mercoledì 6 gennaio 2010

FRATELLI D'ITALIA








FRATELLI D'ITALIA 1


UN PAESE IN FIAMME

Quando si dice “un paese in fiamme” sembra una sciocchezza,un luogo comune, un modo di dire che però a pensarci bene fa nascere qualche preoccupazione dopo quello che è accaduto a Milano ( contestazioni di piazza e aggressione al Presidente del Consiglio dei Ministri ). Questo è un paese in fiamme a causa della politica. Che paese è allora quello in cui viviamo? Le risse televisive,i toni alti della polemica sui giornali, gli scontri di piazza sono il volto reale di questo paese? Il Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano dopo aver invitato tutti ad abbassare i toni ha ha espresso un concetto e una rassicurazione presa in sordina dai mass media :” La società italiana è più coesa di quella politica”. E’ vero ? E’ vero che sono in buona compagnia il gruppo Repubblica- Espresso, con Il fatto, Annozero di Santoro, il terrorista mediatico Marco Travaglio, il partito di Di Pietro , i pubblici ministeri che si occupano di Silvio Berlusconi e che esiste uno scollamento tra loro e le persone comuni che vivono in questo paese ?
Riflettiamo per favore su queste domande, su questi quesiti e su questi accadimenti.
Mi sono domandato che fine ha fatto la politica come la conoscevo io e di tutto quello che mi hanno insegnato da bambino appunto sulla politica. Che fine ha fatto quella “ politica” che era il fine ultimo e supremo, il bene sommo dello stare insieme perché era lo strumento del bene di tutti. Che politica era quella e che politica è quella di oggi. Io non ho nostalgie per la politica dei decenni dell’ultimo mezzo secolo. Vorrei che la politica di oggi fosse conseguente alle conquiste di quegli anni di quei decenni passati. Alcuni deprecabili altri sostanzialmente positivi. La politica di oggi spreca i suoi valori, le sue ricchezze dilapidando un patrimonio di idee che hanno retto e sorretto intere generazioni. La politica riduce oggi tutto al CONTRASTO e ignora il CONFRONTO. Alla ricerca del CONSENSO vorrebbe recriminare sul DISSENSO.
In questo senso la società italiana è più forte della politica e dello sbando nel quale alcuni politici tentano di gettare questo paese pensando tanto peggio , tanto meglio..
Perché il volto reale è quello di milioni di persone che si alzano ogni mattina per andare a lavorare , per assistere parenti ed amici con problemi di ogni genere, di milioni di giovani che si recano a scuola in cerca di qualcosa e di milioni di uomini e donne che continuano a cercare lavoro. E’ un paese in cui uomini e donne non si arrendono davanti alle difficoltà e che spesso mettendosi le mani in tasca non trovano molte risorse per soddisfare bisogni o desideri. E’ un paese che molti politici non conoscono o non conoscono più . E’ un paese in cui esiste una frattura appunto tra quello che vuole la gente e quello che la politica non riesce più a dare . Un paese di scollamenti dolorosi e di sofferenze .
Malgrado questo gap è però , ancora , un paese di diritti e di libertà.
Salvaguardare questi diritti e questa libertà allora può e deve significare alcune cose dopo gli avvenimenti di Milano.
Innanzitutto riuscire ad isolare la violenza. Rispetto al negazionismo dell’olocausto alcuni paesi hanno sanzionato come reato questa opinione. Tutti gli altri l’hanno additata come una opinione da isolare. Ecco dunque che la democrazia, rispetto ad alcuni comportamenti violenti sulla piazza o sulla rete , rispetto alle parole o alle espressioni che creano incendi deve avere la capacità di creare ambienti di isolamento, camere stagne. Gridare “al fuoco” in una sala cinematografica significa procurare danni incalcolabili alle persone. Eppure gridare “ al fuoco” avvistando l’incendio di un bosco può salvare ettari ed ettari di territorio. Isolare dunque la violenza da qualunque parte essa provenga. Anche dalla rete. E’ certo sotto questo versante che noi non abbiamo più solo la piazza ma anche la rete. Ebbene ci sono persone che tendono a restare in una nicchia consultando solo siti o blog nelle cui opinioni si riconoscono. A volte tra simili si possono alzare i toni del settarismo e dell’estremismo. Da qui può scaturire un problema di violenza. Ma anche qui occorre promuovere l’incontro e il confronto. Stare con chi non la pensa come te , anzi interessarsi proprio a chi non la pensa come te aiuta a crescere, serve a moderare i toni , a conciliare le situazioni, a riflettere maggiormente appunto sulle opinioni degli altri.
