sabato 5 dicembre 2009

Un po' di storia

UN POCO DI STORIA


"Un poco di storia” è una specie di autobiografia per immagini. Prima di riflettere sui temi e il senso di un titolo come “Osservatorio di confine”,intendevo inserire nel profilo che appare nel blog ,alcune informazioni biografiche .In aggiunta s’intende ai dati anagrafici e alle appartenenze zodiacali. Forse per mia incapacità nel cercare tra le varie finestre della schermata offerte dai curatori dell’architettura del blog medesimo ,non ci sono riuscito.

Con l’aiuto di Grazia ho allora semplicemente trasferito le foto di copertina di alcune pubblicazioni realizzate negli anni in un post che ha per titolo appunto “ Un poco di storia”

Si può comunque raccontare una storia in più modi. Il racconto per immagini qui a fianco ne è uno. Sono consapevole però che è l’ inganno ottico di una identità mutevole e incoerente di cui la persona non è che la maschera, il nome, lo stato civile imposto a una miriade esplosa di cocci e di frammenti.

Raccontare è un’attività di scrittura che implica una relazione con un lettore immaginato. E’ un atto concreto e plurimo di comunicazione. Diventa spesso una pratica argomentativa e persuasiva. E’ cosa diversa dalla ricerca che è accorpamento e ordinamento di materiali raccolti.

Un poco di storia allora. All’inizio, proprio all’inizio di un viaggio con il quale intendo avvicinarmi a molti confini guardandoli appunto da un osservatorio privilegiato .Anche se questo osservatorio di confine in se stesso è un luogo di confine e privilegiato quindi allo stesso tempo. Ci sarà spazio in altri post per raccontare il senso della scrittura di sé, l’autobiografia, il significato dell’osservare, il limite del confine, il senso della storia e delle storie, la storia e le storie di vita, la poesia e le poesie. Con l’avvertenza che narrare non è solo legato ad un banale problema di organizzazione dei materiali in forma di modello o di racconto. E’ un problema connesso con l’immagine che si ha , che si vuole costruire, che si vuole trasmettere dei fatti, delle persone, dei sistemi politici o etici, delle culture o dei conflitti.

Tutto questo per dire banalmente che volevo semplicemente inserire nel profilo contenuto nel blog un elenco di pubblicazioni realizzate negli anni.

Tutto comincia con un testo pubblicato a Sulmona dalla Tipografia La Moderna, contenente una lunga poesia dal titolo “ Cristo è morto ad Hanoi”. Pubblicazione forse perduta o forse no che comunque non sono riuscito a ritrovare tra i miei libri. Tutto ha inizio con una poesia. E proprio nel cominciare a parlare di queste cose voglio trascrivere una mia poesia che ho trovato su uno dei tanti quaderni su cui negli anni ho conservato tracce delle letture ,delle idee, dei frammenti e delle poesie scritte :

Lascerò ugualmente un bellissimo testamento,

borghese annoiato dal cuore verde e vinaccia,

meschino mediocre,truffaldino, mezzamanica,

pasticcione , sadico e crapulone,

tra le cianfrusaglie alla rinfusa sotto il mio letto

d’ospizio,

lascerò ugualmente un bellissimo testamento ,

con la visione e la forza d’una dolcezza di fuoco,

consumata nelle carezze del discorso con una donna,

ricominciato da capo dopo mezza vita.

Mi terrà desto ancora un attimo

prima di morire per accontentare l’estasi

delle stelle

durata con una continua tranquilla fantasticheria

il tempo d’un ultimo vagabondaggio in stalle,

fienili e mulini,

campi e strade di catrame,

all’ombra della chioma dei castagni

al sole rugginoso

degli incantesimi del tramonto.

In solitudine, poeta, vagabondo, beone,

sognatore e visionario

sulla via che conduce a te

fanciullo tra gli uomini

eremita e contadino,re ,saggio

e pazzo,

mi sono arreso ad una fuga di nuvole:

con l’intonazione di un cantastorie

lascerò ugualmente un bellissimo testamento…”


Comincia e continua con “Poesie” un volumetto senza data stampato forse attorno agli anni 1968-69 dalla Lampografica di Sulmona di proprietà del mio amico Manna figlio d’arte e membro di una storica famiglia di tipografi, quelli che componevano a mano e poi con il piombo fuso, che inaugurava nuove macchine di stampa, all’avanguardia per quel tempo ,appunto la litotipografia. Un volume a due voci . Da una parte una giovanissima, quasi adolescente, Rossana Amicarelli con “Così la sera” e la mia voce in “Sterpi di saggina”. Erano gli anni in cui lavoravo al Centro Servizi Culturali di Sulmona e avevo giovanissimi amici e compagni di viaggio come Ezio Di Sanza, Carlo Angelone, Mimma D’Antonio e poi Franco Incani e tanti altri . Di quell’esperienza ne parlerò poi in avanti in un altro post.

