lunedì 5 dicembre 2011

CONTROMANO : I diari della bicicletta

CONTROMANO :  I  diari della bicicletta  


Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno.
Insegnagli a pescare e lo nutrirai per la vita.
Insegnagli ad andare in bicicletta
e subito capirà quant’ è noiosa la pesca



Nel suo libro Diari della bicicletta (tanto per parafrasare simpaticamente quelli della motocicletta di Che Guevara), appena uscito per Bompiani e già tradotto in tredici Paesi, Byrne si dichiara infatti cultore devoto di questo glorioso mezzo di trasporto, svago, attività sportiva, pratico e salutare, nonché ecologico. «È molto liberatorio, è un piacere sentire il vento sul viso. E la libertà maggiore è poter andare e fermarti dove e quando vuoi, guardare, vivere la strada e al tempo stesso senza venirne troppo coinvolto. Lo trovo perfetto», ha affermato l’artista in occasione del festival “Le Conversazioni, scrittori a confronto: Human rights” di Capri.
Da quando ha scoperto la bicicletta pieghevole, è diventata la sua fedele compagna di viaggio e di tour in tutto il mondo. E viaggiare per New York, Istanbul, Manila, Berlino, Buenos Aires pedalando, gli avrà certo concesso di vedere quei luoghi in una luce diversa, più “libera”. Perché è proprio un eccitante contagioso senso di libertà a venir fuori dalle pagine del suo libro: attraverso la bicicletta, questa insolita finestra panoramica su paesaggi urbani tiranneggiati dall’automobile, lo scrittore racconta aneddoti e curiosità, mode e tendenze, musiche e personaggi singolari.
Dai primi anni ottanta Byrne utilizza dunque la bicicletta come mezzo di locomozione, promuovendo così l’impegno per la mobilità sostenibile e la qualità della vita urbana.
Da qualche anno anche in Italia molte città offrono il servizio di bike sharing (letteralmente “condivisione della bicicletta”) per favorire la mobilità dei cittadini e l’abbassamento del tasso d’inquinamento. Sono più di un centinaio e fra queste, l’unico servizio paragonabile a quello di altri paesi europei per sviluppo e utilizzatori è quello di Milano.
Quest’anno grazie a BikeMi – il bike sharing pubblico milanese - è stato possibile visitare le mostre della quinta edizione dello Startmilano (www.startmilano.com), l’Associazione delle 38 gallerie d’arte contemporanea della città, spostandosi in bicicletta. Attraverso percorsi appositamente studiati e con l’ausilio di una guida in accompagnamento, i visitatori-ciclisti hanno potuto coprire agevolmente le distanze tra le sedi aderenti all’iniziativa.

Ma è Legambiente, nel suo rapporto “L’a-bici: numeri, idee, proposte sulla mobilità ciclabile”, come scrive Stefania Calleri propone la formula 30-30-30, ovvero, entro il 2020, il 30% sul totale degli spostamenti dovrà essere in bicicletta, il 30% almeno della rete del servizio di trasporto pubblico locale di superficie dovrà essere trasformata in corsia preferenziale, e le ztl e le isole pedonali dovranno aumentare del 30%.

Il 15 settembre Legambiente ha presentato a Padova il suo rapporto sulla mobilità ciclabile, fornendo numeri a livello nazionale ed europeo ma anche proponendo soluzioni per avviare una concreta politica della mobilità ciclabile. Creare alternative all’attuale sistema di mobilità risulta ormai non più prorogabile visto il traffico sempre più caotico ed il crescente inquinamento delle città.

Le Amministrazioni locali dovranno contenere la richiesta di trasporto individuale motorizzato ed incentivare forme di trasporto diverse dall’auto privata, ciò significa incrementare l’uso dei mezzi collettivi di trasporto, soprattutto elettrici e su rotaia, la bici, i piedi e tutte le forme di mobilità on demand o pay for use.