E allora appunto in tema di diritti e di libertà Gian Antonio Stella su Il Corriere della sera del 15.12.2009 afferma: “ Se è vero che la nostra libertà finisce là dove inizia la libertà degli altri , anche la libertà di parola, cioè il bene più prezioso dell’oro in una democrazia ha un limite che non è solo il buon senso : è il codice penale”.
Appunto la libertà sulla rete può essere garantita attraverso uno strumento che già esiste e che va a colpire solo quanti si rendono colpevoli di comportamenti sanzionabili. Non si può rompere il termometro per eliminare la febbre come afferma Concita De Gregorio su L’Unità.
E prima di continuare a riferire le argomentazioni di Stella su questo tema non posso esimermi da una confessione. Facebook che sembra, pronunciata male, una parolaccia è diventato per esempio, in un contesto come quello di L’Aquila, uno strumento utile e interessante. Appunto in un contesto in cui non esiste più aggregazione sociale, in cui il centro storico della città che assolveva a questo compito è scomparso e chissà e se e quando tornerà ad assolvere a questa sua funzione. In una situazione appunto parcellizzata di town di periferia avere una rete , (mi direte - senza ragno -, -va bene – rispondo - anche senza ragno -) è utile per rompere l’isolamento,per continuare a parlarsi , a confrontarsi, a crearsi obiettivi comuni a dare un senso allo stare insieme in attesa, appunto, di poter stare di nuovo insieme su Piazza Duomo, o in un pub di Via Paganica che ora sono soltanto una quinta ,una vuota scena a causa di forza maggiore. Mai avrei pensato di usare Facebook ma come loisir, come passatempo, come possibilità di incontro in questa situazione, qui ed ora va bene.
Ciò detto voglio continuare a leggere con voi Gian Antonio Stella. “ Ci sono delle leggi che puniscono l’istigazione a delinquere e l’apologia di reato. Uno Stato serio non può tollerare che esista una zona franca dove divampa una guerra che quotidianamente si fa più aspra, volgare , violenta. Come ha spiegato Antonio Roversi nel libro ‘L’odio in rete’ il lato oscuro del web ‘ è popolato da individui e gruppi che ,pur nella diversità degli accentui e degli idiomi utilizzati,parlano tutti, salvo qualche rara ma importante eccezione,il linguaggio della violenza, della sopraffazione,dell’annientamento.’ Tomas Maldonado lo aveva già intuito anni fa :’ In queste comunità elettroniche cessa il confronto, il dialogo, il dissenso e cresce il rischio del fanatismo. Web significa rete ma anche ragnatela . Una ragnatela apparentemente senza ragno, dove la comunicazione a differenza della tivù, sembra potersi esercitarsi senza controlli.’
Ma più libertà di odio è più democrazia? E’ una tesi dura da sostenere. E pericolosa. Perché diceva Fulvio Tomizza,che aveva visto il suo piccolo paradiso istriano disintegrarsi in una falda etnica un tempo inimmaginabile,’ devono ancora inventarlo un lievito che si gonfi come si gonfia l’odio.’ (…) Non puoi combattere l’odio se non lo combatti tutto . Andando a colpire sia i teppisti razzisti che sputano ondine su Umberto Bossi chiamandolo ‘paralitico di m.’ sia quanti aprono gruppi di Facebook intitolati ‘Io odio Di Pietro’ o ‘ Uccidiamo Bassolino’. Mai come stavolta ,però,il buon esempio deve venire dall’alto. Occorre abbassare i toni. Tutti.”