“Sterpi di saggina” contiene poesie di un adolescente recuperate da quaderni ormai perduti, nervose e pretestuose: “ Ecco/da oriente/ritorna / la luce/e/ l’onirica/pazzia /della notte/ è il segno di un’ultima/purezza / incontaminata” che usando il pretesto del verso libero mettevano l’una dopo l’altra una serie di parole. Importanti sì ma dette a mitraglia con l’adrenalina degli adolescenti. In realtà erano un grande passo avanti rispetto alla raccolta manoscritta “Aglaia” sonetti e canzoni in cui si sentiva Leopardi, D’Annunzio, Foscolo, Manzoni mai Catullo, Orazio e Ovidio . Per entrambe il professor Cosimo Tammaro,insegnante di italiano e storia, dava inesorabilmente quattro e qualche volta anche con meno meno e tutte le volte aveva ragione .


La stagione della poesia giovanile si fa gioiosa, armonica, con le poesie in dialetto recitate sulle piazze, contenute nella raccolta “Poeti d’Abruzzo “ ,appunto raccolta di poesie in vernacolo curata dalla Settembrata Abruzzese di Pescara edita nel 1973.

Continua con un sodalizio da pendolari. Mi sono ritrovato nel 1976 sul treno Sulmona L’Aquila da pendolare. Con me Totò Barrasso e Raffaele Santini. Viaggi quotidiani di andata e ritorno in vetture troppo calde o troppo fredde, scarsamente illuminate , piene di fumo di sigarette e di sigaro toscano, ma anche di racconti, idee, storie, sentimenti , progetti, e …poesie.




E’ nato così “Siamo andati eppoi tornati” un volume stampato a Pratola da un altro storico tipografo Arsgrafica Vivarelli nel 1978 con la prefazione dell’amico Franco Cercone. In quel volume collettivo, “Esercitazioni” contiene appunto esercitazioni in cui i versi si fanno più polposi e le parole si cominciano a misurare,come si misura il proprio io “ E non esiste/ che un confine/ io/ e il mio mondo”. Con un senso nuovo del tempo che passa “ La luce /che se ne va/la noia/e la tristezza/di restare/la voglia di andare/ con la luce/ che muore. Un senso oraziano del tempo ma anche la consapevolezza di incomunicabilità “ Appoggiare il cielo/ sui binari/dritti, uguali e paralleli,/ed entrare nella nebbia,/fianco a fianco/seduti e allineati/cercando di incontrarsi”.


Parole che non si misurano più nel volume successivo “ Santabarbara amore mio” pubblicato da L’Autore Libri di Firenze nel 1989. ”Parole ,suoni e rumori , - come recita la quarta di copertina- colori , umori, sogni realtà del mondo trasposti nella periferia di una città di provincia.

Il racconto della finzione e della realtà in una periferia senza impianti industriali e ciminiere, densa di spazi verdi e montagne immediatamente a ridosso ,che sembrano proiettarsi sui tetti delle case.

L’iperbole di un’osmosi da diaspora quotidiana tra la periferia e il centro storico che si complica nella meditazione profusa di stranezze da borghese,grida di rivoluzionario,insignificanti accenti quotidiani dell’io che si liberano in meloee individuali e collettive. Chiamata a raccolta degli altri, del prossimo,dei diversi da sé con vezzo sessantottesco ormai stemperato e integrato per lusingati allontanamenti e pesanti ritorni dal mondo dentro questo mondo.

Periferia di provincia vissuta e osservata da un flaubertiano uomo ordinato e normale come un borghese colpito a tratti da folgorazioni , straniamenti ,percussioni, attimi di vita e di morte dai quali non riesce a prendere le distanze incapace di tirarsi dietro una volta chiusa la porta di casa alle spalle.

Ma la stagione del “cloro al clero” , delle scritte sui muri, delle grandi manifestazioni di piazza sta tramontando.


