mercoledì 20 luglio 2011

FRATELLI D’ITALIA I costi della politica

FRATELLI D’ITALIA : I costi della politica

In termini di costi della politica nel nostro paese scrive Carlo Carboni su Il SOLE 24 Ore del 26 giugno 2011 sotto il titolo La politica tagli se stessa ma non basterà ….

E’ ormai senso comune che la politica e il suo ceto siano soggetti a grotteschi paradossi. Tra questi, uno, che si è evidenziato negli anni della seconda repubblica, li supera tutti. In contrasto con una crisi della politica che non ci ha Imai lasciato da tangentopoli a oggi, il ceto politico italiano con ruolo europeo, nazionale, decentrato ha enormemente accresciuto la sua consistenza numerica, il suo prestigio, le sue disponibilità reddituali. La crisi politica c'è (la fiducia verso le istituzioni elettive è collassata, come mostrano le serie storiche di Eurobarometro), ma non si vede, non ve n'è traccia tra il ceto politico, mai, paradossalmente, così florido e prepotentemente radicato nelle istituzioni.

Sono circa 320mila le cariche direttamente istituzionali, cioè quelle elettive, quelle di nomina politica (authorities, enti pubblici), quelle dell'alta burocrazia collegate allo spoils system A questì, vanno sommati vari incaricati, consulenti, portaborse e poi i funzionari di partito, la sua stampa, la sua comunicazione, la sua burocrazia. Un vero esercito di almeno mezzo milione d'italiani che vivono di politica. Un' estesa area della popolazione, agiati e disagiati, e vive all'ombra delle rendite politiche in cambio di lealtà e consenso. Il personale politico è aumentato soprattutto in periferia e a Bruxelles, considerati i due livelli del futuro europeo, ma già assuefatti ampiamente ai vizi del ceto politico nazionale. Anche il prestigio, derivante dallo stile di vita, dei politici è aumentato. Ne è testimonianza 1'ostentazione sfarzosa che i politici di vertice fanno dei loro benefits, tra aerei di stato e auto blu. Quanto ai redditi dei politici, sono incrementati in modo ormai leggendario, al di là della media europea. Così, i costi (diretti) della politica sono schizzati attorno ai 13-17,05 miliardi di euro annui, un prezzo molto elevato a fronte di performance di governo e di servizi resi che, da anni, la popolazione percepisce negativamente e con risentimento verso i miracoli promessi e disattesi .

Nel caso di una casta professionalizzata mediatizzata, fianziarizzata, dei partiti ridotti a etichetta. ha prodotto un ceto politico agiato e autoreferenziale che è aumentato generando quello «sciupio vistoso» chioserebbe Throstein Veblen che si connota per la sciagurata formula «bassa efficienza a costi elevati» nel funzionamento dello stato.

Le conclusioni alle quali si perviene sono tre ..La prima è che il paradosso di un ceto politico sempre più "agiato e moltiplicato" a dispetto di un clima di costante crisi politica, ha condannato il sistema politico istituzionale a un gravoso circolo vizioso: la crisi politica di "consenso (dopo Tangentopoli) ha spinto 'ad un rafforzamento del ceto politico "professionale" allo scopo di porre rimedio al problema del consenso (espansione di cariche europee e locali); tuttavia, questa crescita del ceto politico si è dimostrata non selettiva ed "eccedente" e, in quanto tale, ha prodotto e produce spreco vistoso e basse performance di sistema che, a loro volta, ripropongono la crisi della politica, come ' distanza tra i fini autoreferenziali del ceto politico e le esigenze del paese. Questo circolo vizioso che riproduce crisi politica a mezzo di ceto politico, è una delle cause, principali del "paese bloccato", dal freno a mano del capitalismo politico.

La seconda conclusione riguarda la democrazia di mercato in Italia: deve ancora compiere significativi passi in avanti, mentre il mercato politico, dovrebbe essere sgrossato dalle "eccedenze", reso funzionale ad una logica di sistema (con costi e performance in ragionevole equilibrio) e nella pubblica amministrazione andrebbero ripresi autorevolezza e comando.

La terza conclusione, più incalzante: la soluzione al problema dei costi e dei possibili risparmi della politica ' richiederebbe una cura" da cavallo" . Purtroppo l'autoterapia non si addice ai sistemi politici e, per non essere' impolitici, ci accontenteremmo anche di cure graduali omeopatiche, ma dando subito qualche marcato segnale (tra vitalizi, costi accessori, enti inutili, riduzione delle Province). In questo momento delicato, il nostro ceto politico deve recuperare spessore morale, dare l'esempio, a fronte di una gravosa manovra di finanza pubblica che attende il paese.

Una strada da percorrere sicuramente è quella dei conti pubblici trasparenti. A questo proposito scrive Gianni Trovati .

