letterature classiche e anche più addietro nel Paradiso adamitico e nell'Arca di Noè.

Fra la ventina di saggetti alfabetici di altrettanti autori, da «Api» a «Topi», intessuti di capillari richiami e citazioni su questo mondo divenuto oggi per certi aspetti più vicino a noi ma per altri assai più remoto nella sua realtà prima, ormai sconosciuta se" non addirittura scomparsa, le api citate da Montaigne hanno ancora il loro bel rilievo in una catena che da Virgilio scende alle cinquecentesche Api georgiche di Giovanni Rucellai e al seicentesco Apiarium dello scienziato Federico Cesio È sempre esaltata la casta armonia, l'industriosità profumata, la previdenza della loro società; poco liberale in verità se «tutte a uno solo obbediscono, e per la pubblica salute tutte con fortissimo animo e ardentissima "opera s'essercitano» (Leon Battista Alberti).

Altrettanto avviene delle formiche. Se sono esaltate tradizionalmente nella favola borghesissima a fronte della spensierata cicala, paziente invece lei, costruttiva, e pur fragile nelle sue nere carovane, «minime briciole del moto e dell' essere» secondo Gadda, c'è chi (Gianni Rodari ma non solo) si schiera con la sua rivale, che "regala" generosamente il suo bel canto di cui andava ebbro ed era invidioso D'Annunzio ascoltandola tra la luce e il verde delle selve nei meriggi e negli occasi viola .

Sopra tutti volteggia maestosa l'aquila, indisputato uccello. L'aquila imperiale del Paradiso dantesco; vetta dell'amore di Giacomo da Lentini ( “in aquila gruera [che domina le gru] ho messo amore»): l'aquila degli ingegni sublimi, Dante stesso raffigurato nelle Grazie del Foscolo come un'aquila sdegnosa che batte le penne «cieli e abissi cercando». Tutti i suoi valori sono racchiusi nel Morgante di Pulci: «L'aquila in alto con sue rote andava,! guardando fiso il sol, com'essa è avvezza ... »: versi degni di stare accanto alla traversata alpestre del diacono Martino nell'Adelchi: «Tutto tace: [ ... ] l'aquila dall'erto / nido spiccata in sul mattin, rombando ... ». A fatica, nota Leopardi nell'Elogio degli uccelli, possiamo crearci un'immagine proporzionata della sua potenza e delle meraviglie di quando di lassù gode di spettacoli immensi, spazi sconfinati di terre e paesi: per cui «s'inferisce che debbono avere un grandissimo uso dell'immaginativa». Che non è invero molto discosto da quanto s'immaginava il signore di Montaigne.

«Animali della letteratura italiana», a cura di Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi, Carocci, Roma, pagg. 288, € 25,00.

Reecnsione di Carlo Carena Corre la fantasia con gatti e topi Il Sole 24 ore 28 febbraio 2010

Eremo Via vado di sole , L'Aquila, venerdì 29 luglio 2011

giovedì 28 luglio 2011

EDITORIALI : Il ragionier V.P. uomo tranquillo ovvero il male oscuro


EDITORIALI : Il ragionier V.P. uomo tranquillo ovvero il male oscuro

Fino a un momento prima di arrivare a quel semaforo, il ragionier V.P. credeva d’essere un uomo tranquillo. Settantuno anni, dirigente in pensione, nessun precedente penale. Che cosa, in un pomeriggio di luglio, ha scatenato in lui una furia tale da spingerlo a inseguire e travolgere un motociclista, uccidendolo, solo per una lite su una precedenza non data? Le testimonianze concordano: volontariamente l’auto è passata sopra il ragazzo, già a terra. E tutto è successo in pochi istanti: una frenata, un insulto, uno sputo in faccia al vecchio; e una rabbia che monta improvvisa, feroce, come dal nulla; e ora è lei che tiene il volante, e preme sull’acceleratore, mentre gli occhi sono come accecati. Poi, è solo un giovane padre di una bambina di tre anni morto; e un uomo inebetito che dice: «Non volevo».

Cosa è stato dunque a Milano in via Andrea Doria, o a Roma, due anni fa, quando un padre di famiglia uccise per una banale lite su un parcheggio, o a Milano, ancora, l’autunno scorso, dove un tassista venne pestato a morte per avere investito un cane?

Restiamo attoniti davanti a queste tragedie, perché accadono fra gente fino a quel giorno inoffensiva. Per un nulla: una parola come ne vengono dette tante, senza che poi ne muoia nessuno. Sembra però che queste storie si ripetano con crescente frequenza. E senza arrivare al dramma, quante volte capita di assistere, alla cassa di un supermercato o in un ufficio pubblico, all’esplodere di una lite spropositata, se solo qualcuno non rispetta la fila. È come se un fondo di frustrazione, di rancore, albergasse in molti, benché a volte trattenuto dall’educazione; ma se improvvisamente qualcuno, con una parola o un gesto, abbatte questa sottile barriera, allora la rabbia viene fuori di getto, come dalla crepa di una diga. Come paglia, a cui venga avvicinato un cerino: e divampano le fiamme, dove tutto sembrava mansueto.

Cos’è?, ci domandiamo stupefatti. E da dove viene, questa cosa oscura che insorge e acceca uomini tranquilli? Guardiamoci: per la strada, sull’autobus, in una sala d’attesa. Non c’è nell’aria, fra molti di noi, come un’amarezza muta, un confuso malanimo verso tutti e nessuno, che appunto solo la buona educazione trattiene negli argini? Come una delusione, come se la vita non avesse mantenuto le promesse, e si fosse stati ingannati; come se gli "altri", attorno, da chi ci governa al capo ufficio, al vicino rumoroso, fossero insieme i responsabili di un’oppressione che schiaccia. E in questa frustrazione un rancore silenzioso si allarga. In mille restano arrabbiati, ma civili. Uno, a un semaforo, insultato, scatta; è un attimo, è il cerino nella paglia, la provocazione che infiamma quel fondo contenuto di rabbia.