Arrivano le poesie di “Stelle in corsa” pubblicato da Edizioni Qualevita di Torre dei Nolfi e arriva la stagione delle letture dei grandi poeti Montale Penna, Ungaretti Luzi Caproni, Merini ,Raboni, Quasimodo, Cucchi con uno sguardo a Baudelaire. Prevert, Lorca ,Pennati, D’Elia, Viviani ma anche Campana e tanti e tanti altri. Le parole assumono un altro senso e un’altra sintesi “ Piange l’autunno quietamente. Corrono /gocce di piaggia lucente/ sui lucenti vetri.” o un altro respiro ,semplice , quotidiano: ” Solo un cane sento sovente/allegro abbaiare./Misura il tempo/ripensando alle corse./in un mare odoroso di terra/e d’albe./Certo dei sogni della notte passata/mi offre gli occhi/che sanno riconoscere l’allegrezza.”

“Stelle in corsa “ è in realtà un omaggio a Sandro Penna. Alla sua voce di sogno e di realtà. Punto d’incontro r di ritorno. Ad ascoltare la sua voce, l’originalità della vita è una visione su misura. Trascorre (scorre) la sua poesia colloquiale e sapide come trascorre (corre) la vita. Visionaria come la vita vola alta e poi scende con ali di gesso fino in fondo alla valle. La valle amabile, passionale,reale,fantastica, dolce e crudele della terrena esistenza. Esistenza che corre al dritto e ai rovesci come le stelle in corsa al punto di scomparire dietro una curva. La curva celeste che tutto nasconde dell’universo, oltre il cielo visibile, la stessa curva che nasconde la strada. La strada persa e ritrovata, in pianura, in salita, in discesa. La strada della vita e la strada della morte.


A fianco di questa colonna sonora tutta personale, silenziosa e intima corre la collaborazione al Progetto “Uomo Ambiente” di Vincenzo Battista che ha prodotto non solo i volumi “La Via del grano”, “La terra dello zafferano” e “La via dei carrettieri” che contengono testi per i quali ho fatto ricerche storiche, trascritto interviste della fonte orale,avanzato ipotesi di ricerca e determinato alcune scelte metodologiche,ma anche e soprattutto una amicizia che dura nel tempo con Vincenzo Battista ma anche con Duilio Chinante e Lorenzo Nanni.

Anche in quel caso tutto comincia dall’eremo di Sant’Onofrio , dalla storia di fra Pietro del Morrone divenuto papa Celestino V e da un volume dal titolo “La memoria e il Morrone”stampato dalla Provincia di L’Aquila in occasione della Perdonanza celestiniana dell’anno 1987.

Mi piacerebbe tornare a parlare più estesamente di questa esperienza. Sarà l’oggetto di un altro post?













“Il gigante e la farfalla “ Romanzo collettivo d’Ottocento, pubblicato nel giugno del 2002 da Edizioni Qualevita è la riproposizione in chiave letteraria delle vicende del brigantaggio post-unitario, inteso non tanto e non solo come fenomeno sociale e politico ma come momento di vita del nostro paese. Una vita vista dalla parte della quotidianità dei protagonisti,dalla parte di dentro, dove per protagonisti si intendono generazioni di uomini e di donne che sono vissuti nella terra d’Abruzzo in un particolare momento della sua storia e dove, per dentro,si intende, ancora, la discesa nell’anima e nei sentimenti degli esseri umani.

Un racconto narrato con una scansione secondo sequenze temporali che nella dimensione del tempo e dello spazio della nostra regione,trova punti di riferimento in fatti pubblici e privati, oggettivi e interiori, costituendo un’attrazione sul passato ma soprattutto sul futuro. Un racconto con una voluta frammentarietà in quanto non pretende di sostituire la conoscenza storica e l’interpretazione degli stessi fatti storici,che il lettore sa di doversi procurare per conto proprio, ma di esporre un punto di vista.

Il racconto della “storia” è qui uno “sguardo” con un punto di vista che è costante perché universalmente umano. Cioè si basa sul presupposto che in ogni tempo e in ogni luogo l’uomo abbia provato e provi gli stessi sentimenti di fronte ad avvenimenti che spesso sconvolgono il mondo in generale e in particolare il proprio mondo. Avvenimenti che ripropongono le domande di sempre : il male, il tempo la responsabilità individuale , la guerra e la morte,l’amore e l’odio, la sofferenza, la felicità, le passioni ,la solitudine. Un presupposto, dunque, che porta a dare , per esempio, lo stesso valore alle sofferenze da qualunque parte provengano.

Far vivere il passato non attualizzando la storia che si racconta ma attualizzandone i sentimenti, le gioie, i dolori, la lotta per soddisfare i bisogni , che è la sostanza del vivere umano oggi, come ieri, come domani è il tentativo sperimentato in questo volume. Tentativo che si avvale di un testo che combina insieme racconto dei fatti, memoria, diario,epistolario,saggio, senza alcuna posizione a monte, perché l’importanza è data dalla vita, cioè da quell’insieme di gesti , riflessioni, pensieri, slanci, desideri, progetti , dolori, amori e sofferenze che sono la vita stessa e parte di essa.

