martedì 20 dicembre 2011

SILLABARI : Antico e moderno . Per arrivare dove, per fare che ?

SILLABARI  :  Antico e moderno . Per arrivare dove, per fare che ?

Scrive Mario Perniola  : “È noto che il grande scrittore giapponese Mori Ōgai tradusse in giapponese il Manifesto del Futurismo di Marinetti, uscito sul giornale francese “Le Figaro” il 20 febbraio 1909,  poche settimane dopo la sua pubblicazione. Meno noto è invece che la sua versione adoperò caratteri d’origine cinese rari  già allora caduti in disuso. Più o meno inconsciamente, egli si attenne alla strategia di modernizzazione adottata dal Giappone nel 1868, secondo cui  questa deve avvenire attraverso una giustapposizione tra il nuovo e il vecchio, senza che i due termini opposti vengano mai a conflitto. Paradossalmente un testo estremamente iconoclastico e sovversivo, che anticipa lo stile spettacolare e violento della pubblicità e della comunicazione massmediatica attuale, era trasformato in qualcosa la cui comprensione richiedeva la conoscenza del passato.
    Questo curioso episodio è per noi molto significativo perché ci induce a riflettere sulla china autodistruttiva e devastatrice presa dalla mentalità occidentale, quando ha cominciato a credere che il nuovo fosse per definizione migliore del vecchio.”
Il nuovo dunque, il nuovo che si cerca di far avanzare nel nostro paese potrebbe avere caratteri  così arcaici che  non servirebbe assolutamente a nulla.
Un nuovo senza stile  , asettico e monetario  in una società in cui  l’economia , per esempio non ha più niente di reale ed è soltanto un puro atto di fede. Bisogna crederci nella crescita, nell’aumento del pil e si vedrà come questi crescono. Non una teologia economica ma una liturgia economica in cui il latino è stato sostituito da termini come “ spreed “  e via dicemdo.
Ma stavo considerando l’aspetto del nuovo  senza stile

Scrive ancora  Mario Perniola in un’altra sua nota :  “Difficile è oggi trovare che cosa possa corrispondere a quel modello di eccellenza estetica che Nietzsche definì con l'espressione di "grande stile". Certamente nelle varie arti continuano ad essere prodotte opere che rispondono alle caratteristiche di contenuta potenza, di classico rigore e di spregiudicata sicurezza; purtroppo esse si impongono all'attenzione dei conoscitori e del pubblico con molta maggiore difficoltà e più lentamente che in passato, a causa sia della sovrapproduzione letteraria, artistica e culturale sia del cinismo, della superficialità e dell'insensibilità dilaganti. Il "grande stile" infatti implica e sollecita cura, rispetto, memoria, in una parola, venerazione. Aspetti questi che mal si combinano con la tonalità generale dell'esperienza quotidiana contemporanea, ma che proprio per la loro rarità possono rendere il "grande stile" l'oggetto di una ricerca più diligente e di uno zelo più intenso che mai.
Molto più difficile è tuttavia non dico trovare, ma addirittura immaginare il "grande stile" come la qualità di un'azione, di un comportamento o addirittura di un'intera esistenza: in altre parole, come dice Nietzsche, considerarlo non più semplicemente arte, ma "realtà, verità, vita" (1895, §39). Del resto lo stesso Nietzsche ha insegnato a nutrire la più grande diffidenza nei confronti delle azioni e dei comportamenti che si attribuiscono qualità positive di un quasiasi genere, mostrando come esse siano per lo più occultamente animate da pulsioni di segno opposto: nel caso specifico, il filisteismo della marmaglia ricca ed oziosa, che porta in trionfo l'opera wagneriana, rappresenta proprio il contrario del "grande stile"; lo snobismo culturale infatti, come dice la parola stessa che vuol dire "sine nobilitate", costituisce una manifestazione di volgarità e di rozzezza, di ostentazione millantatoria che sta agli antipodi della semplicità e della purezza del "grande stile".
Azioni e comportamenti  per ritornare all’inizio di questa riflessione che poneva  il rapporto tra antico e moderno ,tra l’incapacità di far vivere il moderno e soprattutto il nuovo proprio in modo nuovo .
“C’è una innata tendenza a ridurre certe informazioni ad aneddoto, a ridimensionare la portata scientifica di un dato a qualcosa che ci riguarda poco, su cui non abbiamo più di tanto voce in capitolo.

Così quando ci dicono che una piccola batteria scarica buttata inquina un pezzo di terra grande come un campo di calcio o che le macchine potrebbero già andare ad idrogeno, ascoltiamo fino al limite del nostro eventuale coinvolgimento. Come se fare attenzione all’uso dell’energia domestica fosse la stessa cosa che assaltare una baleniera giapponese. Roba da esaltati, coraggiosi e lontani.

Primo passo di un cambiamento, per noi, sta nel sapere, nel capire, nel saper usare dei dati che quegli esaltati studiano e producono anche per noi. Allo scopo di vivere il nostro mondo, la nostra città consapevolmente e non passivamente. Imparando certe regole o dinamiche che a volte sfuggono o si saltano, tra cui al primo posto c’è proprio il dovere ad informarsi.”
Dunque informarsi , capire , saper usare il nuovo è  il vero senso del cambiamento .E’ il vero rapporto tra l’antico e il moderno, il vecchio e il nuovo .
Per arrivare dove? Per fare che ?
Per arrivare alla consapevolezza. Platone non avrebbe consentito di varcare la soglia di casa sua, a nessuno che non conoscesse la geometria. Intendeva dire che avrebbe frequentato uomini che conoscessero le ragioni della vita; oggi le chiameremmo colte, ma io preferisco definirle consapevoli. La consapevolezza è la preziosità più alta di un Uomo, è la matrice di tutte le felicità. E di tutte le intelligenze. La consapevolezza consente di acquisire conoscenza attraverso, attraverso la vista e i sensi, la mente e l’istinto, ci guida verso noi stessi.

Fonti : http://www.unacitta.net/2011/05/18/arte-come-architettura-del-pensiero/
http://www.unacitta.net/category/riflessioni/page/3/
http://www.marioperniola.it/site/dettagliotext.asp?idtexts=175
Mario Perniola ·  La società dei simulacri... Bologna, Cappelli, 1980. Nuova edizione, Milano, Mimesis, 2011, ISBN 978-88-5750-496-4
  • Dopo Heidegger. Filosofia e organizzazione della cultura, Milano, Feltrinelli, 1982.
  • Transiti. Come si va dallo stesso allo stesso, Bologna, Cappelli, 1985, introduzione alla 2ª edizione a cura dell'autore, 1989.
  • Presa diretta. Estetica e politica. Venezia, Cluva, 1986. ISBN 88-85067-25-5.

Eremo Via vado di sole, L’Aquila, martedì  20 dicembre 2011

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