domenica 9 marzo 2014

SILLABARI:  Eros epathos

 

Tutta la nostra vita è una lotta per affermare quel qualcosache ci sfugge, e per poter lottare dobbiamo imparare a sentire sulle nostrespalle il peso dell'assenza dell'altro. Io credo che nessuna terapia, nessunaesperienza consenta di eliminare questo senso di vuoto che l'amore,illudendoci, ci promette di riempire. Quando crediamo che il vuoto sia statoabolito, è probabile che stiamo ingannando noi stessi. Infatti, per quantol'altro possa corrispondere al nostro desiderio inconscio, il bisogno ditotalità è talmente smisurato che nessuna esperienza lo potrà realmentecolmare. Il destino strutturale della nostra vita è imparare a sopportare laprivazione e anche la delusione della persona che ci è accanto: quale che essasia, qualunque cosa possa rappresentare o aver rappresentato per me, esprimecomunque un'assenza. Possiamo dire che ogni dimensione amorosa mette in scenaun mito; ogni volta che ci troviamo in questo vissuto noi “insceniamo”qualcosa: la totalità perduta che rimanda ai momenti precoci della nostraesistenza oppure il cosiddetto desiderio della completezza e- fatto ancor piùdoloro – l'essere sempre pronti a rinnovare questo senso di vuoto. Infatti, perquanto io possa amare un altro e per quanto questo possa a sua volta ricambiarei miei sentimenti, in ogni rapporto continua a esistere la possibilità diperdere la persona amata. È questo timore che si rinnova con più forza ognivolta che si crea una nuova relazione, anche se il sentimento che si è riuscitia creare offre continuamente un modo di controllare la perdita. Ma la perditaci riconduce al desiderio.

Il desiderio è acceso dalla mancanza di qualcosa che miappare vitale e verso la quale sono spinto a muovermi. Nella dimensione amorosal'assenza insedia l'altro prepotentemente nel mio mondo interiore. Quandol'altro non c'è, riesce a riempire tutta la nostra esistenza. Nell'assenza eglidiventa quello che Leopardi chiamava il “pensiero dominante”.

Siamo ossessionati dalla sua immagine ed è sempreun'immagine parziale quella che torna alla mente: quell' immagineparticolarissima che ci ha catturato e che ora riempie il vuoto lasciato dallasua scomparsa. […]

D'altra parte, in questa particolare e pur singolaresituazione psicologica è come se il nostro immaginario, il potere cioè cheabbiamo di creare immagini e non essere soltanto passivi di fronte a esse, cipermette di essere, per così dire, creativi, perché allora è il nostro bisognoa dar vita a delle immagini che, se pur distanti dalla realtà, esprimono lanostra stessa possibilità di creare qualcosa, di dargli vita e di riconoscerein esso tutto un mondo fantastico.

Se il desiderio è per definizione insoddisfatto, quandoamiamo noi torniamo a sperimentare in modo abbastanza vivo il senso di solitudine.In noi c'è una spinta per la totalità, un andare verso la perfezione, al puntoche in certe persone, per esempio i mistici, l'amore ideale si rivolge a Dio enon alle cose terrene. A queste conclusioni giungiamo con tristezza, perché èchiaro che su queste cose noi tendiamo a illuderci, ed è anche giusto che siacosì; ma, di fatto, la dimensione amorosa è sempre un'esperienza di assenza, el'assenza ha a che fare con la nostalgia.

Io penso che la nostalgia e il vissuto dell'assenzacoincidano col significato della nostra vita. È come se noi, durante ilpercorso dell'esistenza, sperimentassimo continuamente un'insoddisfazioneprofonda, nonostante tutto quello che riusciamo ad afferrare. C'è un senso diillimitato che ci muove, ma quello che riusciamo ad afferrare è limitato eallora, anche se guardiamo fisso negli occhi l'essere che amiamo, in quelmomento possiamo leggere forse reciprocamente la nostalgia nei nostri sguardi.

Da: Aldo Carotenuto, Eros e pathos. Margini dell'amore edella sofferenza, Bompiani, Milano 2002 [1987], pp. 40-41.

Eremo Rocca S.Stefano domenica 9 marzo 2014




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