sabato 8 maggio 2010

SETTIMO GIORNO : Un comandamento nuovo

SETTIMO GIORNO : Un comandamento nuovo

“Un cielo nuovo e una terra nuova… la Gerusalemme nuova scendere dal cielo ,da Dio pronta come una sposa adorna per il suo sposo…”
L’Apocalisse di San Giovanni apostolo ( 21, 1-5a) ci rappresenta la prefigurazione finale del popolo di Dio e della nuova Chiesa, la Gerusalemme celeste.
Una prefigurazione in cui Dio è in mezzo agli uomini e al suo popolo. “Ecco la tenda di Dio con gli uomini . Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.”
Il Dio con loro nella teologia dell’Apocalisse è l’avverarsi di una condizione in cui ogni lacrima sarà asciugata, e non vi sarà più la morte ,né lutto ,né lamenti , né affanno, perché le cose di prima sono passate.
E nella stessa teologia di questo brano la prefigurazione del popolo di Dio non è del tutto prefigurazione futura ma, rompendo alcune categorie di pensiero, è l’avverarsi giorno dopo giorno fin da ora dunque e nel nostro presente di una affermazione. “ecco io faccio nuove tutte le cose”. Ogni giorno viviamo cose nuove e quindi fin da ora, senza aspettare il futuro noi viviamo queste cose nuove che ci vengono affidate in germe , in seme.

Giovanni poi legge la storia e queste cose in termini di resurrezione. Egli nel suo vangelo non ama ripetere quello che hanno scritto gli altri evangelisti e già vede, nel suo racconto evangelico, la glorificazione reciproca tra il Padre e il Figlio. E’ Cristo che glorifica il padre con la sua obbedienza e accettazione della passione e morte ed è il Padre che Glorifica il figlio con la vittoria sulla morte.
I capitoli da 13 a 17 del vangelo di Giovanni dunque raccontano questo testamento di Cristo con le sue parole e i suoi comandamenti.Testamento come quello che fu dei Patriarchi .

Appena Giuda esce dal cenacolo ha inizio dunque la passione che porterà Cristo a morire sulla croce. Ma prima che si compisse questa volontà,in attesa che si compisse e a suggello del suo compimento Cristo si rivolge ai suoi discepoli chiamandoli Figlioli ed è l’unica volta che nel vangelo di Giovanni egli usa questo appellativo nei confronti degli apostoli.
Dunque “ Figlioli ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo : che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi così amatevi anche voi gli uni gli altri.. Da questo sapranno che siete miei discepoli ,se avete amore gli per gli altri.”
Un comandamento nuovo che consiste ed ha il suo cuore nell’amore. Non è l’amore del Deuteronomio ,l’amore per i nemici e l’amore generico per il prossimo. Ma è l’amore che Cristo ha per noi , noi che dobbiamo amare gli altri con lo stesso amore. E’ facile amare gli altri a nostro modo. La crisi viene quando mettiamo attenzione a quel “come io ho amato voi “.Quale immensità di amore e quella del Cristo che noi non riusciamo nemmeno a rappresentarci nella mente.

Ma al di là di questa osservazione il senso sta proprio in quel “COME” che per Giovanni non è avverbio di paragone (luminoso come il sole, bianco come un giglio) ma è un avverbio causale . Un amore dunque causato dall’amore di Dio che deve nascere e permanere nella comunità dei suoi discepoli perché deve essere segno di distinzione e riconoscimento.
A parte l’azione dello Spirito, molti storici si sono domandati come uno sparuto gruppo di uomini che si richiamavano ad un altro uomo per di più morto su una croce la cui resurrezione fu conosciuta all’inizio solo da pochi, appunto come uno sparuto gruppo abbai potuto affermare il cristianesimo nell’impero romano. Gli Atti degli apostoli (14,21b-27) ci narrano come la buona notizia sia arrivata ai confini del mondo. E se Paolo ci parla di alcune comunità rimproverando lotte , scandali e gravi offese alla morale da parte dei componenti di quelle comunità dove un giovane, per esempio era arrivato a giacere con la moglie di suo padre, eppure per quelle comunità esiste un cemento. E’ l’amore che nasce e crea in loro un vincolo, un legame , una solidarietà, una forza che va al di là di ogni cosa. Alcuni storici rispondono che è stato quell’amore ad arrivare fino ai confini della terra.
Un amore lavato nella tribolazione dei problemi delle comunità da cui , come quelli delle comunità di oggi ne esce splendente perché è frutto di un Dio che apre alle nazioni pagane la porta della fede.

Riassunto per Ida : “Ecco io faccio nuove tutte le cose “ Cose fatte nuove dall’amore di un Dio che abita con il suo popolo fin da ora.

Eremo Via vado di sole, L’Aquila, domenica 2 maggio 2010

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