sabato 26 dicembre 2009

Osservatorio di confine I : L’osservazione


Osservatorio e confine due termini di paragone per una riflessione che vuole tentare di dare una spiegazione ad un titolo, il titolo del blog.
Che cosa significa osservare ? E’ una modalità del guardare e/o del vedere? Come si vede, si vede ma non si guarda o viceversa? Si può solo osservare o si deve anche intervenire? Quali sono gli strumenti dell’osservazione fisici e mentali? Per esempio si possono osservare le stelle ad occhio nudo ma si possono osservare con il cannocchiale, con il telescopio . Si possono osservare in qualunque luogo su una spiaggia o in cima ad una montagna oppure in un luogo appositamente attrezzato qual è l’osservatorio astronomico. Si può osservare il confine, un confine e si può osservare da un confine, dal confine. Compiuta l’osservazione si possono registrare i risultati nella mente ,su uno scritto, con una macchina fotografica?
Osservare è azione dinamica, virtuosa, transitoria. Osservatorio è strumento di ricerca e non di controllo che apre siti sconosciuti e indirizza la navigazione sulle rotte della speranza.
L’osservare , strumento dell’osservatorio, è strumento per comprendere, raccontare, condividere i linguaggi ,le esperienze, i sogni .L’osservare non è produrre solo dati ma porsi e porre delle domande.
Scrive Calvino:
“Quando c’è una bella notte stellata ,il signor Palomar dice –Devo andare a guardare le stelle -.Dice proprio :-Devo- perché odia gli sprechi e pensa che non sia giusto sprecare tutta quella quantità di stelle che gli viene messa a disposizione. Dice ‘Devo’ anche perché non ha molta pratica di come si guardano le stelle ,e questo semplice atto gli costa sempre un certo sforzo.
La prima difficoltà è quella di trovare un posto dal quale il suo sguardo possa spaziare per tutta la cupola del cielo senza ostacoli e senza l’invadenza dell’illuminazione elettrica : per esempio una spiaggia marina solitaria su una costa molto bassa.
Altra condizione necessaria è il portarsi dietro una mappa astronomica,senza la quale non saprebbe cosa sta guardando ; ma da una volta all’altra egli dimentica come si fa ad orientarla e deve prima rimettersi a studiarla per mezz’ora. Per decifrare la mappa al buio deve portarsi dietro una lampadina tascabile: I frequenti confronti tra il cielo e la mappa lo obbligano ad accendere e spegnere la lampadina e in questi passaggi dalla luce al buio egli resta quasi accecato e deve riaggiustare la sua vista ogni volta. Se il signor Palomar facesse uso di un telescopio le cose sarebbero più complicate sotto certi aspetti e semplificate sotto altri; ma, ora come ora , l’esperienza del cielo che interessa a lui è quella a occhio nudo , come gli antichi navigatori e i pastori erranti. Occhio nudo per lui che è miope significa occhiali ; e siccome per leggere la mappa gli occhiali deve toglierseli, le operazioni si complicano con questo alzare e abbassare degli occhiali sulla fronte e comportano l’attesa di alcuni secondi prima che il suo cristallino rimetta a fuoco le stelle vere e quelle scritte. Sulla carta i nomi delle stelle sono scritti in nero con lo sfondo blu e bisogna accostare la lampadina proprio addosso al foglio per scorgerli. Quando si alza lo sguardo al cielo lo si vede nero, cosparso di vaghi chiarori ; solo a poco a poco le stelle si fissano e dispongono in disegni precisi, e più si guarda e più se ne vedono affiorare.
Si aggiunga che le mappe celesti che lui ha bisogno di consultare sono due, anzi quattro:una molto sintetica del cielo in quel mese , che presenta separatamente la mezza volta nord; e una di tutto il firmamento , molto più dettagliata che mostra in una lunga striscia tutte le costellazioni di tutto l’anno per la parte mediana del cielo into0rno all’orizzonte, mentre quelle della calotta intorno alla Stella Polare sono comprese in un’annessa mappa circolare. Insomma il localizzare una stella comporta il confronto delle varie mappe e della volta celeste, con tutti gli atti relativi : levare e mettere gli occhiali,accendere e spegnere la lampadina , dispiegare e ripiegare la mappa grande , perdere e ritrovare i punti di riferimento .