Perché, però, sempre più spesso? Siamo forse più poveri o infelici di cinquant’anni fa? No. Siamo però molto meno educati a riconoscere, dentro l’amarezza per l’egoismo, l’indifferenza, la solitudine che avvertiamo attorno, la nostra personale responsabilità, accanto a quella degli altri. Nelle parole su un tram di Milano o di Roma cogli la stanchezza: i potenti rubano, le tasse opprimono, i medici sbagliano, i figli abbandonano. Mai però l’eco di una coscienza, in cui si riconosca che "noi" non siamo innocenti; che il male non è solo quello degli altri, ma anche il nostro. È la dimenticanza di quella vecchia abitudine che era l’esame di coscienza, la sera; l’ora in cui dire: «Anche io, perdonami».

Se il male è solo quello fatto dagli altri, il rancore sotterraneamente si allarga e preme. I più rimangono educati e equilibrati. Ma è un argine che può cedere. D’improvviso, a un semaforo. Un sorpasso, un anziano signore perbene sulla sua auto, due parole grosse. Come dal nulla, l’ira che sale, onda improvvisa da un mare piatto; e corre e acceca, e scoppia in una violenza antica.

Marina Corradi L’Avvenire 28 luglio 2011 La violenza che lascia attoniti .Quando cede l’argine

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, giovedì 28 luglio 2011

mercoledì 27 luglio 2011

SILLABARI : Crisi


SILLABARI : Crisi

Crisi: Standard & Poor’s cala di nuovo la sua scure sulla Grecia

Standard & Poor’s ha tagliato il rating sovrano di lungo termine della Grecia da "CCC" a "CC", l'outlook è negativo. S&P indica in una nota che le forme di ristrutturazione del debito greco incluse nel nuovo piano di salvataggio approvato dai leader della zona euro equivalgono, sulla base dei suoi criteri di valutazione, ad un default selettivo. S&P osserva a proposito che le opzioni proposte sono sfavorevoli ai creditori commerciali perchè comporteranno probabilmente delle perdite.

Ma chi è o chi sono gli uomini di Standard & Poor’s ?


Standard & Poor's (abbr. S&P) è una delle principali agenzie di rating al mondo. Prima di esaminare quali sono le attività di S&P e delle sue colleghe, vediamo innanzitutto cosa si intende per “rating”.

Secondo Bankitalia il rating è “un simbolo che esprime la valutazione formulata da agenzie private specializzate (appunto le c.d. agenzie di rating, ndR) del merito di credito di un soggetto”. Esso è, in altri termini, la rappresentazione di un giudizio di sintesi sulla solvibilità di un soggetto, privato o pubblico.

Il rating non è pertanto né un consiglio né tanto meno una garanzia di insolvenza o di affidabilità per coloro giudicati in maniera negativa o positiva. Il rating è “semplicemente” una valutazione dell'agenzia sulla presunta capacità del debitore di onorare i propri debiti. Tale giudizio viene considerato indipendente visto che viene espresso da un terzo soggetto esterno che si basa su dati oggettivi revisionati periodicamente. Il fatto che sia una mera opinione non significa, ovviamente, che tale valutazione sia priva di effetti.

I soggetti che divengono principale oggetto di valutazione da parte delle agenzie di rating sono gli emittenti di titoli obbligazionari (imprese, Stati), per i quali la valutazione assume il significato di un giudizio sul loro grado di solvibilità.

Standard & Poor's, come detto, è solo una delle tante agenzie di rating presenti sul globo. Tuttavia i suoi giudizi autorevoli e l'ampia gamma di osservazioni condotte ne hanno fatto col tempo uno dei componenti più importanti del panorama delle agenzie di rating, di fianco a Moody's e Fitch. Il fatto che le tre agenzie appena citate appartengano all'area statunitense non deve far dimenticare che ovunque esistono nel mondo “colleghe” delle agenzie più famose: basti citare, a titolo di esempio, la giapponese Japanese Bond Rating, o la canadese Canadian Bond Rating Service.


Standard & Poor's non è nemmeno l'agenzia di rating più antica. La prima agenzia nasce infatti nel 1841 grazie a Luis Tappan, con l'obiettivo di valutare l'affidabilità finanziaria delle imprese: è proprio questa agenzia che, nel 1933, contribuirà alla nascita della “Dun and Bradstreet”, figlia delle intenzioni di Dun (che aveva rilevato anni prima l'agenzia di Tappan) e Bradstreet (che aveva fondato quasi novant'anni prima un'altra agenzia di rating).

I nomi più noti arriveranno di lì a breve, quando John Moody propose di estendere il rating ai singoli titoli obbligazionari; lo stesso fece poco dopo la Poor's Publishing Co. e la Standard Statistics Co., che poi si uniranno nel 1941 con il nome di Standard & Poor's.

Come la S&P, ogni agenzia di rating ha sviluppato al proprio interno una struttura di valutazione del tutto specifica. Moody's ad esempio suddivide i suoi giudizi in short term debt rating (per le obbligazioni con scadenza inferiore all'anno) e long term debt rating (per le obbligazioni con scadenza superiore all'anno), separandoli da altre valutazioni che abbracciano la qualità dei fondi di investimento (mutual fund ratings) o la solidità delle compagnie d'assicurazione (insurance financial strength ratings).


Standard & Poor's invece possiede un'articolata gamma di rating, che si riferiscono alle emissioni di obbligazioni delle società per azioni (corporate credit ratings) o ancora alle singole tipologie di strumenti finanziari (esistono perciò dei ratings specifici per certificati di deposito, fondi comuni, ecc.).

All'interno di S&P di particolare importanza è il c.d. issuer credit ratings, valutazione in merito alla solvibilità del singolo debitore, che nel caso in cui oggetto di valutazione sia uno Stato viene chiamato sovereign rating, ed esprime il giudizio di affidabilità sulle obbligazioni primarie dello stesso Stato o di un Ente Statale.

