venerdì 12 luglio 2013

BIBLIOFOLIA :Il conte Libri-Carucci (1803-1869), un "biblioladro" ottocentesco






BIBLIOFOLIA :Il conte Libri-Carucci (1803-1869), un "biblioladro" ottocentesco

Riportiamo alcune note biografiche relative a uno tra i più famosi voleurs des livresdella storia. I recenti eventi che hanno investito la Biblioteca dei Girolamini di Napoli evidenziano inquietanti analogie tra i due episodi. 
ALBERTO MANGUEL, Una storia della lettura, Milano, Mondadori 1999, pp. 248-250.
Guglielmo Bruto Icilio Timoleone, conte Libri-Carucci della Sommaia, rampollo di nobile famiglia toscana, era nato a Florentia nel 1803. Si mise a studiare legge e matematica; in quest’ultima materia si illustrò al punto che appena ventenne si vide offrire la cattedra di matematica all’Università di Pisa. Nel 1830, sembra perché minacciato dai carbonari, lasciò la Toscana per Parigi e poco dopo ebbe la cittadinanza francese. Semplificato il suo sonante appellativo in conte Libri, fu ben accolto dagli accademici francesi, eletto membro dell’Institut de France, nominato professore di scienze all’Università di Parigi ed insignito della Legion d’Onore per i suoi meriti culturali. Ma Libri –nomen omen – non si interessava solo alle scienze; la sua vera passione era la bibliofilia, e attorno al 1840 aveva già ammassato una bella collezione e commerciava in manoscritti e rari volumi a stampa. Per due volte aveva tentato di ottenenre un incarico alla Biblioteca Reale, senza riuscirci. Poi, nel 1841 fu nominato segretario di una commissione che doveva sovraintendere alla compilazione di “un catalogo generale dettagliato di tutti i manoscritti, in lingue sia antiche sia moderne, esistenti attualmente in tutte le biblioteche pubbliche dipartimentali”. Così Sir Frederic Madden, responsabile della Sezione Manoscritti del British Museum, descrive il suo primo incontro con Libri, avvenuto il 6 Maggio 1846 a Parigi:  "Quanto all’aspetto esteriore, sembrava che non avesse mai usato acqua e sapone, e nemmeno una spazzola. La stanza in cui fummo introdotti non misurava più di sedici piedi ma era stracolma di manoscritti disposti su scaffali alti fino al soffitto […]. Il signor Libri è un uomo corpulento, dai lineamenti marcati e simpatici". 
Ciò che Sir Frederic non sapeva ancora, era che il conte Libri era uno dei più grandi ladri di volumi di tutti i tempi. Secondo Tallemant des Réaux, grande spacciatore di pettegolezzi vissuto nel seicento, rubare libri non è un delitto, a meno che il maltolto non venga poi venduto. Certamente Libri fu indotto al furto dal piacere del possesso di un raro volume, di sfogliare pagine che nessun altro avrebbe potuto aprire. Ma non sapremo mai se fosse stato tentato improvvisamente, colto bibliofilo qual era, dalla vista di quegli stupendi esemplari, o se già macchinava di impadronirsene quando assunse il suo incarico. Comunque, armato delle sue credenziali, avvolto in un ampio mantello sotto il quale nascondeva la refurtiva, Lirbi penetrò nelle principali biblioteche di Francia, dove mise a frutto la sua inarrivabile esperienza per scegliere i pezzi migliori. A Carpentras, Digione, Grenoble, Lione, Montpellier, Orléans, Poitiers e Tours, non solo sottrasse volumi interi, ma tagliò via anche pagine singole, che poi esibì e talvolta vendette. Solo ad Auxerre non poté portare a buon fine il colpo. L’ossequioso bibliotecario, desideroso di compiacere il distinto funzionario che gli aveva presentato documenti intestati Monsieur le Secrétaire e Monsieur l’Inspecteur Général, autorizzò volentieri Libri a lavorare nella biblioteca nottetempo, ma gli rimase indefettibilmente accanto […].
La prima accusa contro Libri risale al 1846; ma fu ignorata ed egli continuò a saccheggiare biblioteche. Cominciò anche a organizzare importanti aste di alcuni dei libri rubati, per le quali preparava eccellenti e dettagliati cataloghi. Ma come mai un bibliofilo così accanito vendeva i libri che si era procurato con tanto rischio? Forse, come Proust, pensava che «il desiderio rende ogni cosa più attraente, il possesso la svilisce». Forse preferiva tenere solo i più preziosi, che aveva selezionato come le perle del suo scrigno. Forse li vendeva semplicemente per brama di danaro; ma questa è per noi l’ipotesi meno interessante. Comunque, alla fine la vendita all’asta di libri rubati non poteva passare inosservata. Le accuse cominciarono a diventare troppe, e un anno dopo il procuratore del Re aprì discretamente un’inchiesta, che però fu bloccata dal Presidente del Consiglio dei Ministri Guizot, amico di Libri e suo testimone di nozze. È molto probabile che lo scandalo sarebbe stato soffocato se non fosse scoppiata la rivoluzione del 1848, che abbatté la monarchia di Luglio e proclamò la Seconda Repubblica. Caduto Guizot, cadde anche Libri; ma fu avvertito in tempo, e riuscì a fuggire in Inghilterra non solo con la moglie ma anche con 18 casse di libri valutate 25.000 franchi. A quei tempi un manovale guadagnava circa 4 franchi al giorno.
Una schiera di politici, artisti e scrittori scese in campo in difesa di Libri; invano. Alcuni avevano approfittato dei suoi furti come acquirenti, e non volevano essere coinvolti nello scandalo […].