Fin qui Gian Antonio Stella. In realtà basterebbe pensare e riflettere su una sola cosa: l’Italia è una grande democrazia dove si vota liberamente. Uno vince, uno perde. Chi vince governa, chi perde sta all’opposizione. E allora perché tutto questo? Forse un problema che nasce è anche il tentativo di cambiare la costituzione quella scritta ( perché quella di fatto per alcuni argomenti già è cosa diversa da quella scritta) che qualcuno definisce eversivo per il modo in cui sta avvenendo. Ovvero non con legge costituzione e in forma condivisa tra maggioranza e opposizione ma rafforzando la costituzione di fatto , di cui parlavamo sopra, con leggi e leggine. Un altro problema è dare una risposta alla domanda che segue. Dove deve avvenire il dibattito e il confronto su alcuni temi che interessano tutti dentro o fuori il Parlamento ? E ancora un altro problema . C’è differenza tra la legittimazione che viene dal popolo con il voto e la legittimazione che viene da un corretto rapporto tra le istituzioni e proprio nel rispetto dei compiti, dei ruoli, dei limiti di i ciascuna di esse? E infine. Perché l’attuale Presidente del Consiglio dei ministri come un usurpatore di un potere per quello che rappresenta più per quello che fa ?
Le parole sono pietre e appunto una pietra è stata scagliata sul volto di un uomo da una mano armata da un contesto non sereno. E per la pietà che si deve agli uomini e a quell’uomo così ferito e sanguinante è necessario valorizzare i gesti politici e la volontà di confronto che mettono al centro l’uomo , i suoi bisogni, , questa società fatta di uomini e donne e i loro bisogni in questo momento storico.
Non ci scordiamo che il senso della politica in questo momento è soddisfare l’esigenza di otto milioni di cittadini che sono ridotti all’indigenza e di due milioni e mezzo e passa di cittadini che sono ridotti all’indigenza totale, di due milioni di persone che sono disoccupate 8 il dato peggiore in questo settore dal 1994).
Afferma Tito Boeri venerdì 18 Dicembre su La Repubblica : “ E’ salito a 781.000 il conto dei posti di lavoro distrutti dall’inizio della recessione in Italia. Come documentato ieri dall’Istat ,si tratta per un terzo di contratti a tempo determinato.Per quasi due terzi si tratta invece di contratti a progetto e lavori ai confini tra il lavoro autonomo e il lavoro alle dipendenze. Sono sempre i lavoratori temporanei ,duali, a pagare il conto più salato anche se cominciano a registrarsi riduzioni di posti di lavoro tra i contratti a tempo indeterminato e sono quasi mezzo milione i cassintegrati a zero ore ,come si può calcolare sulla base dei dati sulle ore di Cassa Integrazione dell’Inps. Questa crisi è già costata in termini occupazionali più di quella pesantissima del 1992-93 (…) “ E continua Boeri :” Mai una crisi era stata così diseguale nel colpire i giovani . La disoccupazione tra chi ha meno di 25 anni è balzata dal 18 al 27 per cento in solo un anno e mezzo. Il rischio di essere disoccupato è di 3,5 volte più elevato per chi è in questa fascia di età che per il resto della popolazione. Non c’è altro paese dell’Ocse in cui lo svantaggio relativo sul mercato del lavoro dei giovani sia così forte, nonostante sia sempre più basso (e minore che altrove) il numero di coloro che si affacciano per la prima volata al mercato del lavoro. Non è colpa della demografia ma del mercato. Il fatto nuovo di questa crisi è proprio il licenziamento massiccio dei giovani . E’ un problema sociale nuovo , cui non siamo minimamente preparati I dati Istat ci dicono che solo il 10 per cento di chi ha perso il lavoro è oggi coperto da sussidi di disoccupazione e4 indennità di mobilità. Questo significa che l’estensione della Cassa Integrazione ‘ in deroga’ a lavoratori in passato non coperti da questi trattamenti è stato soprattutto un modo per prorogare i trattamenti a chi già li riceveva,lasciando fuori i soliti disoccupati di serie B”. (…) Solo in Italia questi rischi - perdere il lavoro, trovarsi senza lavoro e senza alcun aiuto dello Stato, essere pagato molto poco ,essere condannato a pensioni al di sotto della soglia di povertà,non ricevere formazione - sono tutti inesorabilmente concentrati sui giovani. E’ un problema che è stato fin qui colpevolmente ignorato dal governo , convinto che i costi sociali della crisi tra i giovani fossero marginali perché sono comunque aiutati dalle loro famiglie. Si sbaglia perché la disoccupazione tra i giovani non è più solo tra chi è in attesa di entrare nel mercato e vive ancora con i genitori. Si tratta sempre più di persone che hanno perso un lavoro magari trovandosi a centinaia( migliaia nel coso dei lavoratori immigrati) di chilometri dalla loro famiglia..”
