venerdì 27 aprile 2012

AD HOC :DA UN COMICO DILETTANTE A UN COMICO PROFESSIONISTA

AD  HOC :DA UN COMICO DILETTANTE A UN COMICO PROFESSIONISTA

La politica italiana,  l’analisi dei suoi problemi  e dei problemi della gente, dell’economia , del territorio  , le promesse di rinnovamento dei partiti,  annunciano una grande operazione di trasformismo  mai verificatasi nella storia del nostro paese.  Stando a quanto scrivono  Giovanni Sartori   ed Ernesto Galli della Loggia alla fine  il pericolo  potrebbe essere : la politica italiana, da un comico dilettante e un comico  professionista .

Scrive Sartori in  “RADIOGRAFIA DI UNO STRANO PARTITO. Com'è liquido il Grillismo”

Chiarisco subito: «liquidismo» è un termine che ricavo dal sociologo polacco Zygmunt Bauman che chiama liquide le società che cambiano troppo in fretta per restare solide. E comincio, qui, dal «partito liquido». Quando discettavo sui partiti e sistemi di partito (davvero parecchio tempo fa, il mio librone uscì nel 1976) i partiti liquidi non esistevano. I partiti importanti, allora, erano i partiti di organizzazione di massa (come i partiti comunisti, socialisti e religiosi). Poi la televisione divenne sempre più importante per la propaganda politica e così l'organizzazione divenne secondaria. A tal punto che da una ventina di anni parliamo del «partito leggero». Di leggero in leggero, siamo ora arrivati al «partito liquido» e persino alla cancellazione della parola partito. Secondo molti sondaggisti l'antipolitica, il rifiuto della politica, è ormai così profondo da costringere i partiti a non chiamarsi tali.

Intendiamoci: anche se travestiti i partiti esistono e devono (dovrebbero) esistere. Ma se la società liquida approda al «liquidismo», a un calderone nel quale tutto è disfatto e nulla rifatto, allora arriviamo a Grillo, che non solo è emblematico di questo processo ma che oggi ne è anche protagonista.

Io mi diverto ad azzardare previsioni. Su Grillo scrissi due editoriali nel settembre e ottobre 2007 nei quali notavo che il suddetto «entra in politica avendo prima creato una infrastruttura di supporto e di rilancio: internet, blog e una rete territoriale assicurata dai 224 meetups (gruppi di incontro) che in un giorno raccolsero 300 mila sottoscrittori per una legge di iniziativa popolare». Mica male, pensai. Ma la mia fu allora, ovviamente, una previsione prematura. Però oggi la «liquidificazione» della politica (vedremo alle prossime elezioni amministrative) riporta Grillo alla ribalta. Oggi, come allora, cinque anni fa, Grillo propone liste civiche spontanee «certificate» da lui (che alcuni sondaggi accreditano di percentuali alte al voto). E poi? E poi niente perché in ogni caso Grillo si dispiega soltanto nella politica che dico «orizzontale» che culmina nelle elezioni, ma non ha nessuna ricetta né comprensione sensata della politica «verticale» che partendo dalle elezioni deve creare, o anche ricreare ma pur sempre gestire, una immensa organizzazione gerarchica: appunto, lo Stato.

Nell'orizzonte mentale di Grillo questo potere è tutto suo. Ma non perché Grillo voglia essere un dittatore. Per carità. È che Grillo, spesso efficace nel criticare, è incapace di progettare. Quando propone le cose che sarebbero da fare, il più delle volte propone assurdità o sciocchezze. Con Grillo la politica liquefatta ci riporta all'«infantilismo politico» del quale parlava Lenin.

Dicevo che alle imminenti elezioni amministrative appariranno - si prevede - innumerevoli liste civiche, liste civetta e simili. Grillo, se ho capito bene, le «certificherà», dichiarerà se sono buone o cattive. O forse Grillo certificherà soltanto liste sue, liste di «grillisti». Vedremo. E vedremo a quel momento a che punto sia arrivata la «liquidificazione» della politica italiana. (1)


Scrive   Galli della Loggia in “ ISTITUZIONI, PARTITI, PERSONE.Nuovi scenari antichi riflessi.

