martedì 5 gennaio 2010

SILLABARI

“Non sono racconti ,non sono apologhi,non sono operette morali .Io non riesco a trovare migliore definizione che questa: sono romanzi virtuali .Intendo dire che pochi ,insignificanti particolari contengono in sé virtualmente delle architetture complesse, degli intrecci, dei rapporti romanzeschi. Son dunque cellule, cellule da cui potrebbero scaturire innumerevoli romanzi possibili. “ Così scriveva Cesare Garboli commentando e presentando i Sillabari di Goffredo Parise nel gennaio 1982.
Lo stesso Parise nell’avvertenza ai suoi Sillabari scriveva:” Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che, una volta scomparso l’autore,essi possono essere continuati da altri. In poesia è impossibile non ci sono eredi. Così è toccato a me con questo libro: dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani,così labili partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene,vive e muore quando vuole lei , non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita soprattutto come l’amore.”
E alla pubblicazione della prima serie dei Sillabari puntuale arriva la lettera di Italo Calvino a Goffredo Parise:
“ Caro Parise
tenevo lì il tuo Sillabario ,e ogni tanto ne leggevo un pezzo e ora che lì ho letto tutto tengo a scriverti che questa tua poetica,questa tua precisione nel rendere facce, cibi,giornate funziona molto bene. Finchè leggevo le tue dichiarazioni nei colonnini del Corriere potevo dire : ma sì, le solite cose che ogni tanto si dicono per cercare di scrollarsi di dosso l’intellettualismo di cui non possiamo liberarci,rimpiangendo un modo di raccontare che tanto ormai non riesce più a nessuno ,perché è finito con i russi dell’Ottocento. Invece in pratica sei riuscito a fare qualcosa di diverso da come si faceva ieri e da come si fa oggi ,proprio nel modo di costruire il racconto, di mettere a fuoco il vissuto attraverso alcuni particolari e non altri e a dare un taglio alla prosa che è molto tuo e serve molto bene a quello che vuoi dire,insomma uno stile. E anche quel tento di partito preso che ci metti nell’applicare questa tua poetica,è proprio il segno del fatto che che scrivi oggi,che esegui un’operazione letteraria (protesta pure) e il senso di quello che fai è proprio lì. Come esempio di racconto che mi piace ( non tutti mi piacciono ugualmente) citerò AMICIZIA e in genere quelli del tipo più indiretto e con movimenti nel tempo.
Tanti cari saluti. Tuo Calvino”


SILLABARIO 1 : NATALE


Nato da donna
Nella lettera ai Gàlati (4,4-5),che è il documento più antico della cristianità in quanto scritto prima degli stessi Vangeli (antecedente allo stesso Vangelo di Marco che è il primo ad essere stato scritto) Paolo afferma: “ Fratelli quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio,nato da donna, nato sotto la legge,per riscattare quelli che erano sotto la legge.
L’inciso usato da Paolo “nato da donna” che sembra una ovvietà in realtà è teologicamente il fondamento di tutta la cristologia.
Paolo vuole dire che il figlio di Dio e Dio egli stesso e che per sua natura è dunque incontenibile si è rinchiuso nel ventre di una donna , Maria, per prendere ossa e carne di uomo. Egli è così vero Dio e vero uomo.
E’ Maria dunque, la giovinetta che aveva detto all’angelo si faccia di me quello che vuole il Signore,che dopo aver adagiato il bambino nella mangiatoia continua a preservare la promessa di Dio all’umanità del dono di un Salvatore nella pienezza del suo cuore di donna e madre. Afferma Luca che ella :”da parte sua custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore” e dando così una risposta alle aspettative degli uomini che nel Messia Salvatore sono divenuti figli di Dio e chiamati a vivere come lui.
A Maria nel cui seno verginale è avvenuto il prodigio del concepimento e della incarnazione di un Dio che si fa uomo rimanendo vero Dio ,noi chiediamo l’aiuto per nutrire e fortificare la nostra speranza.
Speranza che nel significato lessicale del termine comune è attesa di qualcosa che potrebbe anche non avverarsi diventa teologicamente il nostro cammino verso il futuro di Dio.
Un Dio sempre presente che il salmista ci indica come pietoso :”Dio abbia pietà di noi e ci benedica/su di noi faccia splendere il suo volto ;/perché si conosca sulla terra la tua via/la tua salvezza tra tutte le genti(Salmo 66,2)
Dobbiamo scoprire allora giorno per giorno i segni dell’amore di Dio che bene-dice e bene-fa.
“Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il signore Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace ( Numeri 6,22-25)
E d’altra parte chi avrebbe mai sospettato di essere capaci di una forza che dopo gli avvenimenti catastrofici di L’Aquila ci ha aiutato a ricominciare da capo, a riprendere il cammino affrontando le avversità . Forse perché questo Dio che bene-dice e bene-fa , come dice la Bibbia non fa mancare le piaghe ma non fa mancare nemmeno le fasce.