Dall’ultima volta in cui il signor Palomar ha guardato le stelle sono passate settimane o mesi ; il cielo è tutto cambiato , la Grande Orsa (è agosto) si distende quasi ad accucciarsi sulle chiome degli alberi a nord-ovest; Arturo cala a picco sul profilo della collina trascinando tutto l’aquilone di Boote ;esattamente a ovest è Vega, alta e solitaria; se Vega è quella, questa sopra il mare è Altari e lassù e Denob che manda un freddo raggio dallo zenit.
Stanotte il cielo sembra molto più affollato di qualsiasi mappa; le configurazioni schematiche nella realtà risultano più complicate meno nette ; ogni grappolo potrebbe contenere quel triangolo e quella linea spezzata che stai cercando; e ogni volta che rialzi gli occhi su una costellazione ti sembra un po’ diversa. (…) Questa osservazione delle stelle trasmette un sapere instabile e contraddittorio - pensa Palomar, - tutto il contrario di quello che sapevano trarne gli antichi. Sarà appunto perché il suo rapporto con il cielo è intermittente e concitato anzicchè una serena abitudine ? Se lui si obbligasse a contemplare le costellazioni notte per notte e anno per anno,e a seguirne i corsi e i ricorsi lungo i curvi binari della volta oscura ,forse alla fine conquisterebbe anche lui la nozione di un tempo continuo e immutabile, separato dal tempo labile e frammentario degli accadimenti terrestri. Ma basterebbe l’attenzione alle rivoluzioni celesti a marcare in lui questa impronta?o non occorrerebbe soprattutto una rivoluzione interiore,quale egli può supporre solo in teoria ,senza riuscirne ad immaginare gli effetti sensibili sulle sue emozioni e sui ritmi della mente ? Della conoscenza mitica degli astri egli capta solo qualche stanco barlume;della conoscenza scientifica gli echi divulgati dai giornali,di ciò che sa diffida;ciò che ignora tiene il suo animo sospeso. Soverchiato, insicuro,s’innervosisce sulle mappe celesti come su orari ferroviari scartabellati in cerca di una coincidenza.
Ecco una freccia splendente che solca il cielo. Una meteora? Sono queste le notti in cui è più frequente scorgere delle stelle cadenti. Però potrebbe essere benissimo un aereo di linea illuminato. Lo sguardo del signor Palomar si tiene vigile, disponibile,sciolto da ogni certezza.
Sta da mezz’ora sulla spiaggia buia ,seduto su una sdraio , contorcendosi verso sud o verso nord,ogni tanto accendendo la lampadina e avvicinando al naso le carte che tiene dispiegate sui ginocchi; poi a collo riverso ricomincia l’esplorazione partendo dalla Stella Polare.
Delle ombre silenziose si stanno muovendo sulla sabbia; una coppia d’iinamorati si stacca dalla duna,un pescatore notturno,un doganiere, un barcaiolo. Il signor Palomar sente un sussurro. Si guarda intorno: a pochi passi da lui s’è formata una piccola folla che sta sorvegliando le sue mosse come le convulsioni d’un demente”
Osservare dunque ed essere osservati.
Ma osservare le stelle dunque è come osservare le cose del mondo, il mondo stesso? Così si osservano le cose. Ma si osservano nella sostanza o nei contorni?
“Figlia : Papà perché le cose hanno contorni?
Padre: Davvero? Non so .Di quali cose Parli?
F . :Sì,quando disegno delle cose perché hanno contorni?
P.: Bè, e le cose di altro tipo…un gregge di pecore? O una conversazione? Queste cose hanno contorni?
F.: Non dire sciocchezze. Non si può disegnare una conversazione. Dico le cose.
P.: Sì stavo solo cercando di capire cosa volevi dire. Vuoi dire :’perché quando disegniamo le cose diamo loro dei contorni? Oppure vuoi dire che le cose hanno dei contorni che noi le disegniamo oppure no ? ‘
Osservare è esaminare con cura ,guardare con attenzione ,talvolta con curiosità o con occhio critico. Notare e far notare , rilevare, obiettare,rispettare e non trasgredire.
Ma le cose non hanno contorni a volte, hanno contorni in ombra , si limitano solo ai contorni e dentro sono vuote. Quando pesa l’ombra delle cose che è il doppoi, lo specchio, il bordo.
Al bordo delle cose si sta come su un confine e si sente allora di osservare da un confine , si inaugura un osservatorio di confine. Ma come si arriva al bordo delle cose?