Scritto come una continua successione di passi , avanti e indietro,dentro un mondo , quello della fine dell’Ottocento su cui si richiama l’attenzione degli uomini di oggi per cercare valori da riproporre.

Un racconto nel racconto che fonde le parole dette dai personaggi , dagli uomini e dalle donne che con le loro voci, con i loro pensieri animano il tessuto narrativo .E con loro si confonde anche la voce impersonale del narratore.

Si narra la storia di un carabiniere e di un brigante, Chiaffredo Bercia e Croce di Tola detto Crocitto, il gigante e la farfalla che si incontrano tra le montagne d’Abruzzo. Una storia durata dieci anni dentro un’altra Storia, quella che ha sconvolto mezzo mondo e l’altro mezzo mondo se la ricorda ancora.

Un’epica che crede nelle energie positive dell’uomo fuori dagli stereotipi,luoghi comuni, giudizi sommari che diventano in molti casi “caricature della storia”. La lotta tra il carabiniere e il brigante di allora non è solo la lotta in un particolare momento della storia del nostro paese ma metafora di altro, chiave di lettura di mondi diversi, anche del nostro mondo attuale.

Si narra anche di come una città , Sulmona, viva il dramma del brigantaggio e trovi la capacità per crescere non solo tra acclamazioni per Garibaldi e Vittorio Emanuele ma anche tra idee feconde , costruttive e idee pazze come quella di abbattere, per esempio, Porta Napoli.


Il chiostro e le mura” pubblicato nel giugno del 2003 da Edizioni Qualevita vuole parlare della città di L’Aquila,attraverso un contributo all’immaginario urbano di questa città; attraverso la riscoperta di un sogno custodito nel cuore della città.Il sogno che ha fatto L’Aquila così come essa è oggi. Viaggio in un immaginario che ha prefigurato con anticipo la realtà ma che ne è la radice, a volte irrinunciabile, perché patrimonio di idee, visioni,storie tradotte in pietre , edifici, architetture, istituzioni, atmosfere divenute realtà o restate utopia.

Così si legge sulla quarta di copertina del volume e dopo quello che è accaduto nell’aprile di quest’anno parlare della città di l’Aquila è difficile ma necessario.

E allora voglio continuare la lettura di quella copertina che richiama una riflessione oggi più che mai necessaria.

Le “città invisibili” per Italo Calvino sono città inventate, immaginarie,fuori dallo spazio e dal tempo. Quante città inventate esistono? Che cos’è oggi per noi una città? Come ne parliamo? Ci sono molti modi per parlare della città: modi urbanistici, politici letterari, sociologici.

Di tutti questi modi dobbiamo parlare di L’Aquila. Il parlare chiama in causa però critica e progettualità; ci impegna a trovare e stabilire correlazioni tra diverse conoscenze,tra interventi e ricerca. In sostanza a mescolare livelli separati ed esclusivi quali l’oggettività e la soggettività. Quanto più è difficile vivere nella città o vivere la città ,tanto più e necessario parlarne. E’ importante tornare a visitare il sogno che nasce dal cuore delle città invisibili perché la loro descrizione è spesso, descrizione dei problemi della città che viviamo ogni giorno.

Le città sono un insieme di tante cose : memoria, progetto, segni, sogni , luoghi ,scambi. Scambi che non sono solo quelli delle merci ma di parole , desideri, ricordi che fondano storia, arte, architetture,proprio con la vita di ogni giorno. La città allora è una sfida al nostro sistema di pensiero : da una parte diritti, doveri ,interessi, vantaggi e svantaggi,dall’altro pluralismo dei significati, dei luoghi , dei modi in cui si realizzano le identità dei singoli. Le città invisibili sono anche quelle reali che non riusciamo più a vedere perché “ il guardare” di oggi non sa più vedere. Sapremo guardare L’Aquila per vedere di nuovo L’Aquila?


Un discorso a parte meritano due libri “Sulmona e la sua storia” pubblicato nel 1972 da Italia Editoriale ma in realtà pubblicata dalla Libreria Editrice dell’amico Antonio di Cioccio e stampato nella storica tipografia Labor di Via Ciofano a Sulmona e “Bibliografia storica di Sulmona e della Valle Peligna” pubblicata nel 1974 a cura dell’Associazione Sole Italico . Un discorso a parte perché evidenziano una stagione della mia vita ricca di studi storici, di collaborazioni, di incontri ,di relazioni personali.

