lunedì 12 luglio 2010

SETTIMO GIORNO : Un uomo scendeva da Gerusalemme

SETTIMO GIORNO :Un uomo scendeva da Gerusalemme

“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti…” E’ l’inizio della parabola del Samaritano raccontata da Luca (10,25-37) che si conclude con una domanda : “ Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Con la relativa risposta: “ Chi ha avuto compassione di lui.”
Si comprende però pienamente questa parabola alla luce di altri due scritti delle Sacre Scritture : l’ultima parte del Deutoronomio (30,10.14) e proprio l’inizio della lettera paolina ai Colossesi (1,15-20).
Nel Deutoronomio si interpreta la cultura del tempo in Israele che considera la Sapienza, che è l’architetto dell’uni9verso, il segno visibile di Dio come qualcosa che è vicina all’uomo, che abita sulla terra insieme all’uomo come afferma Baruc.
Mosè in quel passo del Dewutoronomio esorta il suo popolo alla continua conversione al Signore che deve essere amato con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Un’esortazione e un comando che vede proprio la Sapienza come l’artefice di questo incontro , anzi di questa esperienza di Dio. Si fa esperienza di Dio amandolo perché è il creatore e perché egli ci ama per primo. Dice l’evangelista in un altro passo da ricordare che se Dio ha cura di tutte le creature a cominciare da due passeri che si vendono per due soldi o vestendo i gigli del prato di più avrà cura della sua creatura , quella che ha posto a capo del mondo creato , che è stata , è e sarà sempre nei suoi pensieri , quella sulla quale si è chinato per aiutarla ad uscire dalla dimensione della morte restituendogli quel dono primitivo che è appunto quello di una creatura a sua immagine e somiglianza.

E’ dunque malgrado le debolezze e le concupiscenze il comando di obbedire al Signore e ai suoi comandamenti non è una cosa lontana anche perché è possibile attuarla con l’aiuto della Sapienza. Obbedire è realizzare il regno sulla terra quel regno che invochiamo ogni volta che recitiamo la preghiera che proprio Cristo Gesù ci ha insegnato nei confronti del padre.
Non sono cose lontane l’obbedienza a Dio. “Non è nel cielo , perché tu dica :’Chi salirà per noi in cielo ,per prendercelo e farcelo udire affinché possiamo eseguirlo? ‘ Non è di là del mare , perché tu dica : ‘ Chi attraverserà per noi il mare , per prendercelo e farcelo udire affinchè possiamo udirlo?’ Anzi questa parola è ‘ molto vicino a te,è nella tua bocca e nel tuo cuore..” :infatti obbedire ai comandamenti del Signore è realizzare il suo regno .
Il Deutoronomio dunque per bocca di Mosè ci dice che è possibile osservare la legge.
Innanzitutto la legge naturale che è scritta nel cuore di ogni uomo e che malgrado le debolezze e i problemi ci permette di riconoscere e distinguere il bene dal male .Quella legge naturale di cui parla anche Cicerone nel De Repubblica.
Ma è possibile osservarla soprattutto da parte dei cristiani perché proprio Cristo non è venuto per abolire quella legge ma per portarla compimento.
“Cristo Gesù, come dice Paolo, che è immagine di Dio invisibile ,primogenito di tutta la creazione ,perché in lui furono create tutte le cose , nei cieli e nella terra,visibili e invisibili … principio primogenito di quelli che risorgono dalla morte” ebbene Cristo Gesù è riuscito a riconciliare tutte le cose , ha pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra che quelle che stanno nei cieli.

E allora alla luce di queste letture per i Padri della Chiesa è proprio Gesù il Samaritano.
Dunque osservare i comandamenti per amore verso Dio è semplice per chi lo accoglie nel proprio cuore . Vivere così nell’amore di Dio che è manifestato da Cristo Gesù per mezzo del quale ogni cosa è stata creata.
Alla luce dunque di Cristo e della sua opera di redenzione a che punto deve arrivare l’amore per il prossimo? La vicenda del Samaritano ha fatto dire e scrivere tanto nel corso dei secoli in risposta sempre alla stessa domanda :chi è il mio prossimo,chi ha e ha avuto compassione di me , di chi io sono il prossimo?Ratzingher l’attuale Papa Benedetto XVI scrive per esempio :” Una cosa è evidente , si manifesta una nuova universalità ,che poggia sul fatto che io intimamente divengo fratello di tutti quelli che incontro e che hanno bisogno di me e del mio aiuto “ nella certezza che ti chi non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede ( Giovanni 1, 20). Certo l’argomento è così ampio che non è possibile nemmeno riassumerlo. Resta da dire in questa breve riflessione che la vicenda del Samaritano ha improntato nei secoli l’azione della Chiesa alla carità e all’amore per il prossimo.Un amore che lo stesso Cristo ha voluto però fuori dal comune. Perché è semplice amare gli altri come amiamo noi stessi. Ma diventa difficile e mette continuamente in crisi il nostro cuore quella sua aggiunta “ come io ho amato voi 2. Quanto si è capaci di amare il prossimo attraverso Cristo e con lo stesso amore con il quale lui ci ama?

Amore del prossimo dunque ma che però ha bisogno di un sostegno per riuscire ad esprimersi almeno al meglio. Non a caso Luca, immediatamente dopo il racconto del Samaritanio ci parla dell’incontro di Cristo con Marta e Maria e del diverso atteggiamento delle due sorelle uno tutto attivo e pratico l’altro silenzioso e contemplativo privilegiando l’ascolto della parola che la dimensione non alternativa ma complementare del fare verso gli uomini.
Questo fare appunto, teso all’amore, deve essere sorretto da un incontro interiore con il Cristo , da una dimensione interiore che deve continuamente espandersi e permeare anche le cose che si fanno. Lo ha ricordato Benedetto XVI a Sulmona durante l’incontro del 4 luglio con i giovani ai quali ha additato una strada per una esperienza di Dio che diventa poi anche amore per il prossimo.

Eremo Via vado di Sole L’Aquila, domenica 11 luglio 2010

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