Ma continuiamo la nostra riflessione. Chi critica il governo, chi manifesta un’opinione non conforme sui giornali, in Parlamento o in televisione, diventa un nemico del Paese,un avversario della sovranità popolare ,un fomentatore d’odio ? Questo si chiedeva Ezio Mauro mercoledì 16 dicembre 2009 su La Repubblica.
E rispondeva più avanti :” …dobbiamo solo ricordare quello che abbiamo scritto domenica sera, quando uno squilibrato ha colpito il Presidente del Consiglio : nel discorso pubblico democratico la piena libertà di Berlusconi di dispiegare le sue politiche e le sue idee ( che difendiamo senza riserva da ogni assalto violento) coincide con la nostra piena libertà di criticarlo. (…) Chi scambia la critica per odio e il lavoro giornalistico per violenza è soltanto un irresponsabile antidemocratico ,mimetizzato dietro la connivenza di chi tacendo acconsente. Chi poi vuole usare la debolezza momentanea di Berlusconi colpito al volto e la solidarietà repubblicana che è arrivata al leader per trarne un miserabile vantaggio politico ,non merita nemmeno una risposta. Stringere la mano al Premier ferito è doveroso, condannare l’aggressione è obbligatorio ,far passare le leggi ad personam è impossibile. Tutto qui. “.
Di quel volto ferito e del dialogo su Facebook si è occupato Adriano Sofri su La Repubblica di mercoledì 16 dicembre 2009. Ebbene tutti possono leggere le varie opinioni che valgono quello che valgono come tutte le altre su numerose pagine e siti di quella rete. Quello che voglio notare è l’avvio di Sofri che appunto riferisce il dialogo dalle pagine di cui è titolare : “ Qualcuno ha commentato l’aggressione a Berlusconi dicendo :’Siamo contro la violenza ma…’ No l’unico commento degno è: Siamo contro la violenza. E niente ma. “ e la chiusura dello stesso articolo : “Farò a te e a tutti una domanda. Passate da una strada e c’è B. che ha avuto un incidente e ha bisogno di soccorso. Che cosa fate? ( Non rispondetemi davvero : rispondete a voi stessi (…) Mi auguro a ciascuno di noi di rispondersi com’è normale: mi fermo e gli presto soccorso come posso.”
Siamo partiti da un paese in fiamme e vogliamo tornare a quella riflessione. Ebbene la stampa estera sembra accreditare dopo i fatti di Milano una tesi : l’Italia rischia una nuova stagione di violenza. Il Financial Time scrive:” L’assalto a Berlusconi accende le tensioni in un’Italia sempre più divisa nell’assegnare la responsabilità dell’odierno clima di odio” e l’Herald Tribune:” l’attacco potrebbe segnalare l’inizio di un nuovo ciclo di violenza politica marcato da azioni terroristiche come quelle che sconvolsero l’Italia negli anni ’70 e nei primi ’80.” Il Times traccia un parallelo storico :” Può essere che Berlusconi tragga vantaggio dall’ episodio un po’ come Mussolini quando una irlandese gli sparò nel 11926 ferendolo al naso. Lei fu dichiarata pazza e Mussolini conquistò poteri autoritari.”Il Guardian si domanda se il Premier ha cura leggendaria della sua persona ostenterà le cicatrici come frutto dell’odio dei suoi avversari. L’Indipendenti mette l’accento sul fatto che in un paese normale “ l’attenzione si sarebbe focalizzata sul fatto che decine di guardie del corpo non sono state capaci di proteggere il primo ministro.” E El Pais afferma “ E’ tanto miserabile e politicamente destabilizzante che l’opposizione abbia mostrato qualche accondiscendenza per l’aggressione, quanto il fatto che alcuni alleati del premier stanno utilizzandola per zittire l’opposizione”