L'elenco delle tipologie di ratings prodotte da Standard & Poor's si arricchisce poi di specifiche tipologie di operazioni: esistono rating per i trasferimenti di valuta all'estero, valutazioni in merito alla possibilità che uno Stato possa generare eventuali barriere all'uscita di denaro dai propri confini e così via.

Per quanto riguarda i famosi simboli utilizzati per sintetizzare i giudizi, occorre affermare che al mondo non vi è uniformità nelle rappresentazioni che le agenzie di rating utilizzano per sintetizzare la loro valutazione. Fitch, Moody's e Standard & Poor's usano delle lettere combinandole in scale piuttosto ampie.

Per il rating societario, Moody's ad esempio utilizza dei valori da Aaa a C per il lungo termine e da P-1 a NP per il breve termine. Fitch e Standard & Poor's hanno due sistemi di valori simili per il lungo termine, ma mentre la prima ha valori da F1 a F3 e da B a D per il breve termine, la seconda usa valori da A1 a C.

Con dei piccoli accorgimenti, tuttavia, le scale sono equiparabili. Ad esempio, sempre con riferimento al rating societario, il giudizio migliore, che è AAA per S&P diventa Aaa per Moody's, e da entrambe viene assegnato agli emittenti con un'elevatissima probabilità di rimborso del capitale e degli interessi: di conseguenza appartengono a questa categoria le società e gli stati il cui rischio di insolvenza è minimo.

Tornando a Standard & Poor's, è facile osservare come una delle “creazioni” più famose dell'agenzia sia sicuramente l'indice Standard & Poor's 500, uno degli indici sui mercati azionari più importanti al mondo, probabilmente il più importante nell'ambito statunitense. Lo S&P 500 riguarda infatti i principali 500 titoli azionari quotati a Wall Street, la stragrande maggioranza di nazionalità statunitense (le società estere sono solamente undici).

Tra i titoli presi in considerazione dal comitato che gestisce il paniere dello S&P 500 vi sono attualmente 87 titoli appartenenti alla categoria industriale dei consumi secondari e altrettanti del settore finanziario, e 79 titoli del mondo dell'information technology. Tra le altre categorie industriali vi sono la salute (55 titoli), l'industria (52), i consumi primari (38), i servizi pubblici (32), l'energia (31), le materie prime (29) e le telecomunicazioni (10).

A cura di Roberto Rais

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, mercoledì 27 luglio 2011

BIBLIOFOLLIA : Agenti letterari

BIBLIOFOLLIA : Agenti letterari

Nel mondo anglosassone hanno oltre un secolo di vita, ma in Italia la categoria si è sviluppata in modo sensibile solo nell'ultimo ventennio, ad eccezione dell'Ali, una delle più antiche agenzie del mondo. Sono gli agenti letterari. E questo non per il ritardo ormai cronico del nostro Paese, ma perché in un mercato librario obiettivamente piccolo, linguisticamente minoritario e con un indice di lettura assai basso, le case editrici hanno mantenuto molto più a lungo una struttura artigianale, che consentiva loro di svolgere all'interno il lavoro di lettura, selezione e promozione degli autori ( ... ). Il risultato è stata una produzione in qualche caso di grande qualità - pensiamo a editori storici come Mondadori, Rizzoli, Einaudi, Laterza, Bompiani, per citarne solo qualcuno - ma di piccoli numeri e sostanzialmente elitaria. Molti sostengono che questo resta l'unico modo di salvaguardare la qualità, ma forse non è così perché lo scenario negli ultimi due decenni è radicalmente cambiato e ha imposto nuove scelte. Perché il mercato del libro si è internazionalizzato, offrendo opportunità, ma anche necessità di aggiornamento professionale, perché i lettori sono ovunque più sollecitati e più attenti. E perché il prodotto libro si può trasformare in altre cose. Cinema, Televisione, e-book. E videogioco, perché no? E allora la mediazione dell'agente letterario - un po' avvocato, un po' psicologo, un po' manager - è davvero fondamentale per navigare in un mondo complicato. ( ... ) Matrimoni e divorzi fra autori ed editori, ma anche semplici contestazioni, vedono gli agenti in prima linea perché il loro ruolo di mediazione accompagna la soluzione del caso in ogni sua fase. E questo permette all'autore di fare quel che sa fare. Scrivere.

( ... ) per gli scrittori alle prese con un mercato tanto complicato gli agenti si confermano come figure di riferimento irrinunciabili. Sì, ma come sceglierli? Quali informazioni sono utili per un autore in cerca di editore? Diciamo subito che l'identikit dell'agente letterario difficilmente standardizzabile. Non esistono corsi propedeutici o una facoltà dedicata. Tantomeno un album.


Ma se scorriamo i profili degli agenti scopriamo che sono stati editor di case editrici importanti e hanno svolto varie mansioni. non di rado occupando ruoli manageriali perché un agente letterario deve conoscere molto bene tutti i mercati e anche saper fare i conti. Un'occhiata ai principali siti ( ... ) ce lo conferma.

Donatella Barbieri e Chiara Boroli dell'Ali appartengono a famiglie di editori, Marco Vigevani ha esordito con Mario Spagnol della Longanesi, si è occupato a lungo di narrativa e saggistica in Mondadori e, prima di aprire la sua agenzia, ha frequentato per un anno la Columbia University. Luigi Bernabò ha iniziato la carriera con Eric Linder e soltanto dopo una lunga esperienza in Rizzoli è tornato a occuparsi degli autori con una sua agenzia. Laura Grandi e Stefano Tettamanti. autori essi stessi, hanno una gamma vastissima di offerte differenziate, Roberto Santachiara è

passato dal Club degli editori alla Bompiani,all'Ali. prima di fondare, nel '91, la sua agenzia. Ora è anche docente alla Luiss. Vicki Satlow, infine, ha alle spalle vent'anni di carriera a New York e un brillante esordio nel nostro Paese dove ha portato un vento di novità.

