mercoledì 28 settembre 2011

ANIMALI VERI ANIMALI IMMAGINARI : Animali metafora

ANIMALI VERI ANIMALI IMMAGINARI : Animali metafora

Ivano Dionigi ci procura con gli Atti degli ormai istituzionali convegni dell'Università di Bologna sulla persistenza del classico, un altro interessante contributo alla conoscenza dell'antichità e al suo confronto col moderno. Questa volta il titolo è Animalia, e il tema la posizione dei nostri fratelli o cugini ovvero di quel niente assoluto che sono gli animali. L'uomo al centro del mondo, e gli animali limitrofi ovvero gerarchicamente inferiori di gradino in gradino fino al basso estremo.

A un estremo si pongono appunto Aristotele e la tradizione aristotelica. Un «terribile passo» dell'Etica Nicomachea, come lo definisce lo stesso Dionigi, suona così: «Non vi è amicizia né legame di giustizia verso le cose prive di anima.

E nessuno vi è verso un cavallo e un bue, poiché non vi è nulla in comune». È così che sui freddi resoconti degli storici si calcola che nelle ventisei cacce alle fiere africane offerte ai suoi sudditi da Augusto perirono 3.500 creature, sotto Tito 9mila, sotto Traiano 11mila; Commodo abbatté di sua mano 100 orsi, 6 ippopotami, 3 elefanti, una tigre e una giraffa, imprecisati i leoni, leopardi, struzzi.

Ma in questo squallore emerge anche la voce, sia pur minoritaria, dei materialisti, degli atomisti e degli epicurei, che tutto azzerano e in quest'altro squallore che è il reale, tutto identico per natura, collocano in ugual posto e cielo e mare e terra e fiumi e alberi e viventi (così in Lucrezio).

Soprattutto emerge, per loro capacità sentimentale e fantastica, la voce dei poeti. La seconda parte di Animalia contiene un'antologia di passi in tema, dalla Bibbia e dai tragici e comici ateniesi ai lirici ed epici del primo impero romano; passi che si distinguono tutti per la loro intensità e bellezza. Vi si può forse lamentare la scarsa presenza dei favolisti, ma questo non è un manuale come il Birds in Greek Life and Myth di J. Pollard o l'Animals in Roman Life and Art di J.M.C. Toynbee, bensì un accumulo di problemi (sono presenti anche il religioso Enzo Bianchi e il filosofo Massimo Cacciari).

Chi dunque ha mai osservato il volo e ascoltato la voce degli uccelli come Aristofane nella sua commedia, anno 414 a.C.? Uomini, vite d'ombra, essi ci dicono, ascoltate, voi effimeri e privi di ali: siamo noi che vi sveliamo le stagioni, la gru vi dà il segno della semina, il nibbio quello della primavera. E le rane nell'altra commedia (405) come gracchiano felici tra i giunchi nelle giornate di sole! Brekekekex koak koak, Brekekekex koak koak, Brekekekex koak koak...

Queste rane giù negli stagni dell'Averno «sono cigni»!

E la repubblica comunista delle api osservata e descritta da Virgilio nel trionfale finale delle Georgiche, come secoli più tardi qualcuno (Montaigne) ammirerà il mondo delle rondini e qualcun altro (W. Smellie) la repubblica, che più repubblica non si può, dei castori. Un brusio continuo nel giorno, ciascun'ape al suo posto per svolgere il suo compito. In comune i piccoli, una accanto all'altra le case; e chi giovane va al raccolto e torna sfinita, e chi accoglie il carico e lo ripone nei favi, e le anziane che modellano e governano sapientemente la città armoniosa... E quando Vespero le richiama tutte a tornare, tutte riposano dalle loro fatiche, curano i loro corpi, e «si ode un ronzio, un basso brusio che percorre pareti e ingressi». Prendono posto ognuna nelle sue stanze, e per tutta la notte cala il silenzio e «il sonno s'impadronisce di quelle membra spossate». Nemmeno conoscono allora, le api, i piaceri di Venere, non partoriscono figli ma li raccolgono, sole, con i piccoli rostri, nati come da rugiada sulle foglie di erbe dolcissime.

Tutto questo intrecciarsi e sovrapporsi di destini e di contraddizioni ha la sua espressione più alta nel celebre coro del l'Antigone sofoclea che canta la grandezza e la miseria dell'uomo re dell'universo. Egli domina tutti gli elementi, si apre varchi nel mare, logora con l'aratro la terra, intrappola la «specie spensierata degli uccelli», cattura le belve selvatiche e trae a sé con le reti «la vita profonda degli oceani», inventa con la sua intelligenza mezzi per dominare sulle libere bestie dei monti e piega al giogo il puledro e il toro infaticabile. Ma poi? Questa meraviglia delle meraviglie alla morte neppur essa troverà scampo.

Molti di questi spunti e memorie di questi passi si ritrovano nell'intervento di Umberto Eco, tra i più ricchi, sul'«Anima delle bestie». Anche Eco cita Aristotele e san Tommaso, per il quale francamente l'anima solo sensitiva di cui godono gli animali permette di sfruttarli e di ucciderli, com'essi sfruttano a loro volta per la propria sopravvivenza i vegetali. Da qui un fitto andirivieni nei secoli successivi, che fa interessanti e spesso divertenti le pagine di Eco, centrate sul problema significativo e dirimente del possesso o meno del linguaggio. Cartesio è tranchant: le bestie non parlano semplicemente perché non sono intelligenti; come esprimono le loro passioni, ad esempio i cani quando abbaiano, così esprimerebbero evidentemente i loro pensieri, se ne avessero. Eppure, dirà La Mettrie quando, un secolo dopo, i libertini ravvivano il pensiero materialistico dell'antichità, le bestie hanno quanto meno un linguaggio "affettivo", come le scimmie. In fondo, ciò che la natura ha fatto è soltanto d'aver messo «un po' più di lievito» nell'impasto umano.

Guillaume Bougeant va ancora più in là nel filosofare e nel concedere. Nel suo Divertimento filosofico sul linguaggio delle bestie (1739) egli sostiene addirittura una certa economica saggezza nella loro ristrettezza comunicativa. Il loro comportamento e i loro rapporti sono in generale intelligenti, anche se il carattere è cattivo. Essi parlano, pur dicendo alcuni non più di due o tre parole al giorno: ma è ciò ch'è essenziale per la loro sopravvivenza, e senza mai mentire «nemmeno in amore».

Il problema animalesco viene portato alla sua conclusione sul finire dell'intervento di Eco con un implicito sillogismo di Allais. «Perché no? – egli chiedeva – Ho incontrato nella mia vita una notevole quantità di uomini, tra cui qualche donna, bestie come un'oca».

Animalia, a cura di Ivano Dionigi, Bur Rizzoli, Milano, pagg. 160, € 9,90

Fonte : http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-09-25/animali-metafora-081340.shtml?uuid=AaVOLN7D

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, mercoledì 28 settembre 2011

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