Eremo Via Rocca S.Stefano venerdì 11 luglio 2013 

martedì 9 luglio 2013

VERSI D'ALTRI E ALTRI VERSI : KritonAthanasulis – Piccola epopea


VERSI D'ALTRI E ALTRI VERSI  :  KritonAthanasulis – Piccola epopea




Avrei tanto desiderato nascere
e conoscere il mondo.
Non ebbi modo di fare ciò.
Avevo l’innocenza del primo istante,
del nulla,
e dove vedevo gli altri uomini
correvo pregandoli
di farmi nascere.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Attraversavo i mercati degli uomoni
e mi tormentava la vista dei beni.
Credevo che i beni venissero distribuiti —
non si vendessero.
Allora per la prima volta
mi trovai faccia a faccia con l’uomo.
Temevo la mia forza,
perchè essendo essa così grande
rischiavo di far saltare le fondamenta —
la forza non è virtù.
Cercando di trovare il dio,
ho perso la mia spensieratezza.
Gli uomini conoscono
due morti:
la morte della bontà
e la morte della memoria.
E’ morte la necessità di dimenticare.
Ma è forse la morte
nel senso della nostra vita?


Eremo Rocca S. Stefano martedì 9 luglio 2013


BIBLIOFOLLIA : Non leggete come fanno i bambini



BIBLIOFOLLIA : Non leggete come fanno i bambini perdivertirvi, o,come gli ambiziosi per istruirvi. No, leggete per vivere.GustaveFlaubert



Quanto si legge in Italia? Circa 5 ore e 36 minuti asettimana, stando ai risultati di una ricerca condotta da NOP World, agenziache si occupa di ricerche di mercato, su un campione di 30 mila persone intutto il mondo. Troppo poco, se si considera che la media globale è di 6 ore emezza a settimana! Lo studio ha analizzato, in una prospettiva globale, leabitudini dei consumatori in fatto di uso dei vari media. Ne è risultato chenel mondo, mediamente, le persone dedicano ogni settimana 16 ore e 36 minuti aguardare la televisione, 8 ore e 54 minuti ore all’uso del pc e allanavigazione su internet (per motivi che esulano dal lavoro), 8 ore ad ascoltarela radio e 6 ore e mezza a leggere.