Forzando un po' le cose, ma solo un poco, la scena politica italiana si presenta grosso modo così: i vecchi partiti boccheggiano e i nuovi, sebbene annunciati, non si sa ancora se, quando e come vedranno mai la luce; alla ribalta sembrano così rimanere sempre più solamente le persone. Le persone-partito da un lato, le persone-istituzioni dall'altro. Da una parte, cioè, Vendola, Di Pietro, Pannella (in questo senso un vero antesignano), Grillo e Bossi (sia pure molto malconcio): tutti e cinque padri-padroni e mattatori di formazioni tutte all'opposizione che senza di loro molto probabilmente non esisterebbero, ma che oggi raccolgono, comunque, almeno un quarto dell'elettorato. E dall'altra parte - ad essi virtualmente contrapposti non per loro volontà, ma per il solo fatto di essere le ultime trincee del sistema politico - Mario Monti in rappresentanza dell'istituzione governo, e insieme a lui Giorgio Napolitano, titolare dell'istituzione presidenza della Repubblica.

I vecchi partiti, invece, se ne stanno più o meno tutti nascosti al coperto dietro Monti e Napolitano. Sentono che il futuro non è tanto nelle proprie mani, non dipende tanto dai loro tentativi più o meno credibili di «cambiare» (quasi sempre fuori tempo massimo), quanto piuttosto da ciò che succederà in tre ambiti cruciali, ormai, però, pressoché fuori dalla portata di ogni loro eventuale intervento modificatore: la dimensione dell'astensionismo, la misura del successo delle formazioni dell'antipolitica, infine ciò che deciderà Monti circa il proprio destino politico.

La realtà ultima del nostro sistema politico è questa. Con una precisa chiave di lettura che si impone su ogni altra: la forte tendenza alla personalizzazione leaderistica. Tendenza che percorre come un filo rosso l'intera crisi della Repubblica in corso da vent'anni; che si afferma irresistibilmente tanto nella politica che nelle istituzioni; che è conforme ai tempi e all'esempio delle altre maggiori democrazie; che è assecondata dal consenso di quote ormai maggioritarie dell'opinione pubblica. Ma che invece fa a pugni con i più radicati pregiudizi sia della nostra cultura partitica tradizionale, tutta imbevuta di un finto parlamentarismo, sia di quella della maggior parte dei costituzionalisti i quali, ideologizzati non poco e attratti dal miraggio di un sempre possibile ingresso alla Consulta, si sono sempre mantenuti su posizioni di rigido conservatorismo.

Accade così che mentre una larga maggioranza di italiani esprime la propria fiducia nell'orientamento decisionista a forte caratura personale rappresentato dalla coppia Monti-Napolitano; mentre la massima parte della protesta contro le degenerazioni del sistema politico si aggrega anch'essa intorno a figure individuali di leader; mentre tutto questo avviene, i vecchi partiti, invece, si mostrino assolutamente sordi alla voce dell'opinione pubblica. La nuova legge elettorale a cui stanno pensando in maggioranza i partiti, infatti, ripercorre con qualche correzione le vie del vecchio proporzionalismo, lasciando quello italiano tra i pochissimi elettorati europei destinati a non sapere, la sera delle elezioni, chi li governerà a partire dall'indomani. Anche se poi, per confondere le acque, qualche leader lascia trapelare che per il dopo elezioni potrebbe magari, chissà, pensare a un nuovo governo Monti sorretto da una maggioranza di unità nazionale. Come dire: intanto ripigliamo in mano il gioco alle nostre condizioni, poi eventualmente penseremo a convincere l'ostaggio necessario a tenere buono il popolo.

(1) Giovanni Sartori  Il Corriere della sera  25 aprile 2012 | 15:55
(2)Ernesto Galli Della Loggia Il Corriere della sera 27 aprile 2012 | 8:24

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, venerdì 27 aprile 2012

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