( ... ) A chi consulta i diversi cataloghi e siti, il loro profilo si presenta normalmente completo di dati e con l'indicazione dello specifico settore di attività. Bisogna però tenere conto che non esistono regole perentorie in questo settore e che spesso la risposta giusta per un agente è: "Dipende". Dall'idea. Dal suo valore letterario o scientifico. Dalla sua novità. E da molte altre variabili. D'altra parte anche il libro non si presta alle logiche standard di mercato che valgono per i normali prodotti di consumo. Ciascuno di essi è un unicum, va seguito passo passo con tenacia e convinzione e forse, oltre che conoscerlo, bisogna anche un po' amarlo. Perché, a dispetto del marketing, a un agente di oggi serve anche un po' di quel proverbiale fiuto che ha fatto grandi certi editori del passato.

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, mercoledì 27 luglio 2011

lunedì 25 luglio 2011

SILLABARI : Pace

SILLABARI : Pace

(Marcia Perugia-Assisi per la pace e la fratellanza dei popoli e il Meeting dei 1000 giovani per la pace in programma dal 23 al 25 settembre 2011.)

Non è una riunione tra "grandi" quella alla quale Papa Benedetto ha invitato, ancora una volta nella casa di Francesco d'Assisi, uomini di religioni e razze diverse. È una grande riunione tra persone di fede che torneranno a percorrere con umiltà e speranza la via aperta nel 1986 da una altrettanto grande intuizione di Giovanni Paolo II. Ed è un grande segno.

La pace - che si costruisce combattendo la povertà, custodendo il creato e realizzando un'autentica libertà religiosa (non a caso, idee guida degli ultimi tre messaggi di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace) - non è un compito esclusivo di governanti, legislatori e diplomatici. anzi non lo è quasi mai. La storia e le tristi cronache dell'oggi ci ricordano che ai potenti del mondo càpita. più che altro, di dichiarare guerre e armistizi e, quasi mai, di sancire paci durature.

La pace è un "gesto" che è la riunione di diversi "gesti": deporre le armi, coltivare la terra, solcare i mari, edificare case, dare fiducia agli altri uomini perché si è deciso di darsi con fiducia a Dio. La pace è, infatti, credere. Credere che c'è un progetto buono e bello su ciascuno di noi e su quel grande "popolo dei popoli" che è l'umanità. E per capire questo progetto, per. servìrlo. bisogna avere il coraggio di alzare gli occhi oltre l'orizzonte degli egoismi e dei sospetti, al di là della cortina delle presunzioni e delle intolleranze, sino al cielo. Questo significa pregare, un'azione che sembra una non azione, che qualcuno considera una fuga dal mondo.

Invece, quando preghiamo, la pace è già cominciata dentro di noi. Se poi riusciamo a pregare all'unisono - da diversi, da separati, da distanti - la pace diventa cammino segnato e sicuro agli occhi di tutti. Diventa "via". E, dunque, diventa possibile.È questo il miracolo che torna ad accadere ad Assisi. E forse, lo dico con umile orgoglio di cristiano e di figlio di questa terra, non potrebbe accadere con la stessa esemplare intensità in nessun altro luogo posto sotto il cielo di Dio.

Ma che cos’è Assisi per il processo di pace nel mondo ?

Scrive Ezio Mauro :”Le religioni del mondo riunite ad Assisi per un confronto e una discussione sono un segno di speranza per tutti, credenti e non credenti. L'incontro, voluto da papa Benedetto XVI, assume infatti oggi un significato che va al di là dell'ecumenismo. Certo, le religioni cercano un dialogo nel nome dell'uomo e di Dio, nella fedeltà ai propri valori, e pure nell'impegno a operare per quel bene comune che è la cifra dell'impegno laico - e non solo religioso - in qualsiasi comunità di uomini e donne liberi.

Ma non possiamo fingere di non vedere come una delle faglie che attraversano e dividono oggi i popoli e le civiltà cerchi di rivestire di motivazioni e addirittura di ragioni religiose le scelte politiche di contrapposizione e addirittura di conflitto. Bisogna evitare che si guardi alle religioni con paura, senza nemmeno conoscere e senza lo sforzo di capire. Non bisogna permettere che la fede si trasformi in ideologia, diventando armata e conflittuale, elemento di divisione e in qualche caso di odio. Proprio oggi che le religioni sono uscite dalla dimensione privata per riaffacciarsi nel discorso pubblico (col doppio obbligo di rimanere fedeli ai loro valori, ma di riconoscere che in

democrazia ogni verità è relativa perché non esiste una riserva veritativa fuori dal libero gioco delle opzioni che si confrontano su basi di uguaglianza nel voto dei cittadini e in parlamento) occorre evitare che la religione venga immiserita a strumento politico, invece di essere una pedagogia della trascendenza. Qualcosa di più dell'ecumenismo, dunque. Nella sede di Assisi, che da sempre parla a tutti gli uomini di pace e di fratellanza.”

E qual è la storia di questa conquista ? Lo scenario .

Già dal lontano 27 ottobre 1986 Assisi fu scelta come il luogo più idoneo e ideale per permettere agli uomini di buona volontà del mondo intero, di riflettere sulle responsabilità comuni in relazione alla pace universale, I massimi responsabili delle Religioni aderirono allora, come anche nel 1993 e nel 2002, all'invito di papa Giovanni Paolo II per manifestare l'anelito alla pace, attraverso l'invocazione della preghiera, Gli sforzi della diplomazia, dell' orgoglio e dell'ideologia del dominio e degli interessi economici, si sono rivelati insufficienti a rompere il muro degli egoismi, per cui si è voluto proporre una via superiore e più efficace per invocare la pace: la forza della preghiera, e del-

l'amore per Dio e per i nostri simili, Questi elementi sono il cuore di ogni Religione vera e i mezzi infallibili per preservare e promuovere la pace e l'umana convivenza, Assisi dunque, anche nel prossimo ottobre, sarà lo scenario dell'incontro delle Religioni per la pace.

