mercoledì 14 settembre 2011

AUTODAFE’ : Guasto è il mondo

AUTODAFE’ : Guasto è il mondo

«C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro modo di vivere, oggi. Per trent’anni abbiamo trasformato in virtù il perseguimento dell’interesse materiale personale: anzi, ormai questo è l’unico scopo collettivo che ancora ci rimane. Sappiamo quanto costano le cose, ma non quanto valgono. Non ci chiediamo più, di una sentenza di tribunale o di una legge, se sia buona, se sia equa, se sia giusta, se sia corretta, se contribuirà a rendere migliore la società o il mondo. Erano queste, un tempo, le domande politiche per eccellenza, anche se non era facile dare una risposta. Dobbiamo reimparare a porci queste domande. Abbiamo visto come lo spettro del terrorismo sia sufficiente a seminare lo scompiglio in democrazie stabili. I cambiamenti climatici avranno conseguenze ancora più drammatiche. Le persone saranno costrette a far ricorso alle risorse dello Stato, si rivolgeranno ai loro leader e rappresentanti politici per chiedere protezione: le società aperte torneranno a ripiegarsi su se stesse, sacrificando la libertà in nome della ‘sicurezza’. La scelta non sarà più fra Stato e mercato, ma fra due tipi di Stato. Spetta a noi, dunque, riconsiderare il ruolo del governo. Se non lo faremo noi, lo faranno altri.»


Guasto è il mondo è l’ultima opera di Tony Judt. Ha finito di dettare questo libro esattamente un anno fa (febbraio 2010), poi è morto nel mese di agosto. Era malato di Sla.

Il piccolo crack finanziario del 2008 ha risvegliato la politica dal letargo nella quale era dannata dalla ricattatoria ineluttabilità dell’economia.

È grazie a questo piccolo crack che la smisuratezza dei patrimoni finanziari, confrontata alla povertà “reale” e diffusa, è tornata a fare scandalo. Nel 1968 l’amministratore delegato della General Motors guadagnava 66 volte lo stipendio dell’operaio di base. Oggi l’amministratore delegato della Walmart guadagna 900 volte di più del normale operaio.

Nel trentennio del feticismo per l’autoregolazione del mercato, un naturalismo provvidenzialista ha venerato egoismo e denaro, fino a far dimenticare che non è detto che il mondo debba andare così. Al contrario, è andato in tutt’altro modo fino a poco tempo fa.

Il problema che si presenta oggi è che la convinzione che l’espansione economica debba coincidere con uno sviluppo della democrazia inizia a vacillare. Il fatto che le economie capitalistiche prosperino maggiormente in condizioni di libertà è meno scontato di quanto ci piaccia pensare.

Di fronte al terrorismo, alla guerra, al cambiamento climatico, le società aperte tendono a ripiegarsi su se stesse e a sacrificare la libertà per la “sicurezza”.

La scelta allora non sarà più fra Stato e mercato, ma fra due tipi di Stato.

Corrado Augias su Il Venerdì, 01/04/2011 scrive :

“È uno di quei libri semplici, voglio dire che non c'è scritto niente che una persona informata già non sappia. Ma nella sua semplicità ha il massimo dei pregi: mette insieme dati conosciuti in modo tale che l'intero quadro di colpo diventa più chiaro. Finalmente si capisce quale orribile società abbiamo messo in piedi. Parlo di Guasto è il mondo, di Tony Judt. Nato a Londra da una famiglia di ebrei laici, Judt ha insegnato soprattutto negli Stati Uniti, a New York è morto (a 62 anni) nell'agosto scorso. Tra tutti i suoi libri (pubblicati in Italia da Laterza e Mondadori), questo è il più scopertamente politico; uso l'aggettivo nel doppio senso che può assumere: il saggio contiene una possibile visione del mondo ma anche una requisitoria forte e indignata per come il mondo è stato "guastato". Il titolo originale è Ill Fares the Land, a mio modesto parere il titolo italiano è più bello.

