mercoledì 13 gennaio 2010

DORMO SEMPRE DAVANTI ALLA TIVU’ ACCESA -poesie-

1.
Noi sentivamo cantar vespro
mentre giocavamo sulla piazza
della chiesa
e ragazzi da servir messa e
benedizioni
chierichetti in tonaca bianca e scarponi
infangati
suonavamo anche le campane
che per avviare il campanone
bisognava salire su in cima
al campanile
e nella novena di Natale
recitava il campanone con voce lenta
e lunga
“cavoli pesci e baccalà” che noi
cantavamo insieme
e la campanella ci assecondava
piano piano.
Poi guardavamo Mike Buongiorno
e anche il Musichiere che piaceva
tanto a zia Rita
alla tivù della sala parrocchiale e cantavamo
“volare” e “ tintarella di luna”
e Modugno e Mina
nell’autoradio della seicento cantavano
pure loro
nelle feste da ballo ogni sabato
pomeriggio
in una casa diversa.
Poi abbiamo comprato un frigorifero
che zia Ida ha chiamato per tutta
la vita “frigider” con il suo inglese
mezzo tionese e mezzo sudafricano.
L’estate andavamo al mare con il treno
Sulmona-Pescara e la zia Anna la pescarese
ci faceva mangiare il cocomero
e qualche anno dopo andavamo
tutti i venerdì sera all’ultimo spettacolo
al Cinema Pacifico
a vedere “Indagine su un cittadino al di sopra
di ogni sospetto”
o “Zeta l’orgia del potere”
e non era già più tempo di spogliarelli
al cinema Balilla quando facevano
come diceva mio padre “la serata nera”
e pure l’avanspettacolo non si vedeva
più al cinema Pacifico.
Noi andavamo per Corso Ovidio sotto
e sopra , sopra e sotto e ci andiamo
ancora qualche volta che torno ora
a Sulmona
con Totò Barasso e Antonio Di Cioccio
anche se ci fermiamo di più ora
da vecchietti a prendere il sole
a Piazza del Carmine.
Nel dormiveglia del mattino ho sognato
quegli anni di Sulmona
e sembrava di andare con loro lontano
e sembrava che mi ero perso
ed era invece una nuova strada.

2.
Noi andavamo alla Libreria Colacchi
a cercare nelle pagine dei libri
i sogni
e il caos reale della nostra vita
lo lasciavamo fuori la porta,
il caos della nostra vita e di quella
dei nostri ragazzi
del carcere minorile.
Io e Luca andavamo a cercare
viaggi e meraviglie
che la nostra bibliofollia non ha limiti
e lo raccontavamo poi a Giovanna
che ci parlava della sua tesi di geografia.
Poi tornavamo a rileggere Moby Dick
e sognavamo le foreste di Salgari.
Ora i tarli scavano i miei libri.
Ora i miei libri sono una catasta
nel mezzo della stanza
della casa di Via Beato Cesidio
e presto ammuffiti
e io a cercar spesso in quella catasta.
In questa catastrofe mi ricordo
un’altra catastrofe di quell’altra biblioteca
del Centro Servizi Culturali di Sulmona
frequentata da studenti ladri
che rubavano i traduttori dal latino
o le foto dei pittori futuristi e naif
o quelle stupende illustrazioni
del Don Chisciotte della Mancia
e Carlo Marx non stava nemmeno
nel catalogo
senno fregavano pure quello
quei cari figli marxisti immaginari.
Con quelle storie ricoperte di polvere
noi andavamo a respirare
anche l’aria della biblioteca comunale.
Con le parole di quei libri
si può essere vivi o morti ?
o con le parole si può vivere o morire?
Non lo so . Molte volte le parole
poi si dimenticano e dai da capo
a rileggere quelle storie ricominciando
da Moby Dick.
Ma le parole della lagna politica
della lagna televisiva , della lagna
dei talk show
me le ricordo come i peccati
ti rimangono dentro e scavano
solchi profondi
che fanno male come una fumata
di tabacco puzzolente,
ti tolgono il respiro
e se riuscissimo a guadagnar un giorno
senza lagna
sarebbe un bel giorno della nostra vita
un giorno senza rancore un giorno
per frequentare di nuovo la libreria
Colacchi.


3.
Non amo la tivù e la sera mi addormento
sempre davanti al televisore.
Che ci posso fare se poi sono fuori dal coro
e le litanie le recito pensando da solo
senza ripetere quelle collettive
di stretto rito televisivo che te le schiaffi
nella testa e non te le togli nemmeno
con le cannonate.
Così capita che mentre stiamo mangiando
tocca vedere alla tivù il bambino seduto
sul cesso
che puzza (roba da dare di stomaco);
io non amo la tivù ma a volte non è umano
spegnerla.
Quanto umana è la tivù quando indispettisce
il potere , quando racconta
le storie dell’al di qua dell’al di là
come se fossero vere e ti dimostra
di aver preso tutti i vizi
di chi la sta a guardare e che le virtù
sono poi un’altra cosa.
Oh la tivù, la tivù
e anche se gli angeli quelli veri
quelli con le ali bianche bianche
e con i riccioli biondi scendessero sulla terra
ti pare che la tivù non vorrebbe
laminarli d’acciaio e d’alluminio
o vestirli come ha fatto Prada
con il diavolo
ma loro sdegnati si rifiuterebbero
per rimanere parte di aria svettante
verso l’azzurro del cielo
per rimanere aria che diviene aria
e il rifiuto costerebbe loro il ritorno
nell’altro mondo
perché nella tivù di quaggiù non c’è posto
per loro.
Ma poi esagero con questa storia della tivù
che mi hanno detto “ e tu lasciala spenta”.
E se la lascio spenta stento a prender
sonno
e gli ho risposto “ che mi vuoi far venire
l’esaurimento nervoso senza dormire “
ed è meglio allora tenerla accesa e dormire
che per sognare mentre dormi
basta comprare un catalogo da internet
quello dei sogni belli belli
te ne scegli uno ci clicchi sopra e vai.
Chiara la sorella di Cristian non ci crede
e nemmeno io ma sapete il poeta
è fingitore
e fingo anche che non mi piace la tivù.
Adoro i film di Zorro che trasmette rai tre
la domenica pomeriggio
e da ragazzo a casa di zia Elvira vedevo
alla tivù sempre Gilberto Govi
che poi è scomparso dalla tivù come dalla tivù
è scomparso anche Eduardo De Filippo.
Adoro i documentari sulla natura
adoro questa tivù che ti fa due palle
come una casa perché mi hanno detto
è innocua e un po’ meschinetta.
Adoro la tivù innocua che ci accompagna
nelle nostre giornate ma non mi fido tanto
che poi sono malfidato anche per altre cose
ma qua ho parlato troppo di tivù
e a voi viene voglia di accendere la tivù.
Fate bene, fate bene perché è ora
è ora di dormire, di dormire davanti alla tivù.

L’Aquila, Eremo di Via Vado di Sole venerdì 8 gennaio 2010

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