giovedì 4 marzo 2010

SILLABARI 6 : MACERIE

SILLABARI 6 :MACERIE

Ne parla tutta la città. Ma non se ne parla in città.
Là dove sono cadute sono rimaste le macerie del 6 aprile. Le macerie. Segnalate, delimitate e sorvegliata a mo’ di “ monumenta” restano dove sono da mesi. C’è voluta l’ennesima protesta per porre all’attenzione questo problema per il quale in verità c’era stato un accenno di soluzione appena dopo il sisma. Tentativo bloccato anzi naufragato perché navigava in cattive acque almeno a quanto riferisce ancora una volta Peppe Vespa nel suo L’Editoriale del 25 febbraio 2010.
Macerie disciplinate da una normativa europea la cui osservanza sta mantenendo in scacco la situazione aquilana. E’ vero si tratta di smaltire un milione e cinquecentomila metri cubi di macerie che al costo almeno di cento euro al metro cubo fa una cifra esorbitante , attorno ai centocinquanta milioni di euro. Ma si tratta anche di liberare un intero centro storico: Sono state operate molte deroghe in molti settori alla normativa vigente .Non si è trovata una deroga per le macerie. Come e perché? Per che e per come le macerie stanno là a ricordare che a distanza di dieci mesi dall’aprile 2009 il centro storico è imbalsamato da puntellamenti e solitudine, silenzio e morte. La città è disabitata.

C’è un fantasma però che si aggira tra i vicoli e le piazze,vaga con indosso un vestito a colori e con le pezze da Arlecchino; ogni colore sta per incapacità,cattiva informazione,affarismo, interessi illeciti, teatrini della politica, sofferenza delle persone,incapacità delle proteste a farsi ascoltare,sciacallaggio,imperizia, incompetenza. In una parola sta per tutti i mali che si sono aggiunti a L’Aquila dopo il terremoto. In tema di macerie scrive Jenner Meletti su Repubblica il 23 febbraio 2010 :”…In piazza del Comune è una montagna di detriti. In via Antonelli, attraverso lo squarcio di un muro, si vedono ancora i letti e i materassi. Via del Falco è bloccata dai detriti della casa di Franco Fiorillo, pittore. "Pochi giorni dopo il terremoto fu mandata qui una ruspa, per sgomberare la strada. Ma l'uomo che la guidava, dopo avere caricato una volta o due la benna, vide un pianoforte intatto e disse: quello non è un rottame, io non posso spezzarlo. Se n'è andato con la sua ruspa e da allora le macerie sono rimaste qui".Ci sono i libri d'arte e di storia, resi fradici dalla pioggia e dalla neve. In via Del Bargello ci sono ancora i panni stesi sul vicolo. Jeans, calze e felpe, qui abitavano studenti. "Ci hanno sempre detto: abbiamo dovuto costruire le nuove case, non potevamo pensare a tutto. Ma non c'erano forse in Italia ditte e imprese in grado di fare qualcosa anche in centro? E invece tutto sta marcendo e se ne sono andati anche i topi, perché non trovano più nulla da mangiare"….”

E Daniele Mastrogiacomo dieci mesi fa , l’8 aprile 2009 , a due giorni dal terremoto scriveva sempre su Repubblica :” Il centro storico, il cuore de L'Aquila, è isolato. Polizia e carabinieri formano cordoni ai principali punti di accesso. Si rischia grosso ad entrare, cadono ancora pietre e pezzi di cemento dai tetti dei palazzi di quattro, cinque piani. Palazzi imponenti, che vedi robusti, che credi impossibili solo a scafire. Invece ti accorgi che sono tutti lesionati, con squarci che si aprono sui tetti, sulle pareti, dalle finestre sventrate, le imposte in bilico che cigolano sui cardini piegati dai colpi. "Qui", ci racconta un maresciallo della Guardia forestale, Antonio Russo, "a quest'ora c'era un gran movimento. L'Aquila era un città viva, piena di gente per le strade, rumorosa, allegra". Si guarda intorno, allarga le braccia, fa un giro di 360 gradi. "Guardi lei: non c'è nessuno. E' una città-fantasma. Non so quando, come, in che modo riuscirà a rinascere. Ogni casa, palazzo, bottega, appartamento ha i suoi acciacchi. Alcuni dovranno essere abbattuti per forza. Io non sono un tecnico: ma mi sembra impossibile poter restaurare strutture così imponenti e così lesionate in profondità".