LA SITUAZIONE INITALIA
– Per ogni attività, sono state stilate classifiche globali cheordinano i diversi Paesi del mondo da quello in cui si fa più uso di un certomedia – a livello di numero di ore per settimana – a quello in cui se ne fa dimeno. E se i libri godono già di scarsa considerazione rispetto a televisione,internet e radio, in Italia abbiamo motivo di preoccupazione in più per ilbasso collocamento in classifica: al 24simo posto su 30. Del resto, anche nellealtre classifiche il nostro Paese non risulta particolarmente virtuoso. Inquella riferita alle ore trascorse a guardare la televisione, cui comunquededichiamo settimanalmente 14 ore e 54 minuti, ben più che ai libri, siamo22simi su 30. Inquella riferita alle ore trascorse ad ascoltare la radio siamo 21simi con 7 oree 12 minuti settimanali. In quella riguardante l’uso del pc e di internet siamopenultimi – 6 ore e 18 minuti al computer ogni settimana. I nostri valori sonotutti inferiori alla media, il che fa sospettare che in Italia manchi ormaicuriosità, attenzione all’informazione, ai progressi del mondo e alla cultura.

DOVE SI LEGGE MENO
– Tornando alla lettura, sorprende che non se la passinomolto meglio i Paesi anglosassoni, con gli Stati Uniti piazzati un solo postoavanti a noi a pari merito con la Germania – dove i cittadini dedicano in media 5 ore e 42minuti ogni settimana alla lettura – e il Regno Unito addirittura 26simo – 5ore e 18 minuti in media a settimana. Il Paese in assoluto meno virtuoso è la Corea, con soli 3 ore e 6minuti settimanali dedicati alla lettura.

DOVE SI LEGGE DI PIÙ – Quali sono invece i Paesi da cui prendereesempio? Dove si legge di più è in Oriente. A detenere il primato è l’India:qui i cittadini trascorrono mediamente ben 10 ore e 42 minuti della lorosettimana su libri e giornali. Sul podio seguono poi la Thailandia – 9 ore e 36minuti – e la Cina– 8 ore. Sopra le media si collocano anche Filippine, Egitto, Repubblica Ceca,Russia, Svezia, Francia, Ungheria, Arabia Saudita e Hong Kong.



 LA CLASSIFICA– Ecco di seguito la classifica completa (di fianco a ogni Paese, l’indicazionedelle ore settimanali dedicate mediamente alla lettura):

1.    India   10.7      
2.    Thailandia   9.4      
3.    Cina   8.0       
4.    Filippine   7.6      
5.    Egitto   7.5       
6.    Repubblica Ceca   7.4      
7.    Russia   7.1       
8.    Svezia   6.9       
9.    Francia   6.9       
10.  Ungheria   6.8       
11.  Arabia Saudita   6.8       
12.  Hong Kong   6.7       
13.  Polonia    6.5*      
     MEDIA MONDIALE    6.5       
14.  Venezuela   6.4       
15.  Sudafrica    6.3     
16.  Australia    6.3      
17.  Indonesia   6.0       
18.  Argentina   5.9       
19.  Turchia   5.9       
20.  Spagna    5.8   
21.  Canada    5.8      
22.  Germania    5.7       
22.  USA    5.7       
24.  Italia    5.6   
25.  Messico    5.5       
26.  Regno Unito    5.3  
27.  Brasile   5.2       
28.  Taiwan    5.0      
29.  Giappone   4.1       
30.  Corea    3.1     

Fonte  http://www.libreriamo.it/

Eremo Rocca S. Stefano martedì  9 luglio 2013







lunedì 8 luglio 2013



VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : “La gàbia del leun” di Franco Loi

Franco Loi

Milo De Angelis consiglia “La gàbia del leun” di Franco Loi


La gàbia del leun l’era de aria,
de aria la mia mama, quèl cappell,
el brasc del mè papà l’era de aria
sü la mia spalla, i mè man che streng,
e aria el rìd di öcc e duls de aria
de quèla vita ch’ù insugnâ‚ l’azerb.
Eren de aria lur, e mì, chissà,
che sun stâ‚ fermu a vardàj andà.