Il complesso delle Basiliche papali di Assisi , che, " custodiscono le Spoglie mortali' del Poverello d'Assisi, è stato e sarà l'immagine simbolo, l'icona che ci ha consegnato l'incontro delle Religioni di 25 anni fa, di quelli successivi e di quello che verrà,

È incancellabile nella nostra mente la figura bianca di papa Giovanni Paolo II, circondato da quelle variopinte e ieratiche dei vari rappresentanti delle grandi Religioni, sul palco della piazza inferiore di San Francesco, stretti nell'abbraccio ideale del colonnato che delimita la piazza, affettuosamente protetti dalla gente circostante quasi in una condizione di sospensione tra cielo e terra.

Le date di questo percorso .

Incontro del 1986

È in un anno molto delicato, il 1986, attraversato da venti di "Guerrafredda", da tensioni fra i due blocchi americano e sovietico, da scenari di riarmo militare e nucleare, che Giovanni Paolo II invita ad Assisi i leader delle religioni di tutt? il mondo per una giornata di preghiere, di silenzio e di digiuno per la pace, Quella del Papa è una iniziativa senza precedenti,

Così, il 27 ottobre, giungono nella città di san Francesco più di sessanta capi religiosi, negli abiti più diversi, Uno per uno gli ospiti, tra i primi dei quali il Dalai Lama, vengono salutati dal Papa sulla soglia del tempio, «Non prenderemo alcun pasto - annuncia Giovanni Paolo II- e in questo modo diverremo più coscienti del bisogno universale di penitenza e di trasformazione interiore, Le nostre tradizioni sono molte e varie, ma riflettono il desiderio di uomini e donne lungo il corso dei secoli di entrare in relazione con l'essere assoluto, La preghiera comporta da parte nostra la conversione del cuore, vuol dire approfondire la nostra percezione della realtà ultima, Ed è per questa ragione che siamo convenuti in questo luogo»,

A conclusione di una giornata indimenticabile, in una Assisi battuta dal freddo e dalla pioggia, il Papa si rivolse ai leader mondiali: «li invitiamo a prendere atto della nostra umile implorazione a Dio per la pace, ma chiediamo pure ad essi di riconoscere le loro responsabilità e di dedicarsi con rinnovato impegno al compito della pace con coraggio e lungimiranza»,

Fra il 1985 e il 1989 i presidenti americano Ronald Reagan e sovietico Mikhail Gorbachev s'incontrarono più volte, Decisero di ridurre armi e missili nucleari: l'incubo di una guerra atomica svanì, lasciando il posto al processo democratico, L'appello del Papa era stato raccolto.

Incontro del 1993

Se l'incontro di Assisi del 1986, si rivolgeva al modo intero, «su cui si addensavano oscure nubi, oggi il nostro sguardo si volge all'Europa», dice Giovanni Paolo II, promuovendo un nuovo appuntamento di preghiera per la pace il 9 gennaio 1993 ad Assisi con i leader religiosi della tradizione europea, Si implora la pace al «Signore della storia - annuncia il Papa - certi di essere ascoltati» da quel Dio che, dopo la preghiera del 1986 «ha dato dei segni, anche tangibili, di avere ascoltato»,

Nel 1991 era scoppiata la crisi nei Balcani, dando luogo a una serie di guerre violenze che coinvolgeranno in particolare popolazioni. di territori - Croazia, Bosnia, Kosovo che costituivano parte di quella che era fino ad allora la Jugoslavia,

Obiettivo del Papa e degli altri leader religiosi è quello di «contribuire in modo specifico, con le nostre preghiere e con l'offerta del nostro digiuno, alla ricostruzione del continente europeo e forse alla sua sopravvivenza»,

Salgono così ad Assisi gli esponenti delle religioni e i testimoni degli orrori della guerra in Bosnia, «irrazionale come tutte le guerre»: a raccontare violenze e disperazione sono le delegazioni venute da Sarajevo, dall'Erzegovina, da Banja Luka e dalla Croazia.

A Sarajevo, ha raccontato l'arcivescovo della martoriata città, mons. Vinko Puljc, la diocesi aveva 500.000 fedeli. In nove mesi «62 parrocchie sono state totalmente devastate, la gente, insieme ai loro parroci, scacciata. Le fabbriche, le imprese, i negozi, gli edifici pubblici e privati distrutti dai bombardamenti».Giovanni Paolo II sottolinea: «Alla guerra e ai conflitti voglia¬mo contrapporre con umiltà, ma anche con vigore, lo spettacolo della nostra concordia, del rispetto dell 'identità di ognuno».

La giornata di preghiera per la pace in Europa si concluse con una fiaccolata per le vie della città e le preghiere di giovani e non nelle chiese della città di san Francesco.

La crisi nei Balcani trovò una sua conclusione il 21 novembre 1995 con l'accordo di,Dayton (Usa), formalizzato il 14 dicembre dello stesso anno a Parigi .

Incontro del 2002

Quando il 24 gennaio. 2002 i rappresentanti delle undici maggiori religioni del mondo in rappresentanza di gran parte dell’umanità arrivarono ad Assisi per la Giornata di preghiera per la. Pace nessuno ha ancora dimenticato quelle immagini dei due aerei che si abbattono sulle Torri gemelle di New York A seminare morte e orrore l' 11 settembre 2001 nel cuore della metropoli americana sono stati terroristi di Al Qaida, una organizzazione che si richiama al fondamentalismo islamico.

Giovanni Paolo II lancia un appello perché non venga strumentalizzato in modo offensivo il nome di Dio, e le religioni siano un «fattore di solidarietà e di pace» r dopo il «tragico attentato dell' 11 settembre scorso» e di fronte «al rischio di nuovi conflitti» .