Venne un uomo mandato da Dio
Nella prima domenica dopo il Natale ci fermiamo a riposare. Ci fermiamo per guardare meglio al mistero che abbiamo contemplato : la nascita di un Dio ,del Figlio del Padre, che si è fatto bambino. Povero, inerme, pacifico, silenzioso.
Così come ci si sofferma dinanzi ad un paesaggio di giorno , a un cielo stellato di notte, o davanti ad un’opera d’arte figurativa o musicale per meglio guardarne i particolari così ci fermiamo a guardare meglio , a capire meglio, a sentire meglio il Natale.
Ed è il testo dell’evangelista Giovanni (1,1-18) che veste in questa splendida forma letteraria la parola che si fa carne.
“In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. gli era, in principio,presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio : il suo nome era Giovanni . Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui Non era lui la luce ,ma doveva dare testimonianza alla luce: Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.”
Il racconto di quell’uomo venuto da Dio che appare prima di Cristo ma che in realtà viene dopo : “ colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me” è uno splendido gioco letterario che instaura e conferma un discorso sul tempo.
Giovanni, che pur usando la lingua greca, è e resta un ebreo intende i Logos non nei termini della filosofia greca ma come Sapienza, quella del Siracide.
La Sapienza è il Logos dunque. Entrambe erano presso Dio. E come la Sapienza a cui il Creatore diede un ordine:” Colui che mi h creato mi fece piantare la tenda e mi disse : - Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti. – Prima dei secoli ,fin dal principio,egli mi ha creata per tutta l’eternità io non verrò meno.”
Così il Logos si è “attendato” (tradotto letteralmente) tra gli uomini.
E’ questo testo del Siracide che sostiene appieno lo stupendo prologo di Giovanni al suo evangelo. E Giovanni pone a confronto dunque Mosè e Cristo. Mosè ci ha mostrato l’ombra di Dio nel roveto , Gesù Cristo ce lo ha rivelato nella luce e nella carne , in tutta la sua pienezza.
“Il verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi.”
Paolo nella lettera agli Efesini ( 1,3-6,15-18) esprimendo l’augurio che il Dio del Signore nostro Gesù Cristo illumini gli occhi del cuore proclama questo inno meraviglioso: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetto con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo , secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia , di cui ci ha gratificati nel figlio amato.”
Afferma d’altra parte Clemente Alessandrino ne Il Pedagogo:” Il Logos (Cristo) diventando carne, ha manifestatamene dimostrato come le virtù si esercitano contemporaneamente sia nella vita pratica che nella preghiera e nella contemplazione. Sì, prendiamo Cristo come norma di vita…”
Il Verbo parola eterna del Padre si è fatto uomo. La sua incarnazione è la risposta obbediente e libera al disegno di salvezza voluto da Dio. L’eterna Sapienza scende dal cielo e fissa la sua dimora umana. La divina Sapienza che fa scoprire la via della salvezza quella rappresentata dunque da Gesù Cristo che è la via , la verità e la vita ,” vera luce che splende nelle tenebre”.

Domenica 3 Dicembre 2010 . L’Aquila, Eremo di Via Vado di Sole

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