Franco Loi (Genova, 1930), da da L’aria (Einaudi, 1981)

 La gabbia del leone era di aria,
di aria la mia mamma, quel cappello,
il braccio di mio padre era di aria
sulla mia spalla, le mie mani che stringono,
e aria il ridere degli occhi e dolce d’aria
di quella vita di cui ho sognato l’acerbo.
Erano d’aria loro, e io, chissà,
che sono stato fermo a guardarli andare.

Il motivo dell’aria attraversa tutta la poesia di FrancoLoi. L’aria lo trasporta nel futuro ignoto oppure nelle ombre del passato, comein questi versi segnati dal respiro dell’infanzia. Ed ecco che vediamo Loibambino, in un giardino zoologico, con il padre e la madre che lo tengono permano, come in un’antica foto di famiglia. Tutto è invaso dall’aria. La gabbiadel leone, il braccio, il cappello, le mani, gli occhi ridenti, tutto un mondoinfantile e carico di promesse che Loi ha sempre cantato con la forzastruggente della sua voce. La poesia è cadenzata da quest’aria che avvolge ognicosa e la porta via, compresi i genitori, rapiti dall’aria e condotti in altritempi e in altri luoghi. Solo il poeta resta lì, fermo, nel turbine dellepresenze amate e le vede scomparire per sempre e dà loro l’ultima possibileparola.

Eremo Rocca S. Stefano lunedì 8 luglio 2013





LETTERA DALL’EREMO : La fecondità delle tenebre


LETTERA DALL’EREMO :  La fecondità delle tenebre



Scrive Antonio Mancuso  in La pauradella modernità, “la Repubblica” del 6 luglio 2013 a proposito dell’enciclica  Lumen fidei “ Luce della fede”
“…Alcune delle pagine più bellesono quelle dedicate alla relazione tra verità e amore, laddove la
Lumen fidei afferma che “sel’amore ha bisogno della verità, anche la verità ha bisogno
dell’amore”, e che “amore everità non si possono separare”. E ancora: “Senza amore, la verità
diventa fredda, impersonale... Laverità che cerchiamo, quella che offre significato ai nostri passi,
ci illumina quando siamo toccatidall’amore”. Penso che il senso della vita cristiana risieda
esattamente in queste parole chedestituiscono il freddo primato della dottrina e sanno ritrasmettere
al meglio il senso evangelicodella verità. Penso altresì che se la dottrina cattolica a livello di prassi
sacramentale (vedi sacramentinegati ai divorziati risposati), di etica sessuale e soprattutto di
bioetica considerasse sempre laportata di queste parole arriverebbe a rivedere molte posizioni
dottrinali attuali che oggiappaiono veramente fredde e impersonali….”
Dopo aver affrontato altrequestioni Mancuso  conclude in parte :
“….Ma il limite più grave del testo papale riguarda lateologia spirituale. L’enciclica infatti, insistendo così tanto sulla lucedella fede e sulla sua capacità di spiegazione, finisce per ignorare abbastanzaclamorosamente che l’esperienza spirituale cristiana si conclude non con laluce ma con le tenebre, come attesta la comune testimonianza della misticadell’oriente e dell’occidente cristiano, parlando di “notteoscura”, di “silenzio”, di ingresso nella “nube della non conoscenza”, esottolineando la necessità di andare al di là della dimensione intellettuale.Proprio in questo ignorare la fecondità delle tenebre, del non-sapere, delvuoto, del silenzio, risiede il grande limite della teologia ratzingeriana edel suo intellettualismo, che questo testo firmato da papa Francesco, comefosse un sigillo, riproduce in toto.Rimane da spiegare perché il papa venutodalla fine del mondo l’abbia fatto proprio senza veramente “ritoccarlo” con ilsuo carisma umano e spirituale…