«La Giornata di preghiera per la pace - dice il Papa - non intende in alcun modo indulgere al sincretismo religioso. Ciò che unirà tutti i partecipanti è la certezza che la pace è dono di Dio». « Su tale base, uomini e donne di diverse appartenenze religiose non solo possono collaborare, ma anzi - aggiunge - devono impegnarsi sempre più per difendere e promuovere l'effettivo riconoscimento dei diritti umani, condizione indispensabile per una pace autentica e duratura».

La giornata di Assisi si conclude con una sorta di decalogo:

No alla violenza, sì a dialogo, amicizia, difesa dei poveri, giustizia, solidarietà con chi soffre che passa oltre le differenze tra le religioni.

Nella città di san Francesco pregano e prendono la parola il sikh. il musulmano. il rabbino, il confuciano, l'ortodosso, il buddhista. Il metropolita Pitirim. vicario del Patriarca di Russia, dichiara solennemente: «ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, perché crescano la comprensione e la fiducia reciproca tra gli individui e i popoli».

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 25 luglio 2011

SETTIMO GIORNO : Il tuo amore sia la mia consolazione

SETTIMO GIORNO : Il tuo amore sia la mia consolazione

Dice bene il salmista quanto afferma : “Quanto amo la tua legge Signore.” Perché questa legge è la legge del tuo amore che è la mia consolazione. Ma è anche bene per me , e io amo i tuoi comandamenti, più dell’oro, dell’oro fino.

Perché? Perché meravigliosi sono i tuoi insegnamenti che io custodisco. E dunque la rivelazione della tua parola illumina, dona intelligenza ai semplici perché tu Signore Gesù Cristo sei la parola della sapienza . Quella Sapienza che Salomone chiede per governare il suo popolo e che, poiché non ha chiesto per sé molti giorni,né ricchezze materiali ,né la vita dei suoi nemici ,gli viene accordata, donata.

“Ti concedo un cuore saggio e intelligente ,uno come te non ci fu prima di te , né sorgerà dopo di te” Ecco il dono della sapienza.

Da sempre l’uomo si è posto alla ricerca della sapienza che consiste nel discernimento tra il bene e il male e non a caso nella storia dell’umanità e della sua cultura almeno nel mondo occidentale la filosofia ha rappresentato appunto la ricerca e l’amore per la sapienza oltre che il senso di questa ricerca.

Ora la sapienza è un dono di Dio ed è l’esercizio della sua parola fattosi carne nel suo figlio e Signore Gesù Cristo. Una parola che nel caso del vangelo proclamato in questa XVII domenica del tempo ordinario assume un valore importantissimo sul valore e sul senso del tesoro e che completa nella narrazione evangelica il racconto,l’ammonimento, l’esortazione di Gesù : non lasciate che la parola(vero tesoro ) segua il suo destino come un seme nei campi e dia il minimo frutto ma coltivatela perché possiate essere pronti alla chiamata. Una chiamata che appunto avverrà separando il frumento dalla zizzania, il male dal bene, i buoni dai cattivi.

Coltivare la parola significa a ccoglierla nel cuore e quale migliore aiuto le si può dare se non quello del silenzio. Il silenzio infatti da molti ricercato , curato ed ascoltato è proprio l’esercizio giusto per impiantare e coltivare nel cuore e nella mente la parola. La capacità ovvero di sgomberare dal superfluo , dall’inutile per lasciar posto all’essenziale che è appunto la parola. Una parola che si è fatta carne , che è tesoro prezioso.

Il cristianesimo allora non è una religione che promana dalle parole di un libro , non è l’osservanza di un libro come avviene nell’islamismo dove la fonte di ogni cosa è il libro del Corano..

Il cristianesimo è la religione di discepoli di un Dio fattosi uomo nella persona di Gesù Cristo che è appunto la parola incarnata ,increata.

Prola e parole dunque vecchie e nuove perché lo scriba , che è l’uomo di sapienza ,diventi simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. Ma che sono queste cose nuove e queste cose antiche ? E’ la parola del Vecchio e Nuovo Testamento che Cristo è venuto a far vivere nella sua persona con una anticipazione del Regno di Dio .

Il messaggio della parola del regno è chiaro : aprire le porte a Cristo che è il tesoro,fare largo a lui. Ecco dunque le tre similitudine del regno che appunto è già cominciato sulla terra e che ogni cristiano nella sua esperienza di salvezza può cominciare a vivere.

La parabola del tesoro si riallaccia a quella del grano e della zizzania perché in prospettiva escatologica vuole ricordare all’uomo che si comincia qui sulla terra, come si accennava, a realizzare il regno di Dio .

Scrive Roberto Rossi : “Il Vangelo di oggi ci ripropone alcuni temi, cari al cuore di Matteo, che percorrono trasversalmente tutto il discorso delle parabole del Regno. Del Regno viene affermato il valore inestimabile, ineguagliabile da nessun altro bene e per il quale viene venduto tutto. Bellissime le espressioni "tutto contento, và, vende quello che ha e compra quel campo". Nella parabola della rete e dei pesci si ribadisce la conclusione della fase terrena del Regno con l'inizio della sua fase eterna dove sarà definitivamente separato il bene dal male, i buoni dai cattivi..

Le due parabole del tesoro e della perla preziosa per i quali i due personaggi del vangelo vendono tutto pur di possederli insegnano a scegliere la cosa migliore, anche quando è necessario il sacrificio di tutto il resto.

Gesù vuol dire: il regno di Dio è il valore supremo e, pur di ottenerlo, vale la pena di rinunciare a tutto. Comprendere che il valore assoluto del regno di Dio è il primo nella scala dei valori richiedere discernimento e sapienza, perché, se provoca una gioia smisurata, invita anche ad una scelta che comporta la rinuncia a molte cose. “

E Romeo Maggioni conferma : “ l'uomo - lo si voglia o non si voglia - è stato fatto a immagine di Dio, anzi meglio, "predestinato ad essere conforme all'immagine del Figlio suo", è cioè stato fatto e strutturato per essere niente di meno che come Dio, per divenire "simile a Lui". Non c'è altro progetto e altro traguardo che lo possa realizzare e saziare. San Paolo oggi nella seconda lettura delinea addirittura tutto lo svolgersi della nostra esistenza secondo Dio in cinque verbi che scandiscono il suo disegno su di noi: conosciuti, predestinati, chiamati, giustificati, glorificati! Il bisogno di Dio è quindi strutturale in noi; la comunione con lui costituisce il contenuto oggettivo di quello che noi chiamiamo felicità!