Come si arriva al bordo delle cose? Così i modi dell’osservare. Ma i luoghi ?
Una finestra è un osservatorio ?
“…il signore nel cappotto di loden – si legge in una pagina del carteggio Freud –Groddeck pubblicato da Adelphi nel 1979 - di cui non riesco a vedere chiaramente il viso . Che cosa faccio se un giorno egli compare senza questo indumento?..”
Osservare certe condizioni rassicura o crea angoscia.
Un caffè può essere un osservatorio. Alfred Polgar aveva inventato una teoria filosofica del caffè in particolare del Caffè Centrale di Vienna: “… il Caffè Central non è infatti un caffè come gli altri bensì una visione del mondo. I suoi frequentatori sono per lo più gente la cui misantropia è così violenta come il desiderio di stare con altra gente,che vuole restare da sola e perciò ha bisogno di compagnia….”
Lo specchio è un osservatorio. Si osserva se stessi. E anche il viaggio dentro la propria stanza argomento di un bel libro è un osservare se stessi . La piazza è un osservatorio privilegiato ; ma anche la spiaggia questa volta di giorno però
Dalla spiaggia si osservano le onde del mare.
Ed è ancora il signor Palomar che ci viene in aiuto .Dopo i modi dell’osservare, i luoghi dell’osservare ecco
“ Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. Il signor Palomar è in piedi sulla riva e guarda un’onda .Non che egli sia assorto nella contemplazione delle onde. Non è assorto, perché sa bene quello che fa ; vuole guardare un’onda e la guarda. Non sta contemplando, perché per la contemplazione ci vuole un temperamento adatto ,uno stato d’animo adatto e un concorso di circostanze esterne adatto: e per quanto il signor Palomar non abbia nulla contro la contemplazione in linea di principio,tuttavia nessuna di quelle tre condizioni si verifica per lui. Infine non sono le onde che lui intende guardare,ma un’onda singola e basta: volendo evitare le sensazioni vaghe,egli si prefigge per ogni suo atto un oggetto limitato e preciso.
Il signor Palomar vede spuntare un’onda in lontananza ,crescere, avvicinarsi , cambiare di forma e di colore, avvolgersi su se stessa,rompersi, svanire , rifluire..A questo punto potrebbe convincersi di aver portato a termine l’operazione che s’era proposto e andarsene .Però isolare un’onda separandola dall’onda che immediatamente la segue e pare la sospinga e talora la raggiunge e travolge,è molto difficile ;così come separarla dall’onda che la precede e che sembra trascinarsela dietro verso la riva ,salvo poi magari voltarglisi contro come per fermarla. Se poi si considera ogni ondata nel senso dell’ampiezza parallelamente alla costa ,è difficile stabilire fin dove il fronte che avanza s’estende continuo e dove si separa e segmenta in onde a sé stanti, distante per velocità, forma , forza, direzione.
Insomma non si può osservare un’onda senza tener conto degli aspetti complessi che concorrono a formarla e di quelli altrettanto complessi a cui essa dà luogo. Questi aspetti variano continuamente ,per cui un’onda è sempre diversa da un’altra onda ,anche se non immediatamente contigua o successiva; insomma ci sono delle forme e delle sequenze che si ripetono ,sia pur distribuite irregolarmente nello spazio e nel tempo. Siccome ciò che il signor Palomar intende fare in questo momento è semplicemente vedere un’onda, cioè cogliere tutte le sue componenti simultanee senza trascurarne nessuna , il suo sguardo si soffermerà sul movimento dell’acqua che batte sulla riva finchè potrà registrare aspetti che non aveva colto prima;appena s’accorgerà che le immagini si ripetono saprà d’aver visto tutto quello che voleva vedere e potrà smettere.” (…) Il signor Palomar ora cerca di limitare il suo campo d’osservazione;se egli tiene presente diciamo un quadrato di dieci metri di riva per dieci metri di mare, può completare un inventario di tutti i movimenti d’onde che vi si ripetono con varia frequenza entro un dato intervallo di tempo. La difficoltà è fissare i confini di questo quadrato ,perché se per esempio lui considera come lato più distante da sé la linea rilevata di un’onda che avanza,questa linea avvicinandosi a lui e innalzandosi nasconde ai suoi occhi tutto ciò che sta dietro; ed ecco che lo spazio preso in esame si ribalta e nello stesso tempo si schiaccia.