Eremo Rocca S. Stefano lunedì 8 luglio 2013





giovedì 4 luglio 2013

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Violeta Parra Una chitarra centocanzoni( II )



STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Violeta Parra Una chitarra centocanzoni( II )



AL CENTRO DELL’INGIUSTIZIA
Cile confina al nord con il Perù
e con il Capo Horn confina al sud.
S’innalza verso oriente la cordigliera
e a occidente risplende la costiera,
la costiera.

Al centro stanno le valli coi lor splendori
dove crescono in fretta i lavoratori.
Ogni famiglia conta molti bambini
nella miseria vivono in case comuni,
in case comuni.

Chiaro che alcuni vivono ben sistemati,
ma a scapito del sangue degli sgozzati.
Davanti allo stemma più arrogante
l’agricoltura pone le sue domande,
le sue domande.

Ci vendon le patate nazioni varie
mentre sono del Cile originarie;
davanti alla bandiera dei tre colori
pongon molti problemi i minatori,
i minatori.

Produce il minatore
del buon denaro
ma per il portafoglio
dello straniero,
esuberante industria dove lavorano
per pochissimi soldi molte signore,
molte signore,
e son costrette a farlo, perché al marito
non gli basta la paga del mese andato.
Per non sentir la spina del dolore
nella notte stellata levo un clamore,
levo un clamore.

Bella sembra la patria
signor turista
però non le han mostrato
le callampitas.
Mentre spendon milioni
in un momento,
di fame muore la gente,
che è un portento,
che è un portento.
Molto denaro in parchi
municipali
e la miseria è grande
negli ospedali.

Proprio nell’Alameda de
las Delicias
il Cile confina col centro
dell’ingiustizia.


Violeta Parra
Violeta del Carmen Parra Sandoval (San Carlos, 4 ottobre1917 – Santiago del Cile, 5 febbraio 1967) è stata una cantante, poetessa epittrice cilena. A Violeta Parra si deve un’importante opera di recupero ediffusione della tradizione popolare del Cile, opera proseguita poi dal movimentodella Nueva Canción Chilena. Nelle sue canzoni sono sempre presenti la denunciae la protesta per le ingiustizie sociali.

La storia di Violeta che ha fatto delle sue fragilità,la suaforza viene raccontata in un film che sece nelle sale il 4 luglio
Per la meticolosa attenzione ai dettagli, per la delicatezza e allo stessotempo efficacia della narrazione, per le straordinarie interpretazioni, per ilpathos e l’empatia che una volta finito il film chi sta seduto dall’altra partedello schermo prova. Andrès Wood è riuscito a trasmetteretutto questo. Il regista ha fatto sua la storia di Violeta Parra,artista cilena vissuta a cavallo del Novecento, creando un lavorocinematografico dal forte impatto emotivo.

Violeta Parra went to heaven è infatti il racconto dellavita di Violeta, ispirato all’opera letteraria omonima scritta dal figlio, AngelParra. In un percorso narrativo che va dall’infanzia sin alla mortedell’artista, il regista riesce a cogliere le sfumature psicologiche di questadonna così fragile, che ha dedicato la sua vita all’amore. Amore per la vita,amore per la musica, amore per i deboli, amori per la poesia, amore per ilproprio Paese, amore per la pittura.

Un artista che ha dato tutta se stessa per gli altri, tanto da essereconsumata dalle ripetute delusioni che la vita le ha ricambiato. Uno sguardoatipico, forte e poco romanzato è quello che ci regala Wood, che vuole donareal mondo intero la storia di una grande donna che è stata davvero importanteper il Cile, sia per cultura che per le lotte portate avanti. In una realtà chevede situazioni e sentimenti precari, incerti e senza valori, Violeta ha decisodi lasciare questo mondo all’età di 50 anni, dopo  - tra le altresoddisfazioni – essere stata la prima donna ad esporre un’opera al Louvre diParigi. Ma lei era così, molto meno attenta ai riconoscimenti materiali diquanto chiunque altro potesse pensare.

