venerdì 24 ottobre 2014

Il Nobel prigioniero

Il Nobel prigioniero


IlNobel prigioniero




Le poesie le scrive in cella, sul pavimento di pietra:con l’acqua, perché gli hanno tolto anche l’inchiostro. Le giornate le passa acucire le divise dei carcerieri. Non può vedere nessuno, neanche l’avvocato.Colpevole d’aver difeso i diritti umani, per Pechino Liu Xiaobo ormai è unfantasma. Ma quattro anni dopo la solenne cerimonia di Oslo, lo è anche perl’Occidente
 Non possiede più niente. Le scarpe che calza sonodello Stato. Gli hanno tolto carta e inchiostro. Ogni giorno scrive poesie sulpavimento di pietra, bagnando un dito nella ciotola dell’acqua che beve. Iversi, anche se in cella, sono liberi: evaporano in pochi istanti. Vietato inveceleggere. La rieducazione ha deciso che il lavoro giusto per lui è il sarto. LiuXiaobo a fine dicembre compirà 59 anni e trascorre le giornate a cucire ledivise dei suoi carcerieri. Nella sua vita di prima insegnava filosofia. Si èpoi scoperto poeta e ha promosso “Charta 08”, ultimo manifesto per lademocrazia in Cina.
Nel 2009 era Natale quando lo hanno condannato: undici annidi carcere per «incitamento alla sovversione». Nel dicembre di dodici mesidopo, a Oslo, la sua “sedia vuota” di Nobel per la pace fece paura anche aPechino. «Una farsa e un crimine — dissero le autorità — orchestrati dagruppi di pagliacci stranieri per conto degli Usa». Altri quattro anni e quella“sedia rimasta vuota”, e quel Nobel, per la Cina non esistono.
Anche i “pagliacci” però rivelano di avere poca memoria. DiLiu Xiaobo, poeta divenuto sarto per aver chiesto libertà e aver dedicato ilpremio «alle anime morte di piazza Tienanmen», il mondo non parla più. «Luiperò è vivo — dice l’amico Yang Jianli — e vuole resistere almeno fino algiorno in cui potrà uscire dal carcere».
Mancano sei anni e nella cella di Jinzhou, in Manciuria,possono essere lenti. Il suo “trattamento” è stato indurito. Nessun contattocon l’esterno, sospese le visite dell’avvocato. Un muro di vetro lo separadalla moglie Liu Xia, la sola che ha il permesso di visitarlo una volta almese. Èl’ultima punizione, per aver confidato di «ripassare a memoria ogninotte il discorso». Sogna di pronunciarlo quando finalmente potrà volarelibero in Norvegia, per ritirare il riconoscimento che ancora lo attende.
Liu Xiaobo è un fantasma invisibile e dimenticato, suquell’aereo forse non salirà mai. Fuori dal carcere in cui è rinchiuso restaperò un posto di blocco e due pattuglie impediscono a chiunque di avvicinarsi«per motivi di sicurezza ». Il nulla, ai regimi, non dà pace. Oltre cinquemilachilometri più a sud, alla periferia di Pechino, anche l’appartamento di trestanze in cui ufficialmente è confinata Liu Xia, viene considerato un «luogopericoloso». Certi drammi fanno sorridere: la moglie del Nobel, 55 anni, dafebbraio non vive più nel malandato palazzo bianco. Restano tre agenticondannati a sorvegliare il suo spettro. Un’auto della polizia, nel cortilevuoto, controlla i documenti a chi passa. «Vivo qui — dice un vicino — miconoscono. In quattro anni hanno registrato il mio nome migliaia di volte». LiuXia da nove mesi è in ospedale. Per gli amici rischia di «finire sepolta vivain un manicomio».
Le ultime immagini, rubate durante pochi minuti di distrazionedei secondini, risalgono a gennaio. Appare con la testa rasata a zero, vestitacon una vecchia felpa, magra, irriconoscibile rispetto alla bella donnaimprigionata l’8 ottobre 2014. Il confino, un’ora dopo l’assegnazione del Nobelal marito. Xu Youyu, amico da venticinque anni, dice che «è ridotta nellapovertà più totale» e che il potere cinese «vuole farla impazzire, o spingerlaal suicidio ».
Su di lei non pende alcuna accusa. Sposare un ragazzo chepoi vince un Nobel «per la sua lunga e non violenta lotta per i dirittifondamentali in Cina», è una colpa più che sufficiente. Per oltre tre anni,prima di finire in clinica chiedendo di morire, la mattina poteva uscire a farela spesa. Perso il lavoro, finiti i soldi, si faceva accompagnare dalla madre pensionata.Percorrevano a stento i trecento metri fino ad un piccolo spaccio. Lescortavano sei agenti, a volte ragazzi buoni che si offrivano di saldare ilconto di riso e foglie di cavolo.
«La signora Liu — dice la negoziante — sorrideva sempre masi vedeva che le veniva da piangere. Diceva che la polizia le suggeriva didivorziare. Un funzionario telefonava per ricordarle che bisogna stare attentia chi si sposa. L’ultima volta ha promesso che un giorno mi pagherà».
Sono passati quattro anni dal Nobel per la pace a LiuXiaobo, venticinque dalla repressione degli studenti in piazza Tienanmen, e larealtà in Cina è questa: il dissidente è isolato in Manciuria e sottoposto aregime di carcere duro, sua moglie è agli arresti domiciliari in un ospedale diPechino, curata per «esaurimento nervoso». Nessuno dei due è avvicinabile. Gliedifici in cui risultano reclusi sono sorvegliati giorno e notte. Non possonocomunicare con il mondo esterno. Liu Xiaobo rifiuta di chiedere clemenza alpresidente Xi Jinping. Liu Xia dice che la politica non l’ha mai interessata.Quando si incontrano si possono scambiare solo poesie d’amore: la censurapensa che non sono «anti-patriottiche».
La pena del Nobel scade nel 2020. Quella della moglienessuno lo sa perché non è stata mai condannata. In un mondo normale, governi eopinioni pubbliche chiederebbero ogni giorno la libertà degli innocenti. Unregime che imprigiona chi esprime pacificamente le proprie idee verrebbeemarginato dalla comunità internazionale. Nel 2010 tale impegno, da partedei Paesi democratici, fu solenne. La Cina invece viene oggi contesa tra quellestesse nazioni, che esaltano la sua crescita economica, da cui dipendono. Ilgigante dei capitali nasconde il nano dei diritti. Prima di metà novembre ilpresidente americano Barack Obama volerà a Pechino per il vertice delle potenzeaffacciate sul Pacifico. I famigliari e gli amici di Liu Xiaobo e di LiuXia, i superstiti di Tienanmen, gli hanno chiesto di sfruttare l’occasione perscongiurare Xi Jinping di liberarli, prima che sia troppo tardi sia per loroche per la Cina.
È l’ultima speranza: se il silenzio continua, legittimandol’indifferenza, il Nobel e la sua “sedia vuota” si trasformeranno nelcertificato storico della resa di chi crede nei diritti umani.
 IlNobel prigioniero”, di Giampaolo Visetti – La Repubblica 22.10.14