Comunque il signor Palomar non si perde d’animo e ad ogni momento crede di essere riuscito a vedere tutto quello che poteva vedere dal suo punto d’osservazione,ma poi salta fuori sempre qualcosa di cui non aveva tenuto conto . Se non fosse per questa sua impazienza di raggiungere un risultati completo e definitivo della sua operazione visiva ,il guardare le onde sarebbe per lui un esercizio molto risposante e potrebbe salvarlo dalla nevrastenia, dall’infarto e dall’ulcera gastrica. E forse potrebbe essere la chiave per padroneggiare la complessità del mondo riducendola al meccanismo più semplice. (….) Appuntare l’attenzione su un aspetto lo fa balzare in primo piano e invadere il quadro, come in certi disegni che basta chiudere gli occhi e al riaprirli la prospettiva è cambiata. Adesso in questo incrociarsi di creste variamente orientate il disegno complessivo risulta frammentato in riquadri che affiorano e svaniscono. S’aggiunga che il riflusso d’ogni onda ha anch’esso una sua forza che ostacola le onde che sopravvengono. E se si concentra l’attenzione su queste spinte all’indietro sembra che il vero movimento sia quello che parte dalla riva e va verso il largo.
Forse il vero risultato a cui il signor Palomar sta per giungere è di far correre le onde in senso opposto , di capovolgere il tempo , di scorgere la vera sostanza del mondo al di là delle abitudini sensoriali e mentali ? No, egli arriva a provare un leggero senso di capogiro ,non oltre. L’ostinazione che spinge le onde verso la costa ha partita vinta: di fatto si sono parecchio ingrossate. Che il vento stia per cambiare? Guai se l’immagine che il signor Palomar è riuscito minuziosamente a mettere insieme si sconvolge e frantuma e disperde. Solo se egli riesce a tenere presenti tutti gli aspetti insieme, può iniziare la seconda fase dell’operazione:estendere questa conoscenza all’intero universo. Basterebbe non perdere la pazienza, cosa che non tarda ad avvenire. Il signor Palomar s’allontana lungo la spiaggia,coi nervi tesi com’era arrivato e ancor più insicuro di tutto”
E allora vogliamo fare come il signor Palomar? Osservare è dunque conoscere e la conoscenza dall’infinitesimo piccolo al grande , al macroscopico e solo questione saper tenere insieme tutti gli elementi dell’osservazione e anche di aver pazienza e di riconoscere di essere insicuro di tutto.
Anche se nel terminare per il momento questa riflessione viene in mente ul romanzo di Alberto Cavallai dedicato agli ultimi quattro giorni della vita di Tolstoj. In quel romanzo Cavallari indicò la fuga come una possibile risposta da parte dell’uomo assediato dalle circostanze.
Ma Cavallari prima di arrivare a questa conclusione aveva però combattuto molto: il fascismo e ogni forma di corruzione. La fuga non era per lui una risposta defintiva perché si fugge per cercare qualcosa d’altro, altre circostanze, si fugge da un pericolo ma poi si ritorna sui proprio passi. Sempre : Ed è consolante appunto l’inizio di quel suo romanzo che apre le porte alla normalità della vita, del vivere dell’osservare per vivere: “ La sera del 27 ottobre 1910 ( scrive Cavallari in La fuga di Tolstoj , Einaudi 1986) il conte Tolstoj si coricò verso le 11,30 (…) Lev Nicolàevic Tolstoj non sapeva che sarebbe stata l’ultima sua sera nella casa dov’era nato, cresciuto , invecchiato e dove aveva compiuto in agosto 82 anni. Prima di coricarsi si era fermato nello studio ricapitolando la giornata trascorsa in uno dei suoi diari. Negli ultimi tempi ne teneva tre: uno ufficiale, uno segreto, che nascondeva negli stivali perché la moglie non lo leggesse, uno disordinato su taccuini e fogli sparsi. Scrivendo a lume di candela aveva concluso il bilancio della giornata con queste parole:’ Nulla da segnalare: anche se ciò sembra triste,in effetti è un bene. ‘ Essendo in quel periodo la sua vita tempestosa, piena di giornate nere, dominata da una crisi familiare più grave delle precedenti , gli parve di aver vissuto una giornata dopo tutto normale…”

Dall’eremo di Via Vado di sole L’Aquila, sabato 26 dicembre 2009

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