sabato 23 luglio 2011

BIBLIOFOLLIA : Raymond Queneau ESERCIZI DI STILE (trad. di Umberto Eco)

BIBLIOFOLLIA : Raymond Queneau ESERCIZI DI STILE (trad. di Umberto Eco)

Un libro affascinante. Anzi, direi quasi, che è il libro per antonomasia che non può mancare, soprattutto, nella libreria degli scrittori esordienti (e anche dei lettori attenti). Gli Esercizi di stile di Raymond Queneau (pubblicati – in diverse edizioni – in Italia da Einaudi con l’introduzione e la traduzione di Umberto Eco) sono un testo splendido. Queneau parte da un episodio di ordinaria quotidianità e cioè:

Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi ci butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: “Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito”. Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché (pag. 3)

Da questa semplice notazione Queneau parte con delle variazioni sul tema per ri-dire la stessa storia ma sempre in maniera nuova e facendo ricorso a diverse figure retoriche: così per ben novantanove volte si racconta l’episodio. Bellissimo l’originale francese e ottima la traduzione di Eco, anzi, il gioco che Umberto Eco continua. Come facilmente si comprenderà, non si è trattato di un semplice lavoro di traduzione, ma si è dovuto giocare con la lingua italiana così come l’Autore l’ha fatto con la francese. Il mio esercizio preferito è Parole composte (pag. 35):

Scrive Raymond Queneau :”Durante una conversazione con Jacques Bens, Michel Leiris si ricorda che «nel corso degli anni Trenta, noi (io e Michel Leiris) abbiamo ascoltato assieme l'Arte della Fuga, in un concerto in programma alla Sala Pleyel. Ricordo la passione con cui l'abbiamo seguita e che, uscendo, ci siamo detti che sarebbe stato molto interessante fare qualcosa del genere sul piano letterario (considerando l'opera di Bach non tanto dal punto di vista del contrappunto e fuga, quanto come costruzione di un'opera mediante variazioni che proliferano pressoché all'infinito attorno a un tema abbastanza scarno)».

Ho scritto Esercizi di stile ricordandomi davvero, e del tutto consapevolmente, di Bach e particolarmente di quell'esecuzione alla Sala Pleyel: ma era davvero tanto prima della guerra? Comunque fu nel maggio del 1942 che composi i primi dodici (che peraltro sono rimasti i primi dodici del libro); pensavo che non sarei andato oltre e avevo intitolato quel modesto tentativo «il Dodecaedro» dal momento che, come chiunque sa, quel bel poliedro ha dodici facce. Il direttore di una rivista molto rispettabile che usciva allora nella zona detta «libera» della Francia e che mi aveva richiesto un «testo» mi rese il Dodecaedro con un'aria costernata, direi addirittura con tristezza, come se gli avessi voluto fare uno scherzo di cattivo gusto.”

1 Notazioni

Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore piú tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in piú al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.

2 Partita doppia

Nel mezzo della giornata e a mezzodí, mi trovavo e salii sulla piattaforma e balconata posteriore di un autobus e di un tram a cavalli autopropulso affollato e pressocché brulicante di umani viventi della linea S che va dalla Contrescarpe a Champerret. Vidi e rimarcai un giovinotto non anziano, assai ridicolo e non poco grottesco, dal collo magro e dalla gola scarnita, cordicella e laccetto intorno al feltro e cappello. Dopo uno spingi-spingi e un schiaccia-schiaccia, quello affermò e asserí con voce e tono lacrimoso e piagnucoloso che il suo vicino e sodale di viaggio s’intenzionava e s’ingegnava volontariamente e a bella posta di spingerlo e importunarlo ogni qual volta si scendesse uscendo o si salisse entrando. Questo detto e dopo aver aperto bocca, ecco che si precipita ed affanna verso uno scranno e sedile vergine e disoccupato.

Due ore dopo e centoventi minuti piú tardi, lo reincontro e lo ritrovo alla Cour de Rome a cospetto della Gare Saint-Lazare, mentre è e si trova con un amico e contubernale che gli insinua di, e lo incita a, far applicare e assicurare un bottone e bocciolo d’osso al suo mantello e ferraiuolo.

3 Litoti


Non s’era in pochi a spostarci. Un tale, al di qua della maturità, e che non sembrava un mostro d’intelligenza, borbottò per un poco con un signore che a lato si sarebbe comportato in modo improprio. Poi si astenne e rinunciò a restar in piedi. Non fu certo il giorno dopo che mi avvenne di rivederlo: non era solo e si occupava di moda.

