lunedì 16 novembre 2015

VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI :”Campari VOLO” di Barbara Giuliani




Vagine di nuvole, piove sole ed è chiuso al traffico.
 
Possiamo continuare?
 
Puoi comporre dieci numeri a caso, provare la fretta di una telefonata, il silenzio di una cornetta, il suono incastrato di una mano nel cuore, puoi scavare profonde dighe
 
e lasciare i ragni a filo dietro le tue vestaglie notturne.
Puoi decidere di partire, di preparare latte scremato e cucinare un bignè, ma non sarà mai come essere andati a capo in questo verso.
 
Potrai bollirmi le scuse; per farle scendere.
 
Il cioccolato fondente non è ferro.
 
Smettila di diluire; tu vuoi che la mancanza ti venga spiegata.
 
Sono gli esempi che fanno il solo:
 
Manca il burro nella salvia e mancano le fette biscottate sulla marmellata. Mancano i precipizi nei burroni, mancano le file nelle attese, mancano gli spaghi nei gomitoli.
 
Se c’è un essere in amore che non trova pace, è l’essere che in amore non trova pace. Circondato da diaframmi; la luce è leva per il buio.
 
Se stendi, fallo per stendere.
 
Annuncia il ritorno come mai partito, fallo per errore, per tre ore di viaggio con la radio ingoiata dalle galleria, per le pareti veloci, per i fari contromano, per le custodie gelose dei cd;
fallo sembrare come fastidio.
 
Vorrei portarti e raccogliere i punti di una piadineria in franchising, fare il corso di ikebana con gli occhi truccati a mandorla, scoprire che la didattica teatrale non è una malattia e che possiamo buttare le lattine di birra del discount sotto casa insieme alle bottiglie di acqua rubate nel frigobar dell’hotel di Torino dove non siamo mai stati.
 
Vorrei raccontarti del caro benzina, degli stipendi bloccati, della messa delle sei.
 
Vorrei guidare una bici, per i freni. Vorrei portarti in bici per essere in due a usare i freni.
 
E tristemente ti racconto che sono appassiti gli orecchini, che la pizza è bruciata sui bordi, che il rimmel non lo compro da quattro anni, che le scarpe sfondate vanno usate quando piove, che le matite non saranno mai delle penne, che gli occhiali da vista sono sporchi, che ho venduto dieci mollette per i capelli a una donna calva e.
 
Sono ostaggio, non per il riscatto, ma per il viaggio.
 
I minuti sono veri; confermo.
 
Questo autunno sarà caldo, per le maree, per le donne con le gonne arancio, per i cani di taglia medio-piccola, per le etichette dei sughi già pronti e.
 
Le stagioni esistono; confermo.
 
Espérer.
 
E’ francese; confermo.
 
Sei tu?
 
Ho riconosciuto il destino, non dal viso, dalla temperatura, dalla velocità di immersione, dalla pressione arteriosa, dalla foto sfocata di un panorama, da pagina quindici dell’Avvenire; un panino all’autogrill c’è sempre nel destino.
 
Mentire. Mentire è alla base di questa conversazione tra me e te, che diventi me. E me non è te. E te non è me. Teme. Mete. E la e non è in carico di accento.
 
Mento.
 
Sono il Alaska a sciogliere i ghiacciai, sono in India a raccogliere riso basmati, spaccio droga nelle favelas in Argentina e stanno giocando le World Series.
 
Accade.
 
Come la tettonica a placche, la rivoluzione copernicana, l’induzione elettromagnetica, come perdere il vaso dei fiori e non avere l’ancora.
 
Dirtelo con parole di neve e fiocchi, come la Madonna di un volo, come il come. Non chiedermelo.
 
Sono i fenicotteri; rosa.
 
Campari VOLO.
[…]
Barbara Giuliani classe 79, pescarese, 40 di scarpe, ama i semafori rossi in pieno traffico, la polvere sullo schermo del televisore, le sigarette delle 10 di mattina, l’odore dei pennarelli a spirito e la connessione lenta del PC.

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