Proprio su questa ipotesi di ritorno a un nuovo ciclo di violenza terroristica come quella degli anni settanta e inizio ottanta che è anche opinione di Giampaolo Pansa, Umberto Ambrosoli su Corriere della Sera di martedì 15 dicembre 2009 afferma :” L’aggressione al Presidente del Consiglio Berlusconi e gli scontri alla manifestazione per la quarantesima ricorrenza della strage di Piazza Fontana hanno indotto Giampaolo Pansa e alcuni commentatori ad affermare che il paese sta tornando nel clima di esasperata contrapposizione , disordine violenza e dolore che ha contraddistinto gli Anni Settanta. Non sono d’accordo. Non condivido tale pensiero e lo reputo improprio e pericoloso. Improprio perché ricorrendo alla memoria di chi ha vissuto quel periodo , è di tutta evidenza l’assenza oggi del contesto politico e sociale che allora aveva attivato, sorretto e diffuso quelle gravissime tensioni. Tante realtà che oggi diamo per scontate ,non sono sempre esistite nella storia d’Italia repubblica e non erano riconosciute all’inizio del 1970; così è stato per i diritti dei lavoratori ,per quelli di tutti i componenti la famiglia (la riforma del 1975) per quello alla casa eccetera. L’Italia ( e non solo) era pervasa da un forte sentimento di ingiustizia sociale che, da sempre, , costituisce la miccia di manifestazioni di violenza. Il mondo oggi non è più diviso in due blocchi ideologicamente agli antipodi e in pericoloso conflitto ,sempre tesi ad affermare il proprio dominio. Blocchi capaci di sorreggere dittature affermatisi con inaudita crudeltà,blocchi che si confrontavano anche prendendo parte a conflitti devastanti. Blocchi che avevano nel muro di Berlino il simbolo del confine, nel mezzo dell’Europa , di due modelli diversissimi di intendere l’uomo ,la società, la libertà, il futuro. E questi modelli costituivano la matrice profonda di ogni tensione sociale: amplificando ed esasperando le manifestazioni che nascevano da altro , demonizzando facilmente l’avversario politico , ma in ordine al fatto che egli rappresentava (vero o non vero che fosse ) il rischio dell’affermazione dell’altra realtà. E così in quegli anni in troppi hanno negato il confronto delle idee preferendo l’esercizio della violenza quale strumento per il raggiungimento dei propri fini. Il risultato sono stato centinaia di morti e di feriti. Poliziotti, magistrati,uomini delle istituzioni ,politici, giornalisti , imprenditori ,sindacalisti, operai , liberi professionisti, semplici cittadini in transito in una via o sopra un treno… Oggi la base di squilibrio politico che ha prodotto tutto ciò, pur nella grave situazione economica che mette in crisi tanti diritti, non c’è. Né esiste più il muro di Berlino e il modello occidentale ssi è affermato anche in quei Paesi che prima gli erano avversi. (…) “Anche se la violenza sta bussando di nuovo alla porta , afferma categoricamente Ambrosoli “..trovo pericoloso cercare di dare ai gesti violenti di oggi la maschera di quasi quarantenni fa. (…)Quella di oggi è una violenza grave , quanto banale nella sua genesi , la cui soluzione coinvolge direttamente tutti rendendocene responsabili . Dobbiamo farlo prima che degeneri. (…) Riaffermiamo nel nostro intimo ,il pensiero che le istituzioni ,in quanto tali, non devono essere nemiche anche se rappresentate pro tempore da chi è espressione di un pensiero politico nel quale non ci identifichiamo ,ma sono la premessa imprescindibile del vivere collettivo. Ricordiamoci tutti ,cittadini o esponenti delle istituzioni che in tema di violenza l’espressione fisica è solo quella finale legittimata da quella concettuale e ideologica , anche nascosta dietro l’estetica delle parole e dei fini. Il passaggio dall’uno all’altro tipo di violenza è talmente collaudato nella storia dell’uomo da imporre la concentrazione su toni assolutamente misurati . In Parlamento come tra amici.(…) Ricordiamoci che dalla violenza degli Anni Settante il Paese è uscito: che ciò è stato possibile perché ha saputo ritrovare nelle istituzioni tutte, dal Parlamento ai Tribunali ,la sede per la definizione dei problemi della società. Buttare o meno alle ortiche questa esperienza ,tanto più in assenza dei presupposti che avevno generate quelle violenze , è una responsabilità di tutti …”