McGregor: "Cosìla Cina cancella Liu Xiaobo dalla memoria collettiva"

Parla il giornalistadel Financial Times a lungo corrispondente da Pechino e autore di The Party, ilbestseller che ha svelato i segreti del partito comunista cinese

"IL governo cinese vuol cancellare Liu Xiaobo dallamemoria collettiva. E ci sta riuscendo: molti in Cina non sanno chi è o non siricordano di lui". Riflette con amarezza Richard McGregor, giornalista delFinancial Times a lungo corrispondente da Pechino e autore di The Party, ilbestseller che ha svelato i segreti del partito comunista cinese. "È giàaccaduto ad altri dissidenti, personaggi anche più noti. Come Zhao Ziyang,segretario del partito fino ai fatti di piazza Tienanmen. Dopo il giro di vitepost 1989 fu tenuto agli arresti domiciliari per 25 anni. Quando è morto, nel2005, molti cinesi si erano dimenticati di lui. Era stato sepolto in vita:nessuna notizia, nessuna foto... ".

È quello che sta accadendo a Liu Xiaobo? Quattro anni dopo il Nobel ilgoverno lo considera ancora così pericoloso?
"Lo considerano pericoloso quanto basta. C'è un modo di dire qui inAmerica: "solo i paranoici sopravvivono". È perfetto per definirel'atteggiamento cinese. Il governo non ama le critiche: è molto sensibile suquesto. Ma soprattutto teme ciò che non controlla. In un certo senso la Cinariesce a mantenere così bene il controllo proprio grazie alla paura costante diperderlo".

L'Occidente ha portato Xiaobo alla ribalta internazionale conferendogliil Nobel: poi lo ha dimenticato. Può bastare?
"Difficile dirlo. Fuori dalla Cina la capacità di influenzare quel cheavviene all'interno è limitata per chiunque, vicino allo zero. Altrettantodifficile è tenere il suo caso costantemente sotto i riflettori, almeno in modoche crei pressione. Il Nobel è stato importante: ma non garantisce attenzioneperpetua. Poi, francamente, non so se il suo caso sia seguito con discrezioneda qualche governo occidentale. Insomma, non se sia stato dimenticato, oppuresemplicemente il suo caso non è in cima alle agende dei governi".

E se lo avessimo "dimenticato" in nome degli affari?
"C'è anche quello. Sappiamo quanto le relazioni commerciali con la Cinasiano oggi importanti per molti. Tedeschi, americani, e anche per gli italianiche lì importano prodotti di lusso. Nessuno vuole che il rapporto coi cinesi sifocalizzi sui dissidenti. Non è una cosa nuova: I diritti umani sono statimessi ai margini dell'agenda almeno 20 anni fa".

C'è un nuovo Liu Xiaobo? Chi ha raccolto la sua eredità? Forse iragazzi di Hong Kong?
"Non mi viene in mente nessuno. È una creatura di un'altra epoca. Anche senon è dissidente vecchio stile, era già un nome prima del 1989 e questo fa ladifferenza. Pochi hanno l'ampio respiro del tipo d'esperienza che lui haavuto".

Nemmeno un personaggio come Ai Weiwei, che in Occidente è moltopopolare?
"Ai Weiwei è un carattere unico e coraggioso. Ma è attivista in quantoartista. Xiaobo è un attivista politico: e questo lo rende un po' piùpericoloso".

Così pericoloso che gli è impedito leggere e scrivere...
"Un modo per deprivarlo di ogni diritto. Per uno come lui la punizione piùdura, la peggiore possibile".

Cosa possiamo fare per lui?
"Tenerne vivo il pensiero il più a lungo possibile. Non credo cheattualmente si possa fare molto di più".


Eremo Rocca S. Stefano venerdì 24 ottobre 2014

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