Meravigliosamente interpretata da Francisca Gàvilan,Violeta si rifugiava dai dispiaceri della vita soprattutto nella musica,protagonista del film e colonna sonora. Andrès Wood dirige un film commovente edisarmante, così come disarmante è quanto questa donna creda nella speranza.Una speranza che si dice “ultima a morire”, ma che a volte, purtroppo,muore. E in tutto questo “Gracias a la vida”, come canta nel suotestamento musicale.

“Gracias a la vida, que me ha dado tanto. Me ha dado la risa y me hadado el llanto así yo distingo dicha de quebranto, los dos materiales queforman mi canto”.


Eremo Rocca S. Stefano giovedì 4 luglio 2013





mercoledì 3 luglio 2013

APERTIS VERBIS : “la giustizia e la libertà sono le mieregole”


APERTIS VERBIS  :  “la giustizia e la libertà sono le mieregole”



Credo nella solidarietà tra gli esseri viventi,
 e tra gli esseriviventi considero non solo gli uomini
 ma anche gli animali.
Credo nella capacità del nostro cervello di capire
il mondo che ci circonda, le leggi che lo
regolano.
Credo nella comprensione e rispetto
Credo che la comprensione abbia come punto di partenza
imprescindibile la conoscenza delle regole del mondo
Credo  in molte cose e  l'elenco di ciò in cui credo
potrebbe essere lunghissimo, non basterebbe un libro cheraccontasse
la mia vita a esaurirlo.
Credo nella giustizia ,nella libertà  e nel  rispetto della vita e nei
confronti del prossimo, soprattutto dei più deboli e sfortunati

Liberamente tratto da :
“la giustizia e la libertà sono le mie regole”
di Pierluigi Di Piazza e Margherita Hack
in “Io credo. Dialogo tra un'atea e un prete” del novembre2012


Eremo Rocca S.Stefano  mercoledì 3 luglio 2013



il capoluogo | Senti le voci raccolte

il capoluogo | Senti le voci raccolte

martedì 2 luglio 2013

SILLABARI : Periferie


SILLABARI : Periferie





Ai ragazzi che, in piazza San Pietro, invocavano il nomeFrancesco, lo aveva detto esplicitamente: "Grazie, ma salutate anche Gesù,gridate Gesù". Ed è una delle frasi entrate nell'immaginario collettivo,che si intreccia con quanto aveva raccomandato ai cardinali, all'indomani dellasua elezione: "Possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo GesùCristo", la Chiesadiventa una "ong pietosa" e finisce col confessare "la mondanitàdel demonio". Il manifesto del pontificato, però, è stato condensato semprenel corso dell'incontro con i giornalisti: "Ah come vorrei una Chiesapovera e per i poveri", disse spiegando la scelta del nome Francesco.Poveri e periferie del mondo sono le espressioni ricorrenti nei richiami diBergoglio. Nel rispondere a braccio alle domande poste durante la veglia diPentecoste con i movimenti ecclesiali, ha paragonato la Chiesa a una "stanzachiusa" nella quale Cristo bussa perché vuole uscire da quelle"strutture caduche" per raggiungere quelle "periferieesistenziali" che avrebbe citato 4 giorni dopo anche rivolgendosi aivescovi italiani.



OCCHIO DI GIUDA : “La nostra non è una giustizia minore”. Storie di vita dalle carceri under 18 - micromega-online - micromega

“La nostra non è una giustizia minore”. Storie di vita dalle carceri under 18 - micromega-online - micromega

vOCI E STORIE DAL SILENZIO Il cesto di pane della Madonna Centurelli

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