Occorre cambiare il clima. La gente che vuole vivere la propria vita si merita questo impegno . L’impegno di fare politica, di far vivere la politica per creare coesistenza tra sconosciuti come afferma Nadia Urbinati su La repubblica di venerdì 18 dicembre 2009.”La politica è l’arte della coesistenza tra sconosciuti – persone che non si conoscono ,che non si frequentano come amici parenti e che sanno conversare senza dover sapere in anticipo le rispettive idee e, soprattutto senza dover essere sempre d’accordo. La lingua che li unisce è quella che regola il loro discorso e che dà alle loro parole un significato che tutti possono comprendere perché non è segreto o per pochi iniziati ,ma accettato per convenzione da tutti e consolidato con la tradizione. (…) L’arte della parola , che è l’arte della politica,non teme il dissenso né la partigianeria.’Partigiani amici’ erano i cittadini ai quali Macchiavelli pensava quando ragionava su come una città libera articola la propria vita pubblica. Non ‘partigiani nemici’, i quali non sanno come i primi distinguere tra inimicizia privata e dissenso politico ,tra antagonismo e odio totale tra minoranza/maggioranza per elezioni e perdenti/vincitori come in guerra. La lotta politica democratica assomiglia certo a una battaglia senza armi e sangue ; una battaglia di idee e con parole. Ma non è battaglia meno difficile - semmai è più impegnativa e richiede una virtù che solo i cittadini democratici possiedono ; la capacità di ascoltare e di rispettare l’avversario.”
In sostanza – continua Nadia Urbinati – in questi anni ininterrotti di transizione verso una democrazia dell’alternanza matura e senza risentimenti ,abbiamo progressivamente disimparato l’arte della parola pubblica perché abbiamo appreso a disistimare la politica. Il privato con tutto il peso che si porta dietro, è entrato prepotente nel pubblico e lo ha colonizzato e cambiato ,proprio a partire dal linguaggio. I programmi televisivi ne sono il segno più evidente e inquietante. Anche quando sono fatti con lo scopo di discutere di problemi d’attualità, sono vere e proprie corride ,più interessate a fare largo ascolto che a costruire opinioni - anche perché hanno abituato col tempo i telespettatori a desiderare lo scontro più che il dissenso pacato, a volere la demolizione dell’avversario ,diventando una pessima scuola per la cittadinanza. (…) Ciò che ha cambiato la scena pubblica italiana - lo spazio pubblico – è stata questa giornaliera pratica di mala educazione della cittadinanza, di trasformazione ,del discorso politico in un’arte tutta privata ,come è quella appunto del divertimento e dello spasso…”
Ma il dissenso politico e il diritto di critica non sono questione di odio e di amore? Un politico deve per forza essere amato dal suo popolo ? Il dissenso e la critica –talvolta anche aspri sono elementi fondamentali di una democrazia sana. L’odio e l’amore non fanno politica. La politica si fa nell’interesse generale con atti, gesti, comportamenti concreti e responsabili. E soprattutto per i politici , voglio aggiungere prendendo in prestito le parole da Carlo Maria Martini di “Conversazioni notturne a Gerusalemme” per il politico una “ dote necessaria è il coraggio civile e il coraggio di dire la verità”. E quindi accettare il dissenso e la critica,rispettare la Costituzione, senza rinunciare ad aggiornarla ma nelle forme previste ,onorare la divisione dei poteri ,rispondere alla magistratura se si è chiamati a farlo . Il coraggio di dire forte e chiaro :” Bisogna fermare l’esasperazione della polemica politica… misurare le parole… tornare ad un civile confronto” come dice forte e chiaro Giorgio Napoletano.” Il mio appello – parlando con il direttore del TG2 Mario Orfeo – è rivolto a tutti in nome di un dovere di imparzialità che ho sempre rispettato e sono deciso a rispettare (…)non ha senso che gli uni diano colpe agli altri per il clima che si è creato (…)La verità è che , se si ha un senso della comune responsabilità si deve tornare a un normale, civile confronto tra le diverse parti politiche e le istituzioni. Bisogna rispettarsi reciprocamente : misurare le parole ,dovunque si parli,pesare i giudizi e non estremizzarli …si parli nelle piazze ,nei congressi di partiti, alla tv(…) ciascuno deve fare la propria parte e restare nei limiti del proprio ruolo, che sono fissati dalla Costituzione (…)l’opposizione non alimenti tensioni cercando scorciatoie,l’altra parte vedendo complotti anziché riconoscere dissensi”
