martedì 6 settembre 2011

VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : Costantino Kavafis ( I )

VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : Costantino Kavafis ( I )

Costantino Kavafis il;l vita pubblicò i suoi versi su fogli volanti, a nessuno o a pochissimi fu dato di vederli riuniti in una raccolta organica. Infatti la prima raccolta pubblica che ci risulti è postuma, del '35. Kavafis era morto da due anni. Sibi et paucis? Che sciocchezza. Umiltà? Sfiducia? O non, piuttosto tranquilla convinzione di un più lungo destino? La pazienza, lo sviluppo di un processo naturale cui sono estranee le forme consuete - e in qualche modo forzate, imposte o subite - del successo letterario. Non si trattava che di versi dopo tutto. Il più era stato diversamente consumato. Invidiabile, e nel suo ordine (che non fu quello di un "vate"), esemplare.

Ungaretti su Kavafis « ... la nostra Alessandria assonnata, allora in un lampo risplendeva lungo i suoi millenni come non vidi mai più nulla risplendere". In due o in centomila spiriti suscitare un lampeggiamento come questo. Il lavoro critico lo attesta soltanto, non le suscita e alimenta? Cattivo pensiero, equivoca semplificazione Ma il naturale terreno di quel lungo destino e di quel naturale processo è e sarà sempre più, , soltanto, il responso dei recensori?

... Siano scritti i tuoi versi cosi,

che della nostra vita - tu sai! - qualcosa chiudano

cosi, che il ritmo ed ogni frase mostrino

che d'un Alessandrino scrive un Alessandrino

leggo nella bella traduzione di Filippo Maria Pantani. A prima vista, dichiarazione di poetica davvero limitata. Diventa invece impegnativa al massimo, se si pensa alla carica che in quella parola - Alessandrino - metteva l'autore. I millenni, e i regni scomparsi; presenti e

"compresenti in lui; un ellenismo atemporale e stracarico di tempo. "La genialità di Kavafis" ha osservato Montale "consiste nell'essersi accorto che l'Elleno di allora corrispondeva all' homo europeus di oggi; e nell'essere riuscito ad immergersi in quel mondo come se fosse il nostro". Cosi da racchiudere qualcosa della sua e loro vita; presupposto d'un realismo di particolare coloritura e ambizione e feconda contraddizione d'ogni realismo. "Un pagano assoluto" ancora osserva Montale. "Il nascente mondo cristiano lo turba e lo offende". Vorrei aggiungere - se penso a certi nostri discorsi e a quella dichiarazione di poetica di modesta apparenza - un pagano che alla nostra odierna religione culturale oppone i suoi affetti e i suoi sensi e una inconscia (ma fino a che punto? non ne sappiamo abbastanza per dirlo con certezza) sua sintesi culturale mossa da quelli. Un "barbaro" dunque?

Serbali tu com'erano, memoria.

E più che puoi, memoria, di quell'amore mio

recami ancora, più che puoi, stasera

E ancora:

Torna sovente e prendimi la notte,

allora che le labbra ricordano, e le carni

Dove ho letto qualcosa di simile? Ma certo, in Saba:

Qui ti stringo al mio cuore, amore mio,

morto a me da infiniti anni oramai.

La statua che s'è mossa, dipinto di De Chirico - del '21 -. È riprodotto in copertina al Kavafis di Scheiwiller. Forse Kavafis vorrebbe altra luce, altra vibrazione. Ma la sua poesia vive tutta tra statue che si sono mosse, da essa stessa mosse. Si tratti di Enobarbari o Cesarioni, o di efebi "rinomati per beltà"; o di semplici ombre e barlumi della propria vita - e sentimenti dei miei, sentimenti / dei trapassati, di si poco peso - che a furia di essere fissati riprendono corpo e volto:

... il suo fatasma

ventisei anni ha valicato. E giunge

ora, per rimanere in questi versi.

Anni o secoli, della propria e delle altrui vite, fa lo stesso per questa religione carnale che misura le distanze sul rigoglio e sul deperire dei corpi - e che le abbrevia d'incanto grazie all'insorgere dei sensi o al risorgere d'un desiderio.

Vittorio Sereni

1.

Desideri

A bei corpi di morti scampati alla vecchiaia,

chiusi tra il pianto in mausolei preziosi

rose sul capo e gelsomini ai piedi

somigliano i trascorsi desideri

rimasti irrealizzati, senza che meritasse alcuno

una notte di piacere, o un mattino splendido.

2.

Voci

Voci ideali e amate

di quanti sono morti, di quanti

sono per noi perduti come i morti.

A volte ci parlano nei sogni,

a volte le ode la mente tra i pensieri.

Col loro suono riemergono un istante

suoni della poesia prima della vita -

come di notte una musica che in lontananza muore.

3.

Candele

I giorni futuri stanno' avanti a noi

come ima fila di candele accese –

dorate, calde e vivide candele.

I giorni passati restano dietro a noi,

penosa linea di candele spente;

le più vicine fanno ancora fumo,

fredde candele, ormai piegate e sfatte.

Non le voglio vedere; la loro forma mi rattrista,

mi rattrista ricordarne l'antica luce.

Guardo davanti a me le mie candele accese.

Non mi voglio voltare, vedere con spavento

come s'allunga in fretta quella linea scura,

come si moltiplicano in fretta le candele spente.

4.

Le finestre

In queste stanze oscure, dove passo

giorni gravosi, vado avanti e indietro,

cercando le finestre. - Mi consolerà

se si apre una finestra. -

Ma non ci sono finestre, o non riesco

a trovarle. E forse è meglio così,

Sarà una nuova tirannia la luce.

Chissà che cose nuove mostrerà.

5.

Monotonia

Passa un giorno monotono, e un altro

immutabilmente monotono lo segue. Accadranno

le stesse cose, e accadranno di nuovo -

gli stessi istanti ci trovano e ci lasciano.

Un mese passa e porta un altro mese.

È facile immaginare ciò che arriva:

sono le stesse cose, la stessa noia d'ieri.

E il domani finisce col non sembrare più domani.

6.

La città

Dicesti: "Andrò in un'altra terra, andrò in un altro mare.

Ci sarà una città meglio di questa.

Ogni mio sforzo è una condanna scritta;

e il mio cuore è sepolto come un morto.

In questo marasma quanto durerà la mente?

Ovunque giro l’occhio, ovunque guardo

vedo le nere rovine della mia vita, qui

dove tanti anni ho trascorso, distrutto e sperperato.

Nuove terre non troverai, non troverai.altri mari

Ti verrà dietro,la città: Per le stesse strade

girerai. Negli stessi quartieri invecchierai;

e in queste stesse case imbiancherai.

Finirai sempre in questa città. Verso altri luoghi

non c'è nave per te, non c'è altra via.

Come hai distrutto la tua vita qui

in questo piccolo rifugio,

nel mondo intero l'hai perduta.

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, martedì 6 settembre 2011

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