martedì 28 maggio 2013

LETTERE DALL’EREMO :Morire è ritrovare Dio


LETTERE  DALL’EREMO :Morire è ritrovare Dio
di donAndrea Gallo
in “Il Sole24 Ore” del 26 maggio 2013


Ancoragiovane, fui invitato alla Scala di Milano. Che splendore, quale musica!Avvolto in
quell'atmosfera,per la prima volta mi venne da pensare: ma questo è un angolo del Paradiso!Angeli, arcangeli, cherubini, musica celestiale...
Lasciatemiimmaginare l'accoglienza della morte di Sergio con questa musica celestiale.
Si raccontache gli uomini si lamentassero con Dio: «Hai dato le ali a tante creature e tisei
dimenticatodegli esseri umani!». «Ma no» disse Dio. «Alle creature umane ho donato lamusica per
potervolare, alzarsi, emozionarsi». Non so se mi riuscirà, dinanzi al silenzio dellamorte di Sergio, di meditare brevemente con voi.
La Chiesaprimitiva definiva il vero uomo «colui che non ha paura della morte». Papa Giovannidisse alla fine: «Mi rallegro perché mi è stato detto: "Andremo nella dimoradel Signore"».
«Laudato si'mi' signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare.»
Francesco nelCantico delle Creature aggiunse quest'ultima strofa.Nel momento in cui spariscela fede (se uno ce l'ha), scompare la speranza e ogni intermediario, ogni comunicazione.Don Bosco, nella sua pedagogia, aveva inserito, ogni mese, l'esercizio dellabuona morte.
«Resta,questa è la mia personalissima riflessione, soltanto un immenso amoremisericordioso
e profondo,che ci avvolge tutti, credenti e non credenti, tutti figli e figlie inondati daun incessante
flusso dellospirito agapico dell'Amore universale».
Intanto, lamorte di Sergio è tacere e riposarsi in pace. È emblematica la sequenza dei
Requiem che iniziala liturgia funebre;
Dies irae,dies illa solve saeclum in favilla(il giorno dell'ira, quel giorno chedissolverà il mondo terreno in cenere). La morte è tornare alla terra nostramadre.
Nell'immaginedell'amore, Adamo vuol dire terra. Vi invito ad ascoltare sant'Agostino:«Quelli che
ci hannolasciato non sono assenti, sono invisibili, tengono i loro occhi pieni digloria fissati nei
nostri pienidi lacrime».
La morte, cidicono i teologi, è trovarsi davanti al Giudizio. Ma quale Giudizio e di chi?
Ci troveremodavanti a chi ha già perdonato: l'Amore. I nostri cari defunti, se ci fermiamoun attimo, insegnano a tutti noi a continuare a vivere nell'amore degli uomini,e nell'amore alla vita, alla verità, alla libertà, all'uguaglianza universale.
Non è facileimparare a morire, non è facile obbedire fino alla morte e quindi fare obbedienzaalla
morte, non èfacile fare di essa un dono d'amore per la famiglia, per gli amici. «Non c'èamore più
grande dichi dà la vita per gli amici» ha detto Gesù la sera prima della Passione.Un'affermazione che è sempre piaciuta ai miei vecchi amici atei, anarchici.Mala morte resta un evento difficile, un evento doloroso. Qoelet, il sapientepredicatore che tenta una meditazione sulla vita e sulla morte, non ha rispostené certezze.
Tuttaviaintravede nel cuore profondo dell'uomo quel desiderio di eternità.
Gesù, doposecoli, non parla di immortalità, ma di vita nuova, cieli nuovi, terre nuove.
Ci invia un messaggio:«miei cari, vi lascio in un mondo stordito dal fascino dell'apparenza, in unacultura che conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuno, ho semprecercato di essere per voi uomo, padre,nonno, fratello, volevo amarvi tanto, auno a uno, ce l'ho messa tutta. Vi ho tenuto na
scosta unacosa che ora non posso più nascondervi: debbo proprio partire. Addio».
Eremo Rocca S. Stefano martedì 28 maggio 2013





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