Il 5 maggio scorso il Comune di Milano (Giunta Moratti) ha approvato il consuntivo 2010 dichiarando un avanzo di amministrazione, cioè un "tesoretto" extra, da 186 milioni di euro. L'altroìeri, 24 giugno, lo stesso Comune di Milano (Giunta Pisapia) ha denunciato un buco potenziale della stessa cifra per quest'anno. Il fatto curioso è che, formalmente, hanno ragione entrambi: il dato sostanziale è che i documenti di finanza pubblica nella loro struttura attuale non funzionano.

Il problema non è solo milanese (il Comune di Napoli, per fare un esempio fra i tanti, negli ultimi anni ha puntualmente approvato preventivi in rosso e consuntivi con avanzi), ed è al centro del settimo decreto attuativo del federalismo fiscale, quello sulla «armonizzazione» dei sistemi contabili di Regioni, Province, Comuni , pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» 145 di venerdì scorso (Dlgs 91!2oU).

Il provvedimento, in realtà, punta molto più in alto rispetto a una semplice «armonizzazione» dei bilanci locali, e detta una ristrutturazione radicale delle modalità con cui si iscrivono entrate e uscite: l'obiettivo è quello di rendere i bilanci più fedeli alla realtà che dovrebbero rappresentare, oltre che più trasparenti e confrontabili fra di loro. Il meccanismo chiamato a superare problemi come quello milanese è il nuovo principio di competenza finanziaria, che impone di iscrivere a bilancio entrate e uscite solo nell'esercizio in cui le «obbligazioni giuridicamente perfezionate» arrivano a scadenza. In pratica, le entrate e le uscite possono essere accertate e impegnate solo nell'anno in cui scadono i termini per l'incasso effettivo. Si tratta di un avvicinamento sostanziale della contabilità pubblica (finanziaria) a quella tipica delle aziende (economico-patrimoniale), al punto che le voci andranno disaggregate secondo entrambi i sistemi e l'obiettivo finale sarà quello di arrivare a un utilizzo diffuso anche in ambito pubblico del bilancio consolidato, che permetterà di valutare i risultati dell'ente insieme a quelli degli organismi controllati e partecipati

La .previsione rivoluzionaria rispetto ai meccanismi attuali, è "nascosta" nell'ultimo articolo del DLgs (il 25), quello dedicato alla sperimentazione del nuovo sistema a partire già dal prossimo anno in un gruppo di enti che, come concordano Governo e amministratori locali, dovrà essere il più ampio possibile. L'idea è di individuare almeno un centinaio di Comuni (oltre a un gruppo di Province), in . cui dovranno esserci anche città importanti sia al Nord sia al Sud. La sperimentazione avrà una prima verifica a fine 2012, e poi i check up si susseguiranno a intervalli di sei mesi.

Le ragioni di tanta attenzione sono nella radicalità dei cambiamenti attesi con il nuovo sistema contabile, soprattutto dalle parti delle spese per investimenti . Da anni. per esempio, i Comuni lamentano i miliardi di «residui passivi» bloccati nei bilanci dal patto distabilità, che si traducono in mancati pagamenti alle imprese che hanno effettuato lavori messi a bilancio ma impossibili da liquidare. Una volta a regime il nuovo sistema, una situazione di questo tipo non si potrà più verificare, perché le amministrazioni potranno impegnare solo gli investimenti che saranno in grado effettivamente di pagare: il che significa anche che la politica locale non potrà più promettere programmi faraonici rimandando all'indomani il problema di realizzarli.

Il nuovo sistema avrà riflessi importanti anche sul lato delle entrate, perché i bilanci non potranno più poggiare anche sulle masse di «residui attivi», cioè di entrate mai riscosse e nel frattempo invecchiate, con tutti i dubbi del caso sulla loro effettiva esigibilità.

La riforma della contabilità locale viaggia in parallelo con la riscrittura dei bilanci statali, approvata in via definitiva il 26 maggio scorso. Non a caso per entrambi i provvedimenti è prevista l'entrata in vigore dallo settembre, in modo anche da uniformare il calendario per l'approvazione dei regolamenti attuativi chiamati a definire i dettagli del nuovo sistema di bilancio.

Sia: la contabilità statale sia quella locale, infatti, poggeranno su una griglia articolata su «transazioni elementari», per monitorare ogni singolo atto di spesa varato dai funzionari responsabili. Il tutto entrerà nel «piano integrato dei conti», articolato sul preventivo da approvare al 31 dicembre (nella speranza che si fermi la giostra delle proroghe continue) e in un consuntivo da chiudere entro aprile.

Eremo Via vado di sole , L'Aquila, mercoledì 20 luglio 2011

Nessun commento:

Posta un commento