mercoledì 2 novembre 2011

VISIONI : Passeggiate aquilane

VISIONI  : Passeggiate aquilane

Passeggiate aquilane è uno  dei primi  post di questo  mese di novembre del 2011 . Un post  con il quale voglio aprire un’auto riflessione sul blog “osservatorio di confine “ che  sto curando da due anni. Non a caso il primo post parla di  desiderio nella rubrica Graffiti presentando un volume su questo tema  Dunque desiderio come ritorno ad una origine . Quella di un blog che doveva occuparsi di poesia e di linguaggi . Ritorno dunque all’origine  spinto  anche da una recente conversazione con il mio amico Vincenzo ,con il quale ho lungo sodalizio di intenti , interessi culturali in comune  ed empatia umana, durante una passeggiata lungo  l’anello del Castello
Di questo nostro sodalizio e di come   ha dato lo spunto  ad una riflessione sul blog dirò di seguito in altri post  considerato che questa auto riflessione sicuramente  si  protrarrà  nei prossimi giorni. Qui  devo però cominciare dall’inizio.
“Osservatorio di confine “  blog   è  nato come idea  qualche mese prima del terremoto dell’aprile 2009.  In poche parole  volevo fare  un percorso attraverso il “confine”, luogo misterioso e non abbastanza frequentato. Un luogo che incontriamo molte volte nei nostri spostamenti  non solo fisici ma anche e soprattutto mentali , luogo dove è facile imbattersi nell’imprevisto e muoversi, spesso a tentoni, nella scomodità.
E proprio come dal punto di vista fisico “osservatorio di confine “ doveva essere uno spazio per il linguaggio poetico e narrativo. Con  un margine esterno, quello dove l’uomo, per esempio , nella ipotesi fisica,  abita, lavora, si muove e si diverte; quelle delle architetture più concrete ed evidenti. E di controverso anche un margine interno, interiore, intimo, legato ai nostri stati d’animo, alle speranze e alle utopie che li accompagnano. Margini che difficilmente riusciamo ad osservare chiaramente, anche se spesso ne affermiamo con certezza l’esistenza.


Intendevo così guardare  ad alcuni aspetti della poesia e del narrare da confini diversi   con una sperimentazione personale pubblicando appunto le mie poesie  e i miei racconti.  Quasi un diario dell’anima che recuperasse  tutto quello che ad una certa stagione della vita uno vede passare davanti come una sequenza da film. La vede passare davanti e finalmente decide di mettersi alla moviola, al rallentatore non per   rimontare il film , cosa del resto impossibile ma per guardare le scene sotto altre angolazioni a favore appunto di una migliore comprensione .

Sicuramente il termine “confine” negli ultimi decenni è diventato una sorta di passepartout, onnipresente, tanto nel linguaggio degli architetti, che talvolta subiscono il potenziale metaforico di certe parole, quanto in quello pubblicitario o artistico. E questa fascinazione, che ha una radice ideologica, ne ha banalizzato e confuso il senso.

Appunto il senso di quella ricerca doveva essere un lungo e faticoso, mai terminato, accidentato percorso per superare i confini ed aprirsi al mondo della frontiera.


Il confine infatti  è qualcosa di primitivo, di istintivo, di viscerale, di esclusivo (nel senso che esclude). Il "termen" della nostra cultura contadina. Tracciare confini è relativamente facile, perché asseconda l'istinto naturale. E gli strumenti del confine sono la lotta per spostarlo e presidiarlo. La guerra.
La frontiera rimanda piuttosto a qualcosa di razionale, di rielaborato, di pensato, di negoziato a fatica con se stessi e con gli altri. Abitare la frontiera costa fatica perché i suoi strumenti sono il dialogo, il negoziato, la diplomazia. Il confine è rendita. La frontiera è investimento e progetto.
Oltrepassare il confine per aprirsi alla frontiera. E' questo il progetto dell'umanità. Continuare quel percorso iniziato millenni fa, quando l'uomo abbandona i confini della foresta e inizia l'avventura della migrazione.
Passare dall'istinto, dal pre-razionale alla riflessione, alla ragione. Passare dal viscerale al razionale; dalle viscere al cervello. Possibilmente passando per il cuore.

All’interno di questo percorso, la poesia, la narrazione,  il canzoniere , i versi di altri ed altri versi  dovevano essere  l’essenziale , anzi  gli strumenti essenziali e le sole  impalcature  con cui costruire l’edificio dell’osservatorio.

C’era la tentazione poi cercata e trovata in altre rubriche come  storie e voci dal silenzio , animali veri ed animali immaginari di  guardare altri confini.

La terra mossa , le macerie  accattaste come conseguenza, la morte, il silenzio, le sofferenze  della vita in tenda, la passione  delle contestazioni e delle manifestazioni, hanno leggermente sviato il discorso  facendo esplodere le urgenze dei temi affrontati  nel blog.
Una esplosione che  con questa operazione  di ritorno all’inizio  vuole diventare implosione e vedremo  come.

Eremo Via vado di sole, L’Aquila,  mercoledì 2 novembre 2011

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