4 Metaforicamente

Nel cuore del giorno, gettato in un mucchio di sardine passeggere d’un coleottero dalla grossa corazza biancastra, un pollastro dal gran collo spiumato, di colpo arringò la piú placida di quelle, e il suo linguaggio si librò nell’aria, umido di protesta. Poi, attirato da un vuoto, il volatile vi si precipitò. In un triste deserto urbano lo rividi il giorno stesso, che si faceva smoccicar l’arroganza da un qualunque bottone.

5 Retrogrado


Dovresti aggiungere un bottone al soprabito, gli disse l’amico. L’incontrai in mezzo alla Cour de Rome, dopo averlo lasciato mentre si precipitava avidamente su di un posto a sedere. Aveva appena finito di protestare per la spinta di un altro viaggiatore che, secondo lui, lo urtava ogni qualvolta scendeva qualcuno. Questo scarnificato giovanotto era latore di un cappello ridicolo. Avveniva sulla piattaforma di un S sovraffollato, di mezzogiorno.

6 Sorprese

Com’eravamo schiacciati su quella piattaforma! E come non era ridicolo e vanesio quel ragazzo! E che ti fa? Non si mette a discutere con un poveretto che sai la pretesa, il giovinastro! lo avrebbe spinto? E non ti escogita niente po’ po’ di meno che andar svelto a occupare un posto libero? Invece di lasciarlo a una signora!

Due ore dopo, indovinate chi ti incontro davanti alla Gare Saint-Lazare? Ve la do a mille da indovinare! Ma proprio lui, il bellimbusto! Che si faceva dar consigli di moda! Da un amico!

Stento ancora a crederci!

7 Sogno

Mi pareva che tutto intorno fosse brumoso e biancastro tra presenze multiple e indistinte, tra le quali si stagliava tuttavia abbastanza netta la figura di un uomo giovane, il cui collo troppo lungo sembrava manifestarne da solo il carattere vile e astioso. Il nastro del suo cappello era sostituito da una cordicella intrecciata. Poco dopo ecco che discuteva con un individuo che intravvedevo in modo impreciso e poi come colto da súbita paura si gettava nell’ombra di un corridoio.

Un altro momento del sogno me lo mostra mentre procede in pieno sole davanti alla Gare Saint-Lazare. P, con un amico che gli dice: «Dovresti fare aggiungere un bottone al tuo soprabito».

A questo punto mi sono svegliato.

8 Pronostici

Quando verrà mezzogiorno ti troverai sulla piattaforma posteriore di un autobus dove si comprimeranno dei viaggiatori tra i quali tu noterai un ridicolo giovincello, collo scheletrico e nessun nastro intorno al feltro molle. Non si sentirà a proprio agio, lo sciagurato. Penserà che un tale lo spinge a bella posta, ad ogni passaggio di gente che sale e che scende. Glielo dirà, ma l’altro, sdegnoso, non risponderà motto. Poi il ridicolo giovincello, preso dal panico, gli sfuggirà sotto il naso, verso un posto vacante.

Lo rivedrai piú tardi, Cour de Rome, davanti alla stazione di San Lazzaro. Un amico lo accompagnerà, e udirai queste parole: «Il tuo soprabito non si chiude bene. occorre che tu faccia aggiungere un bottone».

9 Sinchisi

Ridicolo giovanotto che mi trovavo un giorno su di un autobus gremito della linea S, collo allungato, al cappello una cordicella, notai un. Arrogante e lagrimoso con un tono, che gli si trovava accanto, contro questo signore protesta lui. Perché lo spingerebbe, volta ogni gente che la scende ne. Libero siede si precipita un posto sopra, questo detto.

A Rome Cour de, io lo di nuovo incontro due dopo ore e un al suo soprabito bottone d’aggiungere un amico suggerisce gli.

10 Arcobaleno

Mi trovavo sulla piattaforma di un autobus violetto. V’era un giovane ridicolo, collo indaco, che protestava contro un tizio blu. Gli rimproverava con voce verde di spingerlo, poi si lanciava su di un posto giallo.

Due ore dopo, davanti a una stazione arancio. Un amico gli dice di fare aggiungere un bottone al suo soprabito rosso.

Raymond Queneau (1903-1976) fu uno scrittore e poeta il cui lavoro combinava una rigorosa sperimentazione e un'irrequieta immaginazione e umorismo. Le sue opere più note sono forse Esercizi di Stile, Zazie dans le Metro, e One Hundred Billion Poems. Oltre a essere noto per il suoi lavori, lo è anche per aver fondato, insieme a François Le Lionnais, OuLiPo (Ouvroir de la Litterature Potentielle) nel 1960, un forum che promuoveva la sperimentazione basata su vari tipi di limitazioni, il cui più famoso esempio è stato la totale assenza della lettera "e" nel racconto di Georges Perec La Disparition.

Eremo Via vado di sole , L'Aquila, sabato 23 luglio 2011


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