venerdì 25 dicembre 2015

SILLABARI :Contemplazione e adorazione





Dobbiamo contemplare Gesù Bambino, nostro Amore, nella culla. Dobbiamo contemplarlo consapevoli di essere di fronte a un mistero. È necessario accettare il mistero con un atto di fede; solo allora sarà possibile approfondirne il contenuto, guidati sempre dalla fede. Abbiamo bisogno, pertanto, delle disposizioni di umiltà proprie dell'anima cristiana. Non vogliate ridurre la grandezza di Dio ai nostri poveri concetti, alle nostre umane spiegazioni; cercate piuttosto di capire che, nella sua oscurità, questo mistero è luce che guida la vita degli uomini.
ÈGesù che passa, 13
Quando la Vergine rispose di sì, liberamente, ai disegni che il Creatore le rivelava, il Verbo divino assunse la natura umana: l'anima razionale e il corpo, formato nel seno purissimo di Maria. La natura divina e la natura umana si univano in un'unica Persona: Gesù Cristo, vero Dio e, da allora, vero Uomo; Unigenito eterno del Padre e, da quel momento, come Uomo, vero figlio di Maria: per questo la Madonna e Madre del Verbo incarnato, della Seconda Persona della Trinità Beatissima che ha unito a se per sempre — senza confusione — la natura umana.
Amici di Dio, 274

Il Figlio di Dio si è fatto carne ed è perfectus Deus, perfectus homo. In questo mistero c'è qualcosa che dovrebbe emozionare profondamente i cristiani. Ero commosso e lo sono ora. Vorrei ritornare a Loreto: mi porto là con il desiderio, per rivivere gli anni dell'infanzia di Gesù ripetendo e meditando quelle parole: Hic Verbum caro factum est.
Iesus Christus, Deus homo: ecco i magnalia Dei, le opere meravigliose di Dio, dinanzi alle quali dobbiamo meditare e di cui dobbiamo rendere grazie al Signore, a colui che è venuto a portare la pace in terra agli uomini di buona volontà, a tutti coloro che vogliono unire la loro volontà alla Volontà santa di Dio: non soltanto ai ricchi, né soltanto ai poveri, ma a tutti gli uomini, a tutti i fratelli. Perché tutti siamo fratelli in Gesù, tutti figli di Dio e fratelli di Cristo; e sua Madre è nostra Madre.
ÈGesù che passa, 13
la contemplazione resta la strada, e l'unica, che porta a Dio. La strada per il cristiano di tutte le strade: "per le strade" infatti, secondo l'espressione cara a Rais­sa Maritain, e non solo nelle trappe, nelle certose e nei Carmeli, si im­pone la necessità di vivere in contemplazione.
"Una sola cosa è necessaria" aveva detto Gesù, riferendosi alla scelta contemplativa di Maria. Se dunque la contemplazione è ciò che fa guardare alla sola cosa necessaria, è davvero la ricerca dell'essenziale. L'atto essenziale, cioè l'indole, della vocazione cristiana, non può essere che l'indole della Chiesa stessa; ora, questa è definita, al cap. VII della "Lumen Gentium", escatologica, che vuol dire contemplativa. Come in­fatti la Chiesa è il popolo di Dio pellegrino attraverso il tempo, ma con lo sguardo sospinto oltre il tempo, simile alla sentinella del salmo che veglia nella notte "fiso guardando pur che l'alba nasca", così ogni cristiano; per il Battesimo è stato operato in lui un meraviglioso innesto, per cui è di continuo sollecitato verso una mirabile evoluzione: un inne­sto di Vita Eterna per una evoluzione verso un modo di essere divino ed eterno. Ma il divino istinto che dirige tale evoluzione non è che lo sguardo contemplativo.
La contemplazione cristiana consiste anzitutto nel credere nell'amore di Dio. Non quindi in singolari esercizi di alta speculazione, né propriamente in singolari esperienze mistiche (di questa contemplazione passiva San Giovanni della Croce dice che "Dio non eleva alla con­templazione tutti quelli che si esercitano di proposito nelle vie dello spirito, anzi neppure la metà e Lui solo ne sa la causa". (Notte Oscura I, c.90, 9), ma in un normale esercizio della fede, la quale non può re­stare una oziosa considerazione ma tende a divenire, attraverso la spe­ranza, una cosa sola con la carità, cioè fede nell'amore.
Perciò la contemplazione dovrà poi vivificare tutti i minimi dettagli della nostra vita quotidiana.. Potrà essa, e dovrà avere i suoi tempi forti, ma chiuderla in essi vorrebbe dire vanificarla. Non è infatti una specie di occhiale che ci si può mettere all'occorrenza, ma un occhio sempre aperto e vigile, cioè un modo di essere che viene dal nostro intimo, ci prende in tutti i momenti e gli atti della vita, trasformandola in vita di fede e di amore.
Perciò, alla fine, la contemplazione è il luogo dove convergono i più vasti orizzonti e dove si entra in comunione con gli affanni e le necessità missionarie della Chiesa. Infatti la contemplazione di Dio Creatore e Redentore si risolve presto nella contemplazione del mondo come realtà creata e redenta, oggetto continuo di creazione e redenzione; in particolare la contemplazione di Dio Padre diventa presto contem­plazione degli uomini fratelli, rivelazione del loro mistero e quindi co­municazione intima con loro in pienezza di carità. Siccome poi tutta la natura è in misterioso atteggiamento contemplativo perché "soggetta alla vanità, vive in attesa della rivelazione dei figli di Dio, ne conse­gue che solo il contemplativo è in grado di capire il mondo e, pur non essendo del mondo, è tuttavia nel mondo per orientano verso quei traguardi per cui è fatto.

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