sabato 5 dicembre 2015

“La corsa degli zingari a Pacentro ,correre per essere “ un articolo di Arpino Gerosolimo su Alias supplemento de Il Manifesto di sabato 5 dicembre 2015




 
Come ha molte volte affermato Franco Arminio , la dorsale dell’Appennino che da nord a sud percorre l’intera penisola, contiene in termini antropologici quello che è l’essenza vera del nostro paese. Ovvero come egli stesso scrive .”L'Appennino è l'Italia che avevamo e che rischiamo di perdere per sempre. La gente ci ha vissuto per millenni consumando quel poco che bastava a sostentarsi. Penso all'Appennino come alla vera cassaforte dei paesi, una cassaforte piena di monete fuoricorso. Ci sono zone in cui il paesaggio è ancora incontaminato ed è come deve essere: solitario e sprecato.”
A dimostrazione di queste affermazioni si  può portare la sopravvivenza di centinaia  e centinaia di rituali, feste patronali, usanze, modi di fare e di essere  che compongono un tessuto  vario e articolato di quello che è stato un mondo,quello contadino che per secoli li ha alimentati .
Uno di questi è il rituale della Corsa degli zingari che si svolge ogni anno nel mese di settembre in onore della Madonna di Loreto a Pacentro di cui parla Arpino Gerosolimo in un lungo articolo pubblicato su Alias  supplemento culturale de Il Manifesto di sabato 5 dicembre 2015.Arpino Gerosolimo da lungo tempo sia da solo che in compagnia di Franco Cercone  ha studiato   dal vivo questo rituale   e lo dimostrano i loro interventi scritti  su Abruzzo d’Oggi (n.12 del 1977) Regione Abruzzo, Rivista della montagna  e  le loro conversazioni e relazioni in incontri e dibattiti. Sempre con l’intento di recuperare la memoria di azioni, gesti ancora vivi che compongono l’alfabeto della vita materiale e spirituale delle comunità dell’Appennino. Sopravvivenze abbiamo detto ma non in senso arcaico bensì in termini di riappropriazione di fronte ad un mondo che le ha espunte ,relegate fuori i confini ,messe in soffitta. Perchè espressione di valori   che hanno difficoltà a farsi riconfermare  perché impegnativi rispetto alla ricerca di identità in una società sempre più anonima.   Ed è sempre Franco Arminio che  nei confronti di queste sopravvivenze puntualizza il senso del loro  essere per esserci :”Ma non è l’arcaico che ci interessa, non è il suo fulgore, piuttosto un arcaico ferito, in forma di relitto, di reliquia. L’arcaico fuori forma. Il mondo contadino nella sua efficienza era un mondo di cui non bisogna avere nessuna nostalgia, nessuna. È stata una buona cosa congedarlo, è durato fin troppo e per millenni ha arrecato tanto dolore a chi è vissuto intrappolato dentro. Non si può volere un ritorno di quel mondo. Bisogna guardare avanti, ma pensare al futuro non significa pensare alla modernità.  (perché )Oggi anche la modernità appartiene all’arcaico….”

Con questa impostazione e all’interno di questo “progetto di studio e di lavoro “ che Arpino Gerosolimo  nella paginata di Alias riferisce  sulla “Corsa degli zingari “ di Pacentro dove, come egli scrive zingaro non sta come nomade  ma in dialetto arcaico pacentrano  stava ad indicare colui che cammina  a piedi nudi. Questo rituale richiama masse di curiosi da tutta la regione Abruzzo  e d’Italia.In passato il camminare  a piedi scalzi designava un ceto  sociale subalterno ed emarginato ,soprattutto contadini senza terra  che si stagione in stagione ,andavano a giornata nei campi  dei possidenti per qualche piatto di minestra.La parola zingaro era sinonimo di morto di fame …”

Ma come si svolge questo rituale ?Scrive Gerosolimo  :”Nel tardo pomeriggio del giorno della festa , ( i partecipanti )si radunano presso un roccione denominato Pietra Spaccata che sorge di fronte al paese.Nel corso degli anni abbiamo visto gente vivere momenti  di ansia e di grande partecipazione. Ai primi rintocchi della campana i giovani  iniziano una frenetica corsa ordalica  precipitandosi  per la discesa, costituita  da un sentiero montano irto di  pietre e rovi,quindi oltrepassano il fiume Vella  e risalgono in direzione del paese  attraverso un duro percorso  che porta direttamente  alla chiesa della Madonna di Loreto ,la quale sorge nella parte bassa  del bel centro storico di Pacentro. La porta della chiesa è aperta ,l’altare praticamente costituisce il traguardo. I concorrente sfiniti e doloranti ,con i piedi letteralmente a pezzi e sanguinanti ricevono  le prime cure di un’èquipe di medici  ed infermieri. Il vincitore  riceve come premio un palio , che consiste in un taglio di stoffa ,una coppa ed una modesta somma di denaro. Viene portato in trionfo a spalla  tra due ali di folla tra le vie del paese  accompagnato dalla banda musicale .Il tutto termina davanti alla casa  del vincitore dove i genitori  offrono del vino segno di  augurio e di prosperità.”

