giovedì 10 novembre 2011

VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : Roberto Amato

VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI  :  Roberto Amato

"L'acqua alta  " è un libro di poesia, non di poesie, e del resto è questa la caratteristica di Amato, poeta del futuro che fa tanto bene alla poesia del presente, la rifonda dalle origini, la slega dai lacci, la libera, la trasforma in racconto da Mille e una notte, scuote le nostre morte fantasie, ci fa ridere e sorridere, trascina in un gorgo di acque (qui siamo forse a  Venezia, ma ovunque ci sia acqua alta, e siamo forse a Gerusalemme e ovunque vi sia la storia), solleva un turbine gentile e crudele di uccelli, di zie, di cucine celesti, di alberi disegnati e viaggi sognati .

Scrive Alessandro Trasciatti .”

Roberto Amato non è solo un bravo poeta, non è uno fra i tanti. È un vero e proprio caso letterario. Scrive da sempre ma è solo a cinquant'anni che è uscito con il suo primo libro, Le cucine celesti (Diabasis, 2003), e ha vinto a mani basse un premio importante come il Viareggio. «Il miglior libro dell'anno» lo definì allora Cesare Garboli, e Manlio Cancogni, nella nota introduttiva, aggiungeva: «Erano poesie che cominciai subito a leggere, fermo in mezzo a un marciapiede. M'aveva incantato il colore bianco di quei versi: un bianco morbido di piume; piume di angeli, di oche, e animali domestici sparsi fra i tetti e i cortili di abitazioni immaginari.»1 Perché quello che Amato fa con le parole è un lavoro davvero singolare, abbaglia e sorprende. È un unicum che pone anche dei problemi a chi si appassiona di letteratura. Ho appena detto che la mia idea di poesia coincide con la poesia di Amato. Ma i suoi libri sono davvero libri di poesia? In quali termini ha ancora senso distinguere fra prosa e poesia? Secondo Andrea Ponso l'originalità della poesia di Amato risiede nel suo porsi «in opposizione con la linea canonica della poesia italiana del Novecento. Infatti, i primi nomi che verrebbero in aiuto, potrebbero intanto essere collocati negli ambiti della prosa, seppure ad alto tasso poetico... Kafka in primis, poi Bruno Schulz e, forse, per restare in ambito nazionale, potremmo fare anche il nome di Giuliano Scabia.»2
Amato non è certo l'unico a muoversi in un territorio di confine. Anzi, si potrebbe dire che da quando esiste il verso libero – cioè da quando non c'è più la necessità di rispettare precise regole formali affinché il lettore ascriva senza tentennamenti un testo al dominio della poesia – gran parte di essa abita un territorio di confine. Ma Amato ci abita a modo suo, perché lui, oltretutto, fa un uso molto attento della metrica, della scansione del verso, degli accenti. Eppure tende inequivocabilmente verso la prosa, nel senso – forse – che indicava, diversi anni fa, Giorgio Manacorda, sia pure non parlando di Amato, allora ancora inedito (non so se, in seguito, Manacorda lo abbia mai letto):

«Ci interessa... una poesia che «vada verso la prosa», nel senso che non punti solo a enunciare sconnessi picchi di più o meno luminose metaforicità o a dimostrare l'impronunciabilità del mondo, ma vada verso il mondo, ne sia una delle espressioni più significative: parli della vita e del soggetto che la vive e quindi la esprima a partire dalle proprie esperienze, non disincarnandosi in astratte «correlazioni oggettive», siano esse mistiche o linguistiche. Non ne possiamo più del Nulla e dei suoi sacerdoti: sul finire del secolo bisogna ripensare la poesia e la sua storia... L'importante non è che la poesia sia narrativa, ma che, dentro, ci sia la prosa della vita o, se volete, addirittura, la prosa della poesia. L'importante è che la poesia non voglia essere solo poesia. L'importante è che ci sia l'onesta volontà a essere qualcos'altro che poesia, come ebbe a scrivere Pier Paolo Pasolini


Da Il disegnatore di alberi
Lo vedi?

Ti scrivo come potrebbe farlo
un uccello impagliato
che razzola a caso sulla carta.
Anzi
un uccello inamidato.
Ma
io ti dico così
perché il bianco mi perseguita:

è una scia…
…e anche i centrini che faceva all’uncinetto mia madre
poi li metteva nell’amido di farina o nella fecola di patate.
Il silenzio dev’essere una cosa del genere.
Una cosa che non se ne può parlare
(sennò s’incrina).

Tu mi dirai che in fondo sono un uomo reticente.
Ma capiresti se avessi visto come annaspava mio padre
nella materia oscura del cielo. In quella malta spessa.
Io lo guardavo e capivo che non era fatto per scalciare così
lui che era nato per brucare tranquillamente i licheni sulle tegole
e per tenere le corna basse
(non certo in segno di umiltà
ma per purissima
contrizione).

Da L’Agenzia di viaggi

Le spore gli acari i microbi
la vita che si svolge intorno al battiscopa

certo sarebbe bello parlarti di queste cose
che sono consolanti come la pasqua
come l’ulivo tra le dita sognanti
delle bambine credule
sarebbe bello dirti in tutta franchezza
che qui c’è un grillo e che lo allevo
come fossi suo padre

e sarebbe bellissimo parlarti dei fiori
che non ci sono ancora
(ma che verranno certamente
perché ho la testa tutta piena
di semi)

da Le Cucine celesti
quella cosa piuttosto incerta
che beccheggia sul tetto
col respiro affannato delle tortore

(Dio come sono tante!
come si riproducono
e non lasciano mai
un uovo in giro
un nido sfatto
una piuma)

e il camino che fuma
mi riempie di tristezza

(penso…
che laggiù si continua
a cucinare
questo bambino che non è
del tutto asceso
e
non si arrampica bene
ai calzini degli angeli).
Roberto Amato L’acqua alta Elliot, 14 euro


Fonte http://club.quotidiano.net/martina/il_libro_di_poesia_non_di_poesie_di_roberto_amato_un_turbine_gentile_e_crudele_che_scuote_le_nostre_morte_fantasie

http://www.barnabooth.it/testi/detail.php?id=11

http://cartescoperterecensionietesti.blogspot.com/2007/02/roberto-amato-lagenzia-di-viaggi.html

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, giovedì 10 novembre 2011

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