“ Sulmona e la sua storia” inaugura una quarantennale amicizia con Antonio Di Cioccio, libraio di Piazza XX Settembre con il quale ho pubblicato successivamente solo una “Guida di Sulmona “ e nient’altro . Ma è il punto di partenza di una relazione appunto di amicizia che negli anni rimane intatta fino ad oggi quando , recandomi abitualmente a Sulmona, mi trovo a volte a passeggiare per il Corso con lui. Ormai chiusa la libreria si è dedicato a ricostruire la sua attività di editore in una realtà locale viva e ricca di espressioni e voci come quella, una per tutte, di Ottaviano Giannangeli. Da questa sua esperienza ha tratto una preziosa pubblicazione di cui appunto abbiamo parlato passeggiando con nostalgia di uomini e tempi.. Un uomo, un intellettuale di provincia, un imprenditore rimasto integro nel suo sentire e nel suo credere ad un impegno civile ragguardevole per le stagioni economiche politiche e sociali attraversate dalla sua lunga attività di librario in Sulmona.

Le ricerche contenute in “Sulmona e la sua storia” sono anche il frutto della frequentazione della Biblioteca Comunale di Sulmona e dell’amicizia con il suo bibliotecario , mio omonimo, Mario Marcone, frequentazione poi sfociata nell’adesione alla Società Abruzzese di Storia Patria il cui presidente a L’Aquila , Walter Capezzali è figura ammirevole di dedizione alla Biblioteca Provinciale “S. Tommasi”, di cui a lungo è stato direttore e che ha permesso, a me e all’amico Vincenzo Battista di percorrere , in lungo e in largo, tutte le collezioni di abruzzesistica.


Bibliografia storica di Sulmona e della Valle Peligna” nasce come secondo volume di una collana a cura dell’Associazione Sole Italico che segna uno splendido giovanile sodalizio con uomini e studiosi come Cesare Occhiolini e Renato Tuteri in particolare oltre a Dante Pace, Don Virgilio Orsini bibliotecario della Diocesana, Rocco Scarascia ,Antonio Pecilli, ed altri. E’ il momento culminante di una attività di ricerche archeologiche ,monumentali, speleologiche,naturalistiche. Sono gli anni in cui attiva a Sulmona è anche l’Associazione Italia Nostra , Ezio Mattiocco pubblica i Quaderni del Museo Civico e poi i suoi monumentali studi su Sulmona .

La bibliografia storicaè il secondo volume di una collana inaugurata con un volume di Renato Tuteri su la Dea madre peligna , una statua fittile rinvenuta dallo stesso Renato in una sua esplorazione di un sito archeologico e a lui affidata in custodia dalla Soprintendenza archeologica di Chieti dove attualmente lavora sua figlia Rosanna allevata con latte e preistoria.

Anche questo sodalizio parte da un libro anzi da un estratto degli Atti della Società Toscana di Scienze Naturali che riferisce di “Ricerche nella Conca Peligna e dintorni” di Cesare Occhiolini ossia illustra il ritrovamento della sepoltura di un guerriero italico con il suo corredo ritrovata nella campagna do Popoli. Un estratto e l’incontro con uno studioso della levatura di Radmilli A.M.

La bibliografia è un omaggio a Camillo Minieri Riccio e a Giovanni Pansa ed è un amore in nuce per i libri ma ne parlerò ancora.


E tornerò a parlare anche di altre poesie come quelle raccolte in “Sommazioni e diminuzioni” , appunto poesie per certi versi prosa e per altri versi poesia che richiamano quasi il teorema dell’energia cinetica e conservazione dell’energia ovvero:” L’energia cinetica di un sistema di particelle è la somma delle energie cinetiche delle singole particelle” ovvero ancora in altre parole il senso e il limite della poesia senza la quale si arriva alla morte “ … senza aver conosciuto il profondo/ senso d’esser uomo nato a una sola /vita, cui nulla, nell’eterno, corrisponde…” come dice Pier Paolo Pasolini anche se poi la parola uomo a volte desta ilarità:” Si scrivono miliardi di poesie/ sulla terra ma in Giove è ben diverso./ Neppure una se ne scrive. E’ certo/la scienza dei gioviani è altra cosa./ Che cosa sia non si sa. E’ assodato/ che la parola uomo lassù desta/ ilarità.”come ci ricorda Eugenio Montale.

Ed anche di discoli e di bulli









Dall’eremo di Vado di Sole di L’Aquila la sera di giovedì 10 dicembre 2009.












































































































Nessun commento:

Posta un commento