venerdì 8 gennaio 2010

STORIE E VOCI DAL SILENZIO

HO INCONTRATO UN POETA FANCIULLO

Ho incontrato un poeta fanciullo dall’età di 86 anni.. Era l’ultimo giorno dell’anno. Abbiamo cenato insieme. Poi lui non ha voluto aspettare la mezzanotte. E’ andato a dormire. Si chiama Salvatore Blundo (Donblù).
Mi ha anche parlato del suo lavoro di archivista che ora, da anni non fa più. Insieme abbiamo fantasticato sul perché gli archivi sono messi quasi sempre nei sottoscala, negli scantinati, nelle stanze senza finestre. L’archivio, abbiamo detto è un luogo affascinante. Segreto o pubblico ha sempre un suo fascino. Mistero e polvere,silenzio ed ombra. Ti parla di silenzio, di polvere, di solitudine e di storie di uomini e cose che stanno lì,appunto, in silenzio.. Che cosa attendono non si sa. Da questo fascino mi è venuta l’idea di questo primo “Storie e voci dal silenzio” con Salvatore protagonista.
Protagonista perché dopo aver parlato di alcune cose ha preso a recitarmi a memoria pezzi di canti della Divina Commedia e soprattutto le sue poesie!. Tutto a memoria senza l’ombra di uno scritto, di una pagina stampata. Un fantastico cantastorie di altri tempi che ricorda a ottantasei anni le poesie mandate a memoria , in questo caso in quarta elementare , grazie alla maestra di cui ricorda solo il cognome . E poi le sue poesie scritte appunto a nove ,dieci anni.
Al confine d’un sogno dorme spesso un fanciullo nella vita di ciascuno di noi. E quel fanciullo nella vita di Salvatore si è ripresentato una sera di dicembre per parlare dal silenzio.
Il silenzio parla. A volte grida. E’ che, a volte, non si hanno orecchie per ascoltarlo. D’altra parte nella musica il silenzio è un suono particolare. Senza silenzio non ci sarebbe partitura musicale. Come è anche per il vuoto ,omonimo del pieno nelle arti figurative. L’occhio è forse più vigile e più allenato dall’esperienza quotidiana a scorgere i vuoti e i pieni che ci circondano. La mente a volte ha difficoltà a riconoscerli. Non sempre siamo capaci di ascoltare i silenzi. Non ne abbiamo l’abitudine. Non ne conosciamo l’alfabeto. Siamo sordi ? No. Ci manca la frequentazione degli altri mondi. Esiste spesso un solo mondo, ovvero ne vediamo uno solo, quello nostro. Ma questo è tutto un altro discorso. La vecchiaia è allora silente? Quali ne sono i confini. Possiamo adottare il criterio spazio tempo a questi confini oppure dobbiamo cercare altri criteri? Quali confini: limiti ,barriere , impossibilità, perdite, nostalgie, nuove incapacità .
Un discorso dal silenzio di un’età non più giovane tra due persone che si incontrano nella quiete della sera dell’ultimo giorno dell’anno in una quieta dimora tra il conforto di persone a loro care..
E la scintilla di quei versi recitati a memoria.
Chi non ha mai scritto una poesia da fanciullo o da adolescente alzi la mano. Una selva di braccia dunque, un brusio assordante. Alcuni hanno continuato ad esprimersi sulla carta scrivendo “poesie”. Pochi ci hanno donato poesie vere. Tra questi pochi sono allora i “ poeti “ che spesso campano poco e nella loro vita hanno poco pane. Tutti gli altri ? Tutti gli altri quelli che scrivono solo poesie alla quarta elementare come Salvatore sono un’altra pasta di poeti. Quelli che vivono la loro vita bella o brutta, felice o dolente come una poesia. Quelli che come Rimbaud hanno fatto della poesia la vita e della vita poesia. Senza accorgersene , senza scriverlo sui taccuini, senza recitarlo su un palco. Magari accompagnando per mano un bambino a scuola. Vegliando su un capezzale. Lavorando duramente ogni giorno. Vivendo insomma.
Tra questi è quel poeta fanciullo che ho incontrato la sera dell’ultimo dell’anno . Mi ha recitato le poesie che seguono scritte da lui . Eccole :


DOLOR DI MAMMA
Avevo la felicità per compagnia
quando avevo te, mio fanciulletto
ma la nefasta sorte a me ria,
per sempre ti strappò dal mio petto.
Per me una barriera si è creata
tra il mondo intero e la mia nuova vita
ch'io passo romita e addolorata
or che l'anima tua da te s'è dipartita.


ATTIMI DI VITA
O attimi fuggenti di vita
di sogni dorati
nelle notti silenti passati
seco il mio cuore vi invita
a godere la soave dolcezza di un bacio
momento d’ebbrezza
avvinta all’uomo ch’io amo
odo i suoi palpiti ardenti
ei parla ascolto gli accenti
vieni mio amore, vieni sogniamo.


PRIMO AMORE
Scende da lontano un dolce sussurro
amor ti chiede e lieve s’avvicina
nell’etereo ciel tinto d’azzurro
trepidante invoca la bocca tua divina.
In te spero troverà gradita intesa
nel tuo sen riposerà sul cuor
al mio amor anche la vita ti è resa.
Ricordo resterà del nostro primo amore.

E infine :

Dianzi ch’io dicer dovrò del grande amore e pene e morte che questi arreca e al gran mal che ne sovviene dopo che pio fuggirne non si puote da tanto male a rivedere l’albore che alla vita ridesta e ci riscuote dironne l’altre cose che a noi più care.

L’Aquila,Eremo di Via Vado di Sole, giovedì 7 gennaio 2010

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