E' su questo riferimento oggettivo che si pone il giudizio di buono e cattivo, è rispetto a questo destino, a questa chiamata o vocazione, che viene misurata la moralità o meno di ogni nostro gesto che riguarda la vita. Uno potrà dire che non ci sta, che non gli piace; ma è il dato di fatto; come del bambino che necessariamente è fatto e strutturato ad immagine dell'umanità dei suoi genitori.”

Il "discorso parabolico" di Gesù, che consiste nelle sette parabole che Matteo raggruppa nel cap. 13, si conclude con le tre parabole odierne (Vangelo) del tesoro, perla e rete. Il tesoro e la perla si ricollegano idealmente alle parabole (anteriori) del seminatore, del granellino di senapa e del lievito; mentre la zizzania e la rete hanno una dinamica simile tra di loro. Le sette immagini sono vie didattiche, usate da Gesù per introdurre i suoi discepoli nella comprensione della realtà misteriosa del Regno di Dio, o Regno dei cieli. Tutte e sette inducono ad una scelta di valore: il discepolo deve optare e il centro/oggetto di tale opzione è Gesù stesso, il quale è la pienezza del Regno. Egli è il seme buono, la Parola che il Padre semina nel campo del mondo e che ha la capacità di trasformarlo dal di dentro, con la forza intrinseca del granellino di senapa e del pizzico di lievito; Egli è il tesoro nascosto e la perla preziosa da ricercare e da preferire a qualsiasi altro valore, facendo spazio a Lui, e solo a Lui, superando così il pericolo di essere buttati via come la zizzania e i pesci cattivi (cf. v. 48)

Giovanni Crisostomo commenta così questo brano evangelico: "Con queste due parabole noi apprendiamo non solo che è necessario spogliarci di tutte le altre cose per abbracciare il Vangelo, ma che dobbiamo fare questo con gioia. Chi rinunzia a quanto possiede, deve essere persuaso che questo è un affare, non una perdita... Coloro infatti che possiedono il Vangelo sanno di essere ricchi".

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 25 luglio 2011


sabato 23 luglio 2011

BIBLIOFOLLIA : Raymond Queneau ESERCIZI DI STILE (trad. di Umberto Eco)

BIBLIOFOLLIA : Raymond Queneau ESERCIZI DI STILE (trad. di Umberto Eco)

Un libro affascinante. Anzi, direi quasi, che è il libro per antonomasia che non può mancare, soprattutto, nella libreria degli scrittori esordienti (e anche dei lettori attenti). Gli Esercizi di stile di Raymond Queneau (pubblicati – in diverse edizioni – in Italia da Einaudi con l’introduzione e la traduzione di Umberto Eco) sono un testo splendido. Queneau parte da un episodio di ordinaria quotidianità e cioè:

Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi ci butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: “Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito”. Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché (pag. 3)

Da questa semplice notazione Queneau parte con delle variazioni sul tema per ri-dire la stessa storia ma sempre in maniera nuova e facendo ricorso a diverse figure retoriche: così per ben novantanove volte si racconta l’episodio. Bellissimo l’originale francese e ottima la traduzione di Eco, anzi, il gioco che Umberto Eco continua. Come facilmente si comprenderà, non si è trattato di un semplice lavoro di traduzione, ma si è dovuto giocare con la lingua italiana così come l’Autore l’ha fatto con la francese. Il mio esercizio preferito è Parole composte (pag. 35):

Scrive Raymond Queneau :”Durante una conversazione con Jacques Bens, Michel Leiris si ricorda che «nel corso degli anni Trenta, noi (io e Michel Leiris) abbiamo ascoltato assieme l'Arte della Fuga, in un concerto in programma alla Sala Pleyel. Ricordo la passione con cui l'abbiamo seguita e che, uscendo, ci siamo detti che sarebbe stato molto interessante fare qualcosa del genere sul piano letterario (considerando l'opera di Bach non tanto dal punto di vista del contrappunto e fuga, quanto come costruzione di un'opera mediante variazioni che proliferano pressoché all'infinito attorno a un tema abbastanza scarno)».

Ho scritto Esercizi di stile ricordandomi davvero, e del tutto consapevolmente, di Bach e particolarmente di quell'esecuzione alla Sala Pleyel: ma era davvero tanto prima della guerra? Comunque fu nel maggio del 1942 che composi i primi dodici (che peraltro sono rimasti i primi dodici del libro); pensavo che non sarei andato oltre e avevo intitolato quel modesto tentativo «il Dodecaedro» dal momento che, come chiunque sa, quel bel poliedro ha dodici facce. Il direttore di una rivista molto rispettabile che usciva allora nella zona detta «libera» della Francia e che mi aveva richiesto un «testo» mi rese il Dodecaedro con un'aria costernata, direi addirittura con tristezza, come se gli avessi voluto fare uno scherzo di cattivo gusto.”

1 Notazioni

Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore piú tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in piú al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.

2 Partita doppia

Nel mezzo della giornata e a mezzodí, mi trovavo e salii sulla piattaforma e balconata posteriore di un autobus e di un tram a cavalli autopropulso affollato e pressocché brulicante di umani viventi della linea S che va dalla Contrescarpe a Champerret. Vidi e rimarcai un giovinotto non anziano, assai ridicolo e non poco grottesco, dal collo magro e dalla gola scarnita, cordicella e laccetto intorno al feltro e cappello. Dopo uno spingi-spingi e un schiaccia-schiaccia, quello affermò e asserí con voce e tono lacrimoso e piagnucoloso che il suo vicino e sodale di viaggio s’intenzionava e s’ingegnava volontariamente e a bella posta di spingerlo e importunarlo ogni qual volta si scendesse uscendo o si salisse entrando. Questo detto e dopo aver aperto bocca, ecco che si precipita ed affanna verso uno scranno e sedile vergine e disoccupato.