Dall’8 aprile 2009 al 24 febbraio 2010 poco è cambiato nel centro storico : macerie c’erano e macerie ci sono. Il centro storico isolato era e isolato è. Macerie ovunque.Ma che fare dunque delle macerie?
Scrive Antonello Ciccozzi docente dell’Università di L’Aquila a proposito di macerie il 22 febbraio 2010: “….Scrivo in tutta fretta, ma si tratta di un tema cruciale. Se la qualità del futuro dell’Aquila dipende da molte variabili, la differenza dei nostri destini dipenderà da come saremo in grado di comprendere queste variabili, ossia di selezionarle in base alle priorità e di interpretarle in base alle possibilità di azione.
La variabile al momento più problematica ha il nome di MACERIE, e rimanda all’opposizone tra SMALTIMENTO e RICICLAGGIO, ossia al bivio tra uno scenario di SOSTENIBILITA’ e uno di CONSUMO.
Personalmente credo che si debba con forza respingere qualsiasi prospettiva di smaltimento, per avviarsi verso un’economia della sostenibilità che preveda il trattamento delle macerie in forma di riciclaggio, e in modo da insediare nell’area aquilana uno stabilimento industriale adibito a tale produzione. Questo significa non solo ricavare materiale dal rifiuto, ma trasformare un problema in una risorsa, una spesa in un guadagno, una barriera in una prospettiva, una tragedia in un lavoro.Questo significa per L’Aquila una parola:futuro.In Italia, nazione attanagliata da un’ideologia della conservazione che spesso risulta eccessiva e rende miopi, la cultura edilizia della demolizione e del riciclaggio dei materiali da costruzione non è ancora stata recepita con dovizia. Occorrerebbe che i politici

iniziassero a guardare all’estero per chiamare chi è in possesso delle migliori tecnologie attualmente disponibili su scala planetaria, per pensare a un insediamento industriale che si occupi di questa forma di produzione, per un discorso all’avanguardia che possa essere anche occasione di laboratorio di sviluppo e miglioramento della tecnologia stessa di riciclaggio.Questo consentirebbe alla città di uscire dal RISCHIO DEL “RATTOPPO” di gran parte del tessuto condominiale, che si profila all’orizzonte anche come antitodo per la carenza di luoghi da usare grettamente come pattumiere per buttare la città crollata. Questo consentirebbe di evitare di finire in mano alla criminalità organizzata, da sempre pronta ad affrontare problemi gestibili solo di nascosto.In altre nazioni la scelta tra ristrutturazione e abbattimento di un condominio riguarda una scelta costi/benefici che tiene conto delle spese e del valore di mercato in modo lucido e lungimirante. In nazioni come la Germania un condominio può essere demolito anche per lavori che superano appena la reintonacatura. Una ditta spacializzata smonta tutti gli infissi e gli interni, poi il palazzo viene demolito; il mucchio di ferro, cemento e mattoni che ne resta entrano in una fabbrica, ed esce ferro e materiale inerte per l’edilizia. Il tutto richiede mediamente circa una settimana di tempo. Non è possibile che ci dobbiamo ridurre alla ricerca di terreni entro cui seppellire la città. Non è possibile che ci accingiamo a rattoppare centinaia di palazzi infartuati esponendo i nostri posteri a un rischio assurdo.Ovviamente, per i palazzi del centro storico andrebbe fatto un discorso di selezione qualitativa dei materiali, per i condomini della periferia sarebbe più adatto un approccio quantitativo; ma, tenendo conto di una necessaria differenziazione della tipologia di intervento, in entrambe i casi, ancora, dovrebbe valere l’imperativo ecologico del riciclaggio, concretamente, della ricerca della massimizzazione del materiale riciclabile.

Questo discorso a L’Aquila è stato affrontato solo marginalmente grazie all’interessamento del consigliare Antonello Bernardi; ma ora, nel momento decisivo, è preoccupantemente sparito dal dibattitlo pubblico e istituzionale. Queste righe vogliono sulla vitale imprescindibilità dell’argomento, e un monito per avvertire tutti dei rischi che corriamo.Ci credo poco, ci credo poco dato il clima che si respira; ma, se L’Aquila vuole ancora provare a diventare d’esempio per il mondo, trasformando la catastrofe in catarsi, la strada della ricostruzione non può che passare per i territori della SOSTENIBILITA’. Solo così potremo diventare un luogo esemplare per il futuro Con le parole che scegliamo (ri)costruiamo il mondo intorno a noi, e per comprendere le direzioni auspicabili per il nostro futuro occorre scegliere in senso culturale, prima che economico. La sostenibilità è un concetto culturale che richiede scelte e attivazioni tecniche, ma è necessario costruire prima senso comune intorno a ciò che deve essere percepito come un valore necessario. A mio parere le parole di questi giorni dovrebbero essere: RICICLAGGIO DELLE MACERIE PER UNA RICOSTRUZIONE SOSTENIBILE.A questo i politici sono chiamati, e in base a questo la storia li peserà riguardo a comeseppero affrontare il terremoto dell’Aquila (che è diverso dal terremoto d’Abruzzo).
Ma già il 15 aprile 2009 Sergio Nannicola e Leda Bultrini a proposito di macerie scrivevano una lettera al Presidente della Provincia di L'Aquila, On. Stefania Pezzopane, e al Sindaco, Dr. Massimo Cialente, per manifestare il timore che il carattere di urgenza che governa i primi provvedimenti sul territorio possa compromettere la qualità del recupero dei materiali.