La Costituzione dunque l’antidoto alla violenza. Afferma Gherardo Colombo,ex pm di Mani pulite a Milano, da due anni uscito dalla Magistratura e oggi presidente della casa editrice Garzanti : “ Oggi mi pare che siamo di fronte a una contemporanea presenza di contrapposti modelli di società,tra chi ritiene ‘giusto’ organizzarla sulla base delle disparità,con la ripresa di un pensiero tradizionale conservatore ,e chi con la Costituzione vigente trova ‘giusta’ la pari opportunità dei cittadini,l’uguaglianza di fronte alla legge e la pari importanza delle persone,cioè i principi fondamentali sulla base delle esperienze tragiche vissute nella prima metà del secolo scorso dalle società organizzate fuori da quelle convinzioni. (…)Certi aspetti della nostra costituzione possono essere resi più moderni ,coerenti con il passare del tempo nei decenni dalla sua nascita: riduzione dei parlamentari ,eliminazione delle province,superamento del bicameralismo perfetto. In generale ,è positivo ogni cambiamento utilmente strumentale alla realizzazione concreta del principio di fondo. Ma quelli in contrasto con esso ,del resto sempre possibili perché la Carta stessa ne prevede l’eventualità,creerebbe una società diversa,secondo me peggiore. Perchè proprio la discriminazione è all’origine della violenza sperimentata nel passato.”
La Costituzione dunque, la politica poi, lo stato di diritto e le libertà.
Abbiamo accennato sopra il discorso dell’odio e dell’amore .Ad esso è collegato quello sul Male e il Bene. La politica allora deve sviluppare in base a questo tipo di categorizzazione una nuova elementare teologia politica in modo da sostituire nel nostro paese il discorso pubblico democratico. E in base a questa categorizzazione in tv e in politica vince chi racconta barzellette?
Siamo seri come è seria l’inchiesta realizzata da Giampiero Mazzoleni e Anna Sfardini , due studiosi della comunicazione che lavorano all’Università di Milano,che hanno provato ad esaminare il fenomeno in un loro studio pubblicato con il titolo Politica Pop , Il Mulino, pp.181.
Ci riferiscono che il fenomeno del cambiamento drastico delle modalità espressive nella comunicazione in politica non è solo italiano, anzi è diffuso ed offre esempi cospicui da Obama negli Stati Uniti a Sarkozy in Francia .In Italia putroppo ha assunto connotati vistosi e caratteristiche sue proprie. Uomini come De Gasperi, Togliatti, Nenni, La Malfa erano politici notissimi, uomini di una certa levatura eppure la loro vita privata è sempre rimasta distinta da quella pubblica. Oggi invece la costruzione di “celebrità” apre anche in politica la strada al predominio dell’immagine e dell’emozione sulla parola e sul ragionamento. Come ha fatto la televisione a trasformare la politica a sua immagine e somiglianza.? In Politica Pop si spiega che hanno agito tre fattori : quello culturale che si riferisce ai modelli, alla visione del mondo imposti dalla tv; quello economico che riflette gli imperativi del mercato televisivo e l’ultimo legato alla sociologia del pubblico televisivo.A causa di questi fattori il messaggio politico è andato sempre più confondendosi a uno spettacolo di varietà da una parte ( si sente l’eco di quelli del Bagaglino) e assomigliando dall’altra a un qualsiasi messaggio pubblicitario.
Vince chi sa creare slogan, chi riesce a confezionare messaggi che possono essere immediatamente captati ?
E come si è arrivati allora al punto di infiammare questo paese con la politica ridotta a messaggi pubblicitari per i bastoncini di pesce o le superlative qualità del caffè o di una rinomata marca di stuzzicadenti in legno pregiato.
Come ci si è arrivati?

Dall’eremo di Via Vado di Sole di L’Aquila lunedì 21 dicembre 2009 ore 19,05

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