lunedì 19 settembre 2011

REMIX : Maliconia e verità nel Romanzo popolare , raccontato da Mario Monicelli

REMIX : Maliconia e verità nel Romanzo popolare , raccontato da Mario Monicelli

Poco prima di regalarci quel grande capolavoro di comicità che è "Amici miei", Mario Monicelli riprende in mano la macchina da presa con "Romanzo popolare", commedia scritta insieme ad Age e Scarpelli, che divenne un immediato successo degli anni '70.

Giulio Blasetti è un operaio cinquantenne di Milano che si innamora di Vincenzina, giovane ragazza del sud da poco maggiorenne che, diciassette anni prima aveva tenuto a battesimo come padrino. Convolati a nozze e trasferitisi a Milano, i due danno il via alla loro vita coniugale, inaugurata, senza troppo aspettare, con l'arrivo di un bel bambino. Tutto procede per il verso giusto, fino a quando Vincenzina tradisce il marito con Giovanni Pizzullo, agente della celere nonché amico di famiglia. Il tradimento viene scoperto da Giulio, ma come andranno a finire le cose?

Perché "Romanzo popolare" è un film importante, nonostante una storia di certo non nuova (per il cinema e per la commedia all'italiana)? Il primo dato, quello più evidente ed apprezzabile anche ad una visione disattenta, è la regia di Monicelli, solida e capace di tenere le redini della pellicola, ma anche - per certi versi - innovativa ed originale nel raccontare la storia della crisi di una coppia.


I momenti più originali sono certamente le moviole con cui il protagonista Giulio si rivolge direttamente a sé stesso (a noi spettatori) ed analizza i suoi gesti, le sue parole con termini presi a piene mani dalle telecronache calcistiche.

Anche la struttura generale della pellicola è interessante: si apre con Giulio dall'estetista che ci racconta la sua storia. Il film è quindi un lungo flash-back, percorso da ulteriori sguardi al passato utilizzati, come nella scena della scoperta del tradimento di Vincenzina, per creare una notevole tensione narrativa.

Il secondo punto a favore della pellicola è la straordinaria performance attoriale di Ugo Tognazzi che, rafforzato dall'esperienza con Marco Ferreri, porta sul grande schermo un personaggio complesso e dalla psicologia sottile. E' indubbio che Giulio sia una persona dal carattere deciso, com'è indubbio che, nonostante il suo carattere un po' brusco e terra terra, sia profondamente innamorato di Vincenzina. Durante la sequenza in cui il tradimento viene scoperto, Tognazzi percorre con il suo personaggio uno spettro emotivo ampio e dettagliato, che va dalla rabbia alla delusione, dal dolore alla tristezza, dalla disperazione ad una dichiarazione d'amore sentita e commovente. Al suo fianco, i pur bravi Michele Placido e Ornella Muti dimostrano di essere dei buoni comprimari, ma senza brillare particolarmente.


Arricchisce infine la pellicola la colonna sonora firmata da Enzo Jannacci (che, insieme a Beppe Viola, ha anche curato i dialoghi in milanese di Tognazzi), sostenuta dalla bellissima canzone Vincenzina e la fabbrica.

Dice Mario Monicelli “Con Romanzo popolare ebbi molte soddisfazioni, perché in tutti i dibattiti che si fecero sul film, a Milano o a Torino, i partecipanti dicevano sempre: 'Finalmente nel cinema italiano si vede un operaio com’è veramente, con dei lati anche divertenti, con una cordialità: degli operai che fanno l’amore, che litigano, che hanno anche i loro problemi da risolvere sul piano sindacale'. Naturalmente mi ero rifatto un po’ a I compagni”.

Romanzo popolare è rimasto nella storia anche per la colonna sonora di Jannacci, in particolare per quel suo brano dolcissimo e struggente, "Vincenzina e la fabbrica" mentre la genialità della sceneggiatura risiede soprattutto nei dialoghi, scritti con la collaborazione di Beppe Viola ed Enzo Jannacci: il politichese di Tognazzi, con il suo accento lombardo pieno di metafore calcistiche, si contrappone al linguaggio da fotoromanzo di Vincenzina e alle pesanti inflessioni meridionali di Giovanni.

Scrive Stefano della Casa su Il Castoro (agosto 19986) A livello tematico agiscono più spunti: l'emancipazione nei rapporti uomo-donna;l'omologazione nei comportamenti proletari; l'impatto nord-sud quindici anni dopo la grande emigrazione. Come nei soggetti più riusciti del trio Age-Scarpelli-Monicelli, l'amalgama è perfetto, e soprattutto non nuoce al tono generale di commedia che consente al film l'ormai abituale successo di pubblico. In questo caso, inoltre, non si è

fatta una scelta di realismo perché i toni sono quelli, appunto, di un melodramma (come del resto denuncia lo stesso titolo e la canzone di Rosanna Fratello in funzione di leitmotiv): il realismo, se mai, è affidato ancora una volta a quella sorta di koiné linguistica usata dai protagonisti, che

mescola cadenze lombarde,influssi meridionali, gerghi calcistico-sportivi. Non a caso, questo complesso linguaggio è stato creato con la consulenza di Beppe Viola e di Enzo Jannacci.

La Muti è «lanciata» come attrice di commedia, ruolo che la condurrà al definitivo successo, mentre Michele Placido rimane fisso nella sua parte di immigrato meridionale un po' animalesco. Quanto a Tognazzi (il film era originariamente ambientato a Roma e pensato per Manfredi: la scelta di Tognazzí ha fatto sì che l'azione venisse spostata a Milano), Romanzo popolare cade all'apogeo della sua carriera, dopo che i personaggi dei film di Ferreri lo hanno fatto definitivamente accettare dalla critica. l'affresco di una classe operaia che esce dalla retorica (anche di sinistra) e che si avvia sulla strada dell'omologazione - come Pasolini va scrivendo proprio in quel periodo - è erfettamente riuscito. Monicelli ritrova la freschezza delle sue opere migliori, e quella matrice «nazionale» e «popolare» che lo caratterizza più di ogni altro regista italiano.

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 19 settembre 2011

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