Quali le soluzioni ? Legambiente propone di partire da 3 interventi che non richiedono ingenti risorse economiche:
  1. aumentare le corsie preferenziali garantendo al traffico pubblico di superficie maggiore fluidità e rendendo, in questo modo, il mezzo pubblico concorrenziale con quello privato;
  2. adottare un pedaggio urbano per le aree più congestionate;
  3. avviare una politica per la mobilità dolce fondata sulla riduzione della velocità dei mezzi a motore rendendo gli spostamenti in bicicletta e a piedi più sicuri.
L’uso della mobilità dolce è legata a fattori culturali e non solo alla presenza di infrastrutture o di condizioni climatiche favorevoli. Tra il 2000 ed oggi l’estensione delle piste ciclabili è triplicata, si è passati da 1000 a 3227 Km, ma gli spostamenti urbani in bicicletta sono rimasti identici, si attestavano e si attestano al 3,8%. Questo fattore è confermato anche dal fatto che le città dove in Italia si pedala maggiormente non sono quelle con più piste ciclabili e neppure quelle con condizioni climatiche più miti.

Ciò non significa che non ci sia bisogno di infrastrutture, ma queste devono essere pensate e realizzate all’interno di piani complessivi della mobilità e non essere il frutto di una disordinata fioritura infrastrutturale non pensata per gli spostamenti.

La presenza di piste ciclabili sicure e che rendano i tempi di percorrenza certi sono un valore aggiunto, ma alla base, come già detto, c’è la cultura della mobilità dolce. Un’indagine Isfort del 2007 (La riscoperta della bicicletta, settembre 2008 ) elencava le motivazioni delle affezionati della bicicletta, nell’ordine venivano indicati i seguenti vantaggi: la bicicletta: evitava traffico e code (29,3%), faceva bene alla salute (29,1%), risultava il migliore mezzo per il temo libero (19,2%), rappresentava un mezzo di trasporto economico (11,6%) e riduceva l’inquinamento (10,9%).

Qualche esempio positivo esiste anche nel nostro paese, è il caso di Bolzano, che ha riorganizzato la mobilità cittadina privilegiando i mezzi di trasporto più lenti, ed anche Padova dove si riscontra la più alta densità di vie ciclabili. A Reggio Emilia, la bicicletta copre il 15% della domanda di mobilità e raggiunge anche picchi del 30%, a Ferrara un terzo della popolazione si sposta in maniera sistematica in bicicletta. In tutta l’Emilia Romagna i percorsi per le due ruote sono aumentati dalla metà degli anni 2000 sino ad oggi, arrivando a 1.031 Km.

Fuori da queste “isole felici”, la situazione, come riporta il Rapporto di Legambiente, non sembra brillare, siamo di fronte ad una sorta di “ri-partenza della bicicletta”.

Ma per dare avvio ad una politica concreta della mobilità ciclabile, secondo il rapporto dell’associazione ambientalista, 4 sono gli ambiti su cui puntare:
  • Infrastrutte e parcheggi, i percorsi ciclabili devono essere costruiti, con una sede propria, parallelamente ai principali assi di scorrimento urbano, in modo da garantire continuità negli spostamenti, l’ideale sarebbe raggiungere aree a ciclabilità diffusa e collegare le ciclabili urbane a percorsi turistici e cicloescursionistici.
  • Sicurezza, elemento non prescindibile per chi vuole spostarsi in bicicletta è la sicurezza, vanno, pertanto, promossi corsi di educazione ed informazione sul codice della strada.
  • Intermodalità, è necessario creare spazi sicuri ed accessibili alle biciclette nei parcheggi vicini alle fermate dei mezzi pubblici, garantire il trasporto di bici sui treni, soprattutto locali, dotare i veicoli dei mezzi di trasporto pubblico di pedane o altri strumenti per il trasporto di biciclette e diffondere il bike-sharing.
  • Furti, è prioritario costruire parcheggi coperti e controllati per evitare il furto delle biciclette e creare un pubblico registro ciclistico dove immatricolare le biciclette.
Per chi vuole approfondire:
  • Il rapporto di Legambiente “L’a-bici. Numeri, idee, proposte sulla mobilità ciclabile”
Testo a cura di Stefania Calleri

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì  5 dicembre 2011

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