lunedì 3 novembre 2014

La luna di Dante

La luna dei lunatici e altre lune. Viaggio tra miti, leggende, poesie e realtà scientifiche sul satellite terrestre. Sesta puntata, prima parte. [Valter Marcone]

 

PRIMA PARTE


Dante Alighieri è un poeta lunare? Questa definizione non gli è stata ancora data, anche se vanno ricordati i numerosi nomi che ha dato alla luna in almeno sette canti dell'Inferno, in sette del Purgatorio e in nove del Paradiso. Senza luna la Divina Commedia sarebbe rimasta, per così dire, senza orologio. Infatti Dante non indica mai l'ora durante il viaggio attraverso i gironi dell'Inferno se non giovandosi delle varie posizioni della luna. Questa funziona come orologio, per cui il poeta può avvalersene per regolare il tempo della prima parte del suo viaggio nell'oltretomba.

Quanto la luna abbia influenzato Dante e quante immagini gli abbia ispirato, quale varietà gli abbia suggerito, appunto, si vede negli esempi che seguono.

La Luna è per Dante il primo dei pianeti che compongono il sistema aristotelico-tolemaico, codificato e trasmesso nel Medioevo attraverso i testi degli astronomi arabi.

La Luna dantesca mostra più volti e assume più ruoli: essa è lo strumento cosmico per segnare il cammino del viator, ma può anche presentarsi come termine di paragone stilistico ed espediente retorico per indicare diversi gradi di luminosità.

La Luna compare per la prima volta nella Commedia nella minacciosa profezia di Farinata, identificata con la sua faccia infera rappresentata da Proserpina:

Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna che qui regge,
che tu saprai quanto quell'arte pesa.
(Inf. X, 79-81)


Il senso delle parole di Farinata è chiaro e riportato in tutti i commenti: a partire dalla data dell'incontro dovranno trascorrere cinquanta mesi. L'eretico fiorentino svela dunque il seguito delle vicende di Dante e dei Bianchi, dopo che Ciacco aveva previsto la caduta della fazione in «tre soli», cioè in tre anni (Inf. VI, 68).

Nel Purgatorio la Luna, considerata nella sua essenza astronomica, torna ad essere visibile agli occhi del viator, che può osservarne effettivamente il movimento durante la sua ascesa al monte. Il pianeta svolge ancora la sua funzione di 'orologio cosmico' in due casi. In Purg. X, 13-16 Dante ne contempla il tramonto nel cielo mattutino, mentre nel canto XVIII essa è presentata a notte inoltrata. In questo quadro, paragonata, nella sua fase calante, ad un «secchion», un paiolo di rame lucente o ardente [50], l'astro offusca col suo splendore la luce delle altre stelle.

La prima attestazione della figura di Diana assimilata all'astro notturno si ha solo molto avanti nell'ascesa del pellegrino:

Noi eravam partiti già da esso,
e brigavam di soverchiar la strada
tanto quanto al poder n'era permesso,
quand'io sentì, come cosa che cada,
tremar lo monte; onde mi prese un gelo
qual prender suol colui ch'a morte vada.
Certo non si scoteo sì forte Delo,
pria che Latona in lei facesse 'l nido
a parturir li due occhi del cielo.
(Purg. XX, 124-132)


La figura di Delia come personificazione della splendente luce lunare è ricordata nel XXIX canto del Purgatorio:

e vidi le fiammelle andar davante,
lasciando dietro a sé l'aere dipinto,
e di tratti pennelli avean sembiante;
sì che lì sopra rimanea distinto
di sette liste, tutte in quei colori
onde fa l'arco il Sole e Delia il cinto.
(Purg. XXIX, 73-78)

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