L’Aquila,15aprile2009
Al Presidente della Provincia di L'Aquila On. Stefania Pezzopane
Al Sindaco di L'Aquila Dr.MassimoCialente “SALVIAMO LE PIETREDIL'AQUILA” Il recupero con metodo filologico del centro antico e degli edifici storici distrutti, “dov’erano e com’erano”, in città come sul territorio colpito dal sisma, è universalmente avvertito, dai cittadini, al pari che dai tecnici, come una necessità irrinunciabile per il valore storicoartistico, culturale e identitario che essi portano con sé. Le forme e i modi della ricostruzione saranno decisi nelle sedi opportune, ma è urgente porre le premesse minime per renderla possibile, vale a dire assicurarsi la disponibilità delle sue materie prime: la conoscenza del patrimonio, che il terremoto non ha intaccato, e il materiale fisico di cui esso è costituito, che rischia, invece, schiacciato dalle priorità dell’emergenza, di finire perduto.

A dover essere salvaguardato non è solo il materiale reso pregevole dall’intervento artistico o di alto artigianato, ma anche il materiale costruttivo di base, i calcari impiegati come pietra da taglio per stipiti, architravi, balaustre e i materiali da muratura in genere, il pietrame e i ciottoli calcarei della muratura in pietra grezza intonacata, i piccoli conci calcarei, gli elementi in terracotta, le scaglie di pietra delle “case muro”, le pietre calcare e squadrate. L’urgenza dello sgombero dei detriti può indurre ad ammassare i materiali risultanti dagli scavi e dagli sgomberi in maniera indiscriminata e dispersa, in luoghi indifferenziati, dai quali potrebbe esserne impossibile il recupero. L’indisponibilità dei materiali originari produrrebbe una lacuna del testo architettonico e un consumo immotivato di risorse, con l’aggressione del territorio determinata dalla necessità di procurarsi nuova materia prima. È, dunque, urgente assicurarsi che i materiali di sgombero siano depositati in maniera organizzata,
- separandoli dai detriti provenienti da costruzioni eterogenee per epoca,materietecnichecostruttive;
- individuando luoghi certi e distinti per il loro deposito e la loro conservazione;
●- registrandone, per quanto possibile, la provenienza;
●-minimizzandonelospostamento;
●- predisponendone lo stoccaggio per il medio periodo.
È il primo passo di una ricostruzione consapevole e rispettosa.
Comitatocivico:Un Manifesto per L'Aquila


E ne parla ancora Giorgio De Matteis vice presidente vicario del Consiglio regionale :” Spostare 4 milioni di metri cubi di macerie e prevederne altrettanti quando si scadrà a demolire o a ristrutturare è un problema che non può riguardare soltanto il comune di L’Aquila. Anzi il problema macerie è peggiorato a giudicare dai cumuli presenti in alcuni siti della zona rossa del centro storico ed è per questo motivo che bisogna affrontare il problema non soltanto per l’immediato ma anche per il prosieguo.”
Le manifestazioni domenicali , del 20 e 28 febbraio, sono servite a mettere in evidenza il problema delle macerie ma anche in generale quello che della ricostruzione non va . Una delle cose che non vanno per esempio ce la riferisce Pietro di Natale segretario regionale Filca – Cisl . Facendo riferimento ai dati diffusi dalla cassa Edile infatti afferma : “ Da ottobre 2008 a ottobre 2009 la cassa integrazione nel settore edile è cresciuta , in provincia di L’Aquila,del 62,42 per cento. Un dato allarmante che è il risultato del meccanismo innescato all’Aquila dove per5 il progetto “ Case” e la ricostruzione è stata impiegata per lo più,manodopera straniera o proveniente da fuori regione. A dicembre 2009 i lavoratori impiegati nell’edilizia erano circa novemila ,mentre le imprese attive 1.441,con un incremento del 24,12 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008. Gli operai aquilani sono a casa , con lo stipendio ridotto mentre per la manodopera da utilizzare nelle opere di ricostruzione e di sistemazione degli edifici danneggiati si continua ad attingere dall’esterno. Buona parte del mercato edilizio locale , è controllata da imprese che non sono del posto e danno impiego a manodopera straniera.”
E per di più ancora al 24 febbraio il totale delle persone assistite risulta ancora 37.172 .Sono rilevate 5.403 persone in strutture ricettive, 960 in strutture di permanenza temporanea, 1.106 negli appartamenti privati nel circuito di assistenza, 162 in affitto fondo immobiliare, 1.945 in affitto con contratto concordato con DPC (comune AQ) e 27.596 in sistemazione autonoma (comune AQ).


Le foto sono di Grazia Marcone e del sito “6 aprile 2009” che si segnala per il costante aggiornamento sulle problematiche del terremoto di L’Aquila. Si segnala anche il sito “cittadini x i cittadini “ e il blog “misskappa.blogspot.com” . Inoltre si vedano gli articoli del periodico on line Il capoluogo.it oltre ai filmati su You Tube.

Eremo di Via Vado di Sole , L’Aquila, lunedì 1 marzo 2010

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