Ma che senso ha dunque questo rituale in  onore della Madonna di Loreto ,Madonna giunta appunto a Loreto in volo con tutta la sua santa casa?  Arpino Gerosolimo  ne illustra il senso attraverso considerazioni di ordine antropologico che recuperano la complessità di un rito .Egli scrive :”Sotto il profilo storico ci troviamo di fronte ,probabilmente, al sincretismo di due temi religiosi  diversi. Infatti è stato da tempo accertato  che nell’area Peligna , il rito della corsa  già in epoca italica,si presentava come rito di iniziazione ,legato principalmente alla caccia ,mentre in funzione ludica la corsa  forse è legata alla selezione  militare che si sviluppò in epoca romana ,i cosidetti giochi juvenilia ,che si celebravano in onore delle diivinità locali istituiti dai primi imperatori romani. Attorno a questi due temi storici  si inserisce più tardi  la presenza longobarda che soprattutto a Pacentro  è attestata da numerosi toponimi  come il colle Ardinghi ,il culto di S. Michele Arcangelo ,protettore dei longobardi, ecc. Comunque non si tratta di culti isolati perché nelle popolazioni  di stirpe germanica il tema della corsa aveva una sua specifica importanza,lo ricorda anche il Frazer.Tracce di questi costumi esistono nella formazione  del dramma liturgico medievale ,nell’azione che si svolge all’interno delle chiese ,cui si sovrappone,  sino a sostituirla ,lo scenario del sagrato  e delle piazze dopo. La corsa infatti riappare nelle sacre rappresentazioni  pervenute fino ai nostri giorni  trasfigurate in madonne che  scappano  in piazza, non solo  a Sulmona ma in centri meno noti , come Corropoli ( TE) ed Intrdacaua (AQ). Nel meridione  il tema storico religioso  della corsa è attestato  in diversi luoghi a San Sebastiano al Vesuvio  ci sono interpretazioni e parallelismi  simili a quella che si svolge  a Pacentro.  Il percorso è meno proibitivo , ma si svolge sempre a piedi nudi  e sempre in onore del Santo Patrono. Le ricerche fatte finora inducono a dire che il culto della Madonna di Loreto  probabilmente precede di molto la stessa costruzione della chiesa, situata a Pacentro  e risalente al 700 in base  ad un leggenda tipica di fondazione. Infatti da tantissimo tempo i pacentrani si recavano a  piedi  a Loreto ,nelle Marche.Il pellegrinaggio durava quasi una settimana ,dopo un cammino faticoso e pieno di insidie ,La corsa potrebbe essere coeva della chiesa ,sec.XVIII, e costituire una forma particolare di voto  capace di sostituire ed equiparare  i disagi e lo sforzo fisico  causato una volta dal lungo percorso  per raggiungere il santuario. Possiamo  supporre che la corsa degli zingar  era all’inizio solo rito di penitenza (culti delle colpe) in seguito la gara ha acquistato un senso di spettacolarità con carattere ludico ,assicurandosi sempre più numerosi partecipanti.”


E ancora per chiudere  questo  resoconto che però va letto  per intero appunto su Alias supplemento del Manifesto di sabato 5 dicembre 2015 , ci piace citare  Franco Cercone che con Arpino Gerosolimo  condivide questo grande  amore  per lo studio di  uomini  e  cose   della nostra “ apocalisse  quotidiana “  che sulla corsa afferma  La ‘corsa’ di Pacentro è una ‘gara’ e dunque rientra nella tipologia dei giuochi e delle competizioni. Nel 1897 apparve com’è noto il sesto volume degli “Usi e Costumi” dedicato proprio ai giuochi fanciulleschi, ma nemmeno in quest’opera il De Nino fa menzione della corsa degli zingari. Sicché si può ragionevolmente supporre che la manifestazione di Pacentro, nata forse come mera scommessa fra giovani del luogo, risalga agli ultimi anni dell’800 ed abbia assunto notorietà solo dopo la morte del grande folklorista peligno (1906). In passato, partecipare alla corsa per la conquista del palio, cioè di un panno per confezionare un vestito, doveva costituire certamente una motivazione non indifferente per gli zingari di Pacentro, appartenenti a ceti sociali subalterni. Oggi le cose sono certamente cambiate; questi giovani camminano solo raramente scalzi nei loro poderi coltivati con potenti mezzi meccanici che essi stessi, con estrema perizia, guidano nei momenti della seminagione o dell’aratura.”

  
 Le foto sono di Marianna Restaino e tratte dal web incentroapacentro.it,abruzzoservito.it,youtube.com

Eremo Rocca Santo Stefano sabato 5 dicembre  2015

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