Due ore dopo e centoventi minuti piú tardi, lo reincontro e lo ritrovo alla Cour de Rome a cospetto della Gare Saint-Lazare, mentre è e si trova con un amico e contubernale che gli insinua di, e lo incita a, far applicare e assicurare un bottone e bocciolo d’osso al suo mantello e ferraiuolo.

3 Litoti


Non s’era in pochi a spostarci. Un tale, al di qua della maturità, e che non sembrava un mostro d’intelligenza, borbottò per un poco con un signore che a lato si sarebbe comportato in modo improprio. Poi si astenne e rinunciò a restar in piedi. Non fu certo il giorno dopo che mi avvenne di rivederlo: non era solo e si occupava di moda.

4 Metaforicamente

Nel cuore del giorno, gettato in un mucchio di sardine passeggere d’un coleottero dalla grossa corazza biancastra, un pollastro dal gran collo spiumato, di colpo arringò la piú placida di quelle, e il suo linguaggio si librò nell’aria, umido di protesta. Poi, attirato da un vuoto, il volatile vi si precipitò. In un triste deserto urbano lo rividi il giorno stesso, che si faceva smoccicar l’arroganza da un qualunque bottone.

5 Retrogrado


Dovresti aggiungere un bottone al soprabito, gli disse l’amico. L’incontrai in mezzo alla Cour de Rome, dopo averlo lasciato mentre si precipitava avidamente su di un posto a sedere. Aveva appena finito di protestare per la spinta di un altro viaggiatore che, secondo lui, lo urtava ogni qualvolta scendeva qualcuno. Questo scarnificato giovanotto era latore di un cappello ridicolo. Avveniva sulla piattaforma di un S sovraffollato, di mezzogiorno.

6 Sorprese

Com’eravamo schiacciati su quella piattaforma! E come non era ridicolo e vanesio quel ragazzo! E che ti fa? Non si mette a discutere con un poveretto che sai la pretesa, il giovinastro! lo avrebbe spinto? E non ti escogita niente po’ po’ di meno che andar svelto a occupare un posto libero? Invece di lasciarlo a una signora!

Due ore dopo, indovinate chi ti incontro davanti alla Gare Saint-Lazare? Ve la do a mille da indovinare! Ma proprio lui, il bellimbusto! Che si faceva dar consigli di moda! Da un amico!

Stento ancora a crederci!

7 Sogno

Mi pareva che tutto intorno fosse brumoso e biancastro tra presenze multiple e indistinte, tra le quali si stagliava tuttavia abbastanza netta la figura di un uomo giovane, il cui collo troppo lungo sembrava manifestarne da solo il carattere vile e astioso. Il nastro del suo cappello era sostituito da una cordicella intrecciata. Poco dopo ecco che discuteva con un individuo che intravvedevo in modo impreciso e poi come colto da súbita paura si gettava nell’ombra di un corridoio.

Un altro momento del sogno me lo mostra mentre procede in pieno sole davanti alla Gare Saint-Lazare. P, con un amico che gli dice: «Dovresti fare aggiungere un bottone al tuo soprabito».

A questo punto mi sono svegliato.

8 Pronostici

Quando verrà mezzogiorno ti troverai sulla piattaforma posteriore di un autobus dove si comprimeranno dei viaggiatori tra i quali tu noterai un ridicolo giovincello, collo scheletrico e nessun nastro intorno al feltro molle. Non si sentirà a proprio agio, lo sciagurato. Penserà che un tale lo spinge a bella posta, ad ogni passaggio di gente che sale e che scende. Glielo dirà, ma l’altro, sdegnoso, non risponderà motto. Poi il ridicolo giovincello, preso dal panico, gli sfuggirà sotto il naso, verso un posto vacante.

Lo rivedrai piú tardi, Cour de Rome, davanti alla stazione di San Lazzaro. Un amico lo accompagnerà, e udirai queste parole: «Il tuo soprabito non si chiude bene. occorre che tu faccia aggiungere un bottone».

9 Sinchisi

Ridicolo giovanotto che mi trovavo un giorno su di un autobus gremito della linea S, collo allungato, al cappello una cordicella, notai un. Arrogante e lagrimoso con un tono, che gli si trovava accanto, contro questo signore protesta lui. Perché lo spingerebbe, volta ogni gente che la scende ne. Libero siede si precipita un posto sopra, questo detto.

A Rome Cour de, io lo di nuovo incontro due dopo ore e un al suo soprabito bottone d’aggiungere un amico suggerisce gli.

10 Arcobaleno

Mi trovavo sulla piattaforma di un autobus violetto. V’era un giovane ridicolo, collo indaco, che protestava contro un tizio blu. Gli rimproverava con voce verde di spingerlo, poi si lanciava su di un posto giallo.

Due ore dopo, davanti a una stazione arancio. Un amico gli dice di fare aggiungere un bottone al suo soprabito rosso.

Raymond Queneau (1903-1976) fu uno scrittore e poeta il cui lavoro combinava una rigorosa sperimentazione e un'irrequieta immaginazione e umorismo. Le sue opere più note sono forse Esercizi di Stile, Zazie dans le Metro, e One Hundred Billion Poems. Oltre a essere noto per il suoi lavori, lo è anche per aver fondato, insieme a François Le Lionnais, OuLiPo (Ouvroir de la Litterature Potentielle) nel 1960, un forum che promuoveva la sperimentazione basata su vari tipi di limitazioni, il cui più famoso esempio è stato la totale assenza della lettera "e" nel racconto di Georges Perec La Disparition.

Eremo Via vado di sole , L'Aquila, sabato 23 luglio 2011