La tesi di fondo è che gli ideali e la volontà di costruire una società socialmente coesa, prevalenti in Occidente nel dopoguerra, sono stati colpevolmente lasciati cadere. Per qualche decennio, hanno fatto da guida gli ideali keynesiani di un mercato temperato dall'intervento dello Stato. Judt non ha paura di scoprire le sue intenzioni: "Le migliori leggi e le migliori politiche sociali adottate dall'America nel corso del XX secolo" scrive "corrispondono in gran parte a ciò che gli europei chiamano socialdemocrazia". Poi qualcosa si è rotto: "Dovunque ti girassi" aggiunge Judt, "trovavi un economista o un "esperto" che decantava le virtù della deregolamentazione, dello Stato minimo e delle tasse basse". L'abbiamo sentita cantare anche noi questa canzone e abbiamo visto i risultati. Il mercato lasciato a se stesso, senza o con meno controlli, ha divorato se stesso; gli appetiti personali sono diventati di colpo coraggiose virtù; la diseguaglianza s'è diffusa; la finanza, non più il lavoro e la produzione, è diventata la risorsa prima dell'economia. E alla fine è arrivato il conto da pagare, salatissimo.

Nonostante il disastro, per paradosso, i partiti di centrosinistra in Europa appaiono in regresso. La parte positiva del saggio è dedicata a questo: la necessità che una visione socialdemocratica torni, in veste aggiornata, a governare i processi economici.”

Scrive invece Gabriele Sannino : “ Questo testo vuole rispondere alla bellissima epigrafe del poeta inglese Oliver Goldsmith, che sulla sua tomba ha fatto incredibilmente scrivere: "Guasto e' il mondo, preda di mali che si susseguono, dove la ricchezza si accumula mentre gli uomini vanno in rovina".

Personalmente, credo che questa epigrafe riassuma tutta l'umanita'. Specie oggi.

L'autore di questo libro, Tony Judt, un uomo paralizzato e purtroppo ucciso dalla sclerosi multipla, lascera' parlare di se' anche dopo la sua morte. Ne sono certo.

Judt, nel suo libro, afferma che "il problema non e' la crisi finanziaria scoppiata nel 2008 ma il fatto - piuttosto - che per trent'anni abbiamo trasformato in virtu' il perseguimento dell'interesse materiale personale, anzi, ormai questo e' diventato l'unico scopo collettivo che ancora ci rimane".

La cosa piu' sorprendente di questo autore e' che non e' un filosofo, un pensatore, ma piuttosto uno storico, per giunta cresciuto a Cambridge, dove la competitivita' e l'individualismo sfrenato la fanno da padrona e rappresentano l'emblema che alimenta il sistema capitalistico americano, sistema che ormai tutti conosciamo fin troppo bene in quanto lo abbiamo importato e digerito in toto senza neanche accorgercene.

In questo modo di fare, anzi di vivere, Judt afferma che lo Stato diventa un problema non una soluzione; le disuguaglianze sociali aumentano perche' tutto si incentra sulla capacita' e sulla furbizia di ciascun individuo, mentre i redditi tendono a concentrarsi nella cuspide della piramide in quanto lo sviluppo "sociale" del dopoguerra diventa "personale" e va definitivamente a farsi benedire.

Secondo Judt, poi, avere idee nuove, per una societa'nuova intendo, e' fondamentale in quanto e' da qui che si parte per nuove correnti di pensiero, correnti che un giorno, magari, si trasformeranno in vere e proprie leggi.

In sostanza quello che quest'uomo vuole dirci e' che la societa' e' semplicemente scomparsa a favore degli individui e che tutto ma proprio tutto verte sull'economia. In questo modo tutto cio' che riguarda l'etica - che impicitamente significa eguaglianza - diventa ogni giorno di piu' una cosa risibile.

Secondo Judt infine, politicamente parlando, la socialdemocrazia resta l'unica forma politica a cui dobbiamo tendere per formare questa "societa'nuova": essa infatti e' l'unica forma politica che tenta di coniugare l'efficienza del capitalismo con la societa', riducendo gli squilibri e permettendo allo Stato di rimanere un attore fondamentale all'interno del sistema sociale e del mercato.

La politica, dunque, ancora una volta, e' la strada maestra, l'unica via percorribile affinche' si possano regolamentare e difendere i cittadini piu' deboli e vessati da questo sistema, cittadini che ogni giorno aumentano sempre di piu'.

La cosa fondamentale, inoltre, a mio avviso, resta anche e soprattutto l'impegno politico e sociale proprio dei cittadini, i quali devono continuamente spronare e stimolare il dibattito pubblico, onde evitare che si spenga tra le ceneri del potere.

Se ci si arrende infatti, il gioco al massacro a cui stiamo assistendo senza neanche accorgercene continuera' fino a che il numero delle vittime sara' superiore a quello dei salvati.

Accadra', e' solo questione di tempo: gli esiti, in quest'ultima situazione, saranno davvero imprevedibili.”

Eremo Via vado di sole, L'Aquila ,